GIORNATA DI STUDIO ‘DANTE VIVO’
LA CITTÀ E IL LIBRO
VII GLI ATTI
PROGRAMMA
INTRODUZIONE
9.30
I. DANTE E LE NEUROSCIENZE
'DANTE VIVO' - JULIA BOLTON
HOLLOWAY
DUE O TRE COSE CHE SO IN DANTE - DONATO MASSARO
10.00
LA REGISTRAZIONE DELLA COMMEDIA - CARLO POLI 11.00
LA MUSICA DELLA COMMEDIA - FEDERICO BARDAZZI E MARCO DI MANNO
I DISEGNI DI BOTTICELLI E DI BLAKE DELLA COMMEDIA -
*MORRIS EAVES
II. DONNE E BAMBINI
SANTA ZITA DI LUCCA (1218-1278) - JULIA
BOLTON
HOLLOWAY
12.00
PARADISO III - CARLO
POLI - PICCARDA DONATI (*1273 0
1292)- *M. GRAZIA BEVERINI DEL SANTO
SANT'UMILTA DA FAENZA (1226-1310) -
JULIA BOLTON HOLLOWAY
CHRISTINE DE PIZAN (1362-1431), IL
CAMMIN DI LUNGO STUDIO - *ESTER ZAGO
FRANCES TROLLOPE (1780-1863), HIRAM
POWERS (1805-1873), FREDERICK DOUGLASS (1818-1895)- *DENNIS
LOONEY
LA DIVINA COMMEDIA LETTA DALL'UMANITÀ *GHISLAINE AVAN
PAUSA
PRANZO 13.00
III. BRUNETTO LATINO, MAESTRO DI DANTE ALIGHIERI
'BRUNETTO LATINO, MAESTRO DI DANTE
ALIGHIERI' - JULIA BOLTON HOLLOWAY 14.00
LE COSMOGRAFIE DEL TESORO
- SONIA
MINUTELLO
15.00
L'EDITIO PRINCEPS DEL TESORO, TREVISO, 1474 - *DAVID NAPOLITANO
IV. DANTE E FIRENZE
16.00
INFERNO XXVI - CARLO
POLI - L'ISCRIZIONE
DEL BARGELLO - *RICHARD MAC CRACKEN
LA BATTAGLIA E IL LIBRO DI MONTAPERTI - RENATO STOPANI
COPPO 'PITTORE' - *PAOLO CAMMAROSANO
IL LIBRO DEL CHIODO - FRANCESCA KLEIN, *ENRICO
GIANNINI, *DANIEL-CLAUDIU DUMITRESCU
*=PRESENTAZIONI VIRTUALI
'DANTE VIVO'
GIORNATA DI STUDIO
FIRENZE
OTTOBRE 2013
Power Point slides of the Conference, Entire Proceedings
available as a DVD from Julia Holloway:
Giornata di
Studio 1: Dante Alighieri
Giornata di
Studio 2: William Blake
Giornata di
Studio 3: Donne e bambini
Giornata
di Studio 4: Brunetto Latino
AUREO ANELLO ASSOCIAZIONE E ACCADEMIA DELLE ARTI DEL
DISEGNO
VIA ORSANMICHELE 4, 19 OTTOBRE, 2013, DALLE ORE 9.30
ALLE ORE 17.00
CON IL PATROCINIO DEL COMUNE DI FIRENZE,
DELL’ACCADEMIA DELLE ARTI DEL DISEGNO, DELLA SOCIETÀ
DANTESCA ITALIANA, DELL’UNIONE FIORENTINA MUSEO CASA DI
DANTE, DELL'ARCHIVIO
DI STATO DI FIRENZE, DELLA
FONDAZIONE IL FIORE, DEL LYCEUM CLUB INTERNAZIONALE,
DELL' ASSOCIAZIONE FIORETTA MAZZEI INTERNAZIONALE.
CASE EDITRICI:
OLSCHKI, POLISTAMPA, LIBRERIA DELLE DONNE, SISMEL,
CENTRO STUDI ROMEI
INTRODUZIONE
[*3 1GIORNATASTUDIODA]
PowerPoint
[9.30]
uesta
Giornata di studio 'Dante vivo' dell'Aureo Anello
Associazione vuole essere in onore di due donne
importantissime per la città di Firenze, Fioretta Mazzei
e Maria
Grazia Beverini Del Santo, un omaggio per il loro
sostegno per la pace, per l'umanità, per la cultura. Un grazie
di cuore al Comune di
Firenze, all'Accademia
delle Arti del Disegno, all'Archivio di
Stato di Firenze, alla Società
Dantesca Italiana, all'Unione Fiorentina
Museo Casa di Dante, al Lyceum
Club Internazionale, alla Fondazione il Fiore
e all'Associazione Internazionale 'Fioretta Mazzei' che hanno
concesso il proprio Patrocinio per questa nostra giornata.
Desidero in particolare ringraziare Eugenio
Giani Presidente del Consiglio Comunale e Presidente
della Società Dantesca Italiana.
La Giornata di Studio *4 'Dante
vivo', realizzata senza fondi nasce dall'amore per Dante e la
Commedia. A motivo di ciò la partecipazione di molti
dei relatori sarà virtuale, così per Morris Eaves, Ester Zago,
Dennis Looney, David Napolitano, Richard
Mac Cracken e Paolo Cammarosano. Una copia del mio volume
Twice-Told Tales: Brunetto Latino and Dante Alighieri,
sarà donato a chi vorrà offrire il proprio contributo di 20,00
euro per prendere parte al pranzo *5
al Ristorante 'Il Pennello' [055 294848], parte
della Casa di Dante originale, come vediamo nelle incisione e
foto dell'800. Consiglio di partecipare alla Fiera
del Libro dove potremo consultare ed esaminare i libri delle
case editrici Olschki, Polistampa,
Libreria
delle Donne, SISMEL
e del Centro Studi
Romei. Nel clima economico attuale anche le case
editrici sono in difficoltà e noi con il nostro sostegno siamo
responsabili per la loro sopravvivenza. In
particolare spero che la Libreria Editrice Fiorentina (LEF)
ristamperà l'importante libro di Giovanni Papini, 'Dante
vivo'. Il Dante sulla locandina è un'incisione di Bruno Vivoli
della Messa di San Procolo di Giorgio La Pira e Fioretta
Mazzei alla Badia Fiorentina. A Carlo Poli, figlio di
contadini del Mugello, la mia grande gratitudine per la sua
lettura della Commedia. A Enrico Santori,
la nostra gratitudine per la locandina, e a Carlo
Steinhauslin, la nostra gratitudine per i rinfreschi.
Presentiamo e
condividiamo il DVD 'Dante vivo' - seppur ancora una bozza, un
work in progress - con il materiale di cui
oggi discuteremo. Di Brunetto Latino la Rettorica
da Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, II.IV.127,
il *6 Tesoretto
dalla Biblioteca Medicea Laurenziana, Strozz. 146, Li Livres dou
Tresor in francese dall edizione di Francis
Carmody, e il Tesoro
stampato a Treviso in 1474, probabilmente da un manoscritto di
Francesco da Barberino, che con Dante fu allievo di Brunetto,
e anche la tesi di Sonia
Minutello sulle cosmografie nei manoscritti del Tesoro.
*7 Di Dante Alighieri le tre
cantiche della Commedia
con la registrazione della lettura di Carlo Poli. La
musica e il testo del *8
Dugentesco chant-fable di Aucassin e Nicolete,
scritto in Arras dove Brunetto è in esilio dopo Montaperti. *9 Poi la traduzione italiana a cura
di Esther Zago del Chemin de Long Estudes, il Cammin di Lungo Studio,
di Christine de Pizan, giovana vedova italiana alla corte del
Re di Francia. Un totale di nove libri in uno DVD!
I. DANTE E LE
NEUROSCIENZE
traniera
conducendo le mie ricerche nelle biblioteche italiane,
parlando di Dante con gli studiosi italiani sempre ho udito
definire Dante troppo difficile, troppo oscuro. Ma
parlando con i contadini in loro ho scoperto un grande amore
per Dante, sovente con la memorizzazione della Commedia
come fosse una canzone, come nell'antica Grecia il canto epico
di Omero. *10 Gradualmente ho
capito che questo paradosso deriva dalla paideia del
mondo moderno troppo concentrata sull'emisfero sinistro del
cervello, della mente intellettuale, logico, astratto,
lineare, che per paura esclude l'altro, esclude il corpo con
suoi cinque sensi, e esclude l'anima. A questa intellettualità
si accompagna la convenzione del rimanere distaccati e
lontani, del non contaminare l'oggetto d'arte con le emozioni.
Dante invece scrive con il cervello destro, del corpo e suoi
sensi e dell'anima, scrive combinando musica (salvo che nell'Inferno),
immagini, suoni, colori, *11,12,13 coinvolgendo
il mondo dei cinque sensi, Vista, Udito, Tatto, Olfatto/Gusto.
Con il cervello che, invece di essere incastrato sull'io, è
globale: E' aperto a tutto il Cosmo. Dante crea un bellissimo
equilibrio fra i due emisferi, crea dal sinistro e dal destro.
Dante stesso è presente nel testo: risponde con profonde
emozioni, ma al tempo stesso la sua figura rappresenta noi,
Ognuno, come lettore che partecipa nel suo testo. Noi udiamo,
noi vediamo, noi sentiamo, noi odoriamo, noi gustiamo, assieme
a lui pienamente, partecipando agli eventi che descrive.
*14
L'arte medievale, la poesia medievale, non rimane costretta
nelle cornici, ad un livello piatto, ma esce fuori vivendo una
libertà splendida e plurivalente. Qui, nel Libro del
Biadaiuolo di Domenico Lenzi alla Biblioteca Medicea
Laurenziana, Tempi 3, vediamo Orsanmichele, le donne e i
bambini fuori del potere che ricevono aiuto, la croce che si
innalza al cielo. Anche qui sentiamo i rumori, gli odori. Le
miniature medievale sono come i rotoli cinesi, nei quali
entriamo. Dove partecipiamo. Ascoltiamo il fiume, sentiamo il
vento, odoriamo i pini. L'arte moderna sembra invece separata
da noi, chiusa nelle cornici, in freddi musei, astratti,
sanizzati, deodorizzati. Da non toccare! Non più le cose della
natura ma ciò che è meccanico, non le forme rotonde come le
spirali di Fibonacci ma la spigolosità degli angoli quadrati.
Dobbiamo apprendere a leggere questa arte medievale così
ricca, così multimediale e così vicina al mondo dei computer,
all'IPod, IPad ecc. Un paradosso nel suo essere così moderna.
*15 Il mondo
dell'emisfero sinistro costringe e mutila Dante, un canto alla
volta, staccato, divorziato dal resto del testo. E dal
contesto. Con prima un'ora di commento superficiale e
arrogante, ripetendo gli errori del passato. Anche
accompagnato dalla spiegazione che non potremo capire Dante
senza questa introduzione. Poi segue la lettura piatta -
troppo seria e riverente - di undici minuti. Senza la
giocosità di Dante. Lo stesso Roberto Benigni ripete questo
modo di rappresentare Dante. Noi, invece, nella nostra
biblioteca, un gruppo di fiorentini e stranieri, per due anni
abbiamo, ogni giovedì sera, letto Dante senza prima
commentarlo. La Commedia due volte e la Vita Nova
una volta. E' stata una bellissima esperienza. Successivamete
ho registrato la lettura della Commedia di Carlo Poli,
e lavorato con Federico Bardazzi e Marco Di Manno per i
concerti della musica nel testo. Per scoprire davvero tesori.
Ad esempio cinque volte Dante gioca con i mottetti, la
giustapposizione della musica sacra in latino con la musica
profana in volgare - italiano o provenzale - risolto nell'inno
di san Bernardo (ma in fatti composto da Dante) all'inizio di
Paradiso XXXIII, in
italiano ma sacro, una lauda non benedettina o cicerstense
della clausura dei chiostri ma francescana per le piazze e i
suoi mercati, come quelli cantati dai laici della Compagnia
laudese di Orsanmichele, dalle gente comune. Dante così
scherza nelle sue pagine sorridendo nel modo del Magnificat,
del Vangelo. Così,
allontonandoci dal Dante in marmo bianco, freddo, classico,
feroce di Santa Croce, dal Dante dell'Accademicismo romantico.
*16 Nel mio primo
libro su Dante osservo come fuori del testo, e nella veste di
autore, egli sia il nostro maestro, sempre con la
toga rossa,*17 ma
entro il testo, nelle miniature medievali, egli è un
discepolo, è un apprendista, con la veste di colore azzurro.
Un apprendista che impara e sbaglia, che pecca, e pecca
macchiandosi di tutti e sette i peccati capitali nelle cornici
dell'Inferno. Egli è anche l'apprendista del mago,
l'apprendista di Virgilio, che la tradizione medievale vuole
un negromante, così come ci insegna Domenico Comparetti. Nelle
miniature medievali alla Commedia soltanto il suo
maestro Virgilio veste la toga rossa. Con la conversione di
Dante - e la nostra - dal mondo pagano e dannato sotto la
legge - le lacrimae rerum di Virgilio - al mondo
cristiano redento e gioioso, dove sua maestra è Beatrice,
figura della fede, della speranza e dell'amore, abbigliata dei
colori della bandiera italiana, bianco, verde, rosso. Così il
poema serve da paideia. A noi, agli italiani, a tutto
il mondo. Tutti conducendo alla libertà.
*18 Qui vediamo
l'attore che legge la Commedia con il Libro del
Chiodo in mano, il libro che condanna Dante all'esilio,
e la giovane cantante prima che egli sia condannato
all'esilio, nel concerto della musica della Commedia
eseguita dall'Ensemble San
Felice di Federico Bardazzi. Noi entriamo nel testo. Con
la nostra lettura diveniamo Dante. Siamo il Dante apprendista
e peccatore, il Dante penitente e saggio. Come in un rotolo
dipinto cinese. Come nel Pinocchio di Collodi. Tutte
opere pedagogiche che insegnano in modo dilettevole.
*19 Dante, il figlio Pietro
Alighieri afferma, si serve del teatro di Terenzio, di Terentius
Publius Afer, delle sue Commedie. Un teatro pieno
di voci e dialoghi. Come Michail Bachtin ha scritto di
Fedor Dostoevskij. Un teatro in cui incontriamo le anime
perdute, esempi da non imitare, e le anime penitenti da
imitare nella nostra vita - per la nostra salvezza.
Terenzio, schiavo affrancato, ha scritto sei Commedie
dove le donne e gli schiavi vincono e si riconciliano con
i padroni maschi in una democrazia pre-cristiana. Anche
noi, le donne e i bambini, siamo attori in questo
suo teatro - la Commedia - in una democrazia
cristiana.
DANTE VIVO *20
ostro
ora esempi di 'Dante vivo'.
Questa parte del progetto 'Dante vivo' è dedicata alla cara
memoria del Professor Claudio
Leonardi, Fondatore della SISMEL
Per me, la Commedia è l'educazione libera dei
contadini e degli artigiani, è l'Italia donata agli
stranieri e agli esuli - come per Samuel Beckett e
James Joyce. E' la vera Chiesa e la vera Università.
Come medievista insegnando agli studenti americani,
anche ai carcerati di New York, e oggi ai Rom di
Romania, sempre faccio riferimento, perché metodo più
efficace, alle fonti primarie, ai manoscritti con le
miniature conservate nelle biblioteche, ai documenti
autografi conservati negli archivi, alla musica
cantata e alla scultura del tempo. In breve a tutto
ciò che è tangibile e concreto, e che in quanto tale
riesce a catturarci sensitivamente.
Il progetto 'Dante vivo' pedagogico si
compone di due parti. La prima parte è dedicata a
Brunetto Latino, maestro di Dante, la seconda a Dante
Alighieri. Il DVD 'Dante vivo' raccoglie il materiale
dei portali dedicati ai due autori. Il progetto rende
disponibili sul Web e in DVD il testo della Commedia (con
sullo sfondo i disegni di Sandro Botticelli e William Blake che
illustrano le tre cantiche), e i file audio con
la lettura delle tre cantiche. In
futuro - è ancora un work in progress - anche
la musica sacra e quella profana dei Canti.
*21,22 I versi danteschi sono
preceduti da un file in MP3, e cliccando potremo ascoltare
la lettura del canto dalla voce di Carlo Poli. Come Giotto
Bordone e Beato Angelico, è nativo del Mugello, ora dedica
il resto della vita alla recitazione e alla registrazione
della Commedia.
Carlo
Poli, San Godenzo
DANTE ALIGHIERI, LA
COMMEDIA File audio e testo in italiano:
Inferno I, Inferno II, Inferno
III, Inferno IV, Inferno V, Inferno
VI, Inferno VII, Inferno
VIII, Inferno IX, Inferno X, Inferno
XI, Inferno XII, Inferno
XIII, Inferno XIV, Inferno
XV, Inferno XVI, Inferno
XVII, Inferno XVIII, Inferno
XIX, Inferno XX,
Inferno
XXI, Inferno XXII, Inferno
XXIII, Inferno XXIV, Inferno
XXV, Inferno
XXVI, Inferno XXVII, Inferno XXVIII, Inferno
XXIX, Inferno
XXX, Inferno XXXI, Inferno
XXXII, Inferno XXXIII, Inferno
XXXIV
Purgatorio I, Purgatorio
II, Purgatorio III, Purgatorio
IV, Purgatorio V, Purgatorio
VI, Purgatorio VII, Purgatorio
VIII, Purgatorio IX, Purgatorio X, Purgatorio
XI, Purgatorio XII, Purgatorio
XIII, Purgatorio XIV, Purgatorio
XV, Purgatorio XVI, Purgatorio
XVII, Purgatorio XVIII, Purgatorio
XIX, Purgatorio XX, Purgatorio
XXI, Purgatorio XXII, Purgatorio
XXIII, Purgatorio XXIV, Purgatorio
XXV, Purgatorio XXVI, Purgatorio XXVII, Purgatorio
XXVIII, Purgatorio
XXIX, Purgatorio XXX, Purgatorio XXXI, Purgatorio XXXII, Purgatorio XXXIII
Paradiso I, Paradiso
II, Paradiso III, Paradiso IV, Paradiso
V, Paradiso VI, Paradiso VII, Paradiso
VIII, Paradiso IX, Paradiso X, Paradiso XI, Paradiso XII, Paradiso
XIII, Paradiso XIV, Paradiso XV, Paradiso XVI, Paradiso
XVII, Paradiso
XVIII, Paradiso
XIX, Paradiso XX, Paradiso XXI, Paradiso
XXII, Paradiso
XXIII, Paradiso
XXIV, Paradiso XXV, Paradiso
XXVI, Paradiso
XXVII, Paradiso XXVIII, Paradiso
XXIX, Paradiso XXX, Paradiso
XXXI, Paradiso
XXXII, Paradiso XXXIII
Nell'intento
di Dante così doveva essere letta la Commedia, democraticamente, come il Vangelo,
come una cantastoria, anche tra le donne e i bambini a casa (Paradiso XV. 121-126).
L'una
vegghiava a studio de la culla,
e, consolando, usava l'idïoma
che prima
i padri e le madri trastulla;
l'altra, traendo a la rocca la
chioma,
favoleggiava con la sua famiglia
d'i
Troiani, di Fiesole e di Roma.
*23 La Commedia non solo
dovevo essere letto, ma recitato, e alcuni dei canti includono
salmi e canzoni da essere cantati. L'Inferno, se escludiamo l'amara parodia
marziale e maschile, 'Vexilla regis prodeunt inferni,' del Canto XXXIV, manca della musica;
nel Purgatorio e nel
Paradiso è
grandemente presente la musica, il canto gregoriano in
particolare, e culmina con la Madonna e Bambino, 'Vergine
madre, figlia del tuo figlio', pacificamente. Dante bambino,
battezata sotto questi mosaici di San Giovanni -
Battistero di San Giovanni, Firenze
e cresciuto nella *24
casa detta 'di Dante' nei pressi della Badia fiorentina, deve
aver udito i canonici e monaci intonare quei canti in chiesa e
abbazia.
Casa di Dante
*25 Ma
giustapposti a questa musica sacra erano anche i canti
amorosi, come i mottetti che troviamo nei manoscritti, ad
esempio nel Canzoniere Palatino, BNCF Banco Rari 217,
dove sono i canti siciliani e toscani
Canzoniere Banco Rari
127 Pier delle Vigne, Bonagiunta da Lucca, Guido Guinizelli,
Notaro e Guittone d'Arezzo.
ad imitare la musica
provenzale, per esempio, di Arnaut Daniel. *26 Anche Las Cantigas de Santa
Maria di Alfonso el Sabio raggiunto a Firenze nascono
sotto influssi multiculturale arabi ed ebraici. Il 'dolce stil
nuovo' di Cavalcante e Dante era cosmopolito, un po' come
multiculturale e alla moda fu la musica dei 'Beatles', per gli
adolescenti inglesi, americani e toscani ribelli. I lettori
della Commedia del
tempo di Dante devono avere, con la lettura dei versi, udito
quella stessa musica, accettabile e ribelliosa, risuonare
nella propria mente. Oggi possiamo rivivere questa musica
ricercata con i canti dei monaci e inscenata dai
musicologi. Anche cantata dagli adolescenti
nelle nostre scuole che possono così inscenare Dante in modo
audio. Per questo includo il 'chant-fable' di
*27 Questa icona viene
utilizzata per contradistinguere i brani musicali
presenti nel testo,
e
cliccando su questa icona
sarà in futuro possibile ascoltare la musica che
accompagna il testo.
Salmo CXIII In exitu Israel de
Aegypto (Giacomo
Baroffio) cantato da
un coro di cento anime
`In exitu Isräel de Aegypto'
46
cantavan tutti insieme ad una voce
con quanto di quel salmo è poscia scripto.
Purgatorio II.46-48
E subito dopo il canto amoroso del 'dolce stil nuovo,'
'L'amor che ne la mente mi ragiona' (112), composto da
Dante e cantato
da Casella solo in questo stesso canto. Che
provoca la rabbia di Catone, simile
a quella di Mosé al Vitello d'oro in Esode.
Siamo oramai avvezzi alla radicata
consuetudine che vuole i libri accademici con le pagine in
bianco e nero, privi di immagini e senza colore.
Unica eccezione ancora sono i libri d'arte. Gli
alti costi di stampa, secoli or sono, hanno cancellato il
colore dalla nostra vita, dai nostri studi. Essere lettori
adulti significa leggere solo pagine in grigio, tutto piattto
e noioso. Al tempo di Brunetto e di Dante i libri potevano
essere comparati ai moderni computer, con meravigliose pagine
miniate dai vividi colori o dorate. Pagine che allettavano la
vista e insegnavano con giocosità. "Dante vivo", volgendo lo
sguardo al passato tenta di ricreare l'esperienza che il
lettore viveva al tempo di Dante. Deve essere dunque il poeta
stesso a parlare, sfidando e distruggendo non la sua alterità,
ma la nostra distanza dalla sensualità creativa che anima la
sua poesia.
*28 Dante rimasto orfano ebbe come suo
maestro e tutore Brunetto Latino che nel 1260 ha già viaggiato
alla corte del re Alfonso el Sabio di Spagna. *29 Il re e il notaio tra loro si
scambiano libri: i volumi sulla astronomia araba, Alfragano,
sulla filosofia greca, sull'Etica Nicomachea di
Aristotele. E il Comune di Firenze successivamente riceverà in
dono un manoscritto prodotto dallo stesso re, una splendida
copia de Las Cantigas de Santa Maria.
Alfonso el Sabio e Las Cantigas de Santa Maria,
Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Banco Rari 20
*30 In virtù di questa esperienza
Brunetto in Arras e poi, dopo il suo esilio, a Firenze ha
potuto creare splendidi manoscritti con miniature.
Brunetto Latino, Li
Livres dou Tresor, Biblioteca Nazionale, San
Pietroburgo, Fr. F.V. III N 4
Come già
Brunetto da Alfonso anche Dante da Brunetto apprenderà come
realizzare bellissimi libri miniati nel suo esilio.
*31
Il lavoro di ricerca su Brunetto Latino mi ha permesso di
scoprire numerosi documenti direttamente connessi al testo
di Dante e le citazioni estrapolate dai documenti sono qui
indicate con la sua firma notarile:
Così adocchiato da cotal
famiglia,
22
fui
conosciuto da un, che mi prese
per lo
lembo e gridò: «Qual maraviglia!».
E
io, quando 'l suo braccio a me
distese,
25
ficcaï li occhi per lo cotto aspetto,
sì che 'l viso abbrusciato non difese
la conoscenza süa al mio
'ntelletto;
28
e chinando la mano a la sua faccia,
rispuosi: «Siete voi qui, ser Brunetto?».
E quelli: «O figliuol mio, non ti
dispiaccia
31
se Brunetto Latino un poco teco
ritorna 'n dietro e lascia andar la traccia».
