'Dante vivo', 1997-2022 © Julia Bolton Holloway, Carlo Poli, Società Dantesca Italiana, Federico Bardazzi, Ensemble San Felice, Richard Holloway, Akita Noek
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XXXIII.mp3 Reader/Lettore,
Carlo Poli
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Lettore, Romolo Valli
Temple Classics, reading
in English
Paradiso Terrestre
`eus, venerunt gentes',
alternando
or tre or quattro dolce salmodia,
le donne incominciaro, e lagrimando;
4 e
Bëatrice, sospirosa e
pia,
quelle ascoltava sì fatta, che poco
più a la croce si cambiò Maria.
7 Ma poi
che l'altre vergini dier loco
a lei di dir, levata dritta in pè,
rispuose, colorata come foco:
10 `Modicum,
et non videbitis me;
et iterum, sorelle mie dilette,
modicum, et vos videbitis me'.
13 Poi le si
mise innanzi tutte e sette,
e dopo sé, solo accennando, mosse
me e la donna e 'l savio che ristette.
16 Così sen
giva; e non credo che fosse
lo decimo suo passo in terra posto,
quando con li occhi li occhi mi percosse;
19 e con
tranquillo aspetto «Vien più tosto»,
mi disse, «tanto che, s'io parlo teco,
ad ascoltarmi tu sie ben disposto».
22 Sì com' io
fui, com' io dovëa, seco,
dissemi: «Frate, perché non t'attenti
a domandarmi omai venendo meco?».
25 Come a
color che troppo reverenti
dinanzi a suo maggior parlando sono,
che non traggon la voce viva ai denti,
28
avvenne a me, che sanza intero suono
incominciai: «Madonna, mia bisogna
voi conoscete, e ciò ch'ad essa è buono».
31 Ed ella a
me: «Da tema e da vergogna
voglio che tu omai ti disviluppe,
sì che non parli più com' om che sogna.
34 Sappi che
'l vaso che 'l serpente ruppe,
fu e non è; ma chi n'ha colpa, creda
che vendetta di Dio non teme suppe.
37 Non sarà
tutto tempo sanza reda
l'aguglia che lasciò le penne al carro,
per che divenne mostro e poscia preda;
40 ch'io
veggio certamente, e però il narro,
a darne tempo già stelle propinque,
secure d'ogn' intoppo e d'ogne sbarro,
43 nel quale
un cinquecento diece e cinque,
messo di Dio, anciderà la fuia
con quel gigante che con lei delinque.
46 E forse
che la mia narrazion buia,
qual Temi e Sfinge, men ti persuade,
perch' a lor modo lo 'ntelletto attuia;
49 ma tosto
fier li fatti le Naiade,
che solveranno questo enigma forte
sanza danno di pecore o di biade.
52 Tu nota; e
sì come da me son porte,
così queste parole segna a' vivi
del viver ch'è un correre a la morte.
55 E aggi a
mente, quando tu le scrivi,
di non celar qual hai vista la pianta
ch'è or due volte dirubata quivi.
58 Qualunque
ruba quella o quella schianta,
con bestemmia di fatto offende a Dio,
che solo a l'uso suo la creò santa.
61 Per morder
quella, in pena e in disio
cinquemilia anni e più l'anima prima
bramò colui che 'l morso in sé punio.
64 Dorme lo
'ngegno tuo, se non estima
per singular cagione esser eccelsa
lei tanto e sì travolta ne la
cima.
67 E se stati
non fossero acqua d'Elsa
li pensier vani intorno a la tua mente,
e 'l piacer loro un Piramo a la gelsa,
70 per tante
circostanze solamente
la giustizia di Dio, ne l'interdetto,
conosceresti a l'arbor moralmente.
73 Ma perch'
io veggio te ne lo 'ntelletto
fatto di pietra e, impetrato, tinto,
sì che t'abbaglia il lume del mio detto,
76 voglio
anco, e se non scritto, almen dipinto,
che 'l te ne porti dentro a te per quello
che si reca il bordon di palma cinto».
79 E io: «Sì
come cera da suggello,
che la figura impressa non trasmuta,
segnato è or da voi lo mio cervello.
82 Ma perché
tanto sovra mia veduta
vostra parola disïata vola,
che più la perde quanto più s'aiuta?».
85 «Perché
conoschi», disse, «quella scuola
c'hai seguitata, e veggi sua dottrina
come può seguitar la mia parola;
88 e veggi
vostra via da la divina
distar cotanto, quanto si discorda
da terra il ciel che più alto festina».
91 Ond' io
rispuosi lei: «Non mi ricorda
ch'i' stranïasse me già mai da voi,
né honne coscïenza che rimorda».
94 «E se tu
ricordar non te ne puoi»,
sorridendo rispuose, «or ti rammenta
come bevesti di Letè ancoi;
97 e se dal
fummo foco s'argomenta,
cotesta oblivïon chiaro conchiude
colpa ne la tua voglia altrove attenta.
100 Veramente
oramai saranno nude
le mie parole, quanto converrassi
quelle scovrire a la tua vista rude».
103 E più
corusco e con più lenti passi
teneva il sole il cerchio di merigge,
che qua e là, come li aspetti, fassi,
106 quando
s'affisser, sì come s'affigge
chi va dinanzi a gente per iscorta
se trova novitate o sue vestigge,
109 le sette
donne al fin d'un'ombra smorta,
qual sotto foglie verdi e rami nigri
sovra suoi freddi rivi l'alpe porta.
112 Dinanzi ad
esse Ëufratès e Tigri
veder mi parve uscir d'una fontana,
e, quasi amici, dipartirsi pigri.
115 «O luce, o
gloria de la gente umana,
che acqua è questa che qui si dispiega
da un principio e sé da sé lontana?».
118 Per cotal
priego detto mi fu: «Priega
Matelda che 'l ti dica». E qui rispuose,
come fa chi da colpa si dislega,
121 la bella
donna: «Questo e altre cose
dette li son per me; e son sicura
che l'acqua di Letè non gliel nascose».
124 E
Bëatrice: «Forse maggior cura,
che spesse volte la memoria priva,
fatt' ha la mente sua ne li occhi oscura.
127 Ma vedi
Eünoè che là diriva:
menalo ad esso, e come tu se' usa,
la tramortita sua virtù ravviva».
130 Come anima
gentil, che non fa scusa,
ma fa sua voglia de la voglia altrui
tosto che è per segno fuor dischiusa;
133 così, poi
che da essa preso fui,
la bella donna mossesi, e a Stazio
donnescamente disse: «Vien con lui».
136 S'io
avessi, lettor, più lungo spazio
da scrivere, i' pur cantere' in parte
lo dolce ber che mai non m'avria sazio;
139 ma perché
piene son tutte le carte
ordite a questa cantica seconda,
non mi lascia più ir lo fren de l'arte.
142 Io
ritornai da la santissima onda
rifatto sì come piante novelle
rinovellate di novella fronda,
145 puro e
disposto a salire a le stelle.
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