'Dante vivo', 1997-2022 © Julia Bolton Holloway, Carlo Poli, Società Dantesca Italiana, Federico Bardazzi, Ensemble San Felice, Richard Holloway, Akita Noek

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Cerchio VIII, Bolgia 3, la Simonia



DANTE ALIGHIERI

COMMEDIA. INFERNO XIX


 Simon mago, o miseri seguaci
  che le cose di Dio, che di bontate
  deon essere spose, e voi rapaci

  per oro e per argento avolterate,
  or convien che per voi suoni la tromba,
  però che ne la terza bolgia state.

7   Già eravamo, a la seguente tomba,
  montati de lo scoglio in quella parte
  ch'a punto sovra mezzo 'l fosso piomba.

10   O somma sapïenza, quanta è l'arte  
  che mostri in cielo, in terra e nel mal mondo,
  e quanto giusto tua virtù comparte!

13   Io vidi per le coste e per lo fondo
  piena la pietra livida di fóri,
  d'un largo tutti e ciascun era tondo.

                                                                                                                                                                                                     

                                                                                                  

16   Non mi parean men ampi né maggiori 
  che que' che son nel mio bel San Giovanni,
  fatti per loco d'i battezzatori;                                              

                                                                                                                                                                                                     

19   l'un de li quali, ancor non è molt' anni,
  rupp' io per un che dentro v'annegava:
  e questo sia suggel ch'ogn' omo sganni.

22   Fuor de la bocca a ciascun soperchiava
  d'un peccator li piedi e de le gambe
  infino al grosso, e l'altro dentro stava.

25   Le piante erano a tutti accese intrambe;
  per che sì forte guizzavan le giunte,
  che spezzate averien ritorte e strambe.

 28  Qual suole il fiammeggiar de le cose unte
  muoversi pur su per la strema buccia,
  tal era lì dai calcagni a le punte.

31   «Chi è colui, maestro, che si cruccia
  guizzando più che li altri suoi consorti»,
  diss' io, «e cui più roggia fiamma succia?».

34   Ed elli a me: «Se tu vuo' ch'i' ti porti 
  là giù per quella ripa che più giace,
  da lui saprai di sé e de' suoi torti».

37   E io: «Tanto m'è bel, quanto a te piace: 
  tu se' segnore, e sai ch'i' non mi parto
  dal tuo volere, e sai quel che si tace».

40   Allor venimmo in su l'argine quarto; 
  volgemmo e discendemmo a mano stanca
  là giù nel fondo foracchiato e arto.

43   Lo buon maestro ancor de la sua anca
  non mi dipuose, sì mi giunse al rotto
  di quel che si piangeva con la zanca.

46   «O qual che se' che 'l di sù tien di sotto, 
  anima trista come pal commessa»,
  comincia' io a dir, «se puoi, fa motto».

49   Io stava come 'l frate che confessa
  lo perfido assessin, che, poi ch'è fitto,
  richiama lui per che la morte cessa.
                                                                                                                                            

52   Ed el gridò: «Se' tu già costì ritto, 
  se' tu già costì ritto, Bonifazio?
  Di parecchi anni mi mentì lo scritto.

55   Se' tu sì tosto di quell' aver sazio 
  per lo qual non temesti tòrre a 'nganno
  la bella donna, e poi di farne strazio?».

58   Tal mi fec' io, quai son color che stanno,
  per non intender ciò ch'è lor risposto,
  quasi scornati, e risponder non sanno.

61   Allor Virgilio disse: «Dilli tosto:
  "Non son colui, non son colui che credi"»;
  e io rispuosi come a me fu imposto.

64   Per che lo spirto tutti storse i piedi;
  poi, sospirando e con voce di pianto,
  mi disse: «Dunque che a me richiedi?

67  Se di saper ch'i' sia ti cal cotanto,
  che tu abbi però la ripa corsa,
  sappi ch'i' fui vestito del gran manto;

70   e veramente fui figliuol de l'orsa, 
  cupido sì per avanzar li orsatti,
  che sù l'avere e qui me misi in borsa.

73   Di sotto al capo mio son li altri tratti 
  che precedetter me simoneggiando,
  per le fessure de la pietra piatti.

76   Là giù cascherò io altresì quando
  verrà colui ch'i' credea che tu fossi,
  allor ch'i' feci 'l sùbito dimando.

79   Ma più è 'l tempo già che i piè mi cossi
e ch'i' son stato così sottosopra,
ch'el non starà piantato coi piè rossi:

82   ché dopo lui verrà di più laida opra, 
  di ver' ponente, un pastor sanza legge,
  tal che convien che lui e me ricuopra.

85   Nuovo Iasón sarà, di cui si legge     
  ne' Maccabei; e come a quel fu molle
  suo re, così fia lui chi Francia regge».

88   Io non so s'i' mi fui qui troppo folle,
  ch'i' pur rispuosi lui a questo metro:
  «Deh, or mi dì: quanto tesoro volle

91   Nostro Segnore in prima da san Pietro
  ch'ei ponesse le chiavi in sua balìa?
  Certo non chiese se non ``Viemmi retro".

94   Né Pier né li altri tolsero a Matia
  oro od argento, quando fu sortito
  al loco che perdé l'anima ria.

97  Però ti sta, ché tu se' ben punito; 
  e guarda ben la mal tolta moneta
  ch'esser ti fece contra Carlo ardito.
                                                                                    

100   E se non fosse ch'ancor lo mi vieta
  la reverenza de le somme chiavi
  che tu tenesti ne la vita lieta,

103   io userei parole ancor più gravi;
  ché la vostra avarizia il mondo attrista,
  calcando i buoni e sollevando i pravi.

106   Di voi pastor s'accorse il Vangelista,
  quando colei che siede sopra l'acque
  puttaneggiar coi regi a lui fu vista;

109   quella che con le sette teste nacque,
  e da le diece corna ebbe argomento,
  fin che virtute al suo marito piacque.

112   Fatto v'avete dio d'oro e d'argento;
  e che altro è da voi a l'idolatre,
  se non ch'elli uno, e voi ne orate cento?

115   Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,
  non la tua conversion, ma quella dote
  che da te prese il primo ricco patre!».

118   E mentr' io li cantava cotai note, 
  o ira o coscïenza che 'l mordesse,
  forte spingava con ambo le piote.

121   I' credo ben ch'al mio duca piacesse,
  con sì contenta labbia sempre attese
  lo suon de le parole vere espresse.

124   Però con ambo le braccia mi prese;
  e poi che tutto su mi s'ebbe al petto,
  rimontò per la via onde discese.

127   Né si stancò d'avermi a sé distretto,
  sì men portò sovra 'l colmo de l'arco
  che dal quarto al quinto argine è tragetto.

130   Quivi soavemente spuose il carco, 
  soave per lo scoglio sconcio ed erto
  che sarebbe a le capre duro varco.

133   Indi un altro vallon mi fu scoperto.                133

   
Londra, British Library, Yates Thompson 36, fol. 34



William Blake, Hell, Canto 19

1 Twice-Told Tales, pp. 75-143, esp. p. 94.


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