Inferno XV.22-33
Mezzo
secolo fa oramai, molte delle mie ricerche per la preparazione
della tesi si erano concentrate sui volumi di Guido Biagi nel
suo commento a Dante. Nel suo testo Biagi
inserisce immagini tratte dai manoscritti che egli
analogamente utilizza come commento. Successivamente ho
scoperto i disegni di Botticelli creati sotto l'influsso del
Savonarola. Da qui origina il sogno di creare un nuovo Biagi
avvalendosi del Web e DVD, come Dante stesso forse avrebbe
fatto per le sue pagine ridenti. I
testi su DVD di Brunetto e di Dante sono composto con
alternando lettere capitali in rosso e blu sul modello dei
manoscritti medievali, una sistema Montessori per la
memoria. *32 Sfondo spesso
per i canti di Dante sono i disegni di Botticelli o di
Blake. Nel suo testo compaiono anche altre miniature
estrapolate da vari manoscritti.
Botticelli
*33
*34
Benvenuto da Imola
*35
Giovanni Boccaccio, Biblioteca Riccardiana 1035
Cliccando su questa icona:
potremo ammirare questa foto Alinari degli inizi del '900.
Piangendo mi sgridò: «Perché mi
peste?
79
se tu
non vieni a crescer la vendetta
di
Montaperti, perché mi moleste?».
Inferno XXXII.79-81
Nel mio
volume, Il Pellegrino e il libro: Uno studio su Dante
Alighieri, basato su quello di John Demaray, The
Invention of Dante's Commedia, fondamentale è stato
compiere gli stessi pellegrinaggi descritti nel testo dantesco
scoprendo come egli si fosse servito dei paradigmi biblici
dell'Esodo e di Emmaus, nell'Inferno
anche utilizzando le dieci piaghe dell'Esodo e le sette
piaghe dell'Apocalisse. *37 E
ancora come il Purgatorio rispecchiasse il Monte
Ceceri a Fiesole (quando era fatto di gallerie nude ed esposte
di pietra serena prima che gli inglesi nell'Ottocento vi
piantassero i cipressi) come vediamo nel quadro di Domenico di
Michelino dove le
Porte dell'Inferno e del Purgatorio
corrispondano alle Porte arnolfiano a Firenze.
e
il *38 Monte Sinai in Egitto
con la Porta della Confessione dove i monaci del Monastero
di Santa Caterina ascoltano le confessioni dei pellegrini.
Queste sezioni del poema
sono marcate con la conchiglia del pellegrinaggio a
Compostela.
Dante con la Commedia, come
Brunetto Latino con il suo Tesoro,
ha creato
un'enciclopedia. Un'enciclopedia
che tratta della teologia, della storia, della geografia, che
anche include un bestiario, e ancora tratta della astronomia,
dell'etica, della retorica, della politica.
*39 In passato in
Orsanmichele inserendo una monetina potevi illuminare e
ammirare il tabernacolo dell'Orcagna con la Madonna di
Bernardo Daddi. Una epifania in tecnicolor, una luce
esplosiva brevamente per meglio ammirarne la bellezza. Prima
per secoli la chiesa fiorentina delle Arti di Orsanmichele
era illuminata dal tenue chiarore delle candele votive. Dopo
il restauro tutto questo scompare. Non esisteva più, non più
vi si celebrava la Messa, non più c'erano le candele, non
più potevi con una semplice monetina far risplendere di luce
i tesori d'arte che vi sono custoditi. Come con il moderno
accademismo la chiesa era divenuta sterile. Un freddo museo.
Il popolo si è opposto a questo, ed oggi in Orsanmichele si
celebra la messa, possono essere accese le candele, anche se
non più è possibile illuminare con una monetina il
tabernacolo e la bellissima Madonna. Cliccare sui link
disseminati in questo testo sarà come inserire una monetina
per meglio ammirare la bellezza della poesia. Questo è
l'ipertesto di Dante.
Do ora tre esempi di 'Dante vivo', tre
epifanie, tratte dalle tre cantiche:
*40 La prima deriva in parte dalle
ricerche di Robert Davidsohn,
Nicolai Rubenstein, Richard Mac Cracken, e Diana Modesto.
DANTE ALIGHIERI, LA COMMEDIA, INFERNO XXVI File audio e testo in
italiano:
Inferno
I, Inferno II, Inferno
III, Inferno IV, Inferno
V, Inferno VI, Inferno
VII, Inferno VIII, Inferno
IX, Inferno X, Inferno XI, Inferno
XII, Inferno XIII, Inferno
XIV, Inferno XV, Inferno
XVI, Inferno XVII, Inferno
XVIII, Inferno XIX, Inferno
XX, Inferno XXI, Inferno
XXII, Inferno XXIII, Inferno
XXIV, Inferno XXV, Inferno XXVI, Inferno
XXVII, Inferno XXVIII, Inferno
XXIX, Inferno
XXX, Inferno XXXI, Inferno
XXXII, Inferno XXXIII, Inferno
XXXIV
*41,42,43
+SUMMALEXANDER S[AN]C[TU]SQUE[M] MVNDVS ADORAT
CV[M] PASTOR MV[N]DI REGNABA[N]T REX[QVE] GVIELMVS.
ET CV[M] VIR SPLENDE[N]S ORNATVS NOBILITATE:
DE MEDIOLANO DE TVRRI SIC ALAMANNVS:
VRBEM FLORENTE[M] GAVDENTI CORDE REGEBAT
MENIA TVNC FECIT VIR CO[N]STA[N]S ISTA FVTVRIS.
QVI PREERAT P[O]P[V]LO FLORENTI BARTHOLOMEVS
MA[N]TVA QVEM GENVIT COGNOMINE DENVVVLONO
FVLGENTE[M] SENSV CLARV[M] PROBITATE REFVLTUM
QUE[M] SIGNA[N]T AQVILE REDDV[N]T SVA SIGNA DECORVM
INSIGNVM P[O]P[V]LI QUOD CO[N]FERT GAVDIA VITE:
ILLIS QVI CVPIVNT VRBEM CONSVRGERE CELO:
QVAM
FOVEAT [CHRISTV]S CO[N]SERVET FEDERE PACIS:
EST QVIA CV[N]CTORUM FLORENTIA PLENA BONORV[M].
HOSTES DEVICIT BELLO MAGNO[QUE] TVMVLTV:
GAVDET FORTVNA SIGNIS POPVLO[QUE] POTENTI:
FIRMAT EMIT FERVENS STERNIT NV[N]C CASTRA SALVTE
QVE MARE QVE TERRA[M] QUE TOTV[M] POSSIDET ORBEM.
PER QVAM REGNANTE[M] FIT FELIX TVSCIA TOTA:
TA[M]QUA[M] ROMA SEDET SEMPER DVCTVRA TRIVMPHOS.
OMNIA DISCERNIT CERTO SVB IVRE CONHERCENS:
ANNIS MILLENIS BIS CENTVM STANTIBUS ORBE:
PENTA DECEM IVNCTIS [CHRIST]I SVB NOMINE QVIN[QUE]
CUM TRINA DECIMA TVNC TE[M]PORIS INDITIONE.
BARGELLO,
PALAZZO DEL PODESTA’, IL BARGELLO
GAVDET FORTVNA SIGNIS
POPVLO[QUE] POTENTI:
FIRMAT EMIT FERVENS STERNIT
NV[N]C CASTRA SALVTE
QVE MARE QVE TERRA[M] QUE
TOTV[M] POSSIDET ORBEM.
DANTE ALIGHIERI
COMMEDIA, INFERNO XXVI
GODI, FIORENZA, POI CHE SE' SÌ GRANDE
CHE PER MARE E PER TERRA BATTI L'ALI,
E PER LO 'NFERNO TUO NOME SI SPANDE!
*44 Il canto si chiude con il naufragio di Ulisse. Ma anche con noi lettori che questa storia leggiamo male, poiché il poema molte volte è una nave di peregrini verso Gerusalemme. O a Lampedusa.
COMMEDIA. INFERNO XXVI
Tre volte il fé girar con tutte l'acque;
a la quarta levar la poppa in suso
e la prora ire in giù, com' altrui piacque,
infin che 'l mar fu sovra noi richiuso.
Inferno
XXVI.139-142
*45 DANTE
ALIGHIERI, LA
COMMEDIA,
PURGATORIO X
Purgatorio
I, Purgatorio II, Purgatorio
III, Purgatorio IV, Purgatorio
V, Purgatorio VI, Purgatorio
VII, Purgatorio VIII, Purgatorio
IX, Purgatorio X, Purgatorio
XI, Purgatorio XII, Purgatorio
XIII, Purgatorio XIV, Purgatorio
XV, Purgatorio XVI, Purgatorio
XVII, Purgatorio XVIII, Purgatorio
XIX, Purgatorio XX, Purgatorio
XXI, Purgatorio XXII, Purgatorio
XXIII, Purgatorio XXIV, Purgatorio
XXV, Purgatorio XXVI, Purgatorio XXVII, Purgatorio
XXVIII, Purgatorio
XXIX, Purgatorio XXX, Purgatorio XXXI, Purgatorio XXXII, Purgatorio XXXIII
In Purgatorio X scolpite
nel marmo (da Dio? da Dante?), *46, 47
vediamo prima l'Annunziazione, Davide che danza davanti *48 all'Arca, e *49 a seguire 'Traiano
imperatore' che con tutto l'esercito romano si ferma per
accogliere l'appello di una povera vedova che chiede giustizia
per il proprio figlio.
L'angel che venne in terra col
decreto
34
de la molt' anni lagrimata pace,
ch'aperse il ciel del suo lungo divieto,
dinanzi a noi pareva sì
verace
37
quivi intagliato in un atto soave,
che non sembiava imagine che tace.
Giurato si saria ch'el dicesse `Ave!';
40
perché iv' era imaginata quella
ch'ad aprir l'alto amor volse la chiave;
e avea in atto impressa esta
favella
43
`Ecce ancilla Deï', propriamente
come figura in cera si suggella.
Il Carroccio a Pasqua a Firenze, sul modello
del carro dell'Arca (vedi Zaccaria 9.10)
Era intagliato lì nel marmo
stesso
55
lo carro e ' buoi, traendo l'arca santa,
per che si teme officio non commesso.
Dinanzi parea gente; e tutta
quanta,
58
partita in sette cori, a' due mie' sensi
faceva dir l'un `No', l'altro `Sì, canta'.
Similemente al fummo de li
'ncensi
61
che v'era imaginato, li occhi e 'l naso
e al sì e al no discordi fensi.
Lì precedeva al benedetto
vaso,
64
trescando alzato, l'umile salmista,
e più e men che re era in quel caso.
Purgatorio X.31-66
DANTE
ALIGHIERI, LA COMMEDIA, PARADISO XXXIII *50
Paradiso I, Paradiso II, Paradiso III, Paradiso IV, Paradiso V,
Paradiso VI, Paradiso VII, Paradiso VIII, Paradiso IX, Paradiso X, Paradiso XI, Paradiso XII, Paradiso XIII, Paradiso XIV, Paradiso XV, Paradiso XVI, Paradiso XVII, Paradiso XVIII, Paradiso XIX, Paradiso XX, Paradiso XXI, Paradiso XXII, Paradiso XXIII, Paradiso XXIV, Paradiso XXV, Paradiso XXVI, Paradiso XXVII, Paradiso XXVIII, Paradiso XXIX, Paradiso XXX, Paradiso XXXI, Paradiso XXXII, Paradiso XXXIII
*51, 52
Vergine Madre, figlia del tuo
figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d'etterno consiglio,
tu se' colei che
l'umana natura
nobilitasti sì, che 'l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Paradiso
XXXIII.1-6
DUE
O TRE COSE CHE SO DI DANTE - DONATO MASSARO
[10.00]
onato
Massaro con il suo approccio ci insegna a
come avvicinarci a Dante.
Dante e noi
Dante vivo. Evidentemente sì, se a 750 anni dalla
nascita siamo qui a parlarne con fervore.
Qui e in tanti altri posti dove della sua opera si fanno
letture e riflessioni, nelle piazze, in tante istituzioni in
Italia e all'estero, nelle biblioteche e nelle scuole. Se
tutto ciò accade evidentemente Dante è vivo e attuale pur dopo
tanti secoli; segno che riesce ancora a parlare al cuore e
alla mente degli uomini anche del nostro tempo.
Dante è un prisma dalle molte facce, ed essendo un prisma, ci
si chiede, Quale Dante: il filosofo, il teologo, lo storico,
il politico, il poeta, l'uomo, il cittadino, l'erudito,
l'innamorato, il polemico, il realista, il credente, il
geniale, ecc. ecc.
In realtà egli è tutto queste cose insieme, e
nelle sue opere e nella sua vita appare come un gigante della
Poesia e della Cultura, della Fede e della Ragione, del
Sentimento e dell'Impegno. Le montagne di libri a lui dedicati
testimoniano questa sua grandezza, che l'usura del tempo non
ridimensiona nè la fugacità delle mode mette in discussione.
Sicchè anche noi rileggendolo, possiamo dire a
ragione quello che Bernardo di Chartres, nel secolo delle Chansons
de geste, precedente al secolo di Dante, diceva per gli
antichi, nella loro riscoperta, al loro confronto: "Siamo come
nani appollaiati sulle spalle di giganti".
E possiamo trarre profitto da quelle altezze,
chiedendoci ora, Perchè Dante. Dante, uomo del Medio Evo è
attuale per noi oggi uomini del Duemila?
Sì, lo è, poichè egli non è imbalsamato nè
datato, ma sempreverde affronta e tocca problemi che attengono
alle domande fondamentali dell'uomo, quali che siano poi le
risposte che ognuno dà. Le domande son sempre quelle, su il
Bene e il Male, il Cielo e Terra, la Libertà e la
Responsabilità, la Virtù e il Vizio, la Giustizia e l'Amore e
il loro contrario, e ogni altra antinomia possibile con cui
gli esseri umani si confrontano, anche oggi che la fede nella
scienza e nella tecnica pare voglia sostituir la fede tout
court, la Fede in Dio.
La Scienza e la Tecnica sicuramente favoriscono il
benessere ed hanno grandi meriti, ma certamente non aumentano
le certezze, come la stessa letteratura degli ultimi due
secoli certifica nello smarrimento dell'uomo moderno e
contemporaneo con le sue inquietudini e con le sue ansie.
L'uomo del duemila e l'uomo del medioevo alla fin fine cercano
le stesse cose, a prescindere dalle differenti condizioni
materiali in cui essi vivono, e dalla contingenza delle
consuetudini e delle mode che li caratterizzano. Ecco perchè
Dante è sempre attuale.
Egli figlio del suo secolo lo supera e va oltre
giungendo fino a noi, uomo di parte è sopra e oltre le parti
nell'idealità di un mondo altro; fiorentino per antonomasia,
diventa universale, andando oltre le mura comunali, quasi
conciliatore degli opposti a motivo della sua forte
ispirazione ideale e dell'alta tensione spirituale.
Figlio del suo tempo ne diventa il cronista, ma
per la sua tensione morale ne diventa il cantore, "l'altissimo
poeta" nella capacità di volare alto, cogliendo così sia le
istanze della città terrena che quelle della città celeste, di
cui partecipa figure mirabilmente rappresentate.
Dante già al suo tempo rappresentava la modernità pur
proponendo la tradizione, e se la sorte delle avanguardie è
quella di passare presto lasciando raramente tracce durature,
egli era più che avanguardia poichè non è passato presto e ha
lasciato non tracce ma un patrimonio anche per noi lontani
posteri. Non passa certo di moda Dante, come non passan di
moda: il campanile di Giotto, più o men coevo, e Palazzo
Vecchio e il Duomo, e la Divina Commedia, cattedrale
gotica della ragione e della fede. Opere del passato ma sempre
attuali.
Ma in che consiste la sua attualità. Attualità è
ciò che concerne gli uomini nel loro momento storico ed
esistenziale, ed oltre ai fatti ci sono sentimenti e idee che
configurano l'attualità.
Il geocentrismo ad esempio, il sole che gira intorno
alla terra, lo percepiamo tutti, da oriente a occidente tutti
i giorni, è attuale, è vero, ma il geocentrismo non è vero nè
attuale, è dimostrato, l'eliocentrismo è attuale, la terra che
gira intorno al sole. Dante costruisce il poema
architettonicamente sul geocentrismo del suo tempo, e malgrado
ciò è sempre attuale, non per sue idee scientifiche datate,
questa e altre, ma per la sua visione del mondo e della vita,
terrena e oltreterrena, la cui esistenza quest'ultima per ogni
civiltà è sempre stata attuale, benchè ognuna abbia dato
risposte differenti in proposito ma affermandone il concetto e
la possibilità che attiene al significato stesso della vita
con i suoi valori e le sue componenti, il corpo e l'anima; la
filosofia si pone gli stessi interrogativi e dà risposte a suo
modo, come fa la fede, con il sentimento, con la ragione.
Ma se la scienza, con il geocentrismo rivela la sua
parzialità e caducità, la coscienza continua a interpellarci
sui grandi temi dell'uomo, che sono di perenne attualità e che
Dante ha saputo interpretare magnificamente, in un compiuto
sistema cristiano di valori.
Il legame storico, culturale, morale, spirituale
di Dante con noi, nella valenza delle idee portanti e fondanti
della sua opera, nella persistenza delle domande e delle
risposte esistenziali sulla vita e nella bellezza della sua
poesia, ci fa dire senza titubanze: Dante è vivo.
LA REGISTRAZIONE DELLA COMMEDIA - CARLO POLI
ra entriamo nel mondo del suono di Dante, nel mondo della lettura e del canto. Per anni con Carlo Poli ho lavorato alla registrazione della lettura di tutta la Commedia. Egli, figlio di contadini del Mugello, per la sua corretta dizione fa parte della tradizione orale di Dante: Paradiso IIILA MUSICA DELLA COMMEDIA
- FEDERICO BARDAZZI
[11.00]
icordiamo con sant'Agostino 'che chi canta, prega due volte'. Dante, infatti, ai suoi canti dà il titolo di 'Cantiche'. Il Cantico dei Cantici di Salomone in ebraico è cantato, non soltanto letto (consiglio di ascoltarlo su Web in ebraico, è bellissimo), e Dante ben conosce questo dal suo amico ebreo a Verona, Imanuello Romano. Dopo la registrazione della lettura della Commedia ho incontrato il musicista/musicologo Federico Bardazzi, figlio del mio grande amico alla Messa dei Poveri, l'ingegnere Alfredo Bardazzi, e da questo incontro è nata una collaborazione con l'idea di presentare la Commedia con la sua musica. Scrivendo per lui la Regia per questo progetto ho percepito come la Commedia sia davvero un 'musical'. Anche in questo caso abbiamo utilizzato le immagini, le miniature. *Il nostro Dante fuori dell'azione, come colui che scrive e legge il suo stesso testo, veste la toga rossa del magister, la sua immagine dentro l'azione, invece, è in azzurro, e la sua voce è la voce immatura di una donna, di un bambino.
I
DISEGNI DI BOTTICELLI/BLAKE
DELLA COMMEDIA - *MORRIS
EAVES
[*2GIORNATASTUDIOWB]
PowerPoint
l modo in cui le Lecturae
Dantis sono condotte con un'unica voce recitante
ricalca il testo della Commedia a stampa,
soltanto in bianco e nero, senza canti, senza immagini,
senza il colore. I giovani con il computer diversamente
che nella lettura di un libro a stampa solo in bianco e
nero sono immersi in un mondo fatto di immagini e suoni.
Dante stesso e il suo Maestro Brunetto hanno vissuto
immersi in un mondo multimediale, fatto di suoni, canti,
colori, immagini. Quando ho iniziato le mie ricerche su
Dante e altri autori medievali francesi e inglesi - al
tempo dell'alluvione del 1966 a Firenze - a Berkeley
traendone grande profitto ho studiato gli enormi volumi
di Biagi che al testo accompagna le miniature e i più
antichi commentari. *2 Ho
percepito l'importanza e il valore delle immagini sin da
bambina, quando ancora analfabeta nella biblioteca dei
miei genitori scoprii le spaventose incisioni di Gustave
Doré. Ne fui molto colpita ma non le amavo e non le amo
oggi proprio perché in bianco e nero, di un colore
mettallico e piene di crudeltà. Invece le miniature
medievali, come Dante stesso dice, sorridono: 'piu ridon le carte/ Che pennellegia Franco
Bolognese'. *3 Possiedono
una bellezza profondissima. In particolare le miniature
di Imola che accompagnano il commentario di Benvenuto da
Imola. Questo manoscritto è spezzato tra Imola e Parigi,
e le carte conservate a Parigi con le anime nude sono
state barbaramente danneggite. Intatte e integre sono
invece quelle di Imola. *4 Il
Codice Urbinate di Dante al Vaticano è rinascimentale e
della scuola di Mantegna, ma in tutto riflettono
l'iconografia medievale. Ed ecco Dante apprendista con
la veste di colore azzurro, Virgilio con la toga rossa
del maestro. *5 Negli
splendidi disegni di Botticelli e *6-53
anche nei disegni di William Blake (1757-1827) Dante
erroneamente nel suo sogno/visione è in rosso, il colore
di quando è fuori del proprio testo, Virgilio
all'inverso in azzurro. A parte questo i due artisti
intuiscono a un livello profondissimo come leggere e
capire le parole di Dante, come inscenare e vivere loro.
*54 Concludo con Dante Gabriel
Rosetti, il suo padre in esilio politico dall'Italia, e
che insegna Dante a Londra nell'800, il figlio pingendo
Dante pingendo l'angelo all'anniversario della morte di
Beatrice, preso dalla Vita Nova, in un atto auto
riferenziale. Un quadro ora custodito all'Ashmolean Museum
di Oxford.
La mia profonda riconoscenza al Professor Morris Eaves e al Blake Archive dell'Università della Virginia per aver condiviso con noi a Firenze i disegni di Blake per Dante: http://www.blakearchive.org/blake/
II.
ANCHE LE DONNE E I BAMBINI
[*1
3GIORNATASTUDIODB]
PowerPoint
[12.00]
*2 Ai Rom che
mendicano per le strade di Firenze in passato ero solita
donare cartoline artistiche (riproduzioni dell'arte
fiorentina), ad esempio del dipinto di Domenico di
Michelino con Dante che insegna la Commedia ai
fiorentini in Santa Maria del Fiore. Un giorno una Rom
guardando la cartolina mi ha chiesto 'È lui un santo?'
Ho risposto 'No, Dante non è un santo, ma a
Firenze predicava su come essere buoni'. Nell'udire
queste parole ha in cuor che davvero l'immagine fosse
quella di un santo, e l'ha baciata come fosse un'icona!
Oggi insegno alle famiglie Rom l'alfabeto nella nostra
Mediatheca 'Fioretta Mazzei', a loro che sono quasi
tutti illetterati. Senza alcuna forma di
scholarizzazione o istruzione.
Loro ascoltano con interesse la lettura della Commedia quando registro Carlo Poli. *3 E il loro libro preferito è La Commedia illustrata per ragazzi.
*4
Una ragazza Rom di dieci anni, Esmeralda,
partecipante alla Messa dei Poveri alla Badia e alla
nostra scuola di alfabetizzazione, vedendo nel mio
computer il testo in italiano medievale di Brunetto
Latino, maestro di Dante Alihgieri, la parte in cui
egli traduce l'Etica Nicomachea di Aristotele
sulla Giustizia, è riuscita a leggerlo perfettamente
- e nella sua terza lingua. Questa famiglia: la
madre vedova, il fratello di dodici anni, e lei
stessa, in fatti nata qui a Firenze, dopo un
disumano sgombero
costretti a dormire per strada sotto la pioggia
battente sono per questo anche stati multati.
Cacciati dalla città sono poi partiti per la
Francia.
SANTA ZITA DI
LUCCA - JULIA BOLTON HOLLOWAY
*5 Il peccato per il quale Dante è condannato tre volte all'esilio e a morte nel Libro del Chiodo è il peccato di baratteria. In Inferno XXI, in questo cerchio, Dante ha paura dei demoni.
Del nostro ponte disse: «O
Malebranche, 37
ecco un de li anzïan di Santa Zita!
*6
Santa
Zita. Disegni di Frances Alexander
Mettetel sotto, ch'i' torno per anche
a quella terra, che n'è ben
fornita:
40
ogn' uom v'è barattier, fuor che Bonturo;
del no, per li denar, vi si fa ita».
Là giù 'l buttò, e per lo scoglio
duro
43
si volse; e mai non fu mastino sciolto
con tanta fretta a seguitar lo furo.
Quel s'attuffò, e tornò sù
convolto;
46
ma i demon
che del ponte avean coperchio,
gridar: «Qui
non ha loco il Santo Volto! »
*8
Così in Inferno
XXI in mezzo ai diavoli si pronuncia il nome della santa
patrona di Lucca, l'umile serva Zita, che al suo padrone
sottrae il mantello per donarlo a un povero, poi a lui
restituito da un angelo che si presenta alla porta. Il povero
è Cristo stesso. Anche Santa Zita lottò
con la scopa in mano contro un diavolo per salvare l'anima
di un ragazzo. Questo secondo miracolo
conferisce un tratto comico alla scena. Il ragazzo
è qui Dante! In mezzo a quei dannati si fa poi riferimento
alla salvezza, e subito dopo al Santo Volto di
Lucca. Il nome di Gesù Cristo e la musica sacra
dell''Alleluia' mancano nelle pagine quaresimali dell'Inferno.
