'Dante vivo', 1997-2022 © Julia Bolton Holloway, Carlo Poli, Società Dantesca Italiana, Federico Bardazzi, Ensemble San Felice, Richard Holloway, Akita Noek

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Cerchio VIII, Bolgia 5, la Baratteria


DANTE ALIGHIERI

COMMEDIA. INFERNO XXIII



aciti, soli, sanza compagnia  
n'andavam l'un dinanzi e l'altro dopo,
come frati minor vanno per via.
                                                                                      

  Vòlt' era in su la favola d'Isopo  
  lo mio pensier per la presente rissa,
  dov' el parlò de la rana e del topo;

 7  ché più non si pareggia `mo' e `issa' 
  che l'un con l'altro fa, se ben s'accoppia
  principio e fine con la mente fissa.

10   E come l'un pensier de l'altro scoppia,
  così nacque di quello un altro poi,
  che la prima paura mi fé doppia.

13   Io pensava così: `Questi per noi 
  sono scherniti con danno e con beffa
  sì fatta, ch'assai credo che lor nòi.

16   Se l'ira sovra 'l mal voler s'aggueffa,
  ei ne verranno dietro più crudeli
  che 'l cane a quella lievre ch'elli acceffa'.

19   Già mi sentia tutti arricciar li peli 
  de la paura e stava in dietro intento,
  quand' io dissi: «Maestro, se non celi

22   te e me tostamente, i' ho pavento 
  d'i Malebranche. Noi li avem già dietro;
  io li 'magino sì, che già li sento».

25   E quei: «S'i' fossi di piombato vetro, 
  l'imagine di fuor tua non trarrei
  più tosto a me, che quella dentro 'mpetro.

28   Pur mo venieno i tuo' pensier tra ' miei,
  con simile atto e con simile faccia,
  sì che d'intrambi un sol consiglio fei.

31   S'elli è che sì la destra costa giaccia,  
  che noi possiam ne l'altra bolgia scendere,
  noi fuggirem l'imaginata caccia».

34   Già non compié di tal consiglio rendere,
  ch'io li vidi venir con l'ali tese
  non molto lungi, per volerne prendere.

37   Lo duca mio di sùbito mi prese,  
  come la madre ch'al romore è desta
  e vede presso a sé le fiamme accese,
                                                                                                   

40   che prende il figlio e fugge e non s'arresta,
  avendo più di lui che di sé cura,
  tanto che solo una camiscia vesta;

53   e giù dal collo de la ripa dura  
  supin si diede a la pendente roccia,
  che l'un de' lati a l'altra bolgia tura.

46   Non corse mai sì tosto acqua per doccia
  a volger ruota di molin terragno,
  quand' ella più verso le pale approccia,

49   come 'l maestro mio per quel vivagno, 
  portandosene me sovra 'l suo petto,
  come suo figlio, non come compagno.

52   A pena fuoro i piè suoi giunti al letto
  del fondo giù, ch'e' furon in sul colle
  sovresso noi; ma non lì era sospetto:

55   ché l'alta provedenza che lor volle 
  porre ministri de la fossa quinta,
  poder di partirs' indi a tutti tolle.

58   Là giù trovammo una gente dipinta
  che giva intorno assai con lenti passi,
  piangendo e nel sembiante stanca e vinta.
                                                                                                    

61   Elli avean cappe con cappucci bassi 
  dinanzi a li occhi, fatte de la taglia
  che in Clugnì per li monaci fassi.

64   Di fuor dorate son, sì ch'elli abbaglia;
  ma dentro tutte piombo, e gravi tanto,
  che Federigo le mettea di paglia.

67   Oh in etterno faticoso manto!
  Noi ci volgemmo ancor pur a man manca
  con loro insieme, intenti al tristo pianto;

70   ma per lo peso quella gente stanca  
  venìa sì pian, che noi eravam nuovi
  di compagnia ad ogne mover d'anca.

73   Per ch'io al duca mio: «Fa che tu trovi
  alcun ch'al fatto o al nome si conosca,
  e li occhi, sì andando, intorno movi».

