'Dante vivo', 1997-2022 © Julia Bolton Holloway, Carlo Poli, Società Dantesca Italiana, Federico Bardazzi, Ensemble San Felice, Richard Holloway, Akita Noek

Call up/Cliccare su Paradiso VIII.mp3  Reader/Lettore, Carlo Poli
Callup/Cliccare su Paradiso8AntonioCrasi.mp3
Temple Classics reading in English
Venere



DANTE ALIGHIERI

COMMEDIA. PARADISO VIII



Londra, British Library, Yates Thompson 36, fol. 142

olea creder lo mondo in suo periclo
che la bella Ciprigna il folle amore
   raggiasse, volta nel terzo epiciclo;

4   per che non pur a lei faceano onore
  di sacrificio e di votivo grido
  le genti antiche ne l'antico errore;

7   ma Dïone onoravano e Cupido,
  quella per madre sua, questo per figlio,
  e dicean ch'el sedette in grembo a Dido;

10   e da costei ond' io principio piglio
  pigliavano il vocabol de la stella
  che 'l sol vagheggia or da coppa or da ciglio.

13   Io non m'accorsi del salire in ella;
  ma d'esservi entro mi fé assai fede
  la donna mia ch'i' vidi far più bella.

16   E come in fiamma favilla si vede,
  e come in voce voce si discerne,
  quand' una è ferma e altra va e riede,

19   vid' io in essa luce altre lucerne
  muoversi in giro più e men correnti,
  al modo, credo, di lor viste interne.

22  Di fredda nube non disceser venti,
  o visibili o no, tanto festini,
  che non paressero impediti e lenti

25   a chi avesse quei lumi divini
veduti a noi venir, lasciando il giro
pria cominciato in li alti Serafini;

                                                                                     

28   e dentro a quei che più innanzi appariro
sonava `Osanna' sì, che unque poi
di rïudir non fui sanza disiro.

31   Indi si fece l'un più presso a noi 
e solo incominciò: «Tutti sem presti
al tuo piacer, perché di noi ti gioi.
                                                                                                                 

34   Noi ci volgiam coi principi celesti
d'un giro e d'un girare e d'una sete,
ai quali tu del mondo già dicesti:

                                                                                     

37   `Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete';
e sem sì pien d'amor, che, per piacerti,
non fia men dolce un poco di quïete».

40   Poscia che li occhi miei si fuoro offerti
a la mia donna reverenti, ed essa
fatti li avea di sé contenti e certi,

43   rivolsersi a la luce che promessa 
tanto s'avea, e «Deh, chi siete?» fue
la voce mia di grande affetto impressa.

46   E quanta e quale vid' io lei far piùe
per allegrezza nova che s'accrebbe,
quando parlai, a l'allegrezze sue!

49   Così fatta, mi disse: «Il mondo m'ebbe
giù poco tempo; e se più fosse stato,
molto sarà di mal, che non sarebbe.

52   La mia letizia mi ti tien celato
che mi raggia dintorno e mi nasconde
quasi animal di sua seta fasciato.

55   Assai m'amasti, e avesti ben onde;
che s'io fossi giù stato, io ti mostrava
di mio amor più oltre che le fronde.

58   Quella sinistra riva che si lava
di Rodano poi ch'è misto con Sorga,
per suo segnore a tempo m'aspettava,

61   e quel corno d'Ausonia che s'imborga
di Bari e di Gaeta e di Catona,
da ove Tronto e Verde in mare sgorga.

64   Fulgeami già in fronte la corona
di quella terra che 'l Danubio riga
poi che le ripe tedesche abbandona.

67   E la bella Trinacria, che caliga
tra Pachino e Peloro, sopra 'l golfo
che riceve da Euro maggior briga,

70   non per Tifeo ma per nascente solfo,
attesi avrebbe li suoi regi ancora,
nati per me di Carlo e di Ridolfo,

73   se mala segnoria, che sempre accora
li popoli suggetti, non avesse
mosso Palermo a gridar: ``Mora, mora!".
                                                                                    

76   E se mio frate questo antivedesse,
l'avara povertà di Catalogna
già fuggeria, perché non li offendesse;

79   ché veramente proveder bisogna
per lui, o per altrui, sì ch'a sua barca
carcata più d'incarco non si pogna.