Ma qui compare il nome di una serva, una serva del Magnificat,
e il riferimento al Santo Volto di Lucca, anche se Lucca è di
Firenze città rivale. Francesca Alexander, una americana
nell'800, dopo aver udito la storia della santa cantata in una
cantastoria da una contadina, Beatrice Bernardi, realizza i
disegni che ne illustrano la vita, disegni che incontreranno
l'ammirazione di John Ruskin. *9
Splendida è la festa di Santa Zita che si celebra a Lucca il
27 aprile. L'urna di cristallo con le sue spoglie è posta al
centro della chiesa di San Frediano e tutti i lucchesi
vi accorrono devotissimi per venerare la loro santa. Sfiorano
il cristallo dell'urna con i profumati narcisi, e per tutto il
giorno quei fiori portano con sé per le strade della città in
onore della loro buona serva ladra. *10
Questa storia mi richiama alla memoria la storia di
Santa Paraskeva di Iasi, anch'ella una ladra buona che dona ai
poveri il cibo che sottrae in casa ai genitori. Una santa
molto amata dai Rom rumeni che toccano lo schermo del mio
computer quando vedono la sua immagine, sicuri di averne
protezione e di essere da lei guariti da tutti i mali per un
anno.
*11,12
PICCARDA DONATI - *MARIA GRAZIA BEVERINI DEL SANTO
a mia carissima amica, prematuramente scomparsa, Maria Grazia Beverini Del Santo, ha scritto un splendido libro su Piccarda Donati e sul suo convento di Bellosguardo. Quel convento era fondato dalla sorella di Santa Chiara, e anche custodiva il saio del santo. Da questo convento Piccarda fu rapita dal fratello Corso Donati. In Paradiso III nel Cielo della Luna Piccarda parla con Dante, sposato a Gemma della stessa famiglia dei Donati. Questa storia mi tocca profondamente. Costretta ad abbandonare il mio chiostro, il mio convento nel Sussex in Inghilterra, ho qui trovato come eremita la pace di Firenze.
Ora
Carlo Poli lega il terzo canto del Paradiso:
*13
SANT'UMILTA
DA FAENZA - JULIA BOLTON HOLLOWAY
l
tempo di Dante vive a Firenze un'altra suora, *14 Santa Umiltà, fondatrice
delle suore Vallombrosiane, giunta
da Faenza al tempo della Pace del Cardinale Latino e
quando Dante è diciassettenne. *15
Umiltà inizia ad edificare il proprio convento con
l'aiuto di un asino sul
sito dove oggi sorge la Fortezza da Basso *16 Poco dopo compie un miracolo
prodigioso resuscitando un bambino fiorentino. Per questo
viene ben accolta dal Comune di Firenze che nel 1297
affidando i lavori all'architetto Giovanni Pisani, figlio
di Niccolò, ultimò il convento. *17 Ella muore poco dopo nel
1310. Il Duca Alessandro dei Medici distruggerà il suo
convento per edificare la Fortezza nel 1534. Una fortezza
contro i suoi stessi cittadini, contro i fiorentini. Le
consorelle dovettero traslarne le spoglie prima a San
Salvi, poi nel loro attuale convento a Bagno a Ripoli,
dove sono conservate in un'urna di cristallo - come quella
di Santa Zita a Lucca. *18
Il polittico del Lorenzetti, che documenta la Firenze di
Dante, oggi è in parte conservato agli Uffizi e in parte a
Berlino. La statua scolpita dall'Orcagna, invece, è
rimasta a San Salvi. *19,20
Le omelie che ella, illetterata detta alle consorelle,
sono permeate di uno splendido misticismo.
*21
CHRISTINE DE
PIZAN, LE
CHEMIN DE LONC ESTUDES – *ESTHER ZAGO
n
secolo dopo un'italiana alla corte del re di
Francia, *22-26
Christine de Pizan, Cristina da Pizzano, scrive in
francese Le Chemin de Lonc Estudes, Il
Cammin di Lungo Studio, la Commedia
ma femminile in francese. Ella è qui come Dante
nel suo testo, con la veste grigia o azzurra, e la
Sibilla, che prende il posto di Virgilio e insegna
a lei tutto, indossa la veste di colore rosso. Fanciulla ebbe libero accesso
alla biblioteca del re di Francia leggendo quasi
tutto. Rimasta vedova e con un figlio da allevare,
scrive splendidi libri ai re e ai nobili su come
governare l'Europa con l'arma della pace. Quando
ho scoperto che molti importantissimi libri
scritti dalle donne su Firenze mancassero di una
traduzione italiana, alla mia collega Ester Zago
ho commissionato la traduzione italiana de Le Chemin de Lonc Estudes
oggi contenuto in questo DVD, e poi a Bruna
Dell'Agnese e ad Anna Vincitorio la traduzione di
Aurora Leigh e Casa Guidi
Windows di Elizabeth Barrett Browning. Anche
il secondo nostro convegno della serie su la
'Città e Libro' si è incentrato sui manoscritti
delle donne custoditi nelle biblioteche toscane.
Il manoscritto di Egeria ad Arezzo, il manoscritto
di Ildegarda di Bingen a Lucca, quello di
Marguerite Porete alla Riccardiana a Firenze,
quello di Brigida di Svezia scritto da Cristofano
di Gano, segretario di Caterina da Siena, a Siena.
Le donne medievali, Matelda Contessa di Toscana,
Beatrice Portinari, ecc., sono state figure di
grande rilievo a Firenze. Perchè mi chiedo non
esistono delle statue che le ricordano in questa
città? Scolpite da Amalia DuPrè in passato *27
o
da Amalia Ciardi DuPrè oggi? Nello stile di
Orcagna della Santa Umilta?
*28 FRANCES TROLLOPE,
HIRAM POWERS, FREDERICK DOUGLASS - *DENNIS LOONEY
'Tu proverai sì come sa di sale
lo pane altrui, e come è duro calle
lo scendere e 'l salir per l'altrui scale'. Paradiso XVII. 58-60.
III. DANTE PAIDEIA
*1 [4GIORNATA DI
STUDIOBL] PowerPoint
[14.00]
BRUNETTO LATINO, MAESTRO
DI DANTE ALIGHIERI - JULIA BOLTON HOLLOWAY
*2
/1=note
*2=diapositivo di Power Point
'Sieti raccomandato il mio Tesoro
nel qual io vivo
ancora'
Dante, Inferno XV.119-120
*
onostante nell'Ottocento e anche
oggì gli studiosi si riferiscano al maestro di Dante con il
nome di 'Brunetto Latini', *3 egli
nel riferirsi a se stesso adotta il nome latino 'Burnectus Bonaccursi Latinus', il
nome francese 'Maitre Brunet Latin',
e l'italiano 'ser'
o 'maestro Burnetto Latino'. Gli stessi suoi
contemporanei, come Dante in Inferno XV, lo
appellano con il nome di 'Brunetto
Latino', e, in fatti, ha lui nomina
se stesso così.
E quelli: «O figliuol mio, non ti
dispiaccia
31
se Brunetto Latino un poco teco
ritorna 'n dietro e lascia andar la traccia».
Inferno XV.31-33
Il mio lavoro
di ricerca in biblioteche e archivi,
lo studio di testi e miniature, predilige le fonti
dirette, vicine
all'epoca in cui
Brunetto Latino visse che non congetture e letture critiche
successive. Do più
credito ai
documenti coevi,
ignorando
l'accumulo di
errori
sedimentatisi
nel corso
del tempo.
Per queste
ricerche,
dunque, il
mio grande
debito di
riconoscenza
va agli studi
condotti da
Robert Davidsohn e
alle ricerche
di Daniela De
Rosa negli
archivi./1
Questa
conferenza rifiuta
le posizioni di Vittorio
Imbriani, André Pezard, e altri che hanno
falsificato il modo
comune di percepire il maestro di Dante./2 *4 Le miniature dei manoscritti
del Tesoretto,
della Rettorica,
dell'Etica, de Li Livres
dou Tresor, de Il
Tesoro, raffigurano Brunetto
Latino come maestro con i suoi
discepoli. Soltanto in un tardo
manoscritto del Tesoro in Veneto si
afferma trattarsi di una traduzione in
italiano dal francese da parte di Bono Giamboni, collega di
Brunetto. Tutti gli altri manoscritti
asserivano trattarsi del testo di
Brunetto. *5 Tuttavia, dopo l'edizione del
1839 di Carrer
da un'edizione a stampa del 1533
di questo
stesso tardo manoscritto, i bibliotecari
hanno tramandato l'errore nei
manoscritti, anche
catalogando i
manoscritti
sotto il
nome di Giamboni, ad
esempio 'VIII/
LATINI
(Brunetto)/ Tesoro volgarizzato/ da/ Bono
Giamboni, &c'.
Il manoscritto della Biblioteca
Nazionale
II.VIII.36, scritto nel 1286,
possibilmente da Dante
Alighieri, chiaramente non è
un manoscritto di Bono
Giamboni. Questa
conferenza indagherà il legame tra
il Cancelliere fiorentino ed i suoi
discepoli:
Guido Cavalcanti, nemico di Corso Donati, Dante
Alighieri, amico
di Guido, ma
che, come Priore, condanna Guido
all'esilio
provocandone
la morte, e Francesco da
Barberino, notaio di Corso Donati a
Treviso nel 1308, e che con i suoi
diffonderà i testi di Brunetto
e Dante. *6
Il DVD contiene il
facsimile dell'editio
princeps del Tesoro
del 1474 stampato a Treviso,
credo, da un manoscritto di
Francesco da Barberino dell'opera del suo
maestro Brunetto Latino.
Dapprima esaminerò
i documenti
legali,
poi i manoscritti
con miniature.
I.
DOCUMENTI NEGLI ARCHIVI
documenti in latino negli archivi dimostrano che la creazione della Commedia
di Dante deriva in parte dalle formulae intertestuali
della Cancelleria del suo maestro Latino,
che questi
a sua volta apprese
dallo stile cancelleresco del
padre Bonaccursus Latinus, dallo stile di
Federico II di Sicilia, di Alfonso el Sabio di
Spagna, e di Carlo conte d'Angiò e di
Provenza, re di Sicilia e di Gerusalemme. I
documenti negli archivi, morti e tuttavia veri,
dall'emispero sinistro del cervello,
danno vigore al poema
vivo e di finzione, dell'emispero
destro. Questo è
il disegno dei fili dietro la tela, gli intrecci dell'arazzo, il
livello letterale che vive dietro ai quattro sensi
allegorici della poesia e della teologia della Commedia.
*7 Nel testo di Dante, in Inferno XIII, incontriamo
una figura che va a contrapporsi a
Brunetto Latino. In una scena spaventosa, vediamo Dante cogliere un ramo secco
che subito inizia a sanguinare e a parlare - potremmo
aggiungere a sanguinare inchiostro
cancelleresco bruno. Dante poi raccoglie le foglie cadute (folia)
e le restituisce al legittimo
proprietario. L'ombra, l'albero che parla è il
suicida Pier Delle Vigne, Cancelliere dell'Imperatore Federico
II di Sicilia. Pier Delle Vigne come
Logoteta, capo della cancelleria
imperiale, con il suo insegnamento ammaestra
i suoi discepoli per così avviarli a
quell'ufficio. Il suo metodo di insegnamento comprendeva la copiatura delle
sue stesse epistole raccolte come exempla
in un Epistolarium.
Ritroviamo questa collezione di epistole a Firenze tradotta in italiano e continuata
da Ser Brunetto
Latino per essere copiata dai suoi studenti, con anche inclusa l'epistola di Brunetto stesso
inviata al Comune di Pavia dopo l'esecuzione da
parte dei fiorentini dell'Abate Tesauro di
Vallombrosa./3
*8 Poi, quando Dante incontra Ser
Brunetto in Inferno
XV, da lui conosce i nomi di coloro i quali sono in quel
girone, *9 nel
canto successivo incontra la triade di
fuggitivi, Guido Guerra, Tegghaio Aldobrandi e Jacopo
Rusticucci, in vita eminenti cittadini del governo
del Primo Popolo di Firenze, la sua prima
Repubblica. Negli archivi fiorentini nel corso del lavoro di
ricerca su Brunetto Latino, sempre
riferendomi ai volumi di Robert Davidsohn, ho scoperto numerosissimi documenti, alcuni di proprio pugno di Brunetto Latino, in
tutto dieci, e oltre
un centinaio
di altri nei quali ricorre il suo
nome, tutti riflessi
nei canti del poema di Dante. Ad esempio, i documenti su Guido Guerra
in riferimento all'atto di vendita del suo
castello di Romena, 6 Maggio
1255, con testimone Farinata degli Uberti./4
Si tratta dei Conti
Guidi una potente
famiglia per la maggior parte
ghibellina, con
l'eccezione di Guido Guerra, Capitano della Firenze
Guelfa. Romena
fu associata a maestro Adamo, indotto
dai Guidi ghibellini a falsificare
i fiorini gigliati di Firenze guelfa e che Dante pone nell'Inferno.*10 Nel Paradiso
XV di Dante vediamo il suo
antenato Cacciaguida rammaricarsi per la
vendita a Firenze
dei castelli dei Guidi. Lo stesso Dante
in esilio sarà ospite dei Guidi ghibellini a
Poppi e Romena, così
annullando la sua formazione di stampo repubblicano
guelfo.
Quel documento successivamente, l'11 giugno 1254, fu utilizzato come base per la firma dei Senesi a Montereggioni, che Dante anche menziona in Inferno XXXI, comparando le dodici sue alte torri feroci ai dodici giganti attorno a Satana nel suo abisso profondissimo. Questo documento redatto di proprio pugno da Brunetto Latino, nella sua chiara bella scrittura ed il sigillo notarile della fontana/colonna/5 è tutt'oggi conservato a Siena. Con questo numerosi altri sono i documenti conservati nell'Archivio di Stato in quella città, testimoni delle trame e dei preparativi di guerra da parte di Siena con Farinata degli Uberti e altri ghibellini fiorentini insieme al Re Manfredi di Sicilia, figlio naturale dell'Imperatore Federico.
In Inferno VI.79-80, Dante domanda a Ciacco, il goloso, di 'Farinata e'l Tegghiaio . . . Iacopo Rusticucci' e altri. In Inferno XVI.34-45, Jacopo Rusticucci gli dice di come con Guerra e Tegghiaio Aldobrandi partecipò alla vita politica di Firenze, aggiungendo:
E io, che posto son con loro
in croce,
Iacopo
Rusticucci fui . . .
'E io . . . ' 'Et ego . . . ' questa la formula legale ad un
documento comunale di un trattato politico. Il poema di finzione di Dante è così legalizzato,
all'interno del suo stesso testo, da innumerevoli ombre. Ombre
che egli poté solo incontrare tra le
pergamene, nei documenti della Cancellerria
fiorentina. Tegghiaio Aldobrandi, ad esempio,
era già morto prima della nascita di Dante.
*12 DOCUMENTO II [ASF]. Il 25 Agosto 1254, Brunetto Latino redige ancora un altro trattato di pace, questa volta tra i guelfi di Arezzo e Firenze, firmato quello stesso giorno all'usuale suono delle campane nella Chiesa di San Lorenzo. Ne troviamo copia nei Capitoli di Firenze redatto di proprio pugno con attenta cura da Brunetto Latino, con apposto il suo sigillo notarile, la colonna/fontana./6
In Ottobre, e nuovamente nel dicembre 1254, troviamo Brunetto
Latino impegnato per un trattato di pace
con Pisa. Dai documenti possiamo
constatare anche
il coinvolgimento di Genova e Lucca.
Il trattato viene firmato il 10
Ottobre, 'Et ego Burnectus Bonacursi Latini notarius et
nunc Ancianorum scriba et comunis'./7 Villani,
lo storico della Firenze medievale,
asserisce che il 1254 a
motivo della propria
diplomazia e per il potere militare fu dai fiorentini definito 'l'anno della vittoria'./8
Quello stesso anno Brunetto si era distinto per lo studio e l'emendamento degli Statuti di Volterra./9
*13-18 Abbiamo già parlato del lavoro di ricerca di Robert Davidsohn, Nicolai Rubenstein, Richard Mac Cracken, e Diana Modesto da cui sapiamo che nel 1255 il Popolo di Firenze acquisì il terreno dalla Badia per edificare il primo Palazzo del Popolo, oggi il Bargello. Le parole di Brunetto Latino incise sulla lapide della facciata, che Dante sarcasticamente riecheggia ad apertura di Inferno XXVI, corrispondono al canto di Ulisse:
+SUMMALEXANDER S[AN]C[TU]SQUE[M] MVNDVS ADORAT
CV[M] PASTOR MV[N]DI REGNABA[N]T REX[QVE]
GVIELMVS.
ET CV[M] VIR SPLENDE[N]S ORNATVS NOBILITATE:
DE MEDIOLANO DE TVRRI SIC ALAMANNVS:
VRBEM FLORENTE[M] GAVDENTI CORDE REGEBAT
MENIA TVNC FECIT VIR CO[N]STA[N]S ISTA FVTVRIS.
QVI PREERAT P[O]P[V]LO FLORENTI BARTHOLOMEVS
MA[N]TVA QVEM GENVIT COGNOMINE DENVVVLONO
FVLGENTE[M] SENSV CLARV[M] PROBITATE REFVLTUM
QUE[M] SIGNA[N]T AQVILE REDDV[N]T SVA SIGNA
DECORVM
INSIGNVM P[O]P[V]LI QUOD CO[N]FERT GAVDIA VITE:
ILLIS QVI CVPIVNT VRBEM CONSVRGERE CELO:
DOCUMENTO VI [ASF, Libro di Montaperti] Firenze nel 1260 è sull'orlo della disastrosa guerra con Siena, e la sua Repubblica guelfa appoggia il Papa contro il ghibellino Manfredi di Sicilia. Già Pisa, Genova e Siena si erano rivolte ad Alfonso el Sabio, che nel 1257 viene eletto a parità di voti insieme al suo rivale e pretendente al trono imperiale, Riccardo di Cornovaglia, fratello del re d'Inghilterra, queste città offrendogli appoggio per la sua elezione imperiale in cambio sollecitandone l'aiuto./15 Il Libro di Montaperti, l'archivio sul campo di battaglia, preda di guerra dei senesi con il Carroccio, registra ed elenca i preparativi dei fiorentini per provvedere alla guerra. Di pugno di Brunetto sono l'incipit e alcune altre carte del Libro, in cui egli è nominato cinque volte. La prima volta come 'Burnetto Bonaccursi Latini, iudici et notario, sindico ut dixit Comunis et hominum de Monte[varchi]', che sul campo di battaglia ha un vexillum o vessillo, e un padiglione o tenda. Le altre quattro volte, come notaio, a garantire che da parte di alcuni fiorentini si provveda all'invio in battaglia di un certo numero di uomini./16
Ma Brunetto Latino
non sarà sul campo di battaglia. Il Primo Popolo, la Repubblica guelfa di Firenze nel 1260, invia
Brunetto, allora suo cancelliere,
in ambasceria presso Alfonso el Sabio, al tempo stesso
che Guglielmo Beroardi, anch'egli poeta e
diplomatico, fu inviato
all'altro candidato al trono imperiale, Riccardo di
Cornovaglia. Con la speranza
che l'uno o l'altro sarebbe accorso in suo
aiuto, la disperata guelfa Firenze offriva
a tutte e due il suo aiuto per
la conquista del trono imperiale fossero
essi giunti in
Italia a combattere
contro il ghibellino Manfredi. Giovanni Villani a
servizio della compagnia dei Bonaccursi, la famiglia di
Brunetto, nella sua Storia di Firenze dedica un'intero capitolo di accurata attenta cronaca
su queste ambescerie.
18 *Lo
stesso Brunetto Latino nel suo Tesoretto scrive
una cronaca in versi della sua ambasceria e dell'incontro
con il re di Spagna Alfonso el
Sabio,19 collocato
tra luglio e settembre al tempo in cui Alfonso el Sabio si
trova a Siviglia./20 *23-27
L'ambasceria viene
ricevuta nel Salón
de Embajadores (Salone degli
Ambasciatori) all'Alcazar, che la monarchia castigliana
conquistò dai Mori. Ambedue, Alfonso el Sabio e
Brunetto Latino, sono scrittori. I
libri
sui quali Alfonso maggiormente concentrò il suo interesse la
composizione dei tomi della legislazione Las Siete
Partidas del
rey don
Alfonso el
Sabio, la composizione di una cronaca del
mondo, e vari trattati d'alchimia e astronomia. Successivamente
i manoscritti
miniati de Las
Cantigas
de Santa Maria
e la loro
musica./21
*28 Brunetto ha già
tradotto Cicerone. L'ambasceria in
Spagna con l'acquisizione delle opere di
Aristotele e Alfragano produrrà le opere offerte in
dono ad Alfonso el Sabio: i suoi Il
Tesoretto, *29 Li Livres
dou Tresor, e *30
l'Etica di Aristotele, che egli crea dai due. *31
Plausibilmente per lungo tempo dopo egli deve aver
mantenuto i contatti con il quasi imperatore, perché più tardi
Alfonso donerà ai fiorentini la splendida copia del suo Las Cantigas de Santa Maria
con l'unica miniatura del miracolo della sua
guarigione quando quello stesso suo libro
gli viene presentato in dono alla Battaglia di
Victoria. Il manoscritto è ancora oggi conservato nella
Biblioteca Nazionale Centrale di
Firenze, Banco Rari 20, e un manoscritto de Li
Livres dou Tresor appartenuto
al re, è oggi all' Escorial./22 Il Tesoretto con ogni probabilità
è da considerarsi
un incantevole biglietto 'di
ringraziamento'. La
Sommetta
del 1286, contiene poi la formula
notarile per il Papa da riservare ad
Alfonso nella comunicazione degli
scambi
epistolare: 'Al preclaro
et amato figliuolo Anfoso, Re di Castella.'/23
*31 Ma
ormai era troppo tardi per
l'ambasceria di Latino. La
Firenze guelfa il 4
settembre 1260 subisce una totale
disfatta nella sanguinosa Battaglia di Montaperti, 'che
fece l'Arbia colorata in rosso'./24 I
fiorentini ghibellini esiliati hanno vinto i fiorentini guelfi
a Montaperti il 4 settembre 1260,
adducendo a giustificazione della loro guerra la morte di Tesauro. Dante
pone Bocca degli Abati - che a
Montaperti tradì Firenze troncando il braccio
del portainsegna della
cavalleria fiorentina così favorendo i senesi
- in Inferno
XXXII, assieme a Tesauro
di Pavia e Vallombrosa, ucciso prima della nascita di Dante, e
con Ugolino della Gherardesca, che tradirà
Pisa per Firenze e poi divorerà la sua
progenie.
