'Dante vivo', 1997-2022 © Julia Bolton Holloway, Carlo Poli, Società Dantesca Italiana, Federico Bardazzi, Ensemble San Felice

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Temple Classics reading in English
Cerchio VII, Girone 3, la Violenza
contro Dio, Natura, Arte



DANTE ALIGHIERI

COMMEDIA. INFERNO XIV


 

oi che la carità del natio loco 
  mi strinse, raunai le fronde sparte
  e rende'le a colui, ch'era già fioco.

4   Indi venimmo al fine ove si parte
  lo secondo giron dal terzo, e dove
  si vede di giustizia orribil arte.

7   A ben manifestar le cose nove, 
  dico che arrivammo ad una landa
  che dal suo letto ogne pianta rimove.
                                                                                                  

10   La dolorosa selva l'è ghirlanda 
  intorno, come 'l fosso tristo ad essa;
  quivi fermammo i passi a randa a randa.

13   Lo spazzo era una rena arida e spessa,
  non d'altra foggia fatta che colei
  che fu da' piè di Caton già soppressa.

16   O vendetta di Dio, quanto tu dei 
  esser temuta da ciascun che legge
  ciò che fu manifesto a li occhi mei!

19  D'anime nude vidi molte gregge  
  che piangean tutte assai miseramente,
  e parea posta lor diversa legge.

22   Supin giacea in terra alcuna gente,
  alcuna si sedea tutta raccolta,
  e altra andava continüamente.

25   Quella che giva 'ntorno era più molta, 
  e quella men che giacëa al tormento,
  ma più al duolo avea la lingua sciolta.

28   Sovra tutto 'l sabbion, d'un cader lento,
  piovean di foco dilatate falde,
  come di neve in alpe sanza vento.

31   Quali Alessandro in quelle parti calde
  d'Indïa vide sopra 'l süo stuolo
  fiamme cadere infino a terra salde,

34   per ch'ei provide a scalpitar lo suolo 
  con le sue schiere, acciò che lo vapore
  mei si stingueva mentre ch'era solo:

37   tale scendeva l'etternale ardore; 
  onde la rena s'accendea, com' esca
  sotto focile, a doppiar lo dolore.

40  Sanza riposo mai era la tresca 
  de le misere mani, or quindi or quinci
  escotendo da sé l'arsura fresca.

43   I' cominciai: «Maestro, tu che vinci   
  tutte le cose, fuor che ' demon duri
  ch'a l'intrar de la porta incontra uscinci,

46   chi è quel grande che non par che curi 
  lo 'ncendio e giace dispettoso e torto,
  sì che la pioggia non par che 'l marturi?».
                                                                                               

49   E quel medesmo, che si fu accorto  
  ch'io domandava il mio duca di lui,
  gridò: «Qual io fui vivo, tal son morto.

52   Se Giove stanchi 'l suo fabbro da cui 
  crucciato prese la folgore aguta
  onde l'ultimo dì percosso fui;                                                                          

55   o s'elli stanchi li altri a muta a muta 
  in Mongibello a la focina negra,
  chiamando ``Buon Vulcano, aiuta, aiuta!",
                                                                         

58   sì com' el fece a la pugna di Flegra, 
  e me saetti con tutta sua forza:
  non ne potrebbe aver vendetta allegra».


61  Allora il duca mio parlò di forza
  tanto, ch'i' non l'avea sì forte udito:
  «O Capaneo, in ciò che non s'ammorza

64   la tua superbia, se' tu più punito;
  nullo martiro, fuor che la tua rabbia,
  sarebbe al tuo furor dolor compito».

67  Poi si rivolse a me con miglior labbia,
  dicendo: «Quei fu l'un d'i sette regi
  ch'assiser Tebe; ed ebbe e par ch'elli abbia

70  Dio in disdegno, e poco par che 'l pregi; 
  ma, com' io dissi lui, li suoi dispetti
  sono al suo petto assai debiti fregi.

73   Or mi vien dietro, e guarda che non metti,
  ancor, li piedi ne la rena arsiccia;
  ma sempre al bosco tien li piedi stretti».

76   Tacendo divenimmo là 've spiccia   
  fuor de la selva un picciol fiumicello,
  lo cui rossore ancor mi raccapriccia.   
                                                                                                                                                                       

79   Quale del Bulicame esce ruscello 
  che parton poi tra lor le peccatrici,
  tal per la rena giù sen giva quello.
                                                                         

82   Lo fondo suo e ambo le pendici  
  fatt' era 'n pietra, e ' margini dallato;
  per ch'io m'accorsi che 'l passo era lici.

85   «Tra tutto l'altro ch'i' t'ho dimostrato, 
  poscia che noi intrammo per la porta
  lo cui sogliare a nessuno è negato,

88   cosa non fu da li tuoi occhi scorta  
  notabile com' è 'l presente rio,
  che sovra sé tutte fiammelle ammorta».

91   Queste parole fuor del duca mio;  
  per ch'io 'l pregai che mi largisse 'l pasto
  di cui largito m'avëa il disio.

94   «In mezzo mar siede un paese guasto»
  diss' elli allora, «che s'appella Creta,
  sotto 'l cui rege fu già 'l mondo casto.

97   Una montagna v'è che già fu lieta
  d'acqua e di fronde, che si chiamò Ida;
  or è diserta come cosa vieta.

100   Rëa la scelse già per cuna fida  
  del suo figliuolo, e per celarlo meglio,
  quando piangea, vi facea far le grida.

103   Dentro dal monte sta dritto un gran veglio,
  che tien volte le spalle inver' Dammiata
  e Roma guarda come süo speglio.

106   La sua testa è di fin oro formata,   
  e puro argento son le braccia e 'l petto,
  poi è di rame infino a la forcata;

109   da indi in giuso è tutto ferro eletto,
  salvo che 'l destro piede è terra cotta;
  e sta 'n su quel, più che 'n su l'altro, eretto.

112   Ciascuna parte, fuor che l'oro, è rotta 
  d'una fessura che lagrime goccia,
  le quali, accolte, fóran quella grotta.

115   Lor corso in questa valle si diroccia; 
  fanno Acheronte, Stige e Flegetonta;
  poi sen van giù per questa stretta doccia,

118   infin, là ove più non si dismonta, 
  fanno Cocito; e qual sia quello stagno
  tu lo vedrai, però qui non si conta».

121   E io a lui: «Se 'l presente rigagno 
  si diriva così dal nostro mondo,
  perché ci appar pur a questo vivagno?».

124  Ed elli a me: «Tu sai che 'l loco è tondo; 
  e tutto che tu sie venuto molto,
  pur a sinistra, giù calando al fondo,

127  non se' ancor per tutto 'l cerchio vòlto;
  per che, se cosa n'apparisce nova,
  non de' addur maraviglia al tuo volto».

130  E io ancor: «Maestro, ove si trova   
  Flegetonta e Letè? ché de l'un taci,
  e l'altro di' che si fa d'esta piova».

133   «In tutte tue question certo mi piaci»,
  rispuose, «ma 'l bollor de l'acqua rossa
  dovea ben solver l'una che tu faci.

136  Letè vedrai, ma fuor di questa fossa, 
  là dove vanno l'anime a lavarsi
  quando la colpa pentuta è rimossa».

139   Poi disse: «Omai è tempo da scostarsi 
  dal bosco; fa che di retro a me vegne:
  li margini fan via, che non son arsi,

142   e sopra loro ogne vapor si spegne».

  
Londra, British Library, Yates Thompson 36, fol. 25


William Blake, Hell Canto 14


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