'Dante vivo', 1997-2022 © Julia Bolton Holloway, Carlo Poli, Società Dantesca Italiana, Federico Bardazzi, Ensemble San Felice
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Lettore, Carlo D'Angelo
Temple Classics reading
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Anti-Purgatorio
DANTE ALIGHIERI
COMMEDIA.
PURGATORIO VII
oscia che
l'accoglienze oneste e
furo iterate tre e quattro volte,
Sordel si trasse, e disse: «Voi, chi
siete?».
Sordel de Mantova BNF 12473,fol. 109
4 «Anzi che
a questo monte fosser volte
l'anime degne di salire a Dio,
fur l'ossa mie per Ottavian sepolte.
7 Io son
Virgilio; e per null' altro rio
lo ciel perdei che per non aver fé».
Così rispuose allora il duca mio.
10 Qual è colui
che cosa innanzi sé
sùbita vede ond' e' si maraviglia,
che crede e non, dicendo «Ella è . . . non è . . .
»,
13 tal parve
quelli; e poi chinò le ciglia,
e umilmente ritornò ver' lui,
e abbracciòl là 've 'l minor s'appiglia.
16 «O gloria di
Latin», disse, «per cui
mostrò ciò che potea la lingua nostra,
o pregio etterno del loco ond' io fui,
19 qual merito
o qual grazia mi ti mostra?
S'io son d'udir le tue parole degno,
dimmi se vien d'inferno, e di qual chiostra».
22 «Per tutt' i
cerchi del dolente regno»,
rispuose lui, «son io di qua venuto;
virtù del ciel mi mosse, e con lei vegno.
25 Non per far,
ma per non fare ho perduto
a veder l'alto Sol che tu disiri
e che fu tardi per me conosciuto.
29 Luogo è là
giù non tristo di martìri,
ma di tenebre solo, ove i lamenti
non suonan come guai, ma son sospiri.
31 Quivi sto io
coi pargoli innocenti
dai denti morsi de la morte avante
che fosser da l'umana colpa essenti;
34 quivi sto io
con quei che le tre sante
virtù non si vestiro, e sanza vizio
conobber l'altre e seguir tutte quante.
37 Ma se tu sai
e puoi, alcuno
indizio
dà noi per che venir possiam più tosto
là dove purgatorio ha dritto inizio».
40 Rispuose:
«Loco certo non c'è posto;
licito m'è andar suso e intorno;
per quanto ir posso, a guida mi t'accosto.
43 Ma vedi già
come dichina il giorno,
e andar sù di notte non si puote;
però è buon pensar di bel soggiorno.
46 Anime sono a
destra qua remote;
se mi consenti, io ti merrò ad esse,
e non sanza diletto ti fier note».
49 «Com' è
ciò?», fu risposto. «Chi volesse
salir di notte, fora elli impedito
d'altrui, o non sarria ché non potesse?».
52 E 'l buon
Sordello in terra fregò 'l dito,
dicendo: «Vedi? sola questa riga
non varcheresti dopo 'l sol partito:
55 non però
ch'altra cosa desse briga,
che la notturna tenebra, ad ir suso;
quella col nonpoder la voglia intriga.
58 Ben si poria
con lei tornare in giuso
e passeggiar la costa intorno errando,
mentre che l'orizzonte il dì tien chiuso».
61 Allora il
mio segnor, quasi ammirando,
«Menane», disse, «dunque là 've dici
ch'aver si può diletto dimorando».
64 Poco
allungati c'eravam di lici,
quand' io m'accorsi che 'l monte era scemo,
a guisa che i vallon li sceman quici.
67 «Colà»,
disse quell' ombra, «n'anderemo
dove la costa face di sé grembo;
e là il novo giorno attenderemo».
70 Tra erto e
piano era un sentiero schembo,
che ne condusse in fianco de la lacca,
là dove più ch'a mezzo muore il lembo.
73 Oro e
argento fine, cocco e biacca,
indaco, legno lucido e sereno,
fresco smeraldo in l'ora che si fiacca,
76 da l'erba e
da li fior, dentr' a quel seno
posti, ciascun saria di color vinto,
come dal suo maggiore è vinto il meno.
79 Non avea pur
natura ivi dipinto,
ma di soavità di mille odori
vi facea uno incognito e indistinto.
82 `Salve,
Regina' in sul verde e 'n su' fiori
quindi seder cantando anime vidi,
che per la valle non parean di fuori.
85 «Prima che
'l poco sole omai s'annidi»,
cominciò 'l Mantoan che ci avea vòlti,
«tra color non vogliate ch'io vi guidi.
88 Di questo
balzo meglio li atti e ' volti
conoscerete voi di tutti quanti,
che ne la lama giù tra essi accolti.
91 Colui che
più siede alto e fa sembianti
d'aver negletto ciò che far dovea,
e che non move bocca a li altrui canti,
94 Rodolfo
imperador fu, che potea
sanar le piaghe c'hanno Italia morta,
sì che tardi per altri si ricrea.
97 L'altro che
ne la vista lui conforta,
resse la terra dove l'acqua nasce
che Molta in Albia, e Albia in mar ne porta:
100 Ottacchero
ebbe nome, e ne le fasce
fu meglio assai che Vincislao suo figlio
barbuto, cui lussuria e ozio pasce.
103 E quel
nasetto che stretto a consiglio
par con colui c'ha sì benigno aspetto,
morì fuggendo e disfiorando il giglio:
106 guardate là
come si batte il petto!
L'altro vedete c'ha fatto a la guancia
de la sua palma, sospirando, letto.
109 Padre e
suocero son del mal di Francia:
sanno la vita sua viziata e lorda,
e quindi viene il duol che sì li lancia.
112 Quel che
par sì membruto e che s'accorda,
cantando, con colui dal maschio naso,
d'ogne valor portò cinta la corda;
115 e se re
dopo lui fosse rimaso
lo giovanetto che retro a lui siede,
ben andava il valor di vaso in vaso,
118 che non si
puote dir de l'altre rede;
Iacomo e Federigo hanno i reami;
del retaggio miglior nessun possiede.
121 Rade volte
risurge per li rami
l'umana probitate; e questo vole
quei che la dà, perché da lui si chiami.
124 Anche al
nasuto vanno mie parole
non men ch'a l'altro, Pier, che con lui canta,
onde Puglia e Proenza già si dole.
127 Tant' è del
seme suo minor la pianta,
quanto, più che Beatrice e Margherita,
Costanza di marito ancor si vanta.
130 Vedete il
re de la semplice vita
seder là solo, Arrigo d'Inghilterra:
questi ha ne' rami suoi migliore uscita.
133 Quel che
più basso tra costor s'atterra,
guardando in suso, è Guiglielmo marchese,
per cui e Alessandria e la sua guerra
136 fa pianger
Monferrato e Canavese».
Londra,
British Library, Yates Thompson 36, fol. 76v
1 Charles of Anjou,
Sicily and Jerusalem, sculpted by Arnolfo di Cambio,
Brunetto's Tesoro presented to him on how to govern
in a republic as elected podesta: Twice-Told Tales,
passim.
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