*32 Brunetto scrive di aver avuto notizia della condanna all'esilio sulla via del ritorno da uno 'scolaio' di Bologna al Passo di Roncisvalle. Giunta a noi è anche un'epistola molto fiorita ed accorata del padre Bonaccorso a Brunetto, a lui consegnata, viene detto, dal fratello. L'epistola si apre con la formula: 'Bonaccursius latinus de florencia dilecto filio Bornecto notario, ad excellentissimum dominum Alfonsum romanorum et hyspanorum regem iamdudum pro comuni florentie destinato, salutem. . .' e prosegue con la cronaca della battaglia e la notizia della condanna all'esilio comminata alla famiglia./25 Il padre di Brunetto, Bonaccursus Latinus - egli stesso notaio - è al servizio del vescovo guelfo di Fiesole, il figlio del Comune guelfo di Firenze. Ambedue banditi all'esilio, il padre lo trascorre interamente presumibilmente nel quartiere di San Frediano a Lucca, il figlio Brunetto, dapprima a Montpellier, poi ad Arras, il logico rifugio per i guelfi fiorentini, le due città essendo centri per la produzione di arazzi, e ancora a Bar-sur-Aube, dove anche conoscerà il riccamente miniato Roman de la Rose. In quei luoghi egli mantenne intensi contatti con le 'case' di banchieri lombardi i cui tentacoli si estendevano fino al Baltico, le Isole Britanniche, e oltre./26
La risposta del Papa all'aggressione di Manfredi risultò nella sua detronizzazione e in una crociata intrapresa contro di lui con l'aiuto dei banchieri lombardi, ottenendo dalle chiese in Inghilterra, e altrove, il pagamento della decima per questa guerra 'santa'./27 Per rappresaglia contro Montaperti, i guelfi fiorentini erano anche riusciti a far espellere dalla Corona i mercanti senesi ghibellini presenti in Inghilterra./28 Dai documenti del tempo giunti fino a noi si desume chiaramente che Latino fu un importante membro del governo fantasma guelfo fiorentino in esilio, che sebbene ancora sotto l'interdetto papale per l'assissinio del ghibellino Tesauro de' Beccaria, Abate di Vallombrosa, con i banchieri che paradossalmente furono gli alleati del Papa contro Manfredi /29 cercava di riconquistare la propria città per mezzo di fiorini e marchi di sterlinghi, e con l'appoggio dei papi dopo il mancato aiuto dei candidati imperiali. Due sono le lettere in nostro possesso di pugno di Brunetto Latino e che recano la sua firma risalenti a questo periodo:
*34 DOCUMENTO VII [Archivio Segreto Vaticano]. La prima lettera, scritta per la Curia romana da Arras inerente ad atti che Latino rogò, datati 15 e 24 settembre e concernenti queste operazioni, garantiva la fedeltà dei banchieri fiorentini in esilio - ad Arras e Parigi - alla causa del Papa contro Manfredi, "quondam principis Tarentini"./30 In essa si registrano i nomi dei maggiori banchieri fiorentini: Aymeri Cose, Pietro e Lotterio Benincase, Cante o Cavalcante della Scala, Thomas Spigliati e Ricco Cambi (Rucco di Cambio), alcuni dei quali erano stati in ambasceria presso la Curia romana, e molti di loro menzionati nel documento redatto da Brunetto per il trattato di pace tra Siena e Firenze del 1254 e nel documento ratifica redatto a Orvieto./31 Un volume del secolo XVI che raccoglie documenti negli archivi intitolato Antiquités d'Arras (Bibliothèque Municipale 1110), fa cenno alla presenza di Lombardi e usurai nei pressi dell'Abbazia di san Vedasto (St. Vaast che oggi ospita quella biblioteca e possiede alcuni manoscritti aristotelici connessi a Latino e un magnifico manoscritto de Li Livres dou Tresor)./32
*35
DOCUMENTO VIII [Westminster
Abbey] La seconda lettera, scritta da
Bar-sur-Aube datata 17 April 1264, e
indirizzata all'Inghilterra, ancora conservata a
Westminster Abbey, concerneva proprio il pagamento della
decima per la Crociata. I membri della famiglia dei
Bellindoti e degli Spinelli, con altri mercanti e
banchieri fiorentini contraggono un patto fra i membri delle famiglie Bellindoti e Spinelli e altri
mercanti e banchieri fiorentini per
la concessione di un prestito di quasi duemila marchi
(d'argento sterling) per il pagamento alla Curia romana
della decima del Vescovo di
Hereford./33 Una
frase straordinaria nel documento attesta che il
prestito ad interesse da parte dei banchieri fiorentini
godeva dell'approvazione papale, e che tale forma di
usura persino assicurava (o, piuttosto, acquistava)
l'indulgenza della Crociata. Esiste
la possibilità che questa somma, duemila marchi
d'argento sterling, fosse la somma che la Curia dispose
di pagare a Lucca per il diritto d'asilo degli
esuli guelfi fiorentini nella parrocchia di san
Frediano./34 [Ricordiamo
qui la presenza della santa Zita in questa chiesa.] Altri
documenti nominano
Cavalcante Cavalcanti, padre di Guido Cavalcanti, il
discepolo di Brunetto e l'amico poeta di Dante. Interessante
osservare che uno dei membri della famiglia Bellindoti fosse
Palamidesso di Bellindoti del Perfetto, che nel Libro di Montaperti è "vessillifero
dei balestrieri di Porta di Duomo." Anch'egli poeta, è menzionato da
Brunetto nel suo Favolello, e parteciperà nelle
tenzoni scritte su Carlo d'Angiò./35
Denaro e poesia sono combinati negli affari fiorentini.
Che cosa è accaduto in questi anni fra il 1270 e il 1284? Brunetto Insegna? E dove? A Firenze? A Bologna? (è qui che prende in prestito del denaro per i fratelli e altri parenti) È in Sicilia? A Costantinopoli? In Catalogna? Ad Acri? Dante fu suo discepolo in questi anni o dopo? La produzione dei manoscritti nella regione d'Arras de Li Livres dou Tresor e dopo a Firenze de Il Tesoro, forse attesta l'attività di Brunetto come maestro. Egli qui coniugando la produzione dei libri con l'insegnamento ai discepoli che copiano i suoi libri come discorsi ('E poi il maestro dica . . . '), *43 una formula araba appresa dalla sua visita in Spagna. I suoi discepoli anche copiano le epistole cancelleresche di Pier Delle Vigne, come quelle del padre su Montaperti, e la propria sull'abate Tesauro di Vallombrosa, modelli del passato per il futuro.*44-46 Sappiamo che questa è la tradizione fra i notai, che il proprio mestiere trasmettono di padre in figlio, e ai loro discipuli, e riferimenti coevi dicono che Guido Cavalcanti, Dante Alighieri e Francesco da Barberino erano i discepoli di Brunetto. *47 Nell'affresco del Buon Governo a Siena un maestro, un magister che indossa la toga rossa insegna ai suoi discepoli che siedono davanti a lui, in uno dei negozi della Piazza del Mercato. Credo che Brunetto abbia ricreato un negozio/studio/università simile, in Arras, a Firenze, o ovunque egli fosse. Ad esempio, a Poggibonsi, a Volterra, Pistoia, o a Bologna. In Puglia, in Sicilia, o ad Acri, al servizio di Carlo d'Angiò.
O fu il suo destino ancor peggiore? Fu egli rinchiuso in una prigione angioina, sequestrato a Napoli, senza avere accesso alle pergamene, a penna e inchiostro? Questo dobbiamo pensare perchè quasi non esistono documenti in questo periodo. Né documenti legali né testi letterari, salvo che le copie dei suoi libri in Francia e in Italia. Al suo ritorno a Firenze i suoi discorsi in cui vive il ritmo ciceroniano sono incentrati sull'obbligo di liberare gli schiavi, i condannati politici, in particolare le donne. Così eloquenti erano i suoi discorsi sempre suscitando approvazione e voti a favore.
Contestualmente, la scena politica in relazione al patrono di un tempo di Brunetto, re Carlo, è una scena dominata da grande durezza. Nella conquista di un senso di identità re Carlo ed il fratello san Luigi di Francia sono per carattere diametralmente opposti. L'uno modella la propria vita su san Francesco e Cristo. L'altro per i contemporanei era un Faraone ed un Nerone./47 L'insaziabile avidità di denaro di re Carlo conduce a gravare di tasse i suoi sudditi di al di là di ogni possibile sopportazione. Persino prima delle negoziazioni fiorentine, a Marsiglia i sudditi si rivoltano contro di lui./48 'Carlone' come lo appellano gli italiani, già vittorioso a Benevento, nel 1268 sconfigge Corradino a Tagliacozzo, giustiziando brutalmente il biondo giovane principe a Napoli, imprigionando e infliggendo mutilazioni ai capi ghibellini. In particolare al conte Giordano che a Montaperti combattè per Siena contro Firenze./49 Alla morte del fratello san Luigi, il re Carlo abbandona precipitosamente la Crociata tunisina e giunge a Viterbo, determinato ad esercitare la sua autorità sul conclave dei cardinali. In quella città, il suo vicario generale, Guido di Montfort, ed il fratello Simone di Montfort, uccidono in chiesa (nella Chiesa di San Silvestro) il principe inglese Enrico di Cornovaglia. Re Carlo anche insinuerà Dante persino giunse macchiarsi dell'avvelenamento di Tommaso d'Aquino per poter avere come suo candidato francese Martino IV, Purgatorio XX.61-69.Nel 1281 i fiorentini scrivono al vicario dell'imperatore Rodolfo d'Asburgo, asserendo che il Comune di Firenze non riconosce l'autorità di alcun imperatore./53 Dietro le quinte si intreccia un gioco diplomatico tra l'Imperatore Michele VIII Paleologo di Costantinopoli ed *48 il re Pietro III d'Aragona *49 ad opera di Gianni di Procita e un altro personaggio nelle vesti di francescani (che il Villani illustrato mostra invece come domenicani), per distruggere dalle fondamenta i preparativi della Crociata di re Carlo./54 *50 Contro Carlo, il lunedì di Pasqua del 1282 a Palermo scoppiano i Vespri Siciliani. Dal documento diplomatico in latino è chiaro che l'insurrezione dei Vespri Siciliani contro Carlo d'Angio non fu una sollevazione spontanea ma il risultato di un piano ordinato. Non fu l'insurrezione dei sudditi oppressi contro il loro re, ma una sollevazione istigata con cura da papi e imperatori, e messa in atto da repubblicani e aristocratici.
Firenze in genere la si ritiene fuori da queste trame. Però documenti in inchiostro bruno, e persino rosso sangue sparso in una piazza di Palermo, ne registrano la caduta conseguente ai Vespri Siciliani per le trame ordite contro Carlo dai vari Papi, da un imperatore, dai genovesi, pisani, senesi. Dagli aragonesi, dai siciliani, amche dai fiorentini. Qui cercherò di dimostrare la segreta diplomazia verosimilmente esercitata da Brunetto Latino e la sua complicità in questo evento, con i documenti d'archivio associati a lui o che citano il suo nome, con le cospirazioni segrete dei Vespri così come reperibili nei manoscritti di Latino. Brunetto è sarcastico nel suo utilizzo della parola 'Tesoro'. Li Livres dou Tresor è una sorta di tangente a Carlo d'Angiò, avaro, avido di denaro, che desidera ardentemente una crociata contro la Costantinopoli cristiana. Invece di essere un 'Sanatore' che sotto giuramento preserva la libertà romana - e anche fiorentina, egli è visto come un tiranno. Più crudele, diranno, di Nerone. In un bellissimo manoscritto, purtroppo mutilo, nella Biblioteca Nazionale Centrale, datato fra il 1286 e il 1287 (che credo sia scritto da Dante), il nome di Carlo d'Angiò è cancellato, e il nome del suocero, Raymondo di Berengar, sostuito. Un altro manoscritto, Plut. 42.19, Biblioteca Laurenziana, parla di Brunetto che scrive l'opera per 'amore del suo nemico', e non del suo 'amico', *51 questa frase sarà ripetuta nell' editio princeps del 1474 stampata a Treviso.
In un terzo
delle trentasei traduzioni del manoscritto italiano del Tresor, il Tesoro, compaiono
attenti resoconti, in tre differenti versioni, da Michele
Amari edite come I, II, e III./55 Le versioni più
complete includono le lettere diplomatiche ed i resoconti di
prima mano delle conversazioni segrete intercorse tra Gianni
di Procita (Giovanni da Procida), cavaliere e medico
napoletano, cancelliere d'Aragona, e un certo Accardo
Latino. I due, nelle vesti di
francescani, viaggiano, divisi tra l'imperatore di
Costantinopoli Michele VIII, il Papa, re Pietro III
d'Aragona, i nobili siciliani in esilio, cospirando i
Vespri. Di un racconto
che troviamo in un manoscritto del Tesoro in toscano
alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, VIII.1375
e *52
anche in due in siciliano a Palermo,
/56 due
(uno in toscano, Il Tesoro di Brunetto Latino,
l'altro in siciliano) danno la versione che vuole i
Vespri Siciliani come provocati dalla rivolta contro il
pagamento della decima per la Crociata di Carlo alla
conquista di Costantinopoli. Il terzo di questi resoconti dà la
versione di Giuseppe Verdi che vuole l'assalto francese
come il risultato di una provocazione ai danni di una
giovane nobildonna siciliana. Gli Archivi della Corona
d'Aragona custodiscono documenti da parte dei da Procida
ad Alfonso el Sabio relativi a quest'opera diplomatica./57 Il
padre di Brunetto, Bonaccursus Latinus, è al servizio di
Filippo da Perusgia, francescano e vescovo di Fiesole, che
Niccolò III inizialmente inviò come legato apostolico
presso l'mperatore greco Michele VIII Paleologo./58 Una conferma
della veridicità in riferimento a questa notizia è
reperibile anche nella Cronica
di Villani e nella
Commedia di Dante. Ad esempio, quando in Inferno
Dante condanna il pontefice Niccolò III per aver
accettato denaro inviato dall'imperatore bizantino Michele VIII Palaeologo per il tramite di questi due legati per opporsi a
Carlo d'Angio:
Però ti sta, chè tu se' ben punito;E dove in Paradiso VIII egli descrive come i Vespri Siciliani fecero lievitare il denaro pagato a questo scopo:
e guarda ben la mal tolta moneta
ch'esser ti fece contra Carlo ardito. Inferno XIX.97-99
Subito dopo
i Vespri Siciliani a Firenze fu stabilita la nuova forma
costituzionale del governo fiorentino, il Priorato - come se un
evento fosse diretta conseguenza dell'altro. Il Governo del
Priorato era fondato sull'elezione di dodici Priori (lettera di
Latino nel Tresor in
cui si fa riferimento a dieci, o nella versione italiana Il Tesoro
a dodici giudici e dodici notai), che eletti per due mesi,
durante il periodo del loro ufficio risiedevano chiusi nella *54 Torre della Castagna, lontani da ogni ascendenza e
corruzione. Il giovane Dino Compagni coinvolto nel disegno di
riforma del governo fiorentino, ne offre un resoconto accurato
nella sua Cronica, e
Giovanni Villani, osserva che il concetto di Priore 'fu tratto
dal Santo Vangelo, ove Cristo disse a' suoi discepoli: "Vos
estis Priores" (Voi siete i Priori)./67
Troviamo un riferimento a Brunetto Latino nel 1282, poco dopo la costituzione del Priorato delle Arti in quello stesso anno. Sebbene si tratti di un documento non datato a causa della parte superiore strappata, riguardo all'Arte di Calimala, DOCUMENTO X [ASF documento non datato con precisione]. Poi ancora silenzio fino al 1284, quando egli è figura eminente nella Lega contro Pisa tra Genova, Lucca, Firenze, ed altre città. Da questa data e fino alla sua morte il nome di Brunetto ricorre ripetutamente, quarantadue volte tra il 1285 e il 1292 nelle Consulte o Libri Fabarum nell'ufficio di consigliere su questioni costituzionali, sulla diplomazia segreta, come per le inequivocabili orazioni sulla libertà repubblicana e comunale, che riecheggiano le orazioni sulla libertà di Cicerone contro Catilina./68
Carlo d'Angiò, ora solo re di Gerusalemme e Napoli, avendo perduto la Sicilia, scrive ai guelfi fiorentini, 10 aprile 1283, chiedendo 'guerra viva' contro Pisa. Brunetto Latino è il principale ambasciatore in questa guerra contro Pisa, *55 affamando la città che viene privata delle derrate alimentari.
Vinum Milium Nuces
Granum seu frumentum Pamthum Avellane seu nocesse
Ordeum Faseola Amigdale
Sigala Carnes Oleum
Scandella Caseus Fabe
Spella Mel Cicera et
Avena Figus Cetera legumina
Ma Brunetto e altri fiorentini negoziano segretamente anche con il Conte Ugolino della Gherardesca, il Signore di Pisa./69 Brunetto in apparenza a sostegno della politica di Carlo d'Angiò, agisce segretamente contro. Egli è il prototipo di Macchiavelli.
Pisa apprende di questo tradimento nel 1288 e solo più tardi a causa di una terribile carestia, prende la disperata decisione di imprigionare *56 Ugolino e la sua progenie. Guido da Montefeltro getterà le chiavi della torre in Arno, lasciando la famiglia morire di fame. La stessa fame inflitta alla propria città. La Cronica di Firenze, che la tradizione attribuisce a Brunetto Latino, parla precipitosamente del cannibalismo del Signore pisano che divorò la sua stessa famiglia e *57 dei fiorentini che edificano la loggia in pietra con dieci colonne del granaio di Orsanmichele, per nutrire, spiega Villani, anche i nemici della città in tempo di carestia. *58-60 La loggia del mercato del grano, la loggia del granaio della città, nel Trecento ricostruita dopo un incendio, sembra copiare le miniature del tabernacolo miracoloso della Madonna del manoscritto de Las Cantigas de Santa Maria donato a Firenze da Alfonso el Sabio nel 1280. Brunetto ha composto una bellissima lauda per la Compagnia dei Laudesi di Orsanmichele e la figlia Biancia lasciò la parte più cospicua del suo patrimonio al granaio. Tutte cose che troviamo insinuate nell'Inferno XXXII-XXXIII.*II. MANOSCRITTI NELLE
BIBLIOTECHE
al Tesoretto apprendiamo che la
scelta in principio cadde su Alfonso el Sabio, in
cambio egli ricevendo il premio dell'appoggio
di Firenze per la corona imperiale a Roma.
Questo testo poetico enciclopedico, scritto in italiano e
comprensibile al monarca spagnolo, è dedicato
a lui. Qui mostro
le pagnine zoologiche, il suo bestiario.*62 Ma
questo è un testo incompleto, caduto oramai l'appoggio dei
banchieri fiorentini risoluti a non più sostenere Alfonso come candidato
imperiale. *63 La
Rettorica di Latino
è dedicata ad un ricco banchiere fiorentino, di nome
Manecto (forse Manecto Spine), anch'egli
in esilio, patrono e protettore di Brunetto,
'suo porto' nella tempesta come egli l'appellava./71 *64-65 Successivamente Brunetto
mette mano all'opera in prosa, in francese
piccardo, Li Livres dou Tresor. Questa monumentale enciclopedia che contiene la
Bibbia, una astronomia, una
storia universale, una geografia, un
bestiario, una parte mostrato qui, un'etica, una retorica, e
una politica, è un manuale per la formazione di un re e per il
giusto governo, sul modello dell'educazione di Aristotele di
Alessandro e dell'educazione di Cicerone alla Repubblica
Romana. La parte sulla Politica parla
sovente dei papi e degli imperatori. *66
Separatamente Brunetto anche pubblica l'Etica. Una splendida copia è custodita a Madrid. Dopo l'esilio lui ha avuto Li
Livres dou Tresor in francese composta
*67-68 invece in italiano, il Tesoro.
Dove ritroviamo le medesimo osservazioni zoologiche./72
Brunetto Latino, per salvare la Firenze repubblicana, dovette sedurre re e imperatori. Egli ama il Cicerone repubblicano e odia l'Aristotele imperiale, tutore di Alessandro. Ma copiò il secondo, creando enciclopedie per re e imperatori, nelle quali infonde e cela i suoi insegnamenti sulla democrazia repubblicana. Il Tresor apprendiamo dal testo stesso è stato in parte compilato attingendo dal lavoro di ricerca che Brunetto compì negli archivi notarili e della Curia. Nel trattare dello storico rapporto tra Papato e Impero, egli con accuratezza asserisce quanto le sue conoscenze siano frutto dello studio sui registri pontifici: 'Or dist l'istore, et li registre de sainte eglise le temoignent . . . .'/73 E continua con la presentazione, nel cuore della sezione sulla Politica, della lettera embrionale indirizzata a Carlo d'Angio, con la quale gli vien chiesto di assumere la carica di 'Sanatore' di Roma per opporsi al ghibellino Manfredi. Dopo Federico II, scrive Brunetto nella prima redazione dei manoscritti, non vi è più stato un vero Imperatore. Manfredi, suo figlio naturale, usurpa la Corona di Puglia e Sicilia contro Dio, il diritto, la Santa Chiesa, perseguitando gli italiani fedeli alla Chiesa, e soprattutto i guelfi fiorentini. Questa la ragione, egli aggiunge nel testo, della condanna all'esilio di 'Maistre Brunet Latin', che questo libro scrive in Francia 'per amore del suo amico', Carlo d'Angiò, Conte di Provenza. Più tardi, quando quell'amico si rivelerà in realtà essere un nemico, Brunetto - o un discepolo - quella frase riscriverà in italiano, che diverrà 'per amore del suo nemico'./74 Egli predilige il romanico classico, la scrittura libraria bolognese con forme rotonde, e non lo stile gotico che imita la scrittura quadrata ebraica e l'achitettura islamica. Ai suoi discepoli, tuttavia, Guido Cavalcanti, Francesco da Barberino, Dante Alighieri Brunetto insegna Aristotele e Averroè, loro donando il dolce stil nuovo gotico, creato dai contatti dei crociati franco-normanni con l'Oriente, dalla condivisa presenza di Islam ed Ebraismo nei regni di Sicilia e Spagna.
Jean de Meun, come Guillaume de Lorris prima di lui, era originario della Champagne, vicino a Bar-sur-Aube. Sia Jean de Meun sia Brunetto Latino parlano esplicitamente della Rettorica di Cicerone. Da qui, dunque, pare che i due si conoscessero anche influenzandosi a vicenda./75 Altra contea francese strettamente legata a Carlo d'Angio è la Contea d'Artois e la Piccardia, in particolare Arras./76 Associato a Carlo ancora un altro poeta di Arras (in questo periodo Arras è una città culturalmante vivace e straordinariamente attiva nella produzione letteraria), Adam de la Halle, o Adam de Bossu, suo Poeta Laureato che con lui persino viaggia in Italia, partecipando agli eventi che ruotano intorno ai Vespri Siciliani del 1282, e al servizio del Conte d'Artois muore nel 1288 a Napoli. Adam de la Halle è il primo a scrivere della leggenda delle quattro figlie del conte di Provenza Raimondo Berengario IV e del pellegrino Romeo divenuto suo ciambellano, che riuscì a far sposare le giovani a quattro re. Tra loro Beatrice con Carlo d'Angiò, futuro re di Sicilia, Margherita con Luigi IX, re di Francia (san Luigi). Leggenda anche riferita da Dante in Paradiso VI e da Giovanni Villani nella sua Cronica ./77 Una cerchia di poeti francesi, in Francia e in Italia, è così intrecciata con la politica italiana. Anche la deliziosa Aucassin e Nicolete nasce in questo ambito.Et quant il fu traspases de cist siecle, si com a deu plot. Lempire vaca longuement sens Roi et sens empereor. ia soit ce qe Manfrois. fils dou devant dit frederic. non mir de droit marriage tint le roiaume de puille et de cecilie contra dey et contre rason. si come celui qi del tot fu contrante a sancte yglise. perce si stil mainte guerre et diverses persecusions contre toz les ytaliens qi se tenoient devers scte yglise, meesmement. contra la guelfe partie de florence. tant qil furent chachies hors de la ville. et lor cosses furent misses a feu. et a flante et a destrucion. et avec els en fucachies maistre Brunet latin e si estoit parcelle guerre essillies en france. quant il fist ces livres por amor de son amis, selonc ce qil dist a prologues devant./78Anche nella Cronaca del testo che ha influenzato Il Tesoretto, Le Roman de la Rose, compare Carlo. In Jean de Meun Ragione racconta all'Amante non storie antiche ma moderne.
c'est de Mainfrai, roi de Secile,Oltre che per mezzo di questi resoconti quasi cronachistici nel Roman de la Rose e nel Tresor, i poeti italiani associati con le varie famiglie di banchieri in esilio tra loro interloquiscono scrivendo tenzoni politiche, in esse dibattendo se la scelta di Carlo d'Angiò ad imperatore fosse più o meno desiderabile. Brunetto aveva chiuso il Tesoretto con il Fagoletto, un trattato in versi sull'amicizia indirizzato a un poeta ghibellino, Rustico di Filippo, nel quale menziona il guelfo Palamidesse di Belindotti del Perfetto.
qui par force tint et par guile
lonc tens em pez toute la terre,
quant li bons Charles li mut guerre,
contes d'Anjou et de Provance,
qui par devine porveance
est ore de Secile rais,
qu'ainsinc le veut Dex le verais./79
E ciò che scritto mandoRustico di Filippo, forse in risposta a quest'opera, scrive una tenzone.
è cagione e dimando
che ti piaccia dittare
e me scritto mandare
del tuo trovato adesso
ch'e'l buon Palamidesso
mi dice, ed ho creduto,
che se''n cima saluto;
ond'io me n'allegrai.
Qui ti saluto ormai:
e quel tuo di Latino
tien per amico fino
a tutte le carrate
che voi oro pesate. 149-163
A! voi che ve ne andaste per paura Sichuramente potete tornare, da che ci é dirizata la ventura, ormai potete guerra inconinzare. E più non vi bisogna stare a dura, da che nonn é chi vi schomunicare, ma ben lo vi tenete n'ischiagluira, che non avete più casgion che dare. |
Ma so bene, se Carllo
fosse mortto, che voi ci trovereste ancor casgione; però del Papa nonn ò gran confortto. Ma io non voglio con voi stare a tenzone ca llungo temp'e ch'io ne fui accorto Che'l ghibellino aveste per garzone./80 |
A questo punto volgiamo l'attenzione ai manoscritti franco-italiani di questo periodo e alla loro intertestualità, intrecciandoli con le rotte percorse dai banchieri e notai lombardi, che con i loro libri di conto e le loro lettere di credito e di cambio viaggiavano per tutta la Francia, o con Carlo sulla via del ritorno in Italia. Gli studiosi hanno rilevato l'affinità tra le due lingue e letterature./83 Questo è anche vero in senso inverso, vale a dire dei copisti italiani in Francia./84 Ma gli italiani mostrarono maggiore flessibilità, versatilità e apertura rispetto ai francesi; sono stati capaci di bilinguismo, laddove i francesi al contrario hanno solo mantenuto la propria lingua. Gli italiani in esilio si adattarono al nuovo contesto, apprendendo la langue d'oil e la langue d'oc e imitando la poesia del nord e del sud della Francia. I francesi conquistatori rifiutano la mescolanza, non apprendono l'italiano, né impiegano gli italiani. Cause prime queste dell'insurrezione dei Vespri Siciliani.
