'Dante vivo', 1997-2022 © Julia Bolton Holloway, Carlo Poli, Società Dantesca Italiana, Federico Bardazzi, Ensemble San Felice, Richard Holloway, Akita Noek, Eric McLuhan, Ted Nelson

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Paradiso Terrestre



DANTE ALIGHIERI

          COMMEDIA. PURGATORIO XXVIII


ago già di cercar dentro e dintorno 
la divina foresta spessa e viva,
   ch'a li occhi temperava il novo giorno,

  sanza più aspettar, lasciai la riva,  
  prendendo la campagna lento lento
  su per lo suol che d'ogne parte auliva.

7   Un'aura dolce, sanza mutamento  
  avere in sé, mi feria per la fronte
  non di più colpo che soave vento;

10   per cui le fronde, tremolando, pronte 
  tutte quante piegavano a la parte
  u' la prim' ombra gitta il santo monte;

13   non però dal loro esser dritto sparte 
  tanto, che li augelletti per le cime
  lasciasser d'operare ogne lor arte;

16  ma con piena letizia l'ore prime,  
  cantando, ricevieno intra le foglie,
  che tenevan bordone a le sue rime,

19   tal qual di ramo in ramo si raccoglie
  per la pineta in su 'l lito di Chiassi,
  quand' Ëolo scilocco fuor discioglie.

22  Già m'avean trasportato i lenti passi
  dentro a la selva antica tanto, ch'io
  non potea rivedere ond' io mi 'ntrassi;

25   ed ecco più andar mi tolse un rio,
  che 'nver' sinistra con sue picciole onde
  piegava l'erba che 'n sua ripa uscìo.
                                                                                                           

28   Tutte l'acque che son di qua più monde, 
  parrieno avere in sé mistura alcuna
  verso di quella, che nulla nasconde,

31   avvegna che si mova bruna bruna
  sotto l'ombra perpetüa, che mai
  raggiar non lascia sole ivi né luna.

34   Coi piè ristetti e con li occhi passai 
  di là dal fiumicello, per mirare
  la gran varïazion d'i freschi mai;

37   e là m'apparve, sì com' elli appare
  subitamente cosa che disvia
  per maraviglia tutto altro pensare,

40   una donna soletta che si gia  
  e cantando e scegliendo fior da fiore
  ond' era pinta tutta la sua via.

43   «Deh, bella donna, che a' raggi d'amore
  ti scaldi, s'i' vo' credere a' sembianti
  che soglion esser testimon del core,

46   vegnati in voglia di trarreti avanti»,
  diss' io a lei, «verso questa rivera,
  tanto ch'io possa intender che tu canti.
                                                                                                              

 49  Tu mi fai rimembrar dove e qual era
  Proserpina nel tempo che perdette
  la madre lei, ed ella primavera».

52   Come si volge, con le piante strette  
  a terra e intra sé, donna che balli,
  e piede innanzi piede a pena mette,

55   volsesi in su i vermigli e in su i gialli 
  fioretti verso me, non altrimenti
  che vergine che li occhi onesti avvalli;

58   e fece i prieghi miei esser contenti,
  sì appressando sé, che 'l dolce suono
  veniva a me co' suoi intendimenti.

61   Tosto che fu là dove l'erbe sono  
  bagnate già da l'onde del bel fiume,
  di levar li occhi suoi mi fece dono.

64  Non credo che splendesse tanto lume
  sotto le ciglia a Venere, trafitta
  dal figlio fuor di tutto suo costume.

67   Ella ridea da l'altra riva dritta,   
  trattando più color con le sue mani,
  che l'alta terra sanza seme gitta.

70   Tre passi ci facea il fiume lontani;  
  ma Elesponto, là 've passò Serse,
  ancora freno a tutti orgogli umani,

73   più odio da Leandro non sofferse 
 per mareggiare intra Sesto e Abido,
  che quel da me perch' allor non s'aperse.

76   «Voi siete nuovi, e forse perch' io rido»,
  cominciò ella, «in questo luogo eletto
  a l'umana natura per suo nido,

79   maravigliando tienvi alcun sospetto; 
  ma luce rende il salmo Delectasti,
  che puote disnebbiar vostro intelletto.

82   E tu che se' dinanzi e mi pregasti, 
  dì s'altro vuoli udir; ch'i' venni presta
  ad ogne tua question tanto che basti».

85   «L'acqua», diss' io, «e 'l suon de la foresta 
  impugnan dentro a me novella fede
  di cosa ch'io udi' contraria a questa».

88   Ond' ella: «Io dicerò come procede
  per sua cagion ciò ch'ammirar ti face,
  e purgherò la nebbia che ti fiede.

91   Lo sommo Ben, che solo esso a sé piace, 
  fé l'uom buono e a bene, e questo loco
  diede per arr' a lui d'etterna pace.

94   Per sua difalta qui dimorò poco; 
  per sua difalta in pianto e in affanno
  cambiò onesto riso e dolce gioco.

97   Perché 'l turbar che sotto da sé fanno
  l'essalazion de l'acqua e de la terra,
  che quanto posson dietro al calor vanno,

100   a l'uomo non facesse alcuna guerra, 
  questo monte salìo verso 'l ciel tanto,
  e libero n'è d'indi ove si serra.

103   Or perché in circuito tutto quanto 
  l'aere si volge con la prima volta,
  se non li è rotto il cerchio d'alcun canto,

106   in questa altezza ch'è tutta disciolta 
  ne l'aere vivo, tal moto percuote,
  e fa sonar la selva perch' è folta;

109   e la percossa pianta tanto puote,
  che de la sua virtute l'aura impregna
  e quella poi, girando, intorno scuote;

112   e l'altra terra, secondo ch'è degna 
  per sé e per suo ciel, concepe e figlia
  di diverse virtù diverse legna.

115   Non parrebbe di là poi maraviglia,
  udito questo, quando alcuna pianta
  sanza seme palese vi s'appiglia.

118   E saper dei che la campagna santa 
  dove tu se', d'ogne semenza è piena,
  e frutto ha in sé che di là non si schianta.

121   L'acqua che vedi non surge di vena 
  che ristori vapor che gel converta,
  come fiume ch'acquista e perde lena;

124   ma esce di fontana salda e certa,  
  che tanto dal voler di Dio riprende,
  quant' ella versa da due parti aperta.

127   Da questa parte con virtù discende
  che toglie altrui memoria del peccato;
  da l'altra d'ogne ben fatto la rende.

130   Quinci Letè; così da l'altro lato 
  Eünoè si chiama, e non adopra
  se quinci e quindi pria non è gustato:

133   a tutti altri sapori esto è di sopra.
  E avvegna ch'assai possa esser sazia
  la sete tua perch' io più non ti scuopra,

136   darotti un corollario ancor per grazia;
  né credo che 'l mio dir ti sia men caro,
  se oltre promession teco si spazia.

139   Quelli ch'anticamente poetaro
  l'età de l'oro e suo stato felice,
  forse in Parnaso esto loco sognaro.

142   Qui fu innocente l'umana radice;
  qui primavera sempre e ogne frutto;
  nettare è questo di che ciascun dice».

145   Io mi rivolsi 'n dietro allora tutto 
  a' miei poeti, e vidi che con riso
  udito avëan l'ultimo costrutto;

148   poi a la bella donna torna' il viso.


Londra, British Library, Yates Thompson 36, fol.  116v

See Victoria Kirkham's Lectura Dantis on Purgatorio XXVIII. And compare with Botticelli's paintings of the Primavera, the Birth of Venus and his rendition of Boccaccio's tale of the Ravenna pine forest.


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