'Dante vivo', 1997-2022 © Julia Bolton Holloway, Carlo Poli, Società Dantesca Italiana, Federico Bardazzi, Ensemble San Felice, Richard Holloway, Akita Noek

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Cerchio VIII, Bolgia 5, la Baratteria



DANTE ALIGHIERI

COMMEDIA. INFERNO XXI


osì di ponte in ponte, altro parlando
  che la mia comedìa cantar non cura,
  venimmo; e tenavamo 'l colmo, quando

4   restammo per veder l'altra fessura
  di Malebolge e li altri pianti vani;
  e vidila mirabilmente oscura.
                                                                                 

7   Quale ne l'arzanà de' Viniziani
  bolle l'inverno la tenace pece
  a rimpalmare i legni lor non sani,

10   ché navicar non ponno--in quella vece
  chi fa suo legno novo e chi ristoppa
  le coste a quel che più vïaggi fece;

13   chi ribatte da proda e chi da poppa;
  altri fa remi e altri volge sarte;
  chi terzeruolo e artimon rintoppa--:

16   tal, non per foco ma per divin' arte,
  bollia là giuso una pegola spessa,
  che 'nviscava la ripa d'ogne parte.

19   I' vedea lei, ma non vedëa in essa
  mai che le bolle che 'l bollor levava,
  e gonfiar tutta, e riseder compressa.
                                                                                            

22   Mentr' io là giù fisamente mirava,
  lo duca mio, dicendo «Guarda, guarda!»,
  mi trasse a sé del loco dov' io stava.

25   Allor mi volsi come l'uom cui tarda
  di veder quel che li convien fuggire
  e cui paura sùbita sgagliarda,

28   che, per veder, non indugia 'l partire:
  e vidi dietro a noi un diavol nero
  correndo su per lo scoglio venire.

31   Ahi quant' elli era ne l'aspetto fero!
  e quanto mi parea ne l'atto acerbo,
  con l'ali aperte e sovra i piè leggero!

34   L'omero suo, ch'era aguto e superbo,
  carcava un peccator con ambo l'anche,
  e quei tenea de' piè ghermito 'l nerbo.

37   Del nostro ponte disse: «O Malebranche,
  ecco un de li anzïan di Santa Zita!

  Mettetel sotto, ch'i' torno per anche

   
                                                                           Lucca's Santa Zita. Disegni di Frances Alexander

                                                 

40   a quella terra, che n'è ben fornita: 
  ogn' uom v'è barattier, fuor che Bonturo;
  del no, per li denar, vi si fa ita».

43   Là giù 'l buttò, e per lo scoglio duro
  si volse; e mai non fu mastino sciolto
  con tanta fretta a seguitar lo furo.

46   Quel s'attuffò, e tornò sù convolto;
  ma i demon che del ponte avean coperchio,
  gridar: «Qui non ha loco il Santo Volto! 

                                        
                                   Lucca's Santo Volto

49   qui si nuota altrimenti che nel Serchio!  
  Però, se tu non vuo' di nostri graffi,
  non far sopra la pegola soverchio».

52   Poi l'addentar con più di cento raffi, 
  disser: «Coverto convien che qui balli,
  sì che, se puoi, nascosamente accaffi».

55   Non altrimenti i cuoci a' lor vassalli
  fanno attuffare in mezzo la caldaia
  la carne con li uncin, perché non galli.

 58  Lo buon maestro «Acciò che non si paia
  che tu ci sia», mi disse, «giù t'acquatta
  dopo uno scheggio, ch'alcun schermo t'aia;

61   e per nulla offension che mi sia fatta,
  non temer tu, ch'i' ho le cose conte,
  perch' altra volta fui a tal baratta».

64   Poscia passò di là dal co del ponte;
  e com' el giunse in su la ripa sesta,
  mestier li fu d'aver sicura fronte.

67   Con quel furore e con quella tempesta
ch'escono i cani a dosso al poverello
che di sùbito chiede ove s'arresta,

70   usciron quei di sotto al ponticello,
  e volser contra lui tutt' i runcigli;
  ma el gridò: «Nessun di voi sia fello!
                                                                                                      

73   Innanzi che l'uncin vostro mi pigli, 
  traggasi avante l'un di voi che m'oda,
  e poi d'arruncigliarmi si consigli».