La maggior parte dei manoscritti del Tesoretto, compilati in Francia durante l'esilio, sono oggi conservati nelle biblioteche italiane, otto a Firenze, altri nella Biblioteca Vaticana, e ancora a Brescia e Venezia. Quattro in Francia, Belgio, Polonia, e America. Un altro pare fosse nella collezione Marques de Santillana in Spagna./85 Tre sono rilegati con la Commedia di Dante. È chiaro che questo manoscritto non ebbe una grande circolazione nelle aree francofone. Prima di Dante, testi francesi erano letti in Italia. Non così era, invece, per i testi italiani in Francia. Questa probabilmente il principale motivo alla base della decisione di Brunetto di lasciare incompiuto il Tesoretto - inteso presumibilmente come opera da offrire in dono al candidato al trono imperiale, Alfonso el Sabio di Castiglia, che avrebbe potuto leggere e capire l'italiano scritto - e di cimentarsi nell'impresa de Li Livres dou Tresor, da scrivere nel dialetto piccardo della regione di Arras e come libro da donare al candidato al titolo di 'Sanatore' di Roma, Carlo di Provenza e d'Angiò, che poteva essere tollerante solo verso il proprio francese.Del Tresor di
Latino in francese possediamo una moltitudine
di manoscritti. Tinora sono a conoscenza dell'esistenza di
80 manoscritti sparsi in tutta Europa, due addirittura in
America. Manoscritti questi che per la maggior parte
si trovano ancora oggi in situ, nei centri bancari e
mercantili ove furono collocati sotto il controllo della
Compagnia degli Spigliati-Mozzi, ad Arras, Lione, Rouen,
Bruxelles, Cambrai, Amiens, Rennes, Saint Omer, Saint Quentin,
Parigi, Londra, Cambridge, Oxford,
Escorial. A Roma, Torino, Milano,
Napoli, Verona, Bergamo, Ferrara, Modena, Udine (in queste ultime cinque città presumibilmente per
i viaggi dei discepoli di Brunetto, con l'esilio di Dante, e
con Francesco da Barberino, notaio al
servizio di Corso
Donati, podestà di Treviso, e poi maestro a Padova /86), Karlsruhe,
Strasburgo, Monaco. Solo uno a Firenze, dove giunge molto tardi. Due sono le
redazioni in francese: la prima redazione si compone della storia del mondo fino
all'esilio di Brunetto da Firenze dopo la Battaglia di
Montaperti; la seconda prosegue con
la cronaca della vittoria di Carlo su Manfredi nella
Battagli di Benevento, la sconfitta e la morte di Corradino
dopo la Battaglia di Tagliacozzo./87 È evidente che
questi manoscritti della seconda
redazione in francese provengono dagli scriptoria e dalle botteghe in
Artois-Picardia, con ogni probabilità
dopo il ritorno di Brunetto a Firenze. Questo dà prova
dell'inalterato interesse da parte dei banchieri francesi - e
della stessa famiglia di Brunetto - nella
diffusione di questo
libro enciclopedico piccardo-fiorentino.
Questi manoscritti
sono stati anche propagati in volgare
fiorentino (45 manoscritti), in
dialetto siciliano, volgare bergamasco,
catalano, castigliano. John
Gower una parte del Tresor anche
tradurrà in inglese./88 In Spagna
prolifereranno nei dialetti
castigliano e catalano, influenzando il
Don Quixote di Cervantes, con Sancho Panza che
diviene il podestà ideale nella propria isola.
[Un'opera importante, che gli studiosi sono stati molto inclini ad associare a Brunetto Latino, è il manoscritto franco-italiano che contiene Fiori e vita di filosafi e d'altri savi e d'imperadori. Alfonso d'Agostino, il curatore, è arrivato alla conclusione che il testo fosse più tardo della Flores historiarum di Adam de Clermont portato a termine nel 1267/1270. Fiori e vita di filosafi e d'altri savi e d'imperadori, a cura di Alfonso d'Agostino (Firenze: La Nuova Italia Editrice, 1979), pp. 29, 39. Si veda anche "Uber die 'Fiore e Vita di Filosafi ed Altri Savii ed Imperadori," ed. Harmann Varnhagen (Erlangen: Junge, 1893). Mentre egli rileva che la segnatura Na è una delle segnature dei cinque manoscritti integri del testo, non si trova invece a proprio agio con il dialetto toscano con tracce di 'echi' della parlata di Lucca e Pisa, Arezzo e Cortona. Credo abbia fallito nel suo intento. L'esame del manoscritto risulta infatti insufficiente e deludente. Na, Firenze, Biblioteca Nazionale, Conv. Soppr. F.4.776, proveniente da Santo Spirito, è un manoscritto affascinante, prodotto a Parigi nel 1268, "traslato e volgarizzatto ne la città di parigi negli anni di dio .M./cc.lx.viii." (Fol. 26v), da Andrea da Grosseto per un possessore italiano. Il manoscritto si apre con il Liber consolationis et consilii di Albertano da Brescia, incluso il capitolo del Racconto di Melibeo che diverrà il racconto di Chaucer nei Canterbury Tales (I Racconti di Canterbury) - Geoffrey Chaucer, The Riverside Chaucer, ed. Larry D. Benson (Boston: Houghton Mifflin, 1987), pp. 217-239. Conv. Soppr. F.4.776, fol. 8, "Qui e compiuta lo primo libro de la dottrina del parlare e del tacere facto de albertano giudice & avogado di leggio de la cata di brescia del a contrada di santa agatha translatata in volgançata da andrea da grosseto ne la città di parigio. Qui si comincia il secondo libro di quegli huomini che non possono avere consolacione dellaversita" - poi il Fiore dei filosafi, con l'exciplit "Explicit liber filosoforum," e infine una preziosa raccolta di poesia provenzale. D'Agostino a p. 10 afferma che il manoscritto fu presumibilmente scritto in Francia nella langue d'oc, ignorando l'attestazione del manoscritto stesso che indica fosse originario di Parigi. Come con il Douce 319 gli studiosi non hanno adeguatamente considerato la possibilità dell'esistenza di enclavi di italiani in esilio dediti alla produzione di libri su suolo francese. I fogli di guardia del manoscritto elencano i vari possessori del libro via via succedutisi nel tempo, tutti discendenti della famiglia dei Latino. Si tratta chiaramente di un testo didascalico, con al foglio 3 una raffinata miniatura della Grammatica in veste di maestro e del discepolo nelle sembianze di un giovinetto. Brunetto probabilmente lo ordinò da Parigi per i suoi figli, non necessariamente scrivendo egli stesso il testo ma dando istruzioni perché fosse fatto da altri. Quantunque alcuni studiosi siano propensi a credere che Brunetto potesse essere l'autore del Fiore dei filosafi, questa rimane questione molto dibattuta. Vinceno Nannucci osserva che l'attribuzione a Latino del Fiore dei Filosafi è data da un manoscritto veneziano, Manuale della letteratura del primo secolo della lingua italiana, III (Firenze: Barberà, 1837), pp. 223-76; Antonio Cappelli, Fiore di filosofi e di molti savi attribuito a Brunetto Latini: Testo in parte inedito, citato dalla Crusca e ridotto a miglio lezione (Bologna: Gaetano Romagnoli, 1865, in Scelta di curiosità letterarie inedite o rare dal secolo XIII al XVI, vol. LXIII), p. vii, rileva l'anonimo Magliabechiano, Biblioteca Nazionale, Firenze, Magliabechiano, i manoscritti dell'anonimo Gaddiano, Biblioteca Laurenziana, e il manoscritto Farsetti, Biblioteca Marciana, Venezia, con l'attribuzione, "Detti . . . volgarizzati da Brunetto Latino"; D'Agostino, p. 95-6. Né chiaro appare che questa fosse la redazione da cui Dante trasse il racconto di Papa Gregorio e il racconto dell'imperatore Traiano (nel manoscritto scritto "Troiano", secondo la grafia che avremmo anche ritrovato in Langland) e della vedova, che egli adotterà in Purgatorio X nella cornice dei superbi. Un altro manoscritto , il Vaticano Chigiano L.VII.267, foglio xxxviij, attesta che Brunetto Latino è l'autore della tenzone tra Cicerone e Sallustio. Quella "tençione" compare qui nel Fiore dei filosafi al foglio 53. Il manoscritto dal foglio 60 in avanti, termina con un'antologia della poesia provenzale, includendo poeti quali Peire Cardenal e Folquet de Marseilha. D'Agostino a p. 10 segnala i seguenti studi del manoscritto, E. Stengel, "Studi sopra i canzonieri provenzali di Firenze e di Roma," Rivista di Filologia Romanza, 1 (1872), 20-45; P. Savj-Lopez, "Il canzoniere provenzale J," Studi di Filologia Romanza, 9 (1903), 490-8; C. Brunel, Bibliographie des manuscrits littéraires en ancien provençal (Paris, 1935), p. 88.
Un'altra bella raccolta di poesia provenzale è conservata a Modena nella Biblioteca Estense, E.45=alpha.R.4.4, datata 12 agosto 1254, tuttavia scritta oltre un decennio prima, che include liriche di Arnaut Daniel, Peire Vidal, della Contessa de Dia, di Sordello (il Sordello di Dante e Browning), Bernart de Ventadorn, Fulquet de Marsella, Peire de Corbiac, Matthieu le Juif, e, sorprendentemente, un romanzo cortese in prosa di Moniez d'Arras. La scrittura della raccolta è la libraria Bolognese, che, prima dell'esilio di Brunetto, attesta una profonda conoscenza della letteratura del sud e del nord della Francia, della langue d'oil e della langue d'oc, forse quale modo privilegiato per comunicare con Carlo d'Angiò e la sua sposa, Beatrice di Provenza. La famiglia di Simon de Monfort, dobbiamo al tempo stesso, inoltre, richiamare alla memoria - che ebbe un ruolo centrale nell'infame Crociata Albigese in Provenza - continuò ad essere al servizio di Carlo d'Angiò in Italia insieme ad Adam de la Halle, seppur l'unico indizio in nostro possesso per affermar questo è che Brunetto fu al servizio di Carlo per un breve arco di tempo prima di far ritorno ai suoi affari fiorentini. Come Brunetto, sia Pierre de Corbiac sia Sordello scrissero delle opere dal titolo "Tresor." L'altro titolo maggiormente prediletto per queste raccolte di opere è "Fiore." Altre opere, di appartenenti a questa cerchia, tuttavia, ricorrono alle ambientazioni dei contesti notarili e bancari dei loro luoghi di produzione e si definiscono "Detto" e "Documenti", come questi stessi manoscrittti combinando scrittura libraria e cancelleresca, libri mastri e poesia, legge e letteratura. Dante, naturalmente, nelle pagine della sua Commedia, attingerà tanto da Arnaut Daniel, Sordello, Bernart de Ventadorn, Folquet di Marseilles, quanto dal Roman de la Rose.
Ma Francesco da Barberino (1264-1348), il secondo discepolo di Brunetto Latino, sarà egli stesso guelfo nero, poi anche ghibellino e notaio al servizio di Corso Donati, podestà di Treviso, e anche insegnerà a Padova. In una vena simile al Tesoretto, egli avrebbe scritto i Documenti d'amore, /94 *70-86 in cui la sua allegoria della 'Sapienza' ricalca le figure allegoriche nel Tesoro di Brunetto nel Pluteo 42.19 della Biblioteca Laurenziana. Manoscritto questo ritengo copiato e miniato da Francesco da Barberino. Come credo anche il Tesoretto, Laurenziana, Strozzi 146. (In passato avevo suggerito fossero da attribuire a Dante.) *87-93 Recentemente è stato ritrovato l'Officiolum, bellissimo manoscritto, scritto e miniato da Francesco da Barberino, in cui egli si trova in un magnifico paessaggio allegorico. Francesco da Barberino nel 1308 ebbe parte nella realizzazione degli affreschi dell'Episcopio di Treviso, quando era notaio di Corso Donati, quell'anno podestà della città. *96 Treviso è anche la città dove il figlio di Dante, il giudice Pietro Alighieri, viene sepolto nella chiesa di San Francesco. *97-98 Con Quentin Skinner ho studiato le figure allegoriche nella Cappella dell'Arena a Padova, 1304-1310 (cui Francesco da Barberino fa cenno nel 1312-1313) e nella Sala della Pace di Siena, dipinte nel 1338-1339. Allegorie delle virtù che Skinner crede derivino dall'Etica Nicomachea di Aristotele, tradotta da Brunetto Latino. *99 Anche il sepolcro del Vescovo Antonio degli Orsi di Tino da Camaino nel Duomo fiorentino fu commissionato da Francesco da Barberino *100 al tempo stesso degli affreschi nella Cappella della Maddalena del Bargello con il ritratto di Dante Alighieri, questi sempre forse su suggerimento di Francesco da Barberino. *101 Ricordiamo la scena nello studio di Brunetto, forse con miniature commissionate da Francesco da Barberino, nel manoscritto Pluteo 42.19 della Biblioteca Laurenziana. Qui vediamo, mi sembra, i ritratti di Francesco, Guido e Dante ai piedi del loro maestro, Ser Brunetto. Di fondamentale importanza, ritengo, lo studio di questi manoscritti, di questi affreschi, ricollocandoli nel loro contesto, gli uffici notarili, le cancellerie, tra notai e banchieri al servizio dei podestà. Ed in particolare in connessione con i discepoli di Brunetto Latino, per poter così più profondamente capire queste opere e i loro autori.
Il terzo
discepolo fu Dante Alighieri
che nella dialettica e nell'amarezza
del suo più tardo esilio diverrà ghibellino, e non
guelfo. Una risposta trovando nella monarchia e
nell'impero virgiliano e non
nella ciceroniana repubblica romana, riflessa nel
Comune fiorentino. Il discepolo fu per la pace; il
maestro per la libertà.
Nonostante
Dante punisca ridicolmente Brunetto con
un gioco di parole sotto la grandine di fiamme, dove
il corpo nudo del suo maestro brucia,
dove egli è Aristotele, e Dante, Alessandro,
la Commedia è profondamente
intrecciata con il Tesoretto
e il Tesoro.
Dante che smarrisce la via in Inferno I deriva da Brunetto che
smarrisce la via nel Tesoretto.
Le pagine raccolte e rilegate in un unico volume in
Paradiso XXXIII
trasformano il timore di Brunetto per le pagine sciolte e gettate via da
scolai nel suo Tesoretto.
Il
Tesoro che dà una formazione universitaria
tra le pagine di un solo unico
libro, insegna la grammatica,
la logica, la retorica, l'aritmetica, la geometria, la matematica, l'astronomia, la
musica, la storia, la geografia, l'economia,
l'ecologia, l'etica, la politica, la teologia.
Così è per la Commedia. Nelle
pagine del Tesoro
Babilonia ed Egitto
sono poste sullo stesso piano. Qui incontriamo
giganti, ad esempio Nembrot, ritroviamo i
quattro fiumi del Paradiso.
Incontriamo Boezio, Pseudo Dionigi, Clitennestra,
Oreste, Paride, Tolomeo,
Salomone, Aristotele, Alessandro,
Ulisse, Catilina, Cicerone, Cesare,
Catone, Pompeo, Cornelia, Terenzio,
Virgilio, Enea, Re Artù, Tristano,
Isolde. Incontriamo Fiesole e Firenze,
i Libri della Bibbia, Carlo d'Angiò,
Federico II, Manfredi. Incontriamo
fiumi, sorgenti, mari,
maree, le Colonne d'Ercole,
la zoologia. Incontriamo
sirene (Purgatorio XIX)
e serpenti (Inferno XXIII),
incontriamo Gerione, stormi di
uccelli, gru e rondini, le
sette stelle, il gioco dei dadi. Esistono molti antichi manoscritti in
italiano del Tesoro
ancora a Firenze, ma un solo manoscritto
della versione francese, Li Livres dou Tresor. È chiaro che è Il Tesoro
in italiano il testo che Dante conosceva. Ma di questo testo manca finora
una edizione accademica se
si esclude Il
“Tesoro”
volgarizzato da
Bono Giamboni,
a cura di Luigi
Carrer (Venezia:
Gondoliere, 1839).
Questa edizione che
si basa su una
edizione veneziana a
stampa del 1533,
lo attribuisce a
Bono Giamboni,
ripetendo l'errore
di un tardo
manoscritto
veneziano. E
tuttavia portando
fuori strada Pietro
Beltrami,
Paolo Squillacioti,
Plinio Torri e
Sergio Vatteroni che
curano una edizione
del testo francese,
Li Livres
dou Tresor,
con traduzione
italiana a fronte
(Torino: Einaudi,
2007) da un
manoscritto de Li
Livres dou
Tresor in
Verona, invece del
testo de Il
Tesoro. Per
rimediare
all'errore ho
pubblicato sul Web il
facsimile e la
trascrizione
dell'editio
princeps
del Tesoro
(Treviso, 1474), che, come i
manoscritti, è attribuita al
solo Brunetto Latino, e probabilmente composta da un
manoscritto di Francesco da Barberino da lui stesso
portato in quella città al
tempo in cui era notaio al servizio
di Corso Donati. Il testo gemello è il Plut.
42.19 della Biblioteca Laurenziana, ed è
raffinatamente miniato. Ad
esempio serpenti strisciano tra le righe del testo.
La Commedia di Dante presenta immagini autoreferenziali sulle carte bruciate, sul 'lato pelo' e 'lato carne' delle pagine in pergamena, sullo scriba e il miniatore. Dante e Oderisi, che l'uno accanto l'altro, aggiogati come due buoi trascinano l'Arca santa, quando parlano di Cimabue e Giotto. Dante e Giotto sono soci della stessa Arte dei Medici e Speziali. Credo che la sua Commedia sia anche un poema intorno ai notai e ai loro uffici, intorno ai banchieri e ai loro libri di conto, intorno ai cancellieri e alle loro cancellerie, tra loro uniti dalla rete di condivise reciprocità. Un poema sulle entrate e uscite internazionali e paneuropee registrate in inchiostro nero e rosso. Un poema sul suo maestro e i suoi compagni, discepoli come lui. Da tutto questo Dante crea la Commedia, costruendo un teatro della memoria, una casa/prigione di parole e pergamena. Egli è come il Bartleby di Hermann Melville, lo scrivano che lavora nell'ufficio delle lettere giacenti, oramai 'lettera morta'. Egli è come i monaci di Umberto Eco nella loro immensa, apocalittica biblioteca effimera. Tuttavia, da questi mondi legali e letterari, dove non si è certi se carne e sangue possano essere pergamena e inchiostro, ancora oggi ci sono restituiti i documenti autografi di Brunetto Latino - anche se, fino ad oggi, nessuno di Dante. *102 E questi documenti giacenti negli archivi - di cui dieci autografi in inchiostri bruno e autenticati con il sigillo di Brunetto, la colonna/fontana/giglio - chiaramente attestano 'Et ego Burnectus Bonaccorsi Latinus notarius', quasi come fossero stati scritti non sette secoli or sono ma oggi.
NOTE
1
Robert Davidsohn, [Geschichte von Florenz
(Berlin: Mittler, 1896-1927)]; Storia di
Firenze, trans. Giovanni
Battista Klein (Firenze: Sansoni, 1957). La mia riconoscenza anche a Daniela De Rosa per il suo prezioso
aiuto con i doumenti archivistici fiorentini e
senesi.
2 Vittorio Imbriani, 'Dimostrazione
che Brunetto Latini non fu
maestro di Dante', Giornale
napoletano di filosofia e
lettere A VII (1878),
1-24, 169, 198; rpt.
come 'Che Brunetto Latini non fu
maestro di Dante'. StD
(Firenze: Sansoni, 1891),
pp. 335-80; André
Pezard, Dante
sous la pluie de feu:
Chant XVI (Paris: Vrin,
1950); Richard
Kay, Dante's Swift and
Strong. Essays on
"Inferno" XV (Lawrence: Regents
Press of Kansas, 1978). Un grazie
speciale e il mio debito di riconoscenza al National
Endowment for the Humanities e all'American
Association of University Women per i miei viaggi in
Europa per compiere
il lavoro di ricerca nelle
biblioteche, e
al Graduate Council of the University of Colorado, Boulder,
per la pubblicazione del volume Twice-Told Tales: Brunetto
Latino and Dante Alighieri. Per gentile
concessione dell'Archivio di Stato di Firenze e di altri
archivi le immagini delle diapositive
che accompagnano questa presentazione, alcune anche tratte da
Il Villani illustrato: Firenze e l'Italia medievale nelle
253 immagini del ms. Chigiano L.VIII.296 della Biblioteca
Vaticana, a cura di Chiara Frugoni (Firenze: Le Lettere,
2005).
3
1258, Vaticano lat. 4957, fols. 79-80; Riccardiano 15438,
fols. 199v-200v; Vaticano Chigiano L.VIII.267, attesta che la lettera è di
Brunetto Latino, fol. 177v.
4
Julia Bolton Holloway, Twice-Told
Tales: Brunetto Latino and Dante Alighieri (Bern:
Peter Lang, 1993), p. 327.
5 Twice-Told Tales, pp.
317-318.
6 Twice-Told Tales,
pp. 321-325.
7
Twice-Told Tales, pp. 325-326.
8 Giovanni Villani, Istoria di Firenze (Firenze,
1823; Roma: Multigrafica Editrice, 1980), VI.lviii.82-84.
9 Villani, VI.lvii;
Twice-Told Tales, pp. 30-31.
10 Richard Mac Cracken, The Dedication
Inscription of the Palazzo del Podestà in Florence
(Firenze: Leo S. Olschki, 2001).
11 Twice-Told
Tales, p. 327.
12
Twice-Told Tales, pp. 327-333.
13 Twice-Told Tales, pp.
35-38.
14 Twice-Told Tales, pp.
333-335.
15 Davidsohn, II.
617-8, 687;
Pisa aveva
chiesto aiuto
proponendo
Alfonso
all'elezione
imperiale con
lui creando
una
lega contro
Lucca, Genova,
Firenze, 1256;
Archivio
Segreto
Vaticano,
Instr. Misc.
87, 1257/1268,
"Articuli
propositi a
procuratoribus
Alphonsi regis
Castellae
coram Clem.
IV. ad
probandum eius
electionem in
Regem
Romanorum a
nonullis
Electoribus
Imperii facta
an. 1257,
contra
Riccardum,
fratrem Regis
Angliae, qui
ab aliis
Electoribus
inauguratus
fuerat.
Exemplar
membr. 9
paginorum";
1 Febbraio,
1264, Alfonso
scrive al Papa
chiedendo di
essere
incoronato
imperatore, Archivio
Segreto
Vaticano, A.A.
Arm. 1-18, n.
167,
epistola
pubblicata in
Bruno
Katterbach e
Carolus
Silva-Tarouca,
Epistolae et
Instrumentum
saeculi XIII,
in Exempla
scriptorum
edita consilio
et opera
procuratorum
bibliothecae
et tabularii
vaticane,
Fasc. II
(Roma: 1930),
Tavola 22a; il
vescovo
spagnolo,
Garcìa di
Silves,
inviato al Papa
a Roma per
perorare
questa causa,
nel Dicembre 1267,
fu ucciso da
Ranieri de'
Pazzi,
riferimento in
Inferno
XII. 137-8;
Instr. Misc.
46, 23 Marzo,
1276: "Innocentius
PPV concedit
Regi Castellae
et Legionis
ecclesiasticarum
decimarum . .
. pro subsidio
contra
Saracenos.
Bullo orig.
carens plumbo."
16 Brunetto è
citato nel Libro di
Montaperti e di
suo pugno sono alcune carte, versione pubblicata, Libro
di Montaperti (An MCCLX), a cura di Cesare Paoli
(Firenze: Vieusseux, 1889): 26 Febbraio, 1260,
fol. 11, p. 34; 20 July, fol. 50v, p. 123; 22 July, fol. 65v,
p. 148; 24 July, fol. 65v, p. 148; 23 July, fol. 74v, p. 172;
Renato Stopani, 'Libro di Montaperti: l'unica fonte
documentaria della celebre battaglia', http://www.florin.ms/beth2.html.
17 Demetrio
Marzi, La Cancelleria della Repubblica
Fiorentina (Rocca S. Casciano: Capelli,
1910), p. 35, afferma che Latino fu
prima "Dettatore
e Cancelliere della Republica"; Daniela
De Rosa osserva che questo potente
ufficio non era concentrato nella mani
di un unico individuo ma condiviso tra i
vari notai durante il periodo del Primo Popolo.
18
Giovanni Villani, Istoria di
Firenze (Firenze, 1823; Roma:
Multigrafica Editrice, 1980), VI. lxxiv;
ripetuto in ASF MS 225, fol. 9; Lapo da
Castiglionchio, Biblioteca Laurenziana,
LXI. 13, fols. 14v-15.
19 Brunetto
Latini, Il Tesoretto, ed. and trans.
Julia Bolton Holloway (New York: Garland,
1981), lines 113-162, Laurentian Strozziano
146, illumination, fol. 2.
20 Carmody, p.
xvi, citando Schirrmacher, Geschichte
Castiliens im 12. und 13. Jahrhundert, ed.
Friedrich Wilhelm Lembke (Gotha, 1881),
476, e Memorial Historico Espanol, I (Madrid,
1851), 134, sulle attività di Alfonso, a Toledo il 2 Febbraio, a Soria il 12 Aprile, a
Cordova il 3-6
Giugno, a Siviglia il 27
luglio, ritorna a Cordova
il 20 Settembre,
mentre Brunetto Latino è
presente nel fiorentino Libro di
Montaperti fino al 24
luglio e la Battaglia di
Montaperti è del 4
Settembre, questo
fa collocare l'ambasceria
a Siviglia.
