FLORIN WEBSITE
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BOLTON HOLLOWAY, AUREO ANELLO
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BRUNETTO LATINO'S RETTORICA
IN THE TESORO, BOOK
VIII, PART II
Qui divisa di necessari argomenti [52]
L O necessario argomento si è quello che monstra la cosa in tal maniera, ch'ella altramente esser non può. Verbi gratia: questa femina giace di parto, dunque è ella giaciuta con huomo. Et sappiate che l'argomento che prova la cosa per necessità può esser detto in tre maniere, o per rimprocci, o per in numero, o per simplice conclusione. Rimprocciamento si è quando lo parladore divisa .ij. o .iij. o plusor parti, de le quali se suo adversario conferma, l'una, qual che ella sia, certo elli serà concluso. Verbi gratia: io dico che Thomas elli è buono, o elli è reo: se tu dici che sia buono, io diroe, perchè lo biasmi tu? Et se tu dicessi ch'elli fusse malvagio, io dicerò, perchè conversi dunque col lui, et cosi va di rimprocciamento che qualunqua parte tu prenderai io prendero incontanente mio argomento, che ti conchiude per necessitade. Et sappiate che questo argomento si è in tre maniera. L'una si è per força di due contrarie cose, che l'uomo dee dire tutto insieme l'una appresso l'altra sì come l'exemplo che detto di sopra. L'altra maniera si è per força di due cose che son contrarie intra loro, per força d'una negatione in questa maniera: io dico che questo huomo a denari o elli non ae nullo; cotale argomento fe sancto Agustino contra li heretica, quando elli disse loro: lo sancto de' sancti, o elli è venuto o no; s'elli è venuto dunque è elli perduto, lo vostro nocimento, et s'elli non è venuto non è lo nocimento perduto, et se lo nocimento non è perduto. Dunque avete voi .Re. et se voi avete Re, dunque oè ihu xpo, o un altro. Ma altro Re non avete voi, dunque è elli ihu xpo. Numerò si è quando lo parladore conta nel suo detto molte cose, et inmantenente le tragge tutte via, salvo una solamente la quale elli prova per[49]necessità. Verbi gratia: Io diro così; elli conviene a fina força che se questo huomo uccise quell'altro ch'elli lo fe o per odio che intra loro fue, O per paura, O per isperança, O per amore d'alcuno suo amico; et s'elli non ae nulla di queste cagioni. Dunque nollo uccise elli, chè sença cagione non può esser facto un cotale maleficio; ma io dico che intra loro non avea odio alcuno nè paura, et che elli non avea sperança d'esser suo herede, o d'averne alcuno altro profitto, di sua morte, nÿeg elli nè alcuno suo amico. Dunque dico io ch'elli non lo uccise. Questa maniera d'argomento si è per numero profitabile a colui che difende sua bisogna, sì come l'exemplo dimonstra qui di sopra. Altresi è quello profitabile a colui che accusa. Verbi gratia: io dico che mio argento o elli fu arso, o elli è ne la fonda, o tu l'ai invulato; ma arso non fu elli, nè vi de la fonda non è, dunque rimane questa parte che tu l'ai invulato. Simplice conclusione si è quando lo parladore conchiude necessariamente, ciò ch'elli vuole provare, per força d'una cosa ch'è detta dinançi. Verbi gratia: Tu dici che io fe questo homicidio d'agosto, ma in quel tempo era io oltra mare, dunque pare elli per necessità che io nol fei. Or avete udito le tre maniere de'neccessari argomenti, de quali lo parladore si dee molto fieramente guardare che suo argomento non abbia solamente lo colore et la similgliança di necessità, ançi sia di si necessaria ragione, che lo adversario non possa nulla contradire.
Qui divisa di versemblabile argomento.[53]
L O versemblabile argomento si è cosa ch'è acostumata di venire sovente. O de le cose ch'elli pensa che siano. O de le cose che anno alcuna similgliança, ch'elle siano vere. O versemblabile. De le cose che son costumate di venire, prende lo parladore suo argomento, in questa maniera: se questa femina è madre dunqua ama ella suo filgliuolo; et se questo huomo è disperato dunque non teme elli saramento. De le cose che l'uomo pensa[49v]che siano prende lo parladore suo argomento in questa maniera, se questo huomo è peccatore la sua anima andrà alla perdurabile morte; et se questo huomo è phylosopho dunque non crede elli nel'ydoli. De le cose che anno alcuna semblança prende lo parladore suoi argomenti, in tre maniere, o per suo contrario, o per sue parole, o per quelle che sono d'una medesma ragione. Per lo contrario fa l'uomo suo argomento in questa maniera: se i peccatori vanno in inferno, dunque li religiosi vanno in paradiso. Per le similglianti cose: si come luogo sença porto non è sicuro a le navi, dunque cosi è lo cuore sença fede, non è permanente al'amico; chè luogo sença porto, et cuore sença fede sono similgliante et mutabili; et nave et amico sono similgliante in figura. Per le cose che sono d'una medesima ragione prende lo parladore suoi versemblabili argomenti in questa maniera: s'elli non è laida cosa ai cavalieri di donare loro robbe, dunque non è laida a minestrarli s'elli lo vestono. Or sappiate che questi argomenti et li altri similglianti sono necessarii in questa maniera: s'elli ae piaga, dunqua fu elli ferito; ma lo versemblabile si è cosi: s'elli ae molta polvere sopra li calçari, dunque è elli andato lunga via. Cotali argomenti sono probabili; ma elli