'Dante vivo', 1997-2022 © Julia Bolton Holloway, Carlo Poli, Società Dantesca Italiana, Federico Bardazzi, Ensemble San Felice, Richard Holloway,Akita Noek

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Temple Classics reading in English
Cerchio VII, Girone 3, la Violenza



DANTE ALIGHIERI

COMMEDIA. INFERNO XVII


«cco la fiera con la coda aguzza,
  che passa i monti e rompe i muri e l'armi!
  Ecco colei che tutto 'l mondo appuzza!».

Sì cominciò lo mio duca a parlarmi; 
  e accennolle che venisse a proda,
  vicino al fin d'i passeggiati marmi.

7  E quella sozza imagine di froda
  sen venne, e arrivò la testa e 'l busto,
  ma 'n su la riva non trasse la coda.

10  La faccia sua era faccia d'uom giusto,
  tanto benigna avea di fuor la pelle,
  e d'un serpente tutto l'altro fusto;

13  due branche avea pilose insin l'ascelle;
  lo dosso e 'l petto e ambedue le coste
  dipinti avea di nodi e di rotelle.

16  Con più color, sommesse e sovraposte
  non fer mai drappi Tartari né Turchi,
  né fuor tai tele per Aragne imposte.

19  Come talvolta stanno a riva i burchi,
  che parte sono in acqua e parte in terra,
  e come là tra li Tedeschi lurchi

22  lo bivero s'assetta a far sua guerra,
  così la fiera pessima si stava
  su l'orlo ch'è di pietra e 'l sabbion serra.

25  Nel vano tutta sua coda guizzava,
  torcendo in sù la venenosa forca
  ch'a guisa di scorpion la punta armava.

28  Lo duca disse: «Or convien che si torca  
  la nostra via un poco insino a quella
  bestia malvagia che colà si corca».

31  Però scendemmo a la destra mammella, 
  e diece passi femmo in su lo stremo,
  per ben cessar la rena e la fiammella.

34  E quando noi a lei venuti semo, 
  poco più oltre veggio in su la rena
  gente seder propinqua al loco scemo.
                                                                                                   

37  Quivi 'l maestro «Acciò che tutta piena
  esperïenza d'esto giron porti»,
  mi disse, «va, e vedi la lor mena.

40  Li tuoi ragionamenti sian là corti; 
  mentre che torni, parlerò con questa,
  che ne conceda i suoi omeri forti».

43  Così ancor su per la strema testa
  di quel settimo cerchio tutto solo
  andai, dove sedea la gente mesta.

46  Per li occhi fora scoppiava lor duolo;
 di qua, di là soccorrien con le mani
  quando a' vapori, e quando al caldo suolo:

49  non altrimenti fan di state i cani
  or col ceffo or col piè, quando son morsi
  o da pulci o da mosche o da tafani.

52  Poi che nel viso a certi li occhi porsi,
  ne' quali 'l doloroso foco casca,
  non ne conobbi alcun; ma io m'accorsi

55  che dal collo a ciascun pendea una tasca
  ch'avea certo colore e certo segno,
  e quindi par che 'l loro occhio si pasca.

                                                                                                  

58  E com' io riguardando tra lor vegno,
  in una borsa gialla vidi azzurro
  che d'un leone avea faccia e contegno.

61  Poi, procedendo di mio sguardo il curro, 
  vidine un'altra come sangue rossa,
  mostrando un'oca bianca più che burro.

64  E un che d'una scrofa azzurra e grossa  
  segnato avea lo suo sacchetto bianco,
  mi disse: «Che fai tu in questa fossa?

67  Or te ne va; e perché se' vivo anco,   
  sappi che 'l mio vicin Vitalïano
  sederà qui dal mio sinistro fianco.

70  Con questi Fiorentin son padoano:  
  spesse fïate mi 'ntronan li orecchi
  gridando: ``Vegna 'l cavalier sovrano,

73  che recherà la tasca con tre becchi!"». 
  Qui distorse la bocca e di fuor trasse
  la lingua, come bue che 'l naso lecchi.

76  E io, temendo no 'l più star crucciasse
  lui che di poco star m'avea 'mmonito,
  torna'mi in dietro da l'anime lasse.

79  Trova' il duca mio ch'era salito 
  già su la groppa del fiero animale,
  e disse a me: «Or sie forte e ardito.

82  Omai si scende per sì fatte scale;
  monta dinanzi, ch'i' voglio esser mezzo,
  sì che la coda non possa far male».

85  Qual è colui che sì presso ha 'l riprezzo 
  de la quartana, c'ha già l'unghie smorte,
  e triema tutto pur guardando 'l rezzo,
                                                                                                      

88  tal divenn' io a le parole porte;             Al Cerchio VIII
  ma vergogna mi fé le sue minacce,
  che innanzi a buon segnor fa servo forte.

91  I' m'assettai in su quelle spallacce;
  sì volli dir, ma la voce non venne
  com' io credetti: `Fa che tu m'abbracce'.

94  Ma esso, ch'altra volta mi sovvenne  
  ad altro forse, tosto ch'i' montai
  con le braccia m'avvinse e mi sostenne;

97  e disse: «Gerïon, moviti omai:   
  le rote larghe, e lo scender sia poco;
  pensa la nova soma che tu hai».

100  Come la navicella esce di loco   
  in dietro in dietro, sì quindi si tolse;
  e poi ch'al tutto si sentì a gioco,

103  là 'v' era 'l petto, la coda rivolse,  
  e quella tesa, come anguilla, mosse,
  e con le branche l'aere a sé raccolse.

106  Maggior paura non credo che fosse 
  quando Fetonte abbandonò li freni,
  per che 'l ciel, come pare ancor, si cosse;

109  né quando Icaro misero le reni  
  sentì spennar per la scaldata cera,
  gridando il padre a lui «Mala via tieni!»,

112  che fu la mia, quando vidi ch'i' era
  ne l'aere d'ogne parte, e vidi spenta
  ogne veduta fuor che de la fera.

115  Ella sen va notando lenta lenta;     
  rota e discende, ma non me n'accorgo
  se non che al viso e di sotto mi venta.

118  Io sentia già da la man destra il gorgo  
  far sotto noi un orribile scroscio,
  per che con li occhi 'n giù la testa sporgo.

121  Allor fu' io più timido a lo stoscio,
  però ch'i' vidi fuochi e senti' pianti;
  ond' io tremando tutto mi raccoscio.

124  E vidi poi, ché nol vedea davanti,  
  lo scendere e 'l girar per li gran mali
  che s'appressavan da diversi canti.
                                                                                      

127  Come 'l falcon ch'è stato assai su l'ali, 
  che sanza veder logoro o uccello
  fa dire al falconiere «Omè, tu cali!»,

130  discende lasso onde si move isnello, 
  per cento rote, e da lunge si pone
  dal suo maestro, disdegnoso e fello;

133  così ne puose al fondo Gerïone
  al piè al piè de la stagliata rocca,
  e, discarcate le nostre persone,

136  si dileguò come da corda cocca.

 
Londra, British Library, Yates Thompson 36, fol. 30v



Botticelli, Inferno

Blake, Hell, Canto 17

1 Pilgrim and Book, on falconry and pilgrimage, pp. 279-281. Dante here fraudulently gives us the impression of flying, and exposes us to the same danger his dream self is experiencing, his only shield from the scorpion's bite being the substanceless shade of Virgil!  This is a gyre within a gyre.


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