'Dante vivo', 1997-2022 © Julia Bolton Holloway, Carlo Poli, Società Dantesca Italiana, Federico Bardazzi, Ensemble San Felice, Richard Holloway, Akita Noek

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Sole



DANTE ALIGHIERI

COMMEDIA. PARADISO XIV


al centro al cerchio, e sì dal cerchio al centro
movesi l'acqua in un ritondo vaso,
   secondo ch'è percosso fuori o dentro:

4   ne la mia mente fé sùbito caso 
  questo ch'io dico, sì come si tacque
  la glorïosa vita di Tommaso,

  per la similitudine che nacque 
  del suo parlare e di quel di Beatrice,
  a cui sì cominciar, dopo lui, piacque:

10   «A costui fa mestieri, e nol vi dice  
  né con la voce né pensando ancora,
  d'un altro vero andare a la radice.

13   Diteli se la luce onde s'infiora 
  vostra sustanza, rimarrà con voi
  etternalmente sì com' ell' è ora;

16   e se rimane, dite come, poi  
  che sarete visibili rifatti,
  esser porà ch'al veder non vi nòi».

19   Come, da più letizia pinti e tratti,
  a la fïata quei che vanno a rota
  levan la voce e rallegrano li atti,

22   così, a l'orazion pronta e divota,
  li santi cerchi mostrar nova gioia
  nel torneare e ne la mira nota.

25   Qual si lamenta perché qui si moia 
  per viver colà sù, non vide quive
  lo refrigerio de l'etterna ploia.

28   Quell' uno e due e tre che sempre vive
  e regna sempre in tre e 'n due e 'n uno,
  non circunscritto, e tutto circunscrive,

31   tre volte era cantato da ciascuno  
  di quelli spirti con tal melodia,
  ch'ad ogne merto saria giusto muno.

34   E io udi' ne la luce più dia 
  del minor cerchio una voce modesta,
  forse qual fu da l'angelo a Maria,
                                                                                                                  

37   risponder: «Quanto fia lunga la festa 
  di paradiso, tanto il nostro amore
  si raggerà dintorno cotal vesta.

40   La sua chiarezza séguita l'ardore;
  l'ardor la visïone, e quella è tanta,
  quant' ha di grazia sovra suo valore.

43   Come la carne glorïosa e santa 
  fia rivestita, la nostra persona
  più grata fia per esser tutta quanta;

46   per che s'accrescerà ciò che ne dona
  di gratüito lume il sommo bene,
  lume ch'a lui veder ne condiziona;

49   onde la visïon crescer convene, 
  crescer l'ardor che di quella s'accende,
  crescer lo raggio che da esso vene.

52  Ma sì come carbon che fiamma rende, 
  e per vivo candor quella soverchia,
  sì che la sua parvenza si difende;

55   così questo folgór che già ne cerchia 
  fia vinto in apparenza da la carne
  che tutto dì la terra ricoperchia;

58   né potrà tanta luce affaticarne:
  ché li organi del corpo saran forti
  a tutto ciò che potrà dilettarne».

61   Tanto mi parver sùbiti e accorti  
  e l'uno e l'altro coro a dicer «Amme!»,
  che ben mostrar disio d'i corpi morti:

64   forse non pur per lor, ma per le mamme,
  per li padri e per li altri che fuor cari
  anzi che fosser sempiterne fiamme.
                                                                                                               

67   Ed ecco intorno, di chiarezza pari, 
  nascere un lustro sopra quel che v'era,
  per guisa d'orizzonte che rischiari.

70   E sì come al salir di prima sera  
  comincian per lo ciel nove parvenze,
  sì che la vista pare e non par vera,

73   parvemi lì novelle sussistenze 
  cominciare a vedere, e fare un giro
  di fuor da l'altre due circunferenze.

76   Oh vero sfavillar del Santo Spiro!
  come si fece sùbito e candente
  a li occhi miei che, vinti, nol soffriro!

79   Ma Bëatrice sì bella e ridente    
  mi si mostrò, che tra quelle vedute
  si vuol lasciar che non seguir la mente.

82   Quindi ripreser li occhi miei virtute  
  a rilevarsi; e vidimi translato
  sol con mia donna in più alta salute.

85   Ben m'accors' io ch'io era più levato,         Marte
  per l'affocato riso de la stella,
  che mi parea più roggio che l'usato.

88   Con tutto 'l core e con quella favella
  ch'è una in tutti, a Dio feci olocausto,
  qual conveniesi a la grazia novella.

91   E non er' anco del mio petto essausto
  l'ardor del sacrificio, ch'io conobbi
  esso litare stato accetto e fausto;

94   ché con tanto lucore e tanto robbi 
  m'apparvero splendor dentro a due raggi,
  ch'io dissi: «O Elïòs che sì li addobbi!».
                                                                                                              

97   Come distinta da minori e maggi  
  lumi biancheggia tra ' poli del mondo
  Galassia sì, che fa dubbiar ben saggi;

100 s ì costellati facean nel profondo
  Marte quei raggi il venerabil segno
  che fan giunture di quadranti in tondo.

103   Qui vince la memoria mia lo 'ngegno;
  ché quella croce lampeggiava Cristo,
  sì ch'io non so trovare essempro degno;

106   ma chi prende sua croce e segue Cristo,
  ancor mi scuserà di quel ch'io lasso,
  vedendo in quell' albor balenar Cristo.

109   Di corno in corno e tra la cima e 'l basso
  si movien lumi, scintillando forte
  nel congiugnersi insieme e nel trapasso:

112   così si veggion qui diritte e torte, 
  veloci e tarde, rinovando vista,
  le minuzie d'i corpi, lunghe e corte,

115   moversi per lo raggio onde si lista
  talvolta l'ombra che, per sua difesa,
  la gente con ingegno e arte acquista.

118   E come giga e arpa, in tempra tesa
  di molte corde, fa dolce tintinno
  a tal da cui la nota non è intesa,

121   così da' lumi che lì m'apparinno 
  s'accogliea per la croce una melode
  che mi rapiva, sanza intender l'inno.
                                                                                                             

124   Ben m'accors' io ch'elli era d'alte lode, 
  però ch'a me venìa «Resurgi» e «Vinci»
  come a colui che non intende e ode.

127   Ïo m'innamorava tanto quinci,
  che 'nfino a lì non fu alcuna cosa
  che mi legasse con sì dolci vinci.

130   Forse la mia parola par troppo osa, 
  posponendo il piacer de li occhi belli,
  ne' quai mirando mio disio ha posa;

133   ma chi s'avvede che i vivi suggelli
  d'ogne bellezza più fanno più suso,
  e ch'io non m'era lì rivolto a quelli,

136   escusar puommi di quel ch'io m'accuso
  per escusarmi, e vedermi dir vero:
  ché 'l piacer santo non è qui dischiuso,

139   perché si fa, montando, più sincero.


Londra, British Library, Yates Thompson 36, fol. 154


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