'Dante vivo', 1997-2022 © Julia Bolton Holloway, Carlo Poli, Società Dantesca Italiana, Federico Bardazzi, Ensemble San Felice, Richard Holloway, Akita Noek

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La proda della Valle


DANTE ALIGHIERI

COMMEDIA. INFERNO IV


uppemi l'alto sonno ne la testa                        
un greve truono, sì ch'io mi riscossi
come persona ch'è per forza desta;


4 e l'occhio riposato intorno mossi,
dritto levato, e fiso riguardai
per conoscer lo loco dov' io fossi.

7    Vero è che 'n su la proda mi trovai       
  de la valle d'abisso dolorosa
  che 'ntrono accoglie d'infiniti guai.

10    Oscura e profonda era e nebulosa 
  tanto che, per ficcar lo viso a fondo,
  io non vi discernea alcuna cosa.

13    «Or discendiam qua giù nel cieco mondo»,  
  cominciò il poeta tutto smorto.
  «Io sarò primo, e tu sarai secondo».

16    E io, che del color mi fui accorto,   
  dissi: «Come verrò, se tu paventi
  che suoli al mio dubbiare esser conforto?».

19    Ed elli a me: «L'angoscia de le genti     
  che son qua giù, nel viso mi dipigne
  quella pietà che tu per tema senti.

22    Andiam, ché la via lunga ne sospigne». 
  Così si mise e così mi fé intrare
  nel primo cerchio che l'abisso cigne.

25    Quivi, secondo che per ascoltare,                           Cerchio I, Limbo
  non avea pianto mai che di sospiri
  che l'aura etterna facevan tremare;
                                                                                                   

28    ciò avvenia di duol sanza martìri,            
  ch'avean le turbe, ch'eran molte e grandi,
  d'infanti e di femmine e di viri.

31    Lo buon maestro a me: «Tu non dimandi    
  che spiriti son questi che tu vedi?
  Or vo' che sappi, innanzi che più andi,

34    ch'ei non peccaro; e s'elli hanno mercedi, 
  non basta, perché non ebber battesmo,
  ch'è porta de la fede che tu credi;

37    e s'e' furon dinanzi al cristianesmo,     
  non adorar debitamente a Dio:
  e di questi cotai son io medesmo.

40    Per tai difetti, non per altro rio,     
  semo perduti, e sol di tanto offesi
  che sanza speme vivemo in disio».

43    Gran duol mi prese al cor quando lo 'ntesi, 
  però che gente di molto valore
  conobbi che 'n quel limbo eran sospesi.

46    «Dimmi, maestro mio, dimmi, segnore»,
  comincia' io per voler esser certo
  di quella fede che vince ogne errore:

49    «uscicci mai alcuno, o per suo merto  
  o per altrui, che poi fosse beato?».
  E quei che 'ntese il mio parlar coverto,


 
Beato Angelico, Discesa agli Inferi                            
   
52    rispuose: «Io era nuovo in questo stato,  
  quando ci vidi venire un possente,
  con segno di vittoria coronato.

55    Trasseci l'ombra del primo parente, 
  d'Abèl suo figlio e quella di Noè,
  di Moïsè legista e ubidente;

58    Abraàm patrïarca e Davìd re,    
  Israèl con lo padre e co' suoi nati
  e con Rachele, per cui tanto fé,

61    e altri molti, e feceli beati.     
  E vo' che sappi che, dinanzi ad essi,
  spiriti umani non eran salvati».

64    Non lasciavam l'andar perch' ei dicessi,
  ma passavam la selva tuttavia,
  la selva, dico, di spiriti spessi.

67    Non era lunga ancor la nostra via   
  di qua dal sonno, quand' io vidi un foco
  ch'emisperio di tenebre vincia.
                                                                                                 

70    Di lungi n'eravamo ancora un poco,  
  ma non sì ch'io non discernessi in parte
  ch'orrevol gente possedea quel loco.

73    «O tu ch'onori scïenzïa e arte,     
  questi chi son c'hanno cotanta onranza,
  che dal modo de li altri li diparte?».