82   La sua natura, che di larga parca
discese, avria mestier di tal milizia
che non curasse di mettere in arca».

85   «Però ch'i' credo che l'alta letizia
che 'l tuo parlar m'infonde, segnor mio,
là 've ogne ben si termina e s'inizia,

88   per te si veggia come la vegg' io,
grata m'è più; e anco quest' ho caro
perché 'l discerni rimirando in Dio.

91   Fatto m'hai lieto, e così mi fa chiaro,
poi che, parlando, a dubitar m'hai mosso
com' esser può, di dolce seme, amaro».

94   Questo io a lui; ed elli a me: «S'io posso
mostrarti un vero, a quel che tu dimandi
terrai lo viso come tien lo dosso.

97   Lo ben che tutto il regno che tu scandi
volge e contenta, fa esser virtute
sua provedenza in questi corpi grandi.

100   E non pur le nature provedute
sono in la mente ch'è da sé perfetta,
ma esse insieme con la lor salute:

103   per che quantunque quest' arco saetta
disposto cade a proveduto fine,
sì come cosa in suo segno diretta.

106   Se ciò non fosse, il ciel che tu cammine
producerebbe sì li suoi effetti,
che non sarebbero arti, ma ruine;

109   e ciò esser non può, se li 'ntelletti
che muovon queste stelle non son manchi,
e manco il primo, che non li ha perfetti.

112   Vuo' tu che questo ver più ti s'imbianchi?».
E io: «Non già; ché impossibil veggio
che la natura, in quel ch'è uopo, stanchi».

115   Ond' elli ancora: «Or dì: sarebbe il peggio
per l'omo in terra, se non fosse cive?».
«Sì», rispuos' io; «e qui ragion non cheggio».

118   «E puot' elli esser, se giù non si vive
diversamente per diversi offici?
Non, se 'l maestro vostro ben vi scrive».

121   Sì venne deducendo infino a quici;
poscia conchiuse: «Dunque esser diverse
convien di vostri effetti le radici:

124   per ch'un nasce Solone e altro Serse,
altro Melchisedèch e altro quello
che, volando per l'aere, il figlio perse.

127   La circular natura, ch'è suggello
a la cera mortal, fa ben sua arte,
ma non distingue l'un da l'altro ostello.

130   Quinci addivien ch'Esaù si diparte
per seme da Iacòb; e vien Quirino
da sì vil padre, che si rende a Marte.

133   Natura generata il suo cammino
simil farebbe sempre a' generanti,
se non vincesse il proveder divino.

136   Or quel che t'era dietro t'è davanti:
ma perché sappi che di te mi giova,
un corollario voglio che t'ammanti.

139   Sempre natura, se fortuna trova
discorde a sé, com' ogne altra semente
fuor di sua regïon, fa mala prova.

142   E se 'l mondo là giù ponesse mente
al fondamento che natura pone,
seguendo lui, avria buona la gente.

145   Ma voi torcete a la religïone
tal che fia nato a cignersi la spada,
e fate re di tal ch'è da sermone;

148   onde la traccia vostra è fuor di strada».




