'Dante vivo', 1997-2022 © Julia Bolton Holloway, Carlo Poli, Società Dantesca Italiana, Federico Bardazzi, Ensemble San Felice, Richard Holloway, Akita Noek

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Cerchio VII, Girone 3, la Violenza



DANTE ALIGHIERI

COMMEDIA. INFERNO XVI


ià era in loco onde s'udia 'l rimbombo
  de l'acqua che cadea ne l'altro giro,
  simile a quel che l'arnie fanno rombo,

4   quando tre ombre insieme si partiro,  
  correndo, d'una torma che passava
  sotto la pioggia de l'aspro martiro.
                                                                                                   

  Venian ver' noi, e ciascuna gridava: 
  «Sòstati tu ch'a l'abito ne sembri
  esser alcun di nostra terra prava».

10   Ahimè, che piaghe vidi ne' lor membri,
  ricenti e vecchie, da le fiamme incese!
  Ancor men duol pur ch'i' me ne rimembri.

13   A le lor grida il mio dottor s'attese; 
  volse 'l viso ver' me, e «Or aspetta»,
  disse, «a costor si vuole esser cortese.

16   E se non fosse il foco che saetta   
  la natura del loco, i' dicerei
  che meglio stesse a te che a lor la fretta».

19   Ricominciar, come noi restammo, ei  
  l'antico verso; e quando a noi fuor giunti,
  fenno una rota di sé tutti e trei.


William Blake, Inferno XVI

22   Qual sogliono i campion far nudi e unti,
  avvisando lor presa e lor vantaggio,
  prima che sien tra lor battuti e punti,

25   così rotando, ciascuno il visaggio 
  drizzava a me, sì che 'n contraro il collo
  faceva ai piè continüo vïaggio.

28   E «Se miseria d'esto loco sollo  
  rende in dispetto noi e nostri prieghi»,
  cominciò l'uno, «e 'l tinto aspetto e brollo,

31   la fama nostra il tuo animo pieghi   
  a dirne chi tu se', che i vivi piedi
  così sicuro per lo 'nferno freghi.
                                                                                                   

34   Questi, l'orme di cui pestar mi vedi,
  tutto che nudo e dipelato vada,
  fu di grado maggior che tu non credi:

37   nepote fu de la buona Gualdrada;   
  Guido Guerra ebbe nome, e in sua vita
  fece col senno assai e con la spada.
                                                                                         

40   L'altro, ch'appresso me la rena trita, 
  è Tegghiaio Aldobrandi, la cui voce
  nel mondo sù dovria esser gradita.
                                                                                         

43   E io, che posto son con loro in croce,
  Iacopo Rusticucci fui, e certo
  la fiera moglie più ch'altro mi nuoce».
                                                                                          

46   S'i' fossi stato dal foco coperto,                        46
  gittato mi sarei tra lor di sotto,
  e credo che 'l dottor l'avria sofferto;

49   ma perch' io mi sarei brusciato e cotto,
  vinse paura la mia buona voglia
  che di loro abbracciar mi facea ghiotto.

52   Poi cominciai: «Non dispetto, ma doglia
  la vostra condizion dentro mi fisse,
  tanta che tardi tutta si dispoglia,

55   tosto che questo mio segnor mi disse
  parole per le quali i' mi pensai
  che qual voi siete, tal gente venisse.

58   Di vostra terra sono, e sempre mai
  l'ovra di voi e li onorati nomi
  con affezion ritrassi e ascoltai.

61   Lascio lo fele e vo per dolci pomi 
  promessi a me per lo verace duca;
  ma 'nfino al centro pria convien ch'i' tomi».

64   «Se lungamente l'anima conduca 
  le membra tue», rispuose quelli ancora,
  «e se la fama tua dopo te luca,

67   cortesia e valor dì se dimora 
  ne la nostra città sì come suole,
  o se del tutto se n'è gita fora;

70   ché Guiglielmo Borsiere, il qual si duole 
  con noi per poco e va là coi compagni,
  assai ne cruccia con le sue parole».

73   «La gente nuova e i sùbiti guadagni 
  orgoglio e dismisura han generata,
  Fiorenza, in te, sì che tu già ten piagni».

76   Così gridai con la faccia levata; 
  e i tre, che ciò inteser per risposta,
  guardar l'un l'altro com' al ver si guata.

79   «Se l'altre volte sì poco ti costa»,
  rispuoser tutti, «il satisfare altrui,
  felice te se sì parli a tua posta!

82   Però, se campi d'esti luoghi bui 
  e torni a riveder le belle stelle,
  quando ti gioverà dicere ``I' fui",

85   fa che di noi a la gente favelle». 
  Indi rupper la rota, e a fuggirsi
  ali sembiar le gambe loro isnelle.

88   Un amen non saria possuto dirsi
  tosto così com' e' fuoro spariti;
  per ch'al maestro parve di partirsi.

91   Io lo seguiva, e poco eravam iti,  
  che 'l suon de l'acqua n'era sì vicino,
  che per parlar saremmo a pena uditi.                                                                                      

94   Come quel fiume c'ha proprio cammino 
  prima dal Monte Viso 'nver' levante,
  da la sinistra costa d'Apennino, 
                                                                                                                                                                                    

97   che si chiama Acquacheta suso, avante 
  che si divalli giù nel basso letto,
  e a Forlì di quel nome è vacante,
                                                                                     

100   rimbomba là sovra San Benedetto
  de l'Alpe per cadere ad una scesa
  ove dovea per mille esser recetto;

103   così, giù d'una ripa discoscesa, 
  trovammo risonar quell' acqua tinta,
  sì che 'n poc' ora avria l'orecchia offesa.

106   Io avea una corda intorno cinta,
  e con essa pensai alcuna volta
  prender la lonza a la pelle dipinta.

109   Poscia ch'io l'ebbi tutta da me sciolta,
  sì come 'l duca m'avea comandato,
  porsila a lui aggroppata e ravvolta.

112   Ond' ei si volse inver' lo destro lato,
  e alquanto di lunge da la sponda
  la gittò giuso in quell' alto burrato.

115   `E' pur convien che novità risponda',
  dicea fra me medesmo, `al novo cenno
  che 'l maestro con l'occhio sì seconda'.

118   Ahi quanto cauti li uomini esser dienno
  presso a color che non veggion pur l'ovra,
  ma per entro i pensier miran col senno!

121   El disse a me: «Tosto verrà di sovra 
  ciò ch'io attendo e che il tuo pensier sogna;
  tosto convien ch'al tuo viso si scovra».

124   Sempre a quel ver c'ha faccia di menzogna
  de' l'uom chiuder le labbra fin ch'el puote,
  però che sanza colpa fa vergogna;

127   ma qui tacer nol posso; e per le note
  di questa comedìa, lettor, ti giuro,
  s'elle non sien di lunga grazia vòte,
                                                                                                    

130   ch'i' vidi per quell' aere grosso e scuro 
  venir notando una figura in suso,
  maravigliosa ad ogne cor sicuro,

133   sì come torna colui che va giuso
  talora a solver l'àncora ch'aggrappa
  o scoglio o altro che nel mare è chiuso,

136   che 'n sù si stende e da piè si rattrappa.


  

Londra, British Library, Yates Thompson 36, fol. 29


1 Guido Guerra, Twice-Told Tales, pp. 24-40 e passim.
2 Tegghaio Aldobrandi Adimari, Twice-Told Tales, pp. 24-40 e passim.
3 Jacopo Rusticucci, Twice-Told Tales, pp. 24-32.


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