21 Las Siete Partidas
del rey don
Alfonso el Sabio
(Madrid:
Imprenta Real,
1807); "Titulo
XXIV: De los
romeros et de
los
Peregrinos,
Ley I,"
molto affine
alla defizione
dei pellegrini
di Dante nella
Vita
Nova,
forse
trasmessa per
il tramite di
Latino. Brunetto
deve essere venuto a contatto con le più
importanti traduzioni dell'Etica
Nicomachea e della Politica
di Aristotele, come dell'Almagesto
di Alfraganus (al-Farghānī,) e Tolomeo. È probabile che da Alfonso
Brunetto avesse ottennuto queste opere, che
negli anni del suo esilio tradurrà in francese.2492
22 È
possibile che
la presenza a
Firenze di uno
dei due più
sontuosi
manoscritti
regali de Las
Cantigas de
Santa Maria
ne disveli il
suo valore di
dono
diplomatico da
parte del
pretendente
alla dignità
imperiale ad
un Comune che
si sapeva
grandemente
coinvolto
nella politica
papale. Biblioteca
Nazionale, Banco Rari
20; Antonio
G. Solalinde,
"El Còdice florentino
de la Cantigas y su
relaciòn con los demàs
manuscritos," Revista
de Filologia
Espanola, 5
(1918), 143-179.
23 Li Livres dou Tresor,
Madrid, Escorial L.II.3; Il
Tesoro, Firenze, Biblioteca
Nazionale, Magl. II.VIII.36, fol. 75 (manoscritto
forse copiato da Dante).
24 F. Donati,
"Lettere politiche del secolo XIII sulla
Guerra del 1260 fra Siena e Firenze," Bulletino
senese di storia patria, 3 (1896),
230-232, che trascrive il MS
342, documento 73, Bibilioteca
Breslau, distrutto dalla guerra (Un sentito grazie ad Anthony Luttrell per
questa informazione); Dell'
Historia di Siena
scritta da Orlando
Malavolti (Venezia,
1599), fine del
primo volume, "che
fece l'Arbia
colorata
in rosso."
25 Armando
Petrucchi, Notarii: documenti per la storia del
Notariato italiano (Milano: Guiffré, 1958), p.
17, osserva che il mestiere
di notaio era trasmesso di padre in
figlio.
26 Menzionato nel Tesoretto,
verso 2451; gli Archives de la Ville de
Montpellier: Inventaires et Documents, III:
Inventaires des Cartulaires de Montpellier,
(980-1789) (Montpellier: Serre et
Roumégons, 1901-7), pp. 101-2, #712, 715, 716,
dimostrano l'importanza del mercanti italiani
che collegavano quella città
con la grande fiera nella Champagne
a Bar-sur-Aube.
27 Edouard Jordan, Les registres
de Clement IV
(Paris: Thorin, 1893), numeri 1456, 1469
(naminano Thomas
Spigliati, Manecto Spine e altri banchieri
fioretini connessi a Brunetto
Latino), 1472 (12 Settembre,
1265, Perugia: "Regis Sicilie et omnium
contra Manfredum et Sarracenos Lucerie
crucesignatorum terras sub sedis Apostilice
protectione suscepit"), 1473, 1475, tutti
relativi alla crociata
contro Manfredi e alla raccolta della decima a questo scopo e frequentemente coinvolgendo
la
chiesa parigina di Ste. Geneviéve.
28 Lettera di Andrea de
Tolomei, Troyes, 4 Settembre,
1262, in Lettere volgare del secolo XIII
scritte da Senesi, a cura di Cesare Paoli,
E. Piccolomini (Bologna: Romagnoli, 1871), p. 41,
citato, F. Donati, "Lettere politiche del secolo
XIII sulla Guerra del 1260 fra Siena e Firenze," Bulletino
senese di storia patria, 3 (1896), p. 259.
29 Villani,
"e mandarono loro
ambasciadori a papa Clemente, accioché gli
raccomandasse al conte Carlo eletto re di
Cicilia, e profferendosi al servigio di
santa Chiesa," VII.ii.
30 Archivio
Segreto
Vaticano,
Instr. Misc.
99, Settembre
15 e 24, 1263;
M. Armellini,
"Documento
autografo di
Brunetto
Latini
relativo ai
ghibellini di
Firenze
scoperto negli
archivi della
S. Sede," Rassegna
italiana,
V/I (March,
1885), p.
359-363; Hans
Foerster, Mittalterliche
Buch und
Urkundenschriften
auf 50 Tafeln
mit
Erlauterungen
und
Vollstÿaundinger
Transkription
(Berne: Haupt,
1946), Plate
XXV, commenti,
trascrizione,
pp. 64-5 (un
grazie a David
Anderson per
questo
riferimento);
Bruno
Ketterbach e Carolus
Silva-Tarouca,
Epistolae
et
Instrumentum
saeculi XIII,
in Exempla
scriptorum
edita consilia
et opera
procuratorum
bibliothecae
et tabularii
vaticane,
Fasc. II
(Roma, 1930),
p. 20, Plate
21.
31 Gino Arias, "Sottomissione dei banchieri fiorentini
alla
Chiesa, 9
dic., 1263,"
in Studi e
documenti di
storia del
Diritto
(Firenze: Le
Monnier,
1901), pp.
114-120, dà un
importante
documento
connesso, che nuovamente nomina Thomas
Spigliati,
Ricco Cambi,
Pietro
Benincasa,
Hugo Spine,
Jacopo Lecci,
Jacopo della
Scala,
Maynecto
Spine, Diritto
Cambi, Aymeri
Cose, Lotterio
Benincase,
etc.; E.
Jordan, De
Mercatoribus
camerae
apostolicae
saeculo XIII
(Paris, 1909),
p. 97, osserva che Thomas Spigliati
era
associato
con Arras,
anche parla di
Hugo Spine,
pp. 25-30; si
veda anche
Richard Kay,
"Rucco di
Cambio de'
Mozzi in
France and
England," Studi
danteschi,
47 (1970),
49-57; R.
Bower,
"Italian
Merchants in
the Reign of
Henry III," Southern
Quarterly,
6 (1968),
191-202, esp.
196, 201. Documento
di Siena, esibito e catalogato in Le Sale della Mostra
della Mostra e il Museo delle Tavolette dipinte,
catalogo: Publicazione degli Archivi di Stato XXIII
(Roma: Ministero dell'interno, 1956), #6, p. 117;
trascritto in Il
Caleffo Vecchio del Comune di Siena, ed. Giovanni Cecchini (Firenze: Olschki,
1935), #567, II. 779. Villani analogamente
esplicita che i guelfi in esilio si alleano con Carlo d'Angio
ed il Papa Clemente IV contro Manfredi.
32 Si veda Catalogue général des
manuscrits des Bibliothèques des Départments, IV: Arras-Avranches-Boulogne
(Paris: Imprimérie Nationale, 1872), p. 414. Per questo riferimento un
sentito grazie
a Charles J. Ermatinger.
33
Westminster Abbey Muniment 12843,
April 17, 1264. Peter de Egeblanke,
vescovo di Hereford, con
la Curia e i fiorentini in
esilio dopo Montaperti, raccoglie
fondi contro Manfredi, Davidsohn, II,
608-9.
34 Davidsohn, II.754;
III.30, rileva nel 1268
il pagamento di 6000 marchi sterling da Lucca dati in prestito a Carlo
d'Angiò, da restituire alla fiera
di Bar-sur-Aube nella Champagne con il
pagamento della decima della crociata della
Francia, II.607-9,701,741,
anche tratta delle relazioni con la Curia, e delle
relazioni in Inghilterra dei Mozzi-Spini e
Spigliati, Ardinghelli, Aymeri Cose. Un manoscritto del Tesoretto, il Riccardiano
2908, in dialetto Lucchese, fu
in genere utilizzato
quale testo base per edizioni
di quel poema.
35 Davidsohn, II.681,III.43;
Ruggero Palmieri, "Palamidesse Bellindote
poeta fiorentino del
secolo XIII," Giornale dantesco, 23 (1915),
132-140.
36
Archivio di Stato di
Firenze, MS 225, fol 10, "Nel medesimo anno [1265] Papa Urbano quarto per
sodisfare à Guelfi di Toscana, fece in Roma un gran
concilio, nel quale privò Manfredi di Regni di Sicilia, et
di Puglia, et ne investa Carlo d'Angiò, et di Provenza
Fratello del Re Luigi di Francia"; fol. 10v, "Nel detto tempo i Guelfi usciti di
Firenze mandarono à Papa Clement à offeriva in servizio di
s[anc]ta Chiesa per essere raccomandate . . . Conte Carlo
nuovo Re di Sicilia."
37
Li Livres dou Tresor, ed. Francis J. Carmody
(Berkeley: University of California Press, 1945),
III.ii.v, pp. 396-6. Carmody, p. xviii, doubted the
importance of the letter, despite
Davidsohn; perhaps because E. Jordan, Les
origines de la domination angevine en
Italie (Paris: Picard, 1909), p. 458, had
discounted it: "Je ne tiens pas de
compte de la lettre des Romains à
Charles d'Anjou, inserée dans le Tresor de
Brunetto Latino. Contrairement à
l'opinion de Sternfeld, Karl von
Anjou als Graf der Provence, 183,
n. 2, elle me semble etre un simple
exercise de style. La preuve en est
qu'elle parle d'une élection pour un an,
alors que nous savons que le comte fut
élu à vie."
However, there are passages
specifically directed at Carlo in
the "Rettorica" section of the Tresor,
ed. Carmody: "Li tiers est sa
vile: raison coment: nous devons
croire que cis hom soit bons
drapiers por ce k'il est de
Provins. Li quars est de sa
lignie: raison comment: bien doit
estre Karles loiaus, car il fu
fius le roi de France," III.lii, pp.
360-361; "sachies que nous
somes in Franche . . . je ti pri
ke tu soies prodom en ceste guerre," III.lxxi, p.
390.
38
Davidsohn,
III, 586-7, II, Piatto 33, Roma, Palazzo dei Conservatori; Alexis Guignard comte de Saint Priest,
Histoire de la Conquete de Naples par Charles d'Anjou,
frère de Saint Louis (Paris: Amyot, 1858), II, 149; Michele Amari, La guerra del Vespro
siciliano (Paris: Baudry, 1845), I.46.
39 1257, Saint
Priest, II.53.
1282, Vatican Chigiano
L.VII.267, fols. cxxiii verso-cxxv, in
Italian; Paris, Bibliothèque Nationale, lat. 4042, fols.
92v-95v, in Latin. Saint Priest, II. 149; Amari,
Vespro siciliano, I,
46-47. In his place Charles made
Henry, the traitor exile brother
to Alfonso X el Sabio of Castile,
Senator of Rome. True to his
treacherous nature, Henry was to
welcome and receive the young
Conradin in Rome: Charles-Joseph
Hefele, Histoires des
Conciles, trans. H.
Leclercq (Paris: Letouzey, 1914),
VI, 57.
40 Twice-Told Tales, pp.
350-355.
41
Twice-Told Tales, pp. 82-86, 350-357
42 Twice-Told Tales, pp, 358-359.
43
Twice-Told Tales, p. 90.
43 Davidsohn,
III. 116, 149; ASS Cons. gener. 19, fol.
9v; Twice-Told
Tales, pp. 88-89, 361-362.
Un sentito grazie a Daniela De Rosa che
ha letto il documento in questione e
osservato che la trattazione continua
nei fogli
4v, 24v, 42, 57v-58.
44
Amari, Vespro
siciliano, II, 365-6, dando gli Archivi
di Napoli, segn. 1283, Reg. Carlo I, A, fol.
130, come fonte.
Gli Archivi
di Napoli furono distrutti da
un incendio nel 1944.
Tuttavia, Palermo, Bibl. Com. Qq Gl e Roma, Bibl. Angelica D.VIII.17
transcrivono documenti che si riferiscono
alla Sicilia e a Carlo. The documents
survive, Genova, Liber Iurum Reipublicae
Genevensis II, in Historia Patriae
Monumentum (Torino, 1836-84), II, cols.
60 ff, transcribing 13-21 October, 1284; Codex
A, fols. 437-441; ASG Codex C, fols. 126-131;
#424, Busta 6/42; ASF Capitoli di Firenze, 43
(in precedenza XLIV/XLVI), fols. 29-39,
Brunetto Latino citato, fols. 34, 37v, 38. La
morte di Ugolino e della sua progenie per fame come risultato delle trame
fioretine su Pisa determineranno forse la
costituzione di Orsanmichele
come granaio per i tempi di carestia.
45
Twice-Told Tales, pp. 89, 362.
46
Sir Steven Runciman, The Sicilian Vespers
(Cambridge:
Cambridge University Press, 1958
),
pp. 206-7.
47 Frasi trovate nella retorica
associata a Gianni di Procita
contro Carlo passim, in manoscritti a
Palermo e nella Biblioteca Angelica e in
resoconti dei Vespri
Siciliani ne Il Tesoro.
48 Saint Priest, II. 28.
49
Amari, Vespro siciliano,
p. 115; il resoconto del Tesoro sui Vespri si
conclude con il toccante
lamento del Conte Giordano,
che alla
sua continua miseria
preferisce la morte, il quale si
rivolge alla sua mano mozza che
aveva colpito così
tanti onesti
cavalieri.
50 Palermo, Bibl. Com., Qq
Gl, fols. 100v-102; Hefele, Histoire
des Conciles, VI. 59.
51 Hefele, Histoires
des Conciles, VI. 153-268; Archivio
Segreto Vaticano, Instr. Misc. 157,
158, 159, 160, 592; Gaetano Salvemini,
Magnati
e Popolani in Firenze dal 1280 al 1295
(Firenze: Carnasecchi, 1899), p. 19; la Sommetta di
Latino contiene la
formula notarile per il Papa Niccolò III da usare nel rivolgersi a Carlo
d'Angiò e Alfonso
el Sabio.
52 Si veda
Amari, Vespro
siciliano, p. 115.
53 Richard
Kay, p. 21 afferma
che la lettera
è di Brunetto.
54 Villani, VII.lvii, p. 236,
cita la lettera inviata dal Papa all'Aragona con il suo
Sigillo cardinalizio; pergamene genovesi relative a questo
periodo attestano che Genova e i fiorentini erano in
contatto con l'Impero greco per opporsi a
Carlo d'Angiò; Pasquale
Lisciandrelli, Trattati e negoziazione politiche della
repubblica di Genova (958-1797) (Genova: Società ligure
di storia patria, 1960), #338, Archivio di Stato di Genova,
Busta 5/20, anche 5/38,39,40, 1261, Genova con Manfredi di
Sicilia, Michele Paleologo di Constantinopoli, 10 luglio,
Alfonso el Sabio, 1262, 15 & 16 agosto, Carlo d'Angiò, 21
luglio; 1273, 7 febbraio, #383, Busta 6/2, su ambasciatori
genovesi che fanno accordi con il Papa ad Orvieto e con
Venezia per opporsi a Carlo contro l'elezione imperiale del re
di Boemia; 1275, Genova e l'Imperatore greco ratificano gli
accordi del 1261 (Busta 3/39) tra i due stati, #415, Busta
6/34, quell'accordo prorogato poi il 7 febbraio 1281, per
cinque anni ancora o più; l'Archivio Segreto Vaticano e
Archivio della Corona d'Aragona analogamente attestano
l'esistenza di relazioni amichevoli tra questi Stati latini e
l'Impero greco, nel contrastare le ambizioni di Carlo. Il
materiale vaticano sottolinea il bisogno dei portavoce greci
di partecipare alle delegazioni, Instr. Misc. 160, 592, 30
Novembre, 1276. Il lat. 4042, Bibliothèque Nationale, Parigi,
dà le lettere di Pier delle Vigne, di Brunetto Latino/Tesauro
e dei Vespri Siciliani, fols. 92v-95v, il colophon riporta che
è stato compilato come una "summa dictaminis" da Tommaso di
Capua, notaio della Curia Romana, 1294. Nel frattempo, i testi
di Brunetto proliferano in Catalogna e Aragona, come pure in
Castiglia e Andalusia, a conferma della sua vicinanza sia ad
Alfonso el Sabio che a Pietro d'Aragona. Si veda Deno
Geanakoplos, Emperor Michael Paleologus and the West,
1258-1282: A Study in Byzantine Latin Relations
(Cambridge, Mass.: Harvard University Press, 1959).
55 Manoscritti,
Sigla A, Milano, Biblioteca Ambrosiana, G 75
sup. Amari I; As, Florence, Biblioteca
Laurenziana, Ashburnham 540, Amari I, Br,
London, British Library, Addit. 26105, Cronica
del 1285; De Visiani, MS andato perduto,
Amari I; F4, Firenze, BN, Magl. VIII.1375,
Amari III, corrispondente con il Siciliano Lu
Rebelntu di Sichilia, ed. Sicardi; G1,
Florence, Bibl. Laur. Gaddiano 26, Amari II;
G2, Bibl. Laur. Gaddiano 83, Amari II; L1,
Bibl. Laur. 42.20, Amari II; L4, Bibl. Laur.
42.23, Amari I; R1, Firenze, Bibl.
Riccardiana, 2221, Amari I; S, San Daniele
del Friuli, Bibl. Communale, 238, Amari II;
V1, Vaticano, Biblioteca Apostolica, lat.
5908, Amari II; mentre il 1286 Firenze, BN,
Magl. II.VIII.36, parla de Il Tesoro
scritto per amore del suo nemico.
56 Il neo ghibellino Michele Amari ha curato questi resoconti in
Altre narrazione del Vespro siciliano
scritte nel buon secolo della lingua (Milano:
Hoepli, 1887), rifiutando l'attribuzione a
Brunetto. Enrico Sicardi li anche
pubblicati nelle loro
versioni siciliane, Due
Chronache del Vespro in volgare
siciliano del Secolo XIII, in L. A.
Muratori, Rerum Italicarum Scriptores:
Raccolta degli storici italiani
(Bologna: Zanichelli, 1917) 39.91-126. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/bibliotecacentrale/tesori/immagini/t58a.jpg,
offrono un estratto digitale tratto dal
resoconto siciliano dei Vespri Siciliani,
che ha un equivalente nel manoscritto di
Brunetto Latino de Il Tesoro
in volgare toscano conservato nella
Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.
Geanakoplos,
Michael
Paleologus,
cites De
Michaele et
Andronico
Paleologis,
ed. I. Dekker (Bonn,
1835), 2 vols, una
storia bizantina
contemporanea di
George Pachymeres
parla di
queste delegati che si
presentano
sotto le mentite
spoglie di Francescani
. Un resoconto
cronachistico dei
Vespri Siciliani
anche occorre
con un
manoscritto
catalano de
Il Tesoro,
Biblioteca Seminar
Conciliar de
Barcelona, MS. 74.
57 Isidoro
Carini, Gli Archivi e le Biblioteche di Spagna in
rapporto alla storia d'Italia e di Sicilia in particolare
(Palermo: Statuto, 1884), II, 45-46, contiene del Febbraio,
1280, del 1 Aprile, 1282, e del 19 Maggio,
1282, le scuse di Giovanni di Procita ad Alfonso
el Sabio.
58 Davidsohn,
III, 210-211; Archivio Segreto Vaticano, Instr.
Misc. 157, 158, 159, 160, 592; Archivio
vescovile della Diocesi di Fiesole MS II.B.4,
Atti, prefato da versi
di Buonaccursi
di Lastra" a
"Phylippus Perugine"; Scipione Ammirato, Vescovi
di Fiesole, di Volterra, et d'Arezzo
(Firenze, 1637), pp. 28-29.
59 Geanakoplos, p.
292, citando M.
Laurent, Innocent V, 411,
osserva che un
passo scritto da Charlesper
un altro membro di questa
for one member of this delegation
was for a mysterious "L." Egli anche
fa cenno ai documenti greci che citano come
coinvolti "Calado"
o "Kladas". Bartholomeus de
Neocastro, Historia Sicula,
in Lodovico Antonius Muratorius, Rerum
Italicum Scriptores (Milano,
1728), III, col. 1049, osserva "Et Carolus Rex . . .
staret pedibus ante Ecclesiam . . .
Magister Bonaccursus tenta balista
terribili in eum projiciens." Si tratta di un
parente di Latino che tira a casaccio al suo re?
60
Il
Vaticano 3793
contiene tenzoni
di Palamidesse
Bellindoti,
Guglielmo
Beroardi, Rustico
di Filippo,
Brunetto Latino,
ecc. Un altro
compare
sul risguardo di
un manoscritto di
Ferrara del Tresor,
insiema al sonetto
di Dante a Guido
Cavalcanti,
Biblioteca
Comunale Ariostea,
II.280.*
61 Paris, BN, lat 4042, fols.
92v-95v; Palermo, Biblioteca Comunale Qq G1.
62 Firenze,
Biblioteca Nazionale, Magl. II.VIII.36, fol.
75.
63 Published in Michele
Amari, Altre narrazioni; Due
Cronache del Vespro in volgare siciliano del
Secolo XIII, a cura di
Enrico Sicardi, in L. A. Muratori,
39.91-126.
64 Biblioteca Episcopal del Seminar
Conciliar de Barcelona, 74.
65 Due
dei figli di Brunetto, Bonaccursus and Perusgio
(Perseo), saranno coinvolti con
la corte angioina di Roberto di Napoli, il
primo come ambasciatore di Firenze,
il secondo come cortigiano. La
famiglia dei Bonaccursi erano
banchieri a Napoli e altrove fino a quando la loro banca nel 1312
fallì, Romolo Caggese, Roberto d'Angiò e i
suoi tempi (Firenze: Bemporad, 1922), I,
598. A Perseo sarà concesso di avere sul suo stemma
il giglio degli Angiò da aggiungere alle sei rose
dello stemma di suo padre.
66 Inf. XIX.97-99; Par.
VIII.67-75; Villani, VII.liv, p. 227.
67 Dino Compagni, La
Cronica, a cura di Isidoro Del Lungo (Firenze: Le
Monnier, 1924), p. 14-15; Villani, VII.lxxix, pp. 265267.
Anche Brunetto Latino come Dante Alighieri fu tra i suoi
Priori.
68 Le Consulte della
Repubblica Florentina dall'anno
MCCLXXX al MCCXCVIII (Firenze:
Sansoni, 1898), pubblica
l' ASF Libri Fabarum, e i
Documenti dell'Antica Costituzione
del Comune di Firenze: Appendice:
Parte Prima, 1251-1260, a cura di
Pietro Santini (Firenze: Olschki,
1952), dà molti documenti associati a
Brunetto.
69
Twice-Told Tales, pp.
147-155, 385-402.
70 Una possibile soluzione
derivava dalla
costituzionalità del monarca, che per
l'esercizio delle funzioni di podestà
per contratto (per un periodo limitato
nel tempo) avrebbe dovuto mantenere
fede ai patti giurati senza alcuna
violazione delle leggi del Comune, un
modello che Jefferson, probabilmente per
il tramite dell'amico toscano Filippo
Mazzei, adotterà per la carica di
Presidente degli Stati Uniti. Un altro
membro della famiglia Mazzei fece erigere la targa commemorativa a Brunetto Latino
nella chiesa di Santa
Maria Maggiore posta oggi in alto sopra la tomba restaurata:
BVRNETTO.LATINO.PATRITIO.FIORENTINO/ELOQVENTIA.AC.POESEOS.
RESTAVRATORI/
DANTIS.ALIGHERII.ET.GVIDONIS.CAVALCANTIS/MAGISTRO.
INCOMPARABILI.QVI.OBIT.AN.DOM.MCCLXXXXIV/HANC.EIVS.SEPVLCHI.
COLUMELLAM.DEPERDITAM/HVIVS.COENOBI.PATRES/ADNVENTE.P.M.IOSEPHO.
MARIA.MAZZEIO.VIC.GENERALI/RESTITVTO.FLORENTINIS.CIVIBVS.TANTO.
SPLENDORE/AD.P.R.M.PONENDAM.CVRARVNT.AN.D.MDCCCLI.
71 Kay,
"Rucco di Cambio," osserva, p. 200, che Manectus
Spine nel 1249 aveva sperimentato la "discutibile
ospitalità della prigione del re"
in Inghilterra al tempo in cui
il re aveva tentato di sopprimere l'usura. Poi, nel 1253, il
re espulse tutti i mercanti, eccetto due
senesi, Manectus
Spine e Rucco di Cambio.
72 Tra
gli studi su questo
enciclopedismo si
ricordano Michele
Scherillo, Alcuni
capitoli della biografia di
Dante (Torino:
Loescher, 1896), pp.
116-221; Charles Victor
Langlois, La
Connaissance de la nature et
du monde au Moyen Age
d'aprés quelques écrits
français à l'usage des laics
(Paris: Hachette, 1911);
Aristide Marigo, "Lo Speculum
ed il Tresor:
cultura letteraria e
preumanistica nelle maggiori
enciclopedie del Dugento," GSLI,
68 (1916), 1-42, 289-326,
esp. 315-316; Paul Renucci,
L'aventure de
l'humanisme européen au
Moyen Age
(Paris: Les Belles Lettres,
1953); L. Jenaro MacLennan,
"Autocomentario en Dante y
comentarismo latino," Vox
romanica,
19 (1960), 102-117;
Michelangelo Picone, "Glosse
al 'Detto d'Amore'", Medioevo
Romanzo,
3 (1976), 402; connesso a
questo materiale
è il tema concernente il
"Dizionario delle Idee,"
Paul Zumthor, "Pour une
histoire du vocabulaire
français des idées," ZRP,
72 (1956), 350; P.A.
