'Dante vivo', 1997-2022 © Julia
Bolton Holloway, Carlo Poli, Società Dantesca Italiana,
Federico Bardazzi, Ensemble San Felice, Richard Holloway, Akita
Noek
DANTE ALIGHIERI
o giorno se n'andava, e l'aere
bruno
toglieva li animai che sono in terra
da le fatiche loro; e io sol uno
4
m'apparecchiava a sostener la guerra
sì del cammino e sì de la pietate,
che ritrarrà la mente che non erra.
7 O muse, o
alto ingegno, or
m'aiutate;
o mente che scrivesti ciò ch'io vidi,
qui si parrà la tua nobilitate.
10 Io cominciai:
«Poeta che mi
guidi,
guarda la mia virtù s'ell' è possente,
prima ch'a l'alto passo tu mi fidi.
13 Tu dici che
di Silvïo il
parente,
corruttibile ancora, ad immortale
secolo andò, e fu sensibilmente.
16 Però, se
l'avversario d'ogne
male
cortese i fu, pensando l'alto effetto
ch'uscir dovea di lui, e 'l chi e 'l quale
19 non pare
indegno ad omo
d'intelletto;
ch'e' fu de l'alma Roma e di suo impero
ne l'empireo ciel per padre eletto:
22 la quale e 'l
quale, a voler dir lo
vero,
fu stabilita per lo loco santo
u' siede il successor del maggior Piero.
25 Per quest'
andata onde li dai tu
vanto,
intese cose che furon cagione
di sua vittoria e del papale ammanto.
28 Andovvi poi
lo Vas d'elezïone,
per recarne conforto a quella fede
ch'è principio a la via di salvazione.
31 Ma io, perché
venirvi? o chi 'l concede?
Io non Enëa, io non Paulo sono;
me degno a ciò né io né altri 'l crede.
34 Per che, se
del venire io m'abbandono,
temo che la venuta non sia folle.
Se' savio; intendi me' ch'i' non ragiono».
37 E qual è quei
che disvuol ciò che volle
e per novi pensier cangia proposta,
sì che dal cominciar tutto si tolle,
40 tal mi fec'
ïo 'n quella oscura
costa,
perché, pensando, consumai la 'mpresa
che fu nel cominciar cotanto tosta.
43 «S'i' ho ben
la parola tua intesa»,
rispuose del magnanimo quell' ombra,
«l'anima tua è da viltade offesa;
46 la qual
molte fïate l'omo
ingombra
sì che d'onrata impresa lo rivolve,
come falso veder bestia quand' ombra.
48 Da questa
tema acciò che tu ti
solve,
dirotti perch' io venni e quel ch'io 'ntesi
nel primo punto che di te mi dolve.
52 Io era tra
color che son
sospesi,
e donna mi chiamò beata e bella,
tal che di comandare io la richiesi.
55 Lucevan li
occhi suoi più che la stella;
e cominciommi a dir soave e piana,
con angelica voce, in sua favella:
58 ``O anima
cortese
mantoana,
di cui la fama ancor nel mondo dura,
e durerà quanto 'l mondo lontana,
61 l'amico mio,
e non de la ventura,
ne la diserta piaggia è impedito
sì nel cammin, che vòlt' è per paura;
64 e temo che
non sia già sì smarrito,
ch'io mi sia tardi al soccorso levata,
per quel ch'i' ho di lui nel cielo udito.
57 Or movi, e
con la tua parola ornata
e con ciò c'ha mestieri al suo campare,
l'aiuta sì ch'i' ne sia consolata.
70 I' son
Beatrice che ti faccio
andare;
vegno del loco ove tornar disio;
amor mi mosse, che mi fa parlare.
73 Quando sarò
dinanzi al segnor mio,
di te mi loderò sovente a lui".
Tacette allora, e poi comincia' io:
76 ``O donna di
virtù sola per
cui
l'umana spezie eccede ogne contento
di quel ciel c'ha minor li cerchi sui,
79 tanto
m'aggrada il tuo comandamento,
che l'ubidir, se già fosse, m'è tardi;
più non t'è uo' ch'aprirmi il tuo talento.
82 Ma dimmi la
cagion che non ti
guardi
de lo scender qua giuso in questo centro
de l'ampio loco ove tornar tu ardi".
85 ``Da che tu
vuo' saver cotanto a dentro,
dirotti brievemente", mi rispuose,
``perch' i' non temo di venir qua entro.
88 Temer si dee
di sole quelle
cose
c'hanno potenza di fare altrui male;
de l'altre no, ché non son paurose.
91 I' son fatta
da Dio, sua mercé,
tale,
che la vostra miseria non mi tange,
né fiamma d'esto 'ncendio non m'assale.
94 Donna è
gentil nel ciel che si compiange
di questo 'mpedimento ov' io ti mando,
sì che duro giudicio là sù frange.
97 Questa
chiese Lucia in suo
dimando
e disse:--Or ha bisogno il tuo fedele
di te, e io a te lo raccomando--.
100 Lucia,
nimica di ciascun crudele,
si mosse, e venne al loco dov' i' era,
che mi sedea con l'antica Rachele.
103
Disse:--Beatrice, loda di Dio
vera,
ché non soccorri quei che t'amò tanto,
ch'uscì per te de la volgare schiera?
106 Non odi tu
la pieta del suo pianto,
non vedi tu la morte che 'l combatte
su la fiumana ove 'l mar non ha vanto?--.
109 Al mondo
non fur mai persone
ratte
a far lor pro o a fuggir lor danno,
com' io, dopo cotai parole fatte,
112 venni qua
giù del mio beato scanno,
fidandomi del tuo parlare onesto,
ch'onora te e quei ch'udito l'hanno".
115 Poscia che
m'ebbe ragionato questo,
li occhi lucenti lagrimando volse,
per che mi fece del venir più presto.
118 E venni a
te così com' ella volse:
d'inanzi a quella fiera ti levai
che del bel monte il corto andar ti tolse.
121 Dunque: che
è? perché, perché restai,
perché tanta viltà nel core allette,
perché ardire e franchezza non hai,
124 poscia che
tai tre donne benedette
curan di te ne la corte del cielo,
e 'l mio parlar tanto ben ti promette?».
127 Quali
fioretti dal notturno
gelo
chinati e chiusi, poi che 'l sol li 'mbianca,
si drizzan tutti aperti in loro stelo,
130 tal mi fec'
io di mia virtude stanca,
e tanto buono ardire al cor mi corse,
ch'i' cominciai come persona franca:
133 «Oh pietosa
colei che mi soccorse!
e te cortese ch'ubidisti tosto
a le vere parole che ti porse!
136 Tu m'hai con
disiderio il cor disposto
sì al venir con le parole tue,
ch'i' son tornato nel primo proposto.
139 Or va, ch'un
sol volere è d'ambedue:
tu duca, tu segnore e tu maestro».
Così li dissi; e poi che mosso fue,
132 intrai per
lo cammino alto e
silvestro.
William Blake