Londra, British Library, Yates Thompson 36, fol. 143

1 Dante's final seventh polyphonic motet reverts to the simplicity of two melodies sung together and is his most beautiful: 7. Paradiso VIII.29/37, Gloria/ Agios, O Theos, Ravenna liturgy|| ‘Voi che’ntendo il terzo ciel movete’ (Convivio II, contrafactum, Marchetto da Padova, Ave regina/Mater innocentiae).
In Paradiso VIII.37, we again meet a gathering of poets, Dante encountering his dead friend Carlo Martello of Anjou, King of Hungary, and brother to Franciscan St Louis of Toulouse, the motet combining ‘Hosanna’, here sung in its Greek form by the Ensemble San Felice, and Dante’s own famous lyric ‘Voi che ‘ntendendo il terzo ciel movete’, sung here by a saintly king, in a conversation that will be followed by discourse of Sordello and Folco (Folchetto) of Marseilles in Paradiso IX. The third sphere is that of Venus and thus evokes the singing of canti amorosi; however, it is also St Paul’s vision in which he was caught up into the third heaven, his conversion from his old Saul self to his new. Indeed in Convivio II, first giving this lyric, Dante had written of allegory as the truth hidden beneath a beautiful lie and how Psalm 113 gave both the carnal sense and the allegorical, of the literal history, of the Exodus of Israel from Egypt, but also how the soul freed from sin is made holy and free. 

2 Brunetto Latino was secretly involved in plotting the Sicilian Vespers against Carlo d'Angiò, the brother of the saintly King Louis of France, but who taxed his subjects in Provence and Sicily exhorbitanly to wage a Crusade against Christian Constantinople in order to gain wealth and loot: Twice-Told Tales, pp. 106-145.


'DANTE VIVO'- LA COMMEDIA DI DANTE ALIGHIERI (Testo, lectura, musica, immagini dei manoscritti):


Inferno I, Inferno II, Inferno III, Inferno IV, Inferno V, Inferno VI, Inferno VII, Inferno VIII, Inferno IX, Inferno X, Inferno XI, Inferno XII, Inferno XIII, Inferno XIV, Inferno XV, Inferno XVI, Inferno XVII, Inferno XVIII, Inferno XIX, Inferno XX, Inferno XXI, Inferno XXII, Inferno XXIII, Inferno XXIV, Inferno XXV, Inferno XXVI, Inferno XXVIIInferno XXVIII, Inferno XXIX, Inferno XXX, Inferno XXXI, Inferno XXXII, Inferno XXXIII, Inferno XXXIV 

Purgatorio I, Purgatorio II, Purgatorio III, Purgatorio IV, Purgatorio V, Purgatorio VI, Purgatorio VII, Purgatorio VIII, Purgatorio IX, Purgatorio X, Purgatorio XI, Purgatorio XII, Purgatorio XIII, Purgatorio XIV, Purgatorio XV, Purgatorio XVI, Purgatorio XVII, Purgatorio XVIII, Purgatorio XIX, Purgatorio XX, Purgatorio XXI, Purgatorio XXII, Purgatorio XXIII, Purgatorio XXIV, Purgatorio XXV, Purgatorio XXVI, Purgatorio XXVII, Purgatorio XXVIII, Purgatorio XXIX, Purgatorio XXX, Purgatorio XXXI, Purgatorio XXXII, Purgatorio XXXIII

Paradiso
I, Paradiso II, Paradiso III, Paradiso IV, Paradiso V, Paradiso VI, Paradiso VII, Paradiso VIII, Paradiso IX, Paradiso X, Paradiso XI, Paradiso XII, Paradiso XIII, Paradiso XIV, Paradiso XV, Paradiso XVI, Paradiso XVII, Paradiso XVIII, Paradiso XIX, Paradiso XX, Paradiso XXI, Paradiso XXII, Paradiso XXIII, Paradiso XXIV, Paradiso XXV, Paradiso XXVI, Paradiso XXVII, Paradiso XXVIII, Paradiso XXIX, Paradiso XXX, Paradiso XXXI, Paradiso XXXII, Paradiso XXXIII

'Dante vivo', 1997-2022 © Julia Bolton Holloway, Carlo Poli, Società Dantesca Italiana, Federico Bardazzi, Ensemble San Felice