'Dante vivo', 1997-2022 © Julia Bolton Holloway, Carlo Poli, Società Dantesca Italiana, Federico Bardazzi, Ensemble San Felice

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DANTE ALIGHIERI

COMMEDIA. PARADISO XXX


orse semilia miglia di lontano
ci ferve l'ora sesta, e questo mondo
   china già l'ombra quasi al letto piano,

  quando 'l mezzo del cielo, a noi profondo,
  comincia a farsi tal, ch'alcuna stella
  perde il parere infino a questo fondo;

  e come vien la chiarissima ancella
  del sol più oltre, così 'l ciel si chiude
  di vista in vista infino a la più bella.

10   Non altrimenti il trïunfo che lude
  sempre dintorno al punto che mi vinse,
  parendo inchiuso da quel ch'elli 'nchiude,

13   a poco a poco al mio veder si stinse:
  per che tornar con li occhi a Bëatrice
  nulla vedere e amor mi costrinse.

16   Se quanto infino a qui di lei si dice
  fosse conchiuso tutto in una loda,
  poca sarebbe a fornir questa vice.

19  La bellezza ch'io vidi si trasmoda
  non pur di là da noi, ma certo io credo
  che solo il suo fattor tutta la goda.

22  Da questo passo vinto mi concedo
  più che già mai da punto di suo tema
  soprato fosse comico o tragedo:

25   ché, come sole in viso che più trema,
  così lo rimembrar del dolce riso
  la mente mia da me medesmo scema.

28   Dal primo giorno ch'i' vidi il suo viso
  in questa vita, infino a questa vista,
  non m'è il seguire al mio cantar preciso;

31   ma or convien che mio seguir desista 
  più dietro a sua bellezza, poetando,
  come a l'ultimo suo ciascuno artista.

34   Cotal qual io lascio a maggior bando
  che quel de la mia tuba, che deduce
  l'ardüa sua matera terminando,


Londra, British Library, Yates Thompson 36, fol. 183

37   con atto e voce di spedito duce                     Empireo
  ricominciò: «Noi siamo usciti fore
  del maggior corpo al ciel ch'è pura luce:

40   luce intellettüal, piena d'amore;
  amor di vero ben, pien di letizia;
  letizia che trascende ogne dolzore.

43   Qui vederai l'una e l'altra milizia 
  di paradiso, e l'una in quelli aspetti
  che tu vedrai a l'ultima giustizia».

46   Come sùbito lampo che discetti
  li spiriti visivi, sì che priva
  da l'atto l'occhio di più forti obietti,

49   così mi circunfulse luce viva,  
  e lasciommi fasciato di tal velo
  del suo fulgor, che nulla m'appariva.

52   «Sempre l'amor che queta questo cielo
  accoglie in sé con sì fatta salute,
  per far disposto a sua fiamma il candelo».

55   Non fur più tosto dentro a me venute
  queste parole brievi, ch'io compresi
  me sormontar di sopr' a mia virtute;

58   e di novella vista mi raccesi 
  tale, che nulla luce è tanto mera,
  che li occhi miei non si fosser difesi;

61   e vidi lume in forma di rivera 
  fulvido di fulgore, intra due rive
  dipinte di mirabil primavera.
                                                                                                                

64   Di tal fiumana uscian faville vive,
  e d'ogne parte si mettien ne' fiori,
  quasi rubin che oro circunscrive;

67   poi, come inebrïate da li odori,
  riprofondavan sé nel miro gurge,
  e s'una intrava, un'altra n'uscia fori.

70   «L'alto disio che mo t'infiamma e urge,
  d'aver notizia di ciò che tu vei,
  tanto mi piace più quanto più turge;

73  ma di quest' acqua convien che tu bei
  prima che tanta sete in te si sazi»:
  così mi disse il sol de li occhi miei.

76   Anche soggiunse: «Il fiume e li topazi
  ch'entrano ed escono e 'l rider de l'erbe
  son di lor vero umbriferi prefazi.

79   Non che da sé sian queste cose acerbe;
  ma è difetto da la parte tua,
  che non hai viste ancor tanto superbe».

82   Non è fantin che sì sùbito rua
  col volto verso il latte, se si svegli
  molto tardato da l'usanza sua,

85   come fec' io, per far migliori spegli 
  ancor de li occhi, chinandomi a l'onda
  che si deriva perché vi s'immegli;

88   e sì come di lei bevve la gronda 
  de le palpebre mie, così mi parve
  di sua lunghezza divenuta tonda.

91   Poi, come gente stata sotto larve,
  che pare altro che prima, se si sveste
  la sembianza non süa in che disparve,

94   così mi si cambiaro in maggior feste
  li fiori e le faville, sì ch'io vidi
  ambo le corti del ciel manifeste.

97  O isplendor di Dio, per cu' io vidi
  l'alto trïunfo del regno verace,
  dammi virtù a dir com' ïo il vidi!

100   Lume è là sù che visibile face 
  lo creatore a quella creatura
  che solo in lui vedere ha la sua pace.

103   E' si distende in circular figura,
  in tanto che la sua circunferenza
  sarebbe al sol troppo larga cintura.

106   Fassi di raggio tutta sua parvenza
  reflesso al sommo del mobile primo,
  che prende quindi vivere e potenza.

109   E come clivo in acqua di suo imo
  si specchia, quasi per vedersi addorno,
  quando è nel verde e ne' fioretti opimo,

112   sì, soprastando al lume intorno intorno,
  vidi specchiarsi in più di mille soglie
  quanto di noi là sù fatto ha ritorno.

115   E se l'infimo grado in sé raccoglie
  sì grande lume, quanta è la larghezza
  di questa rosa ne l'estreme foglie!

118   La vista mia ne l'ampio e ne l'altezza 
  non si smarriva, ma tutto prendeva
  il quanto e 'l quale di quella allegrezza.

121   Presso e lontano, lì, né pon né leva:
  ché dove Dio sanza mezzo governa,
  la legge natural nulla rileva.

124  Nel giallo de la rosa sempiterna,
  che si digrada e dilata e redole
  odor di lode al sol che sempre verna,

127   qual è colui che tace e dicer vole,
  mi trasse Bëatrice, e disse: «Mira
  quanto è 'l convento de le bianche stole!

130   Vedi nostra città quant' ella gira;
  vedi li nostri scanni sì ripieni,
  che poca gente più ci si disira.

133   E 'n quel gran seggio a che tu li occhi tieni
  per la corona che già v'è sù posta,
  prima che tu a queste nozze ceni,

136   sederà l'alma, che fia giù agosta,
  de l'alto Arrigo, ch'a drizzare Italia
  verrà in prima ch'ella sia disposta.

139   La cieca cupidigia che v'ammalia
  simili fatti v'ha al fantolino
  che muor per fame e caccia via la balia.

142   E fia prefetto nel foro divino 
  allora tal, che palese e coverto
  non anderà con lui per un cammino.

145   Ma poco poi sarà da Dio sofferto
  nel santo officio; ch'el sarà detruso
  là dove Simon mago è per suo merto,

147   e farà quel d'Alagna intrar più giuso». 



Londra, British Library, Yates Thompson 36, fol. 184


Horia-Roman, Gli occhi di Beatrice, a physicist and Romania's former Minister of Culture, briliantly analyses Dante's form as here turned inside out, the Cosmos reversed, God at the centre, earth at the farthest periphery, but the same size as before, a huge ball.



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