76   E un che 'ntese la parola tosca, 
  di retro a noi gridò: «Tenete i piedi,
  voi che correte sì per l'aura fosca!

79   Forse ch'avrai da me quel che tu chiedi».
  Onde 'l duca si volse e disse: «Aspetta,
  e poi secondo il suo passo procedi».

82   Ristetti, e vidi due mostrar gran fretta
  de l'animo, col viso, d'esser meco;
  ma tardavali 'l carco e la via stretta.

 85  Quando fuor giunti, assai con l'occhio bieco
  mi rimiraron sanza far parola;
  poi si volsero in sé, e dicean seco:

88  «Costui par vivo a l'atto de la gola;
  e s'e' son morti, per qual privilegio
  vanno scoperti de la grave stola?».

91   Poi disser me: «O Tosco, ch'al collegio
  de l'ipocriti tristi se' venuto,
  dir chi tu se' non avere in dispregio».   
                                                                                              
      

94   E io a loro: «I' fui nato e cresciuto
  sovra 'l bel fiume d'Arno a la gran villa,
  e son col corpo ch'i' ho sempre avuto.

97   Ma voi chi siete, a cui tanto distilla 
  quant' i' veggio dolor giù per le guance?
  e che pena è in voi che sì sfavilla?».

100   E l'un rispuose a me: «Le cappe rance
  son di piombo sì grosse, che li pesi
  fan così cigolar le lor bilance.

 103  Frati godenti fummo, e bolognesi;
  io Catalano e questi Loderingo
  nomati, e da tua terra insieme presi

106   come suole esser tolto un uom solingo,
  per conservar sua pace; e fummo tali,
  ch'ancor si pare intorno dal Gardingo».

109   Io cominciai: «O frati, i vostri mali . . . »;
  ma più non dissi, ch'a l'occhio mi corse
  un, crucifisso in terra con tre pali.
                                                                                                                  

112   Quando mi vide, tutto si distorse, 
  soffiando ne la barba con sospiri;
  e 'l frate Catalan, ch'a ciò s'accorse,

115   mi disse: «Quel confitto che tu miri, 
  consigliò i Farisei che convenia
  porre un uom per lo popolo a' martìri.

118   Attraversato è, nudo, ne la via,
  come tu vedi, ed è mestier ch'el senta
  qualunque passa, come pesa, pria.

121   E a tal modo il socero si stenta 
  in questa fossa, e li altri dal concilio
  che fu per li Giudei mala sementa».

124   Allor vid' io maravigliar Virgilio
 sovra colui ch'era disteso in croce
  tanto vilmente ne l'etterno essilio.

127   Poscia drizzò al frate cotal voce:
  «Non vi dispiaccia, se vi lece, dirci
  s'a la man destra giace alcuna foce

130   onde noi amendue possiamo uscirci,
  sanza costrigner de li angeli neri
  che vegnan d'esto fondo a dipartirci».

133   Rispuose adunque: «Più che tu non speri
  s'appressa un sasso che da la gran cerchia
  si move e varca tutt' i vallon feri,

136   salvo che 'n questo è rotto e nol coperchia;
  montar potrete su per la ruina,
  che giace in costa e nel fondo soperchia».

139   Lo duca stette un poco a testa china; 
  poi disse: «Mal contava la bisogna
  colui che i peccator di qua uncina».

142   E 'l frate: «Io udi' già dire a Bologna
  del diavol vizi assai, tra ' quali udi'
  ch'elli è bugiardo, e padre di menzogna».

145   Appresso il duca a gran passi sen gì,
  turbato un poco d'ira nel sembiante;
  ond' io da li 'ncarcati mi parti'

148   dietro a le poste de le care piante.



Londra, British Library, Yates Thompson 36, fol. 42



William Blake

1 Again, a frog simile, this time from Aesop, in reference to the Ten Plagues of Egypt and the seven of the Apocalypse: Pilgrim and Book, pp. 167-170. The Glossa Ordinaria describes frogs' croaking as like the lying fables of poets.

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