non sono necessarii. Perche l'uomo potrebbe avere polvere sopra li calçari, sença essere andato; ma ferita non potrebbe nullo avere sença innavveratura. Perché io dico che tutti argomenti versemblabile. O elli son segni. O elli sono credevuli. O elli son stabiliti. O elli son semblabili. Segno si é una dimonstrança che dà presunptione che la cosa fu o serà secondo la significança di quel segno; ma ella non è verace prova, et perciò richiere ancho maggiore confirmamento; et questi segni sono li .v. sensi del corpo, cioè del vedere, et del'udire, et del fiatare, et del saporare et del tocchare; che se io dico, elgli a qua d'intorno carongna perciò chè ci a gran puçça, certo questo è un segno; ma elli non è sì certano ch'elli non[50]vi convegna anchor maggior prova. Credevele si è quello che sença testimonia dà fede et credença in questa maniera: e'non è nullo che non desideri che suo filgliuolo sia sancto et ben agarato. Istabilimento si è in tre maniere. O per leggie, O per comune viaggio, o per stablimento delgl'uomini. Per legge si è stabilita la pena de' ladroni et de micidiali. Per comune uso si è stabilito che l'uomo renda honore a li vecchi et a li più grandi di lui. Per stabilmento de li huomini si è quando elli stabiliscono per loro medesimi sopra una cosa doctosa che debbia essere. Verbi graçia: Grates quando fu senatore di Roma non fe nulla sença lo senno di suo'compagno, quelli le'l tornavano a senno, et li altri a follia; ma la comunità del populo, stabilio chè fusse consulo l'anno appresso, et cosi fu fermato, ch'elli aveva fatto grandissimo senno. Semblabile si è quello che dimonstra alcuna semblabile ragione di .ij. diverse cose; et ciò è per tre diverse cose, et per .iij. maniere: O per ymagine. O per comparaçione. O per exemplo. Ymagine si è ciò che dice che due o plusor diverse cose anno alcuna similgliança intra loro, secondo le proprietà del corpo et de la natura, in questa mainiera: quest'huomo è più ardito che lione, et questo altro è più codardo che lepre. Comparaçione si è che monstra che alcuna diversa cosa abbiano in tra loro similgliança secondo le proprietà del cuore, in questa maniera: Questo huomo si è ingegnoso come[A] ristotile/The A of Aristotle, as usual in this manuscript, is given an extra large space, but in this case the rubricator forgot to fill it in./; et questo altro si è grosso come asino. Exemplo si è quello argomento che monstra alcuna similgliança, ne le cose per lo detto et per lo comandamento, che l'uomo trova ne'libri de' savi./Fiore di filosafi et savi, Appendix II.5, Twice Told Tales./ Et perciò ch'è avenuto a li savi huomini, O a le cose che fuorono di quella simigliança. Ma di questi argomenti si tace ora lo mastro perchè elli ritornerà al altre cose che apertengono a confirmamento.
Qui dice di tutti argomenti in .ii. maniere.[54]
A Ppresso ciò che'l mastro ae monstrato li luoghi et le propriatadi et le ragioni come lo parla[50v]tore può prendere argomenti da provare sua materia et suo detto. Allui fu aviso che s'elli questi argomenti divisasse, per parte che la ragione ne sarebbe più bella, et più intendevile, et simigliantemente perciò che questa si è una sciença che pochi parladori sanno, perch'ella è grave a savere et a monstrare. Et perciò dice elli in questa parte che tutte maniere d'argomenti, di qualche proprietà, o di qualche ragione ch'elli siano certo è conviene ch'elli sia presso o da lungi. O d'apresso. Perchè alcuna fiata la materia del parladore si è ch'elli no'l potrebbe provare, s'elli nol prendesse da lunga; et perciò si è diricto a divisare lo insegnamento dell'uno et dell'altro.
Qui dice di quello argomento ch'è impreso da lunga.[55]
D I lunga è preso quello argomento che per la sembrança de le certane cose dà lunga a menate a suo adversario a consentire, et a conoscere quella cosa che'l parladore vuole monstrare. Verbi gratia: Io parlai ad aldobrando che non a morta sua mogliere, nè ella lui, in questo maniera: Ditemi, aldobrando, se vostro vicino a milgliore cavallo di voi, qual vorreste voi innançi o'l suo, o'l vostro, lo suo, diss'elli, et s'elli avesse più bella chasa di voi, qual vorreste voi avere o la vostra o la sua, disse'elli, et s'elli avesse miglior femina di voi, qual vorreste voi o la sua o la vostra, a questo motto non dice elli nulla. Et io andai a la moglie, et dimandula in questa maniera: Se vostra vicina avesse maggior thesoro di voi, qual vorreste voi, lo suo, o'l vostro, lo suo, diss'ella. Et s'ell'avesse milgliori schaggiale et più belli drappi et più ricchi arnesi/See comment by Cesare Paoli concerning this unusual word in the section of the Libro di Montaperti in Brunetto's handwriting./di voi, quali vorreste voi o li suoi o li vostri, li suoi, diss'ella. Et s'ella avesse miglior marito di voi, qual vorreste voi lo suo o'l vostro, a questa parola si vergognò ch'ella non disse neiente. Et quando io fui a ciò venuto, inmantenente dissi loro perciò che nullo non rispuose acciò che io volea udire, io dirÿog che ciascun pensa voi vorreste avere buona molglie, e io buon marito; per[51]ch'iò dico che se voi faite tanto che ciaschun sia lo milgliore, voi non finirete giamai di fare quello che buono sia. Dunque vi conviene pensare che voi siate buona marