'Dante vivo', 1997-2022 © Julia Bolton Holloway, Carlo Poli, Società Dantesca Italiana, Federico Bardazzi, Ensemble San Felice
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Reader/Lettore, Carlo Poli
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Girone IV, Pigrezza
DANTE ALIGHIERI
COMMEDIA.
PURGATORIO XIX
Londra,
British Library, Yates Thompson 36, fol. 98v
e l'ora che
non può 'l calor dïurno
intepidar più 'l freddo de la luna,
vinto da terra, e talor da Saturno
4 --quando
i geomanti lor Maggior Fortuna
veggiono in orïente, innanzi a l'alba,
surger per via che poco le sta bruna--,
7 mi venne
in sogno una femmina balba,
ne li occhi guercia, e sovra i piè distorta,
con le man monche, e di colore scialba.
10 Io la
mirava; e come 'l sol conforta
le fredde membra che la notte aggrava,
così lo sguardo mio le facea scorta
13 la lingua, e
poscia tutta la drizzava
in poco d'ora, e lo smarrito volto,
com' amor vuol, così le colorava.
16 Poi ch'ell'
avea 'l parlar così disciolto,
cominciava a cantar sì, che con pena
da lei avrei mio intento rivolto.
19 «Io son»,
cantava, «io son dolce serena,
che ' marinari in mezzo mar dismago;
tanto son di piacere a sentir piena!
22 Io volsi
Ulisse del suo cammin vago
al canto mio; e qual meco s'ausa,
rado sen parte; sì tutto l'appago!».
25 Ancor non era
sua bocca richiusa,
quand' una donna apparve santa e presta
lunghesso me per far colei confusa.
28 «O Virgilio,
Virgilio, chi è questa?»,
fieramente dicea; ed el venìa
con li occhi fitti pur in quella onesta.
31 L'altra
prendea, e dinanzi l'apria
fendendo i drappi, e mostravami 'l ventre;
quel mi svegliò col puzzo che n'uscia.
34 Io mossi li
occhi, e 'l buon maestro: «Almen tre
voci t'ho messe!», dicea, «Surgi e vieni;
troviam l'aperta per la qual tu entre».
37 Sù mi levai,
e tutti eran già pieni
Girone V, Avarizia e Progigalità
de l'alto dì i giron del sacro monte,
e andavam col sol novo a le reni.
40 Seguendo
lui, portava la mia fronte
come colui che l'ha di pensier carca,
che fa di sé un mezzo arco di ponte;
43 quand' io
udi' «Venite; qui si varca»
parlare in modo soave e benigno,
qual non si sente in questa mortal marca.
46 Con l'ali
aperte, che parean di cigno,
volseci in sù colui che sì parlonne
tra due pareti del duro macigno.
49 Mosse le penne poi e
ventilonne,
`Qui lugent' affermando esser beati,
ch'avran di consolar l'anime donne.
52 «Che hai che
pur inver' la terra guati?»,
la guida mia incominciò a dirmi,
poco amendue da l'angel sormontati.
55 E io: «Con
tanta sospeccion fa irmi
novella visïon ch'a sé mi piega,
sì ch'io non posso dal pensar partirmi».
58 «Vedesti»,
disse, «quell'antica strega
che sola sovr' a noi omai si piagne;
vedesti come l'uom da lei si slega.
61 Bastiti, e
batti a terra le calcagne;
li occhi rivolgi al logoro che gira
lo rege etterno con le rote magne».
64 Quale 'l
falcon, che prima a' pié si mira,
indi si volge al grido e si protende
per lo disio del pasto che là il tira,
67 tal mi fec'
io; e tal, quanto si fende
la roccia per dar via a chi va suso,
n'andai infin dove 'l cerchiar si prende.
70 Com' io nel
quinto giro fui
dischiuso,
Girone V, Avarizia e Prodigalità
vidi gente per esso che piangea,
giacendo a terra tutta volta in giuso.
73 `Adhaesit
pavimento anima mea'
sentia dir lor con sì alti sospiri,
che la parola a pena s'intendea.
76 «O eletti di
Dio, li cui soffriri
e giustizia e speranza fa men duri,
drizzate noi verso li alti saliri».
79 «Se voi
venite dal giacer sicuri,
e volete trovar la via più tosto,
le vostre destre sien sempre di fori».
82 Così pregò
'l poeta, e sì risposto
poco dinanzi a noi ne fu; per ch'io
nel parlare avvisai l'altro nascosto,
85 e volsi li
occhi a li occhi al segnor mio:
ond' elli m'assentì con lieto cenno
ciò che chiedea la vista del disio.
88 Poi ch'io
potei di me fare a mio senno,
trassimi sovra quella creatura
le cui parole pria notar mi fenno,
91 dicendo:
«Spirto in cui pianger matura
quel sanza 'l quale a Dio tornar non pòssi,
sosta un poco per me tua maggior cura.
94 Chi fosti e
perché vòlti avete i dossi
al sù, mi dì, e se vuo' ch'io t'impetri
cosa di là ond' io vivendo mossi».
97 Ed elli a
me: «Perché i nostri diretri
rivolga il cielo a sé, saprai; ma prima
scias quod ego fui successor Petri.
100 Intra
Sïestri e Chiaveri s'adima
una fiumana bella, e del suo nome
lo titol del mio sangue fa sua cima.
103 Un mese e
poco più prova' io come
pesa il gran manto a chi dal fango il guarda,
che piuma sembran tutte l'altre some.
106 La mia conversïone, omè!, fu tarda;
ma, come fatto fui roman pastore,
così scopersi la vita bugiarda.
109 Vidi che lì
non s'acquetava il core,
né più salir potiesi in quella vita;
per che di questa in me s'accese amore.
112 Fino a quel
punto misera e partita
da Dio anima fui, del tutto avara;
or, come vedi, qui ne son punita.
115 Quel
ch'avarizia fa, qui si dichiara
in purgazion de l'anime converse;
e nulla pena il monte ha più amara.
118 Sì come
l'occhio nostro non s'aderse
in alto, fisso a le cose terrene,
così giustizia qui a terra il merse.
121 Come
avarizia spense a ciascun bene
lo nostro amore, onde operar perdési,
così giustizia qui stretti ne tene,
124 ne' piedi e
ne le man legati e presi;
e quanto fia piacer del giusto Sire,
tanto staremo immobili e distesi».
127 Io m'era
inginocchiato e volea dire;
ma com' io cominciai ed el s'accorse,
solo ascoltando, del mio reverire,
130 «Qual
cagion», disse, «in giù così ti torse?».
E io a lui: «Per vostra dignitate
mia coscïenza dritto mi rimorse».
133 «Drizza le
gambe, lèvati sù, frate!»,
rispuose; «non errar: conservo sono
teco e con li altri ad una podestate.
136 Se mai quel
santo evangelico suono
che dice `Neque nubent' intendesti,
ben puoi veder perch' io così ragiono.
139 Vattene
omai: non vo' che più t'arresti;
ché la tua stanza mio pianger disagia,
col qual maturo ciò che tu dicesti.
142 Nepote ho io
di là c'ha nome Alagia,
buona da sé, pur che la nostra casa
non faccia lei per essempro malvagia;
145 e questa
sola di là m'è rimasa».
Londra, British Library, Yates Thompson 36, fol. 100
1 This becomes Dante's second Timothean motet: 2. Purgatorio XIX.7-36,73, ‘Io son dolce Sirena’, contrafactum, ‘Co’ la Madre del Beato’, Laudario Fiorentino, BNCF, BR 18)|| Psalm 118, ‘Adhesit pavimento anima mea’. Dante has already had Ulysses narrate his ‘suicide-bomb video’ shipwreck speech that had killed himself and all his comrades on the shores of the nuova terra (Inferno XXVI.46-142). Now we encounter the Siren and her song in Purgatorio XIX.7-36, that had earlier so threatened Ulysses’ voyage, and which was also Boethius’ example of the wrongful use of music, in a dream within the dream of the Commedia. Dante’s Paradiso II.1-18 will open explaining that his poem is a pilgrim ship, the manuscript illuminations showing the Jerusalem cross upon its sail, such pilgrim ships setting sail with singing ‘Veni Creator Spiritus’. The contrafactum motet to the Siren’s Song is Psalm 118.25 which is barely heard at all as it is said by souls expiating their avarice by clinging to the pavement: ‘Adhesit pavimento anima mea’ (Purgatorio XIX.73). And which includes the lines, ‘Averte oculos meos ne videant vanitatem in via tua vivifica me’. In this second motet or pairing the psalm follows, instead of preceding the sinning song.
2 See Pilgrim and Book, Appendix II, pp. 279-281, on pilgrimage and falconry in Dante.
'DANTE VIVO'- LA COMMEDIA DI DANTE ALIGHIERI (Testo,
lectura, musica, immagini dei manoscritti):
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XV, Inferno XVI, Inferno
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XIX, Inferno XX,
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XXI, Inferno XXII, Inferno
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XXV, Inferno XXVI, Inferno
XXVII, Inferno XXVIII, Inferno
XXIX, Inferno XXX, Inferno
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XXXIII, Inferno XXXIV
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