Messelaar, Le
Vocabulaire des idées dans
le 'Tresor' de Brunet Latin
(Assen: Van Gorcum, 1963);
Siegfried Heinimann, "Zum
Wortschatz von Brunetto
Latinis Tresor," Vox
romanica,
27 (1968), 96-105. Christian
Bec, Les
marchands écrivains à Florence, 1375-1434 (Paris: Mouton, 1967)
descrive il più tardo
contesto del milieu letterario
e di produzione di questi banchieri/mercanti. Un
grazie a Judson
Boyce Allen per questa informazione.
73 Li Livres dou Tresor, ed.
Francis Carmody (Berkeley: University of California
Press, 1945), p. 73.
74 Tesoro
(Treviso: Flandrino, 1474), caplo
[capitolo]
lxxxxi. Un importante antico manoscritto del Tesoro fornisce
questa redazione, Firenze,
Biblioteca Laurenziana 42.19, fol. 19, un altro, Bibl.
Nazionale, Magl. II.VIII.36, sopprime
il nome di Carlo.
75
Il
Fiore e Il Detto d'Amore, a cura di
Gianfranco Contini (Milano: Mondadori,
1984); Gianfranco Contini, "Un nodo della
cultura medievale: la serie Roman de la
Rose - Fiore - Divina Commedia," Lettere
italiane, 25 (1973), 162-189; anche in
Un' idea di Dante: saggi danteschi
(Torino: Einaudi, 1976); Earl Jeffrey
Richards, Dante and the "Roman de la
Rose": An Investigation into the
Vernacular Narrative Context of the
"Commedia" (Tubingen: Max Niemeyer,
1981), Beihefte sur Zeitschrift für
Romanische Philologie, 184; "Dante's Commedia
and its Vernacular Narrative Context," Ph.D.
Thesis, Princeton University, 1978; Julia
Bolton Holloway, Brunetto Latini: An
Analytic Bibliography (London: Grant
and Cutler, 1981), pp. 91-95, 110-112, ora
aggiornata all'indirizzo
http://www.florin.ms/BrunLatbibl.html.
76 Tra gli studi in quest'area
Robert Davidsohn, Geschichte von Florenz (Berlin:
Mittler, 1896-1927); Storia di
Firenze, trans. Giovanni Battista Klein
(Firenze: Sansoni, 1957); Giovanni Ferretti,
"Banchieri fiorentini in Francia nel
Dugento, Fanfulla della domenica, 31 (1909), n.
32, citato in Ferdinando
Neri, Gli studi franco-italiani nel primo
quarto del secolo XX (Roma:
Leonardo, 1928), p. 36; Christian Bec, Les marchands
écrivains: affaires et humanisme à Florence, 1375-1434
(Paris: Mouton, 1967). Si veda anche Joan
Ferrante, "Exchange and Communications,
Commerce and Language in the Comedy," The Political
Vision of the Divine Comedy (Princeton:
Princeton University Press, 1984), pp.
311-379; R. A. Shoaf, Dante, Chaucer
and the Currency of the Word: Money, Images,
and Reference in Late Medieval Poetry (Norman,
Oklahoma: Pilgrim Books, 1983); The Poem as
Green Girdle: Commercium in Sir Gawain and
the Green Knight (Gainesville, Florida:
University Presses of Florida, 1984).
76 Per ulteriori testi
letterari associati
con Arras si
veda Albert Pauphilet, Jeux et Sapience du
Moyen Age (Paris:
Gallimard, 1951,
Bibliothèque de la
Pléiade, 61), p. 42,
Jean Bodel di
Arras; pp. 109 ff,
Courtois d'Arras; p.
159, Adam de la Halle o
le Bossu. Si veda anche
l'elenco dei manoscritti di
Latino connessi ad Arras.
77 Saint
Priest, II.26, 304-6.
78 Riporto qui la trascrizione
di Napoli I.G.17, fols. 8,8v.
Per questo passo si veda anche Li
Livres dou Tresor, I, part
II, cap. xcix, ed. P. Chabaille
(Paris: Imprimérie Impériale,
1863), p. 102. Cosa
interessante da osservare è che esiste l'opera francese
intitolata Le comte
d'Anjou, la cui trama è
costruita con lettere
diplomatiche e il Conte è
l'infame incestuoso.
(analogia con il
'Racconto del Sergente
della legge'
di Chaucer) H.J.
Chaytor, From Script to Print: An
Introduction to Medieval Vernacular
Literature (New York: October, 1967), pp.
86-87, 145-146, citando Paris, 1931,
Classiques français du Moyen Age, edition.
79 Guillaume de
Lorris et Jean de Meun, Le Roman de
la Rose, ed. Félix Lecoy (Paris: Honoré
Champion, 1976), 3 vols, I. 203-4. Enrico
era il fratello traditore di Alfonso el
Sabio che poi anche tradirà Carlo.
Et se les prueves riens ne
prises
d'ancienes estoires prises,
tu les as de ton tens noveles,
de batailles fresches et beles
(de tel biauté, ce doiz savoir,
conme il peut en bataille
avoir),
c'est de Mainfrai, roi de
Secile,
qui par force tint et par guile
lonc tens em pez toute la terre,
quant li bons Charles li mut
guerre,
contes d'Anjou et de Provance,
qui par devine porveance
est ore de Secile rais,
qu'ainsinc le veut Dex le
verais,
qui tourjorz s'est tenus o li.
Cist bons rais Challes l'en
toli,
non pas sanz plus la seigneurie,
ainz li toli du cors la vie.
Quant a l'espee qui bien taille,
en la prumeraine bataille,
l'assailli por lui desconfire,
eschec et mat li ala dire
desus son destrier aufferrant
d'un tret de paonet errant
ou mileu de son eschequier.
De Corradin parler ne quier,
son neveu, don l'exanple est
preste,
don li rais Challes prist la
teste
maugré les princes d'Alemaigne.
Henri, frere le rai d'Espaigne,
plein d'orgueill et de traïson
mist il morir en sa prison. 6601-6632
APPENDICE: Censimento
manoscritti strettamente
pertinenti all'argomento
trattato:
A1. Ginevra, Bibliothèque Publique et Universitaire, 179. Libraria bolognese, miniature bottega Maître Honoré, provenienza Parigi. XIII/ XIV secolo. Sion Segre-Amar, "Su un codice parigino del 'Tresor,'" Studi francesi, 71 (1980), 256-261, che commenta, p. 258, anche, sul Bibliothèque Nationale, fr. 566, 567, 570, 571, 726, 1109, 1110, 1113, 2024, 12581 e il Tresor di Leningrado/San Pietroburgo.
A3. Lione, Bibliothèque Municipale, 781. Manoscritto francese del Tresor di mano italiana. L'Explicit poema francese, anch'esso di mano italiana. Spiegabile per la presenza di scribi italiani in Francia impiegati nelle cancellerie e nei contesti bancari. Brunetto implicato con Gregorio X, che nel 1274 convoca il Concilio di Lione per l'unificazione delle Chiese d'Oriente e Occidente, al quale intervengono e sono presenti anche il futuro Innocenzo V, Giovanni XXI, Niccolò IV. La sezione della Cronica del Tresor pone l'accento su Papi e Imperatori.
A5. Lione, Bibliothèque Municipale, 948. Correzioni interlineari, scrittura italiana. secolo XIII.
D2. Oxford,
Bodleian Library, Douce 319. Appartenente
Thomas Woodstock, Duca di Gloucester, dono di William Montague, Conte di
Salisbury. Del secolo XIII in francese piccardo (della contea di
Arras), scrittura italiana, in libraria
bolognese con caratteristiche della
cancelleresca. La presenza in Inghilterra di questo codice
è riconducibile agli affari
dei banchieri lombardi per
la raccolta della decima per combattere
Manfredi di Sicilia e per far questo pagare
Carlo d'Angiò, come attesta il Westminster Abbey
Muniment 12843. Presumibilmente, dunque,
fu un volume dono ad un re o nobile. La sua unica
mappa mundi introduttiva a piena pagina evidenzia le
Isole britanniche. Otto Pächt
e J. J. G. Alexander ritennero fosse stato prodotto in Italia
con elementi di contaminazione francese. Illuminated Manuscripts
in the Bodleian Library, Oxford
(Oxford: Clarendon Press, 1973), II, #
154. Un grazie ad Albinia de la Mare
e alla Bodleian Library, Oxford. Oggi lo si può considerare
prodotto da fiorentini
in esilio in Francia con l'intento di
influenzare politicamente l'Inghilterra.
M2. Ne fa menzione Carlo Morbio, "Novissimi studi su Brunetto Latino, Dante e Petrarca e sul loro soggiorno in Francia", come manoscritto appartenente al Principe Albani (ora venduto). Archivio storico italiano, 3 ser, 17 (1873), 192. Divenuto New York, Columbia University, Plimpton 287. Il manoscritto è tardo, l'elemento di interesse i manoscritti del Tresor e del Tesoro, sua traduzione italiana.
M3. El Escorial, Biblioteca, ii.L.3. Testo francese con miniature fiorentine scritto in libraria bolognese, seconda redazione, presumibilmente copia dono per Alfonso el Sabio, con numerose glosse in latino sui margini per le parti di particolare interesse per quel monarca. Forse come dono diplomatico in relazione alla continua richiesta di sostegno per la conquista della corona imperiale, Firenze possiede una splendida copia de Las Cantigas de Santa Maria, Biblioteca Nazionale, Banco Rari 20. Antonio G. Solalinde, "El Còdice florentino de la Cantigas y su relaciòn con los demàs manuscritos," Revista de Filologia Espanola, 5 (1918), 143-179; John E. Keller e Richard P. Kinkade, "Iconography and Literature: Alfonso Himself in Cantiga 209," Hispania, 66 (1983), 348-352, una miniatura del suo manoscritto de Las Cantigas raffigura lo stesso Alfonso guarito per miracolo dalla sua malattia quando una copia con rilegatura in pergamena color rosso gli viene presentata in dono mentre si solleva a sedere sul letto per riceverlo.
N. Parigi, Bibliothèque Nationale, Fr. 570. Scriba italiano, libraria bolognese, miniature francesi.P. Parigi, Bibliothèque Nationale, Fr. 571. Di mano affine a mano italiana, bei disegni francesi, anche miniature a foglia d'oro. Fol. 122, colophon, explicit, Valenciennes; fol. 147v, riferimento Arras, Fauvel. Catalogo, Bibliothèque Nationale, datato XIII secolo.
R. Bibliothèque Nationale, Fr. 726. Francese Faits des Romains, "Ici comencent li tests romains compile ensenble de Sallust, de Suetone de lucan. de Julius Cesar," e Tresor. Paul Meyer, Romania, 14 (1885), 23-6, ha suggerito Brunetto quale autore/traduttore dei Faits des Romains. Questo spiega il perché Dante in Inferno XV accenni a Catilina e Fiesole. M.-J. Mincwitz, "Notice de quelques manuscrits du Tresor," Romania, 38 (1909), 112-119, intervento su alcuni Faits des Romains e frammenti del Tresor a Berna, Svizzera. Desta interesse il fatto che questi testi anche si ritrovano in manoscritti italiani come Fatti dei Romani. Il Tresor tende anche a porre l'accento su Berengario dei Lombardi, in riferimento al suocero di Carlo d'Angiò, Raimondo Berengario di Provenza. Carmody osserva trattarsi di scribi italiani. La miniatura per l'assassinio di Cesare "par les synnatores" raffigura Cesare con una corona d'oro, la toga tirata su fino a coprire gli occhi, i senatori come italiani del tempo con copricapi con lunghe orecchie (lo stesso copricapo indossato da Dante), foglio cviij.
R3. Vaticano Reg. lat. l320. Miniature miste, alcune francesi, fogli 1 (sul margine conigli, cervo con corna, affini al manoscritto del Fiore dei Filosofi), 20, 28v, altre fiorentine, fogli 19v, 23, 24, 27v, 33, glosse in francese e italiano, foglio 36. Exciplit, foglio l34v, "Li dit iulius cesar," foglio 155, "des governeours des chites", poi foglio. 176, metodi per la datazione della Pasqua, oroscopo, annotazioni aggiunte databili al XIV secolo sulle nascite in una famiglia italiana.
R5. Vaticano lat. 3203. Manoscritto francese, appartenuto successivamente ad un italiano, con glosse in italiano del Cardinale Bembo nel testo francese, nota di possesso, acquistato in Guascogna nel 1472, seconda redazione.
S. Bibliothèque Nationale, Fr. 1109. Mano italiana, miniature Francesi. Foglio 311, riferimento ad "Adam le Bocu d'Arras," Adam de la Halle, poeta di Corte di Carlo d'Angiò, come colophon eccetto il Tresor.
T2. Torino,
Biblioteca Nazionale, L.II.18. Antico Tresor, integro, danneggiato da un incendio,
scrittura tra la Gotica francese e la libraria bolognese,
miniature chiaramente francesi, come colophon
componimento provenzale.
Y. Parigi, Bibliothèque Nationale, 2024. Scriba italiano, XIII secolo, come colophon componimento italiano, fogli 293, 293v.
Ferrara,
Biblioteca Comunale Ariostea, II.280. Prima redazione, testo
francese del Tresor, che termina con un resoconto dei
luoghi santi del pellegrinaggio a Gerusalemme, fogli di guardia, componimenti taliani, includendo tenzoni sui re d'Inghilterra e Francia, e
Carlo d'Angiò, il 'Guido,
i' vorrei che tu e Lapo ed io' del sonetto di Dante,
fol. 1 e altrove.
"Glosse al 'Detto d'Amore,'" p. 402, correlazione per mezzo delle note tra questa lirica e l'endecasillabico Mare amoroso di 333 versi, in passato attribuito a Brunetto Latino; Il Mare amoroso di Brunetto Latini, ed. Giusto Grion (Bologna: Fava e Garagnani, 1869, e Il Propugnatore, I, pp. 3-30; Il Mare amoroso, a cura di Emilio Vuolo, Cultura neolatina, 12 (1952), 103-30; 16 (1956), 147-77; glossa, 17 (1957), 74-174; note, 18 (1958), 5-52, e Il Mare amoroso (Roma: Istituto di Filologia Moderna, Università di Roma, 1962); Leo Spitzer, "A proposito del Mare amoroso," Romanische Literaturstudien, 1936-1956 (Tubingen: Niemeyer, 1959, p. 508; e Cultura neolatina, 16, 179-199, 17, 175-6, che autore del testo considera Richard di Fournival; Cesare Segre, "Per un'edizione del mare amoroso," Giornale storico della Letteratura italiana, 140 (1963), 1-29; Joy M. Potter, "La struttura del Mare amoroso," Cultura neolatina, 23 (1963), 191-204. Come con il Fiore, possiamo certamente affermare che questi poemi sono il prodotto di una scuola, una comunità testuale in esilio, quantunque sia molto difficile accertare con esattezza qualsiasi attribuzione.
Napoli, Biblioteca Nazionale, I.G.17. Tresor francese, prima redazione, in origine nella Collezione Farnese, Roma, poi passato alla Biblioteca Palatina di Parma, prima di pervenire a Napoli. Miola, Notizie di manoscritti neolatini della Biblioteca Nazionale di Napoli, I (1895), 2-3.
Bergamo, Cassaforte 2.5. Tresor, scrittura italiana, termina con tenzoni, poesia Catalana/Provenzale. O. Capasso, "Di un presunto originale de 'Li Livres dou Tresors,'" Bergamo, Civica Biblioteca, Bolletino, 2 (1908), 252-263.
Verona, Biblioteca Capitolare, DVIII.
Questo tardo manoscritto francese fu chiaramente acquisito da
italiani da destinarsi come dono
diplomatico ad un congiunto del Doge di Venezia. Belle miniature francesi, legatura italiana.
Udine, Archivio di Stato. Frammento del Tresor di 31 fogli scoperto in contesto cancelleresco in Veneto. Scrittura Francia del Nord. Cesare Scalon, Libri scuole e cultura nel Friuli medioevale: "Membra Disiecta" dell'Archivio di Stato di Udine (Padova: Antenore, 1987), pp. 209-213. Un grazie al Professor Cesare Scalon per aver portato a mia conocenza l'esistenza del manoscritto.
Modena, Biblioteca Estense E.5=alpha.P.G.l. Estratti in piccardo della sezione dell'Etica del Tresor, in libraria bolognese. Giulio Camus, "Alcuni frammenti in antico dialetto piccardo dell' Etica di Aristotele compendiata da Brunetto Latini," Memorie della Regia Accademia di Scienze, lettere ed arti in Modena, ser. 2, vol. 7 (Modena: Società tipografica, 1890), p. 8.
Repertorio
dei testimoni consultati |
||||||
|
Città |
Biblioteca |
Segnatura |
N.
Fig. |
Tipologia
immagini |
Carte
illustrate |
1 |
S. Daniele
|
Guarneriana |
Guarner.238
|
17 |
Cosmografie disegnate a penna con inchiostro
e variamente colorate. Scritture
nero e rosso. |
48r-v, 49r-v,
50r-v, 51r-v, 53r, 54r-v.. |
2 |
Firenze |
Nazionale Centrale |
Magl. VIII. 1375 |
12 |
Disegni molto ben descritti, eseguiti con il
compasso in inchiostro nero e scritture in rosso. |
25v, 26r-v, 27r-v, 28r, 29r. |
3 |
Firenze |
Nazionale Centrale |
II. VIII. 36 |
10 |
Presenta tavole e diagrammi diversi da
quelli presenti negli altri mss., disegnati in
inchiostro rosso e recanti estese didascalie in nero |
63v, 64r-v, 66r. |
4 |
Firenze |
Nazionale Centrale |
Palat. 585
|
12
|
Disegni sommariamente eseguiti con
inchiostro bruno. |
35r-v, 36r-v,
37r-v, 38r. |
5 |
Firenze |
Nazionale Centrale |
Palat. 483
|
no
|
|
|
6 |
Firenze |
Nazionale Centrale |
II.
II. 16 |
no
|
|
|
7 |
Firenze |
Nazionale Centrale |
II.
II. 47 |
no |
|
|
8 |
Firenze |
Nazionale Centrale |
II.
II. 48 |
no |
|
|
9 |
Firenze |
Nazionale Centrale |
II.
II. 82 |
no |
|
|
10 |
Firenze |
Riccardiana |
Ricc. 2221 |
13 |
Disegni a penna, in seppia, numerati. |
31v, 32r-v, 33r-v,
34r. |
11 |
Firenze |
Riccardiana
|
Ricc.
2196 |
no |
|
|
12 |
Firenze |
Medicea Laurenziana |
Gadd.
4 |
no |
|
|
13 |
Firenze |
Medicea Laurenziana |
Gadd. 26 |
16 |
Cosmografie a penna in inchiostro bruno. |
57r-v, 58r-v,
59r-v, 62v, 63v, 64r-v, 65r-v, 66r |
14 |
Firenze |
Medicea Laurenziana |
Gadd.
83 |
no |
|
|
15 |
Firenze |
Medicea Laurenziana |
Plut. 42. 20. |
17 |
Diagrammi in inchiostro bruno, dipinti in
modo approssimativo. |
71v, 72r-v, 73r-v,
74r, 75r-v, 76r-v, 77r, 79v, 81r-v. |
16 |
Firenze |
Medicea Laurenziana |
Plut.
42. 21 |
no |
|
|
17 |
Firenze |
Medicea Laurenziana |
Plut.
42. 22. |
no |
Presenta un unico cerchio tracciato a penna. |
|
18 |
Firenze |
Medicea Laurenziana |
Plut.
42. 23. |
no |
|
|
19 |
Firenze |
Medicea Laurenziana |
Plut.
76. 70. |
no |
|
|
20 |
Firenze |
Medicea Laurenziana |
Plut.
76. 74. |
no |
|
|
21 |
Firenze |
Medicea Laurenziana |
Plut.
90 inf. 46 |
no |
|
|
22 |
Milano |
Ambrosiana |
G. 75. sup. |
13 |
Diagrammi eseguiti ad inchiostro. |
29r-v, 30r-v,
31r-v. |
23 |
Milano |
Trivulziana |
165 |
no |
|
|
24 |
Roma |
Vaticana |
Chig. L. VI. 210 |
17 |
Disegni a penna in seppia, leggermente
acquerellati in violetto, rosa e giallino. |
65r-v, 66r-v, 67r,
68r, 69r-v, 73r, 74v, 75r |
25 |
Roma |
Vaticana |
Lat.
3216 |
no |
|
|
26 |
Roma |
Vaticana |
Lat. 5908 |
18 |
Diagrammi in inchiostro color seppia
finemente eseguiti. |
43r-v, 44r, 45v,
46r-v, 47r, 48v, 49v, 50r |
27 |
Roma |
Casanatense |
1911 |
no |
|
|
28 |
Firenze |
Nazionale Centrale |
Landau-Finaly
38 “De
Visiani” |
no |
|
|
29 |
Siena |
Comunale |
I.
VI. 25, 143v ff. |
no |
|
|
30 |
Venezia |
Nazionale Marciana |
Marc.
It. II, 53 (=5035, Farsetti) |
no |
|
|
31 |
Venezia |
Nazionale Marciana |
Marc.
It. II, 54 (=4910 bergamasco) |
no |
|
|
Repertorio dei
manoscritti secondo la classificazione Mussafia/7
(e
distinzione dei codici illustrati) |
|||||||
Prima
famiglia |
|
Seconda
famiglia |
|||||
Biblioteca |
Segnatura |
Mat. Sec. |
Fig. |
Biblioteca |
Segnatura |
Secolo |
Fig |
Firenze Medicea Laurenziana |
.Plut. 42. 19
|
membr XIV |
No |
Firenze Medicea Laurenziana |
Plut. 42. 20 |
membr XIV |
17 |
Firenze Medicea Laurenziana |
Plut. 42. 21
|
cart. XV |
No |
Firenze Medicea Laurenziana |
Plut 42. 23 |
membr XIV |
No |
Firenze Medicea Laurenziana |
Plut. 42.22 |
cart. XIV |
no |
Firenze Medicea Laurenziana |
Plut 76. 70 |
cart. XV |
No |
Firenze Medicea Laurenziana |
Plut. 76. 70 |
cart. XV |
No |
Firenze Medicea Laurenziana |
Plut 76. 74 |
cart. XV |
No |
Classificazione dei
testimoni non analizzati dal Mussafia
|
|||||
Codici della
prima famiglia (Senza immagini cosmografiche) |
Codici della
seconda famiglia (Con immagini cosmografiche) |
||||
Biblioteca |
Segnatura |
Mater.
Secolo |
Biblioteca |
Segnatura |
Mater.
Secolo |
Firenze
Medicea
Laurenziana |
Ashb.
540 |
cart. XIV
|
Roma
Vaticana |
Chig.
L. IV. 210 |
membr.
XIV
|
Firenze
Naz.Centr. |
Palat.
483 |
cart. XV
|
Roma
Vaticana |
Lat.
5908 |
cart. XV |
Firenze
Naz.Centr. |
Naz.
II.II. 16 |
cart. XV |
S.Daniele
del Friuli |
Guarner.
238 |
membr.
XIV
|
Firenze
Naz.Centr. |
Naz.
II.II. 47 |
cart. XV |
Firenze
Naz.Centr. |
Magl.
VI. 1375 |
cart. XIV
|
Firenze
Naz.Centr. |
Naz.
II.II. 48 |
cart. XIV |
Firenze
Naz.Centr. |
Palat. 585 |
cart. XIV |
Firenze
Naz.Centr. |
Naz.
II.II. 82 |
cart. XV sec. |
|
|
|
Roma
Vaticana |
Lat.
3216 |
cart. XV sec. |
|
|
|
Roma
Casanatense. |
1911 |
cart. XV
sec. |
|
|
|
Siena
Comunale |
I.
VI. 25, 143v ff. |
cart. XV
sec. |
|
|
|
Milano
Trivulziana |
165 |
cart. XV sec. |
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Le
numerose iscrizioni sparse nella città e nel
circondario, di cui l’iscrizione sopra è un
bell’esempio, sono state finora tuttavia trascurate.
Manca un vero e proprio interesse che ne
riveli l'alto loro pregio, e che ce le
restituisca raccolte, fotografate, editate, e
archiviate.
Sono
stata a Firenze con una Borsa di Studio nell’ambito del
Programma Fulbright Grantee dal 1953 fino gli inizi del
1955, ho trascritto,
raccolto e catalogato 500
iscrizioni latine disseminate in tutta la città e nel suo
circondario. Oltre alla trascrizione del testo ad ogni
iscrizione è stata assegnata una datazione (dove
possibile) e l’esatta sua localizzazione. Ultimato il
lavoro di catalogazione sul campo ho iniziato il lavoro di
ricerca presso il Kunst Historische Institut dedicandosi
ad una monografia su un’iscrizione di grande importanza
(l’Iscrizione dedicatoria del Palazzo del Podestà).
