'Dante vivo', 1997-2022 © Julia Bolton Holloway, Carlo Poli, Società Dantesca Italiana, Federico Bardazzi, Ensemble San Felice

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Mercurio



DANTE ALIGHIERI

COMMEDIA. PARADISO VI



Londra, British Library, Yates Thompson 36, fol. 139

oscia che Costantin l'aquila volse
contr' al corso del ciel, ch'ella seguio
   dietro a l'antico che Lavina tolse,

  cento e cent' anni e più l'uccel di Dio
  ne lo stremo d'Europa si ritenne,
  vicino a' monti de' quai prima uscìo;
                                                                                                                

7   e sotto l'ombra de le sacre penne
  governò 'l mondo lì di mano in mano,
  e, sì cangiando, in su la mia pervenne.

10   Cesare fui e son Iustinïano,
  che, per voler del primo amor ch'i' sento,
  d'entro le leggi trassi il troppo e 'l vano.

13   E prima ch'io a l'ovra fossi attento,
  una natura in Cristo esser, non piùe,
  credea, e di tal fede era contento;

16  ma 'l benedetto Agapito, che fue
  sommo pastore, a la fede sincera
  mi dirizzò con le parole sue.

19   Io li credetti; e ciò che 'n sua fede era,
  vegg' io or chiaro sì, come tu vedi
  ogni contradizione e falsa e vera.

22   Tosto che con la Chiesa mossi i piedi,
  a Dio per grazia piacque di spirarmi
  l'alto lavoro, e tutto 'n lui mi diedi;
                                                                                                                         
                                                                                                                         
Egerton 943, drawing like those in Brunetto Latino
                                                                                                                                                  Tesoro manuscripts 

25   e al mio Belisar commendai l'armi,
  cui la destra del ciel fu sì congiunta,
  che segno fu ch'i' dovessi posarmi.

28  Or qui a la question prima s'appunta
  la mia risposta; ma sua condizione
  mi stringe a seguitare alcuna giunta,

31   perché tu veggi con quanta ragione
  si move contr' al sacrosanto segno
  e chi 'l s'appropria e chi a lui s'oppone.

34   Vedi quanta virtù l'ha fatto degno
  di reverenza; e cominciò da l'ora
  che Pallante morì per darli regno.                                                                                       

37   Tu sai ch'el fece in Alba sua dimora
  per trecento anni e oltre, infino al fine
  che i tre a' tre pugnar per lui ancora.
                                                                                     

40   E sai ch'el fé dal mal de le Sabine
  al dolor di Lucrezia in sette regi,
  vincendo intorno le genti vicine.

43   Sai quel ch'el fé portato da li egregi
  Romani incontro a Brenno, incontro a Pirro,
  incontro a li altri principi e collegi;

46   onde Torquato e Quinzio, che dal cirro
  negletto fu nomato, i Deci e ' Fabi
  ebber la fama che volontier mirro.                                                                                       

49   Esso atterrò l'orgoglio de li Aràbi
  che di retro ad Anibale passaro
  l'alpestre rocce, Po, di che tu labi.
                                                                                     

52   Sott' esso giovanetti trïunfaro
  Scipïone e Pompeo; e a quel colle
  sotto 'l qual tu nascesti parve amaro.

55   Poi, presso al tempo che tutto 'l ciel volle
  redur lo mondo a suo modo sereno,
  Cesare per voler di Roma il tolle.

58   E quel che fé da Varo infino a Reno,
  Isara vide ed Era e vide Senna
  e ogne valle onde Rodano è pieno.                                                                                      

61   Quel che fé poi ch'elli uscì di Ravenna
  e saltò Rubicon, fu di tal volo,
  che nol seguiteria lingua né penna.
                                                                                    

64   Inver' la Spagna rivolse lo stuolo,
  poi ver' Durazzo, e Farsalia percosse
  sì ch'al Nil caldo si sentì del duolo.

67   Antandro e Simeonta, onde si mosse,
  rivide e là dov' Ettore si cuba;
  e mal per Tolomeo poscia si scosse.

70   Da indi scese folgorando a Iuba;
  onde si volse nel vostro occidente,
  ove sentia la pompeana tuba.

73   Di quel che fé col baiulo seguente,          
  Bruto con Cassio ne l'inferno latra,
  e Modena e Perugia fu dolente.

76   Piangene ancor la trista Cleopatra,
  che, fuggendoli innanzi, dal colubro
  la morte prese subitana e atra.

79   Con costui corse infino al lito rubro;
  con costui puose il mondo in tanta pace,
  che fu serrato a Giano il suo delubro.

82   Ma ciò che 'l segno che parlar mi face
  fatto avea prima e poi era fatturo
  per lo regno mortal ch'a lui soggiace,

85   diventa in apparenza poco e scuro,
  se in mano al terzo Cesare si mira
  con occhio chiaro e con affetto puro;

88   ché la viva giustizia che mi spira,
  li concedette, in mano a quel ch'i' dico,
  gloria di far vendetta a la sua ira.

91   Or qui t'ammira in ciò ch'io ti replìco:
  poscia con Tito a far vendetta corse
  de la vendetta del peccato antico.

94   E quando il dente longobardo morse
  la Santa Chiesa, sotto le sue ali
  Carlo Magno, vincendo, la soccorse.

97   Omai puoi giudicar di quei cotali
  ch'io accusai di sopra e di lor falli,
  che son cagion di tutti vostri mali.

100   L'uno al pubblico segno i gigli gialli
  oppone, e l'altro appropria quello a parte,
  sì ch'è forte a veder chi più si falli.

103   Faccian li Ghibellin, faccian lor arte
  sott' altro segno, ché mal segue quello
  sempre chi la giustizia e lui diparte;

106   e non l'abbatta esto Carlo novello
  coi Guelfi suoi, ma tema de li artigli
  ch'a più alto leon trasser lo vello.

109  Molte fïate già pianser li figli
  per la colpa del padre, e non si creda
  che Dio trasmuti l'armi per suoi gigli!

121   Questa picciola stella si correda
  d'i buoni spirti che son stati attivi
  perché onore e fama li succeda:

124   e quando li disiri poggian quivi,
  sì disvïando, pur convien che i raggi
  del vero amore in sù poggin men vivi.

127   Ma nel commensurar d'i nostri gaggi
  col merto è parte di nostra letizia,
  perché non li vedem minor né maggi.

130   Quindi addolcisce la viva giustizia
  in noi l'affetto sì, che non si puote
  torcer già mai ad alcuna nequizia.

133   Diverse voci fanno dolci note;
  così diversi scanni in nostra vita
  rendon dolce armonia tra queste rote.
                                                                                    

136   E dentro a la presente margarita
  luce la luce di Romeo, di cui
  fu l'ovra grande e bella mal gradita.

139   Ma i Provenzai che fecer contra lui
  non hanno riso; e però mal cammina
  qual si fa danno del ben fare altrui.

142   Quattro figlie ebbe, e ciascuna reina
  Ramondo Beringhiere, e ciò li fece
  Romeo, persona umìle e peregrina.

145   E poi il mosser le parole biece
  a dimandar ragione a questo giusto,
  che li assegnò sette e cinque per diece,

148   indi partissi povero e vetusto;
  e se 'l mondo sapesse il cor ch'elli ebbe
  mendicando sua vita a frusto a frusto,

151   assai lo loda, e più lo loderebbe».





Londra, British Library, Yates Thompson 36, fol. 140


1 The story of Romeo the Pilgrim contrasts absolutely with that of Pier delle Vigne, the suicide, both unjustly, like Dante, deprived of everything: Pilgrim and Book, pp. 76-77, 84.


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