76   Tutti gridaron: «Vada Malacoda!»; 
  per ch'un si mosse--e li altri stetter fermi--
  e venne a lui dicendo: «Che li approda?».

79   «Credi tu, Malacoda, qui vedermi
  esser venuto», disse 'l mio maestro,
  «sicuro già da tutti vostri schermi,

82   sanza voler divino e fato destro?
  Lascian' andar, ché nel cielo è voluto
  ch'i' mostri altrui questo cammin silvestro».

85   Allor li fu l'orgoglio sì caduto,  
  ch'e' si lasciò cascar l'uncino a' piedi,
  e disse a li altri: «Omai non sia feruto».

88   E 'l duca mio a me: «O tu che siedi
  tra li scheggion del ponte quatto quatto,
  sicuramente omai a me ti riedi».

91   Per ch'io mi mossi e a lui venni ratto; 
  e i diavoli si fecer tutti avanti,
  sì ch'io temetti ch'ei tenesser patto;

94   così vid' ïo già temer li fanti
  ch'uscivan patteggiati di Caprona,
  veggendo sé tra nemici cotanti.
                                                                                        

97   I' m'accostai con tutta la persona 
  lungo 'l mio duca, e non torceva li occhi
  da la sembianza lor ch'era non buona.

100   Ei chinavan li raffi e «Vuo' che 'l tocchi»,
  diceva l'un con l'altro, «in sul groppone?».
  E rispondien: «Sì, fa che gliel' accocchi».

103   Ma quel demonio che tenea sermone 
  col duca mio, si volse tutto presto
  e disse: «Posa, posa, Scarmiglione!».

106   Poi disse a noi: «Più oltre andar per questo
  iscoglio non si può, però che giace
  tutto spezzato al fondo l'arco sesto.

109   E se l'andare avante pur vi piace,
  andatevene su per questa grotta;
  presso è un altro scoglio che via face.

112   Ier, più oltre cinqu' ore che quest' otta,
  mille dugento con sessanta sei
  anni compié che qui la via fu rotta.

115   Io mando verso là di questi miei
  a riguardar s'alcun se ne sciorina;
  gite con lor, che non saranno rei».
                                                                                                        

118   «Tra'ti avante, Alichino, e Calcabrina»,
  cominciò elli a dire, «e tu, Cagnazzo;
  e Barbariccia guidi la decina.

121   Libicocco vegn' oltre e Draghignazzo,
  Cirïatto sannuto e Graffiacane
  e Farfarello e Rubicante pazzo.
                                                                                     

124   Cercate 'ntorno le boglienti pane; 
  costor sian salvi infino a l'altro scheggio
  che tutto intero va sovra le tane».

127   «Omè, maestro, che è quel ch'i' veggio?»,
  diss' io, «deh, sanza scorta andianci soli,
  se tu sa' ir; ch'i' per me non la cheggio.

130   Se tu se' sì accorto come suoli,
  non vedi tu ch'e' digrignan li denti
  e con le ciglia ne minaccian duoli?».

133   Ed elli a me: «Non vo' che tu paventi;
  lasciali digrignar pur a lor senno,
  ch'e' fanno ciò per li lessi dolenti».

136   Per l'argine sinistro volta dienno;
  ma prima avea ciascun la lingua stretta
  coi denti, verso lor duca, per cenno;

139   ed elli avea del cul fatto trombetta.



1 Pilgrim simile, Pilgrim and Book, p. 66.
2 This episode refers to St Zita who beat the devil with her broom to protect a child and to the relic of the Holy Face, both associated with Lucca. This is the sin of which Dante himself was accused in the Libro del Chiodo, formerly kept in the Bargello and now in the Archivio di Stato, in which he was condemned to exile and to death by burning if he returned to Florence. Dante responds to his real life tragedy with humour, with comedy, with laughter.

    
Libro del Chiodo, facsimile                                                     fol. 4

          
fol. 15                                                                                                                                 fol. 147

3 The corrupt podestà of Florence, Rubaconte, built the bridge named after him, pp. 29, 38-39; the devil's name echoing his is in an Arno-like landscape with bridges.


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