Monografia che poi nel 1956 sarà pubblicata proprio a
Firenze in ‘Rivista d’Arte’ da Leo S. Olschki. Le sue
ricerche lo hanno indotto a chiedersi se mai in precedenza
fosse stato compiuto uno studio analogo con la raccolta di
queste iscrizioni e una successiva loro pubblicazione. Ma
ne è risultato che questo lavoro non era mai stato
compiuto.
l
31 luglio 1255, “in plebe Sancti Donati in Pocis”, un luogo
particolarmente significativo, sia per l’intrinseca sua
sacralità, sia per il fatto che si trovava sul percorso della
“Strada Sanese”, i Comuni di Firenze e di Siena conclusero
un’alleanza che pose momentaneamente fine allo stato di guerra
tra le due città, prevedendo tra i capitoli dell’accordo
l’obbligo da parte del Comune di Siena di non accogliere chi
fosse stato sbandito da Firenze/1.
Il trattato di amicizia durò però pochi anni : già nel
luglio 1258, il ricetto dato dai senesi ai ghibellini cacciati
da Firenze fornì l’occasione per nuovi contrasti che dettero
luogo, sul finire dello stesso anno, a “scorrerie e cavalcate”
fiorentine in territorio senese,/2 atti di ritorsione che poi
degenerarono in guerra.
E’ questo il contesto nel quale sono da collocare le due
spedizioni militari organizzate dal Comune di Firenze contro
Siena : la prima negli ultimi di aprile del 1260, che portò al
combattimento del 18 maggio a Santa Petronilla, alle porte di
Siena, che in realtà fu poco più di una scaramuccia, anche se
“magnificata da una parte e dall’altra”./3 La seconda, dei primi
giorni di settembre dello stesso anno, che si risolse
nella battaglia di Montaperti, dove si ebbe la tragica sconfitta
dell’esercito gigliato, del tutto imprevista, dato che i
fiorentini avevano radunato una poderosa armata che si dice
fosse costituita da ben 50.000 soldati : “un esercito come
quello dei Cesari” ebbe a scrivere un autore anonimo in una sua
lettera a commento della battaglia./4
Nel sito ove avvenne il sanguinoso scontro tra i due eserciti,
tra il materiale abbandonato dai fiorentini in fuga, fu
rinvenuta in riva all’Arbia una serie di scritti su fogli di
pergamena che, come preda di guerra, i senesi stiparano dapprima
alla rinfusa in grandi sacchi di cuoio e poi riunirono in un
armadietto con chiavistello ove campeggiava la scritta “Libro di
Montaperti”, denominazione che gli rimarrà anche in seguito./5
Unico nella storia militare del medioevo, il cosiddetto “Libro
di Montaperti” consta di un insieme di documenti frutto della
registrazione quasi giornaliera, dal 9 febbraio 1260 alla
vigilia della famosa battaglia (3 settembre 1260), di tutta una
serie di provvedimenti relativi all’esercito fiorentino e che
pertanto fornisce preziose informazioni in ordine alla
costituzione e all’ordinamento dello stesso, oltre che
all’itinerario seguito dagli armati per spostarsi da Firenze al
luogo della battaglia, percorso che si svolse per buona parte
lungo il tracciato della “via Sanese”, ai margini del
Chianti. Lo si desume dal fatto che l’esercito pose il
campo in prossimità di centri che si trovavano tutti su tale
strada : San Casciano, San Donato in Poggio, Ricavo (presso
Castellina in Chianti) e Monsanese (nei dintorni di
Fonterutoli). Giunti in quest’ultima località, ormai
prossimi a Siena, gli armati abbandonarono però la “via Sanese”
per digradare verso il fondo valle dell’Arbia : si accamparono a
Pievasciata, dirigendosi quindi verso sud, e si trovarono a
transitare appunto per Montaperti. Scopo immediato era infatti
quello di raggiungere la via Francigena onde portare aiuto agli
abitanti di Montalcino, assediati dai senesi, e per il momento,
è evidente che non si intendeva stringere sotto assedio Siena,
cosa che avrebbe potuto essere fatta già a Monsanese, quando la
città nemica era vicinissima./6 *107-108
Consistente avanzo dell’archivio viatorio degli uffici militari
e amministrativi dell’esercito gigliato, il “Libro di
Montaperti” riportata statuti, deliberazioni, elezioni di
ufficiali, registrazione delle milizie e diversi altri
atti riguardanti il governo e la condotta dell’esercito ( dal
vettovagliamento al reperimento del materiale da guerra),
emanati dai supremi reggitori delle truppe fiorentine : il
Podestà, i dodici Capitani cittadini e gli Anziani del Popolo.
Oltre a disporre di due camarlinghi e di uno stuolo di
ufficiali, eletti per sovraintendere alle diverse operazioni e
uffici, l’esercito si serviva dell’opera di numerosi notai,
nominati dai Capitani o dagli Anziani, la cui funzione era
quella di formalizzare le ordinanze e di autenticarne l’avvenuta
ottemperanza da parte di coloro che erano tenuti a
osservarle. Tra questi era “Burnectus Latinus notarius et
judex”, com’egli si firmava, carte 11, 59v, 65, 74v, che risulta
aver scritto di sua mano alcuni dei documenti del “Libro di
Montaperti”, carte 33-35, 211-223./7
Il nome di Brunetto Latino appare già in data 26 febbraio 1260,
quando viene registrata la sua nomina a “sindico ut dixit
Communis et hominum de Monteguarchis et eius curte”./8
Poi, tra il 4 e il 12 giugno 1260, risultano essere state
scritte da Brunetto le deliberazioni del Podestà e dei Capitani
Cittadini in ordine alla costituzione delle truppe, che
prevedevano la formazione di mille balestrieri, di mille arcieri
(“arcatores”) e di milleduecento “vastatores” (o “guastatores”),
armati questi ultimi di scuri e di asce (“secures et
marre”)./9 E’ del 15 luglio la redazione dell’ordinanza
relativa alla designazione dei vessilli degli armati che
rimanevano a guardia della città : “tria tantum vexilla
balistariorum, tres bandere arcatorum e tria vexilla
marrarum”./10 Sempre del 15 luglio è la scritta che parla
dell’invio di un osservatore in Valdelsa, con il compito di
controllare il movimento dei senesi e dei loro alleati oltre il
confine, che era segnato appunto dal corso del fiume Elsa, e di
comunicarlo mediante falò (“fiat falo”), di notte, e con fumate
(“fiant fumi”) di giorno./11 Poi, tra il 20 e il 24
luglio, troviamo Brunetto a registrare e a fare da mallevadore
alle promesse di contribuzione in grano di alcuni popoli del
contado./12
Dopo questa data non risultano altre carte scritte dal nostro
perché, come riporta Giovanni Villani, Brunetto fu inviato come
ambasciatore presso il re di Castiglia Alfonso X “el Sabio” per
chiedergli aiuto, come a neo-eletto re dei Romani, contro
Manfredi, alleato ai senesi/13:
“…i guelfi di Firenze gli mandarono ambasciadori per
sommuoverlo del passare, promettendogli grande aiuto acciocché
favoresse parte guelfa. E l’ambasciadore fu ser Brunetto
Latini, uomo di grande senno e autoritade; ma innanzi che fosse
fornita l’ambasciata, i Fiorentini furono sconfitti a
Montaperti, e lo re Manfredi prese grande vigore e stato in
tutta Italia, e ‘l podere della parte della Chiesa n’abassò
assai.”
Brunetto, infatti, non riuscì a riferire l’esito, peraltro
sterile, della sua missione perché sulla via del ritorno,
superati i Pirenei a Roncisvalle, fu raggiunto dalla notizia
della rotta di Montaperti e della conseguente presa del potere
dei ghibellini a Firenze. Fu così costretto a rimanere in
Francia, dove visse in esilio per alcuni anni, rimanendovi sino
a quando, dopo la battaglia di Benevento (1266), i guelfi
tornarono al governo nella sua città.
*109 Di tutto ciò si fa menzione
nei in versi con cui si apre il “Tesoretto”, il
poema allegorico didattico in settenari rimati a coppie, una
enciclopedia vera e propria, da lui scritta in volgare sembra
intorno al 1262, poi copiato e illustrato dal suo studento
Francesco da Barberino:
E io presi compangnia
135
E andai in ispangnia
E feci l'ambasciata
Che mi fue comandata;
E poi sança sogiorno
Ripresi mio
ritorno,
140
Tanto che nel paese
Di terra navarrese
In realtà Brunetto venne però a sapere di Montaperti grazie
a una lettera inviatagli dal padre, Buonaccorso Latini, forse
recapitatagli proprio da uno studente (“uno scolaio”),/15
missiva che ci è giunta nella forma letteraria (in latino) che
più tardi Buonaccorso dovette dare al suo originario
dispaccio. Indirizzata al “dilecto filio Bornecto
notario”, la lettera, riferisce la triste notizia con toni
drammatici, attribuendo le ragioni della sconfitta al tradimento
di alcuni fiorentini segretamente accordatisi con i senesi :
sarà questa una sorta di spiegazione “ufficiale”, che si
ritroverà più o meno in tutte le fonti di parte fiorentina, a
partire dalla “Cronica” di Giovanni Villani./16 Buonaccorso
riporta anche che l’esercito incontrò le schiere ghibelline
mentre era in marcia verso Montalcino per portare rifornimenti
agli abitanti di quel castello che stavano morendo di fame (“…ad
muniendum castrum Montis Alcini cuius incole, ob victualium
penuriam, iam mori miserabiliter cogebantur…”) : è questa una
ulteriore testimonianza dell’ “effetto sorpresa” che fu
probabilmente la causa prima della rotta fiorentina./17
Informa infine il figlio che, come tutti i principali esponenti
della parte guelfa, è stato bandito da Firenze, il che, in
aggiunta ai sinistri eventi riferiti, spiega il suo pianto
dirotto, testimoniato dallo stesso scritto bagnato dalle
lacrime (“Mestam flebilis epistule paginam, quam forte
videbis lituris multipliciter maculatam, defluens ab intrinsecus
diluvium lacrimarum, quas nec debebam nec poteram
continere…”)./18
Certo è, comunque, che Brunetto Latino decise di rifugiarsi in
Francia dove sappiamo che esercitò per alcuni anni
l’attività notarile ad Arras, a Parigi e altrove/19 e dove,
oltre al “Tesoretto”, scrisse la sua opera più famosa, “Li livres dou
Tresor” (“Il
Tesoro”), “summa” esplicitamente compilatoria, “de tous le
membres de philosophie”, scritta in quella lingua (il francese),
all’epoca la più diffusa dopo il latino, che egli considerava
“la parleure que est plus delitable et plus commune a tous
langages”./20 L’opera, che consta di tre libri, al di là
dei suoi aspetti enciclopedici tipicamente medievali, ha chiari
intenti etico-politici, tanto da poter essere interpretata come
una sorta di manuale di formazione dell’uomo politico rivolto
non tanto al mondo d’Oltralpe, ma a chi operava nella democrazia
comunale italiana.
Ovviamente Brunetto fece tesoro (l’espressione risulta qui
particolarmente appropriata) delle sue esperienze : egli era un
uomo dell’apparato, diremmo oggi, e lo testimonia ampiamente, si
è visto, il “Libro di Montaperti”. Consapevole dei
problemi politici di una guerra, ed essendo al corrente degli
aspetti organizzativi legati alla preparazione e al
funzionamento di un esercito, non c’è dubbio che egli fosse in
grado di fare le affermazioni che si leggono nel “Tresor” quando
in esso si parla delle “due stagioni.Una di pace e laltra di
ghuerra”. Si tratta di consigli e avvertimenti che vengono
dati a chi governa e che, per il loro opportunismo realistico,
non possono non ricordare alcuni di quelli che più tardi
verranno espressi da Niccolò Machiavelli nel suo “Principe” :
“quando (il signore) va aghouernare la cita. Selli la troua in
pace : elli de essere troppo lieto e gioioso.e de si guardare
che elli non cominci guerra al suo tempo : segli unque puo fare
altro.che in guerra a molti pericoli.Ma se cio fare li conviene
. Faccia di comune stanziamento del consiglio de citadini.e
della sauia gientte della citta. Ma sella guerra fosse
cominciata al tempo del suo antecessore : io lodo chelli
prochacci la pace. O almeno la trieghua. E se non puo cio : elli
debe spesso ricogliere lo consiglio de saui.e spiare lo podere
della sua giente. E denimici.e studiare che la citta sia ben
fornita dentro e di fuori.e castelli.e ville : che sono date in
sua guardia.E de auere intorno allui una quantita duomini : che
sintendano di guerre.e che sieno sempre a suo consiglio. E che
sieno apresso dilui capitani e ghuidatori della guerra. E dee
richiedere tutti gli amici e compagni. E li subditi della cita.
luno per lettera : laltro a bocca e laltro permesso : che
sieno apparechiati di arme e di fornimento da
guerra. Apresso de elli rassegnare : alla piaza mastra : o
inaltro luogo costumato della cita :le gienti della citta. e
dire dinanzi alloro parole diguerra. e ricordare loro el tortto
denimici. e lo diritto de suoi.e nominare le prodezze el valore
deloro amici.e le loro virtuose battaglie.e commoure la giente
ala guerra e alla battaglia. e comandare che ciaschuno faccia
grande aparechiamento darme. e di caualli. e di tende. e di
padiglioni.e di tutte cose: che sono mestioere aguerra. Tali
simili parole de lo signore dire : per aghuzzare li chuori de
citadini : il più ch’egli vnque puote. Ma bene si guarda
elli:che non dica a nessuno motto fieuole. anzi sia suo viso
acruccio.e aira. Lo senbiante terribile. E la boce minacieuole.
E su cauallo antrischa. e fega li pie interra. E facci tanto che
anzi che finischa suo detto: montti le grida el romore tra la
giente:si chome fossero in battaglia. E non pertanto:egli de
molto considerare la maniera de la guerra. perche altri
sembianti sono contra li pari.Apresso del suo parlamento :
faccia leggiere al suo notaio : che abbia alta boce e chiara e
intendeuile:li capitoli e gliordinamenti della guerra. E
procacci quantunque puo auere arbitri:sopra li malifici
delloste. E quando a fatto tutto questo:egli de di sua mano dare
li gonfaloni e le bandiere. secondo luso dela terra.
Dallora inanzi non fini lo signore:di aparechiare alla guerra
se.e suoi sugietti.in talmaniera:che nulla nonvi manchi al punto
del oste e dela battaglia. Ma come de eli guardar loste:e pore
el campo e padiglioni: e guardare loste intorno intorno di
di e di notte : e come de ordinare le schiere: e come de essere
in tuti luogi:ora diqua e ora dila:e come de guardare suo
corpo:chegli non combate se none grande necessita:sella e
assediata:e di molte altre cose:che conegniono a ghuerra:lo
mastro non dira ora piu.anzi lo lascia alla proudenzia del
signore.del suo consiglio.”/21
Si avverte il ricordo dell’esperienza vissuta nei mesi che
precedettero la sfortunata impresa di Montaperti specie quando,
riguardo alla preparazione dell’esercito e all’apprestamento dei
materiali da guerra, Brunetto scrive : “…faccia grande
aparechiamento darme.e di caualli. E di tende.e di padiglioni.e
di tutte cose;che sono mestiere aguerra”. Oppure quando,
al fine di rafforzare l’amor patrio e lo spirito di corpo dei
vari reparti, suggerisce : “…egli de di sua mano dare li
gonfaloni ele bandiere.secondo luso dela terra”. Ancora
rimanda a un’altra personale esperienza del nostro (la
registrazione dell’invio di osservatori in Valdelsa allo scopo
di controllare i movimenti dei nemici), il passo ove viene
consigliato di “…guardare loste intorno intorno di di e di
notte”. Ed è probabile, infine, che faccia riferimento
al ruolo da lui avuto come “notarius domini capitanei et
Antianorum” la raccomandazione fatta al signore che : “…Apresso
del suo parlamento:faccia leggiere al suo notaio:che abbia alta
boce e chiara e intedeuile:li capitoli e gliordinamenti della
guerra”.
“Sommo maestro in rettorica”, nel duplice aspetto di oratoria
politico-civile e di arte dello scrivere, Brunetto Latino
dovette essere la persona più indicata a svolgere tale
compito. Di lui scriverà il Villani che : “…fu
cominciatore e maestro in digrossare i Fiorentini, e farli
scorti in bene parlare, e in sapere guidare e reggere la nostra
repubblica secondo la politica”./22
NOTE
1 Cfr. G. CECCHINI (a cura di), Il Caleffo Vecchio del
Comune di Siena, vol. II, p. 799, doc.n.581, Olschki,
Firenze 1934.
2 Cfr. O. MALAVOLTI, Dell’ Historia di Siena,
Venezia 1599, Parte II, c.1 t.
3 Cfr. C. PAOLI, La battaglia di Montaperti. Memoria
storica, Tipografia Bargellini, Siena 1869.
4 L’espressione, riportata da R. DAVIDSOHN, Storia
di Firenze (traduzione italiana), Firenze 1956-1965, vol.
II, p. 616, appare in una lettera dell’epoca che parla della
battaglia di Montaperti, di autore anonimo.
5 Nel 1570, il governatore di Siena, Federigo dei
conti di Montaguto, fece dono delle pergamene al granduca Cosimo
I de Medici, nella speranza di ottenere da lui il titolo di
marchese. Cosimo provvide a farle depositare a Firenze
nell’Archivio delle Riformagioni dove, per la prima volta,
furono numerate a quaderni e a carte, e rilegate tra due
tavolette di legno e con dorso di cuoio. Solo nel 1872, su
incarico di Cesare Guasti, Sopraintendente dell’Archivio di
Stato di Firenze, fu provveduto a riordinare le carte e a
distinguerne “razionalmente e materialmente le membra
primitive”. Ne nacque la pubblicazione di C. PAOLI (a cura
di), Il Libro di Montaperti (anno 1260). Documenti
di Storia Italiana, IX, Firenze 1889.
6 Il percorso seguito dall’esercito è infatti
puntualmente ricostruibile con un’attenta lettura dei documenti
del “Libro di Montaperti” che registrano le soste durante la
marcia di avvicinamento a Siena, in occasione delle quali
venivano consegnate dai “popoli” del contado le derrate
alimentari che essi erano tenuti a dare ed erano ricevuti i
coscritti provenienti dai plebati delle giurisdizioni
rurali dei Sesti cittadini . Al riguardo cfr. R. STOPANI,
L’”aguato” di Montaperti, Editoriale Gli Arcipressi, Firenze
2002, pp.49-69.
7 Cfr. J. BOLTON HOLLOWAY, Twice-told tales.
Brunetto Latino and Dante Alighieri, Peter Lang, New York
1993, pp.334-342.
8 Cfr. C. PAOLI (a cura di), Il Libro di
Montaperti cit., pp.34-35.
9 Cfr. C. PAOLI (a cura di), Il Libro di
Montaperti cit., pp.96-99.
10 Cfr. C.PAOLI (a cura di), Il Libro di Montaperti
cit., p.99-101.
11 Cfr. C. PAOLI (a cura di), Il Libro di Montaperti cit.,
p.101.
12 Cfr. C. PAOLI (a cura di), Il Libro di Montaperti
cit., pp. 123, 148, 172.
13 Cfr. G. VILLANI, Cronica a miglior lezione ridotta
coll’aiuto de’ testi a penna, Multigrafica Editrice, Roma
1980, Libro VI, Capitolo LXXIII. L’intervento del re di
Castiglia, sollecitato dai fiorentini, così come l’aiuto
richiesto dai senesi al re Manfredi, denunziano come lo scontro
tra Firenze e Siena per il predominio in Toscana si era inserito
nel grande conflitto europeo tra guelfi e ghibellini.
14 Il Tesoretto, manoscritto della Biblioteca
Laurenziana, Strozzi 146, cc. 2-2v. Cfr. BRUNETTO LATINI, Il
Tesoretto (in “Poeti del Duecento”, a cura di G.CONTINI), vol.
II, Tomo I, Classici Ricciardi-Mondadori, Milano-Napoli 1995,
pp.179-182:
“… ripresi il mio ritorno,/ tanto che nel paese/ di terra
navarrese,/ venendo per la calle/ del pian di Runcisvalle,/
incontrai uno scolaio/ su ‘n muletto vaio,/ che venia da
Bologna,/ e sanza dir menzogna/ molt’era savio e prode:/ ma
lascio star le lode,/ che sarebbono assai./ Io lo pur dimandai/
novelle di Toscana/ in dolce lingua e piana;/ ed e’
cortesemente/ mi disse immantenente/ che guelfi di Firenza/ per
mala provedenza/ e per forza di guerra/ eran fuor della terra,/
e ‘l dannaggio era forte/ di pregioni e di morte. / Ed io,
ponendo cura,/ tornai a la natura/ ch’audivi dir che tene/
ogn’om ch’al mondo vene :/ nasce prim(er)amente/ al padre e a’
parenti,/ e poi al suo Comuno;/ ond’io non so nessuno/ ch’io
volesse vedere/ la mia cittade avere/ del tutto a la sua guisa,/
né che fosse in divisa;/ ma tutti per comune/ tirassero una
fune/ di pace e di ben fare, / ché già non può scampare/ terra
rotta di parte. /Certo lo cor mi parte/ di cotanto dolore,/
pensando il grande onore/ e la ricca potenza/ che suole aver
Fiorenza/ quasi nel mondo tutto;/e io, in tal corrotto/ pensando
a capo chino,/ perdei il gran cammino,/ e tenni a la traversa/
d’una selva diversa.”
15 Se si dà per vero che la lettera di Buonaccorso fosse
consegnata a Brunetto da uno studente, difficilmente il luogo
della consegna può essere stato il “pian di Runcisvalle” poiché,
se di studente si trattava, esso doveva presumibilmente essere
diretto a Parigi. E’ quindi più probabile che la missiva sia
stata recapitata in una località di quella via tolosana che
costituiva il percorso privilegiato da tutti coloro che
provenivano dall’Italia, sia che fossero diretti a Parigi, sia
che intendessero immettersi nel “Camino” compostellano (cfr. R.
STOPANI, Il “Camino” italiano per Santiago de Compostela. Le
fonti itinerarie di età medievale, Le Lettere, Firenze
2001).
16 Cfr. G. VILLANI, Cronica cit., Libro VI,
Capitolo LXXVIII.
17 Al riguardo cfr. R. STOPANI, L’ “aguato” di
Montaperti cit., pp.69-73.
18 Cfr. Lettera di Buonaccorso Latini al figlio Brunetto
ambasciatore alla corte di Alfonso X di Castiglia eletto re di
Germania. Il testo della lettera è riportato da J. BOLTON
HOLLOWAY, Twice-told tales. Brunetto Latini and Dante
Alighieri cit., pp.52-53, con l’indicazione (nota 9, p.66)
delle collocazioni archivistiche delle diverse copie di essa
esistenti.
19 Cfr. Th. SUNDBY, Della vita e delle opere di
Brunetto Latini (traduz. Renier), Firenze 1884.
20 Cfr. BRUNETTO LATINI, Tresor, a cura di Pietro
G.Beltrami, Paolo Squillacioti, Plinio Torri e Sergio Vatteroni,
Torino, Einaudi 2007, I, I.
21 Diamo qui il testo volgarizzato da Francesco da
Barberino (BRUNETTO LATINO, Il Tesoro, Editio princeps,
Cap.XXIX, Treviso 1474 ; trascrizione a cura di J. BOLTON
HOLLOWAY). Brunetto aveva affrontato il tema della
formazione dell’uomo politico nella traduzione da lui fatta dei
primi 17 libri del “De inventione” di Cicerone, illustrata con
amplissime chiose. In una di queste, a commento della
“pronuntiatio”, cioè della “scientia per la quale noi sapemo
profferere le nostre parole e amisurare e accordare la voce e ‘l
portamento della persona e delle membra secondo la qualitate del
fatto e secondo la condizione della diceria”, disegna un quadro
della vita comunale particolarmente efficace, che riecheggia le
immagini del “Tresor” che abbiamo ora riportato. Così
scrive infatti Brunetto : “Ché il parliere che vuole somuovere
il popolo a guerra dee parlare ad alta voce per franche parole e
vittoriose, e avere argoglioso avenimento di persona e niquitosa
ciera contra’ nemici. E se la condizione richiede che debbia
parlamentare a cavallo, sì dee elli avere cavallo di grande
rigoglio, sì che quando il segnore parla, il suo cavallo gridi e
anitrisca e razzi la terra col piede e levi la polvere e soffi
per le nari e faccia tutta romire (fremere) la piazza, sicché
paia che coninci lo stormo (l’assalto) e sia nella
battaglia. E in questo punto non pare che disvengna a la
fiata levare la mano o per mostrare abondante animo o quasi per
minaccia de’ nemici. Tutto altrimenti dee in fatto di pace
avere umile avenimento del corpo, ciera amorevole, la voce
soave, la parola paceffica, le mani chete; e ‘l suo cavallo dee
essere chetissimo e pieno di tanta posa e sì guernito di
soavitade che sopr’a lui non si muova un sol pelo, ma elli
medesimo paia fattore (fautore) della pace. E così in letizia dé
‘l parlatore tenere la testa levata, il viso allegro e tutte sue
parole i viste significhino allegrezza” (riportato da C.SEGRE,
M. MARTI -a cura di-, La prosa del Duecento,
Milano-Napoli 1959, p.146).
22 Cfr. GIOVANNI VILLANI, Cronica cit., Libro
VIII, Capitolo X, p.22.
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