74   E quelli a me: «L'onrata nominanza    
  che di lor suona sù ne la tua vita,
  grazïa acquista in ciel che sì li avanza».

79    Intanto voce fu per me udita:   
  «Onorate l'altissimo poeta;
  l'ombra sua torna, ch'era dipartita».

82    Poi che la voce fu restata e queta,   
  vidi quattro grand' ombre a noi venire:
  sembianz' avevan né trista né lieta.


Dante Urbinate, Biblioteca Apostolica Vaticiana, lat. 4778

85    Lo buon maestro cominciò a dire: 
  «Mira colui con quella spada in mano,
  che vien dinanzi ai tre sì come sire:

88    quelli è Omero poeta sovrano;   
  l'altro è Orazio satiro che vene;
  Ovidio è 'l terzo, e l'ultimo Lucano.

91    Però che ciascun meco si convene  
  nel nome che sonò la voce sola,
  fannomi onore, e di ciò fanno bene».

94    Così vid' i' adunar la bella scola     
  di quel segnor de l'altissimo canto
  che sovra li altri com' aquila vola.

97    Da ch'ebber ragionato insieme alquanto,
  volsersi a me con salutevol cenno,
  e 'l mio maestro sorrise di tanto;

100    e più d'onore ancora assai mi fenno, 
  ch'e' sì mi fecer de la loro schiera,
  sì ch'io fui sesto tra cotanto senno.

103    Così andammo infino a la lumera,  
  parlando cose che 'l tacere è bello,
  sì com' era 'l parlar colà dov' era.

106    Venimmo al piè d'un nobile castello,
  sette volte cerchiato d'alte mura,
  difeso intorno d'un bel fiumicello.

109    Questo passammo come terra dura; 
  per sette porte intrai con questi savi:
  giugnemmo in prato di fresca verdura.

112    Genti v'eran con occhi tardi e gravi,
  di grande autorità ne' lor sembianti:
  parlavan rado, con voci soavi.
                                                                                                   

115    Traemmoci così da l'un de' canti,    
  in loco aperto, luminoso e alto,
  sì che veder si potien tutti quanti.

118    Colà diritto, sovra 'l verde smalto,   
  mi fuor mostrati li spiriti magni,
  che del vedere in me stesso m'essalto.

121    I' vidi Eletra con molti compagni, 
  tra ' quai conobbi Ettòr ed Enea,
  Cesare armato con li occhi grifagni.

124    Vidi Cammilla e la Pantasilea;   
  da l'altra parte vidi 'l re Latino
  che con Lavina sua figlia sedea.

127    Vidi quel Bruto che cacciò Tarquino,  
  Lucrezia, Iulia, Marzïa e Corniglia;
  e solo, in parte, vidi 'l Saladino.
                                                                                   

130    Poi ch'innalzai un poco più le ciglia,  
  vidi 'l maestro di color che sanno
  seder tra filosofica famiglia.

133    Tutti lo miran, tutti onor li fanno:  
  quivi vid' ïo Socrate e Platone,
  che 'nnanzi a li altri più presso li stanno;

136    Democrito che 'l mondo a caso pone,
  Dïogenès, Anassagora e Tale,
  Empedoclès, Eraclito e Zenone;

139    e vidi il buono accoglitor del quale,  
   Dïascoride dico; e vidi Orfeo,
   Tulïo e Lino e Seneca morale;

142    Euclide geomètra e Tolomeo,         
  Ipocràte, Avicenna e Galïeno,
  Averoìs, che 'l gran comento feo.

145   Io non posso ritrar di tutti a pieno,     
  però che sì mi caccia il lungo tema,
  che molte volte al fatto il dir vien meno.  

148   La sesta compagnia in due si scema:   
  per altra via mi mena il savio duca,
  fuor de la queta, ne l'aura che trema.

151   E vegno in parte ove non è che luca.   

  
Londra, British Library, Yates Thompson 36, fol. 7v


William Blake, Hell, Canto 4

Brunetto Latino frequently wrote of Cato, Marzia's husband, who will be present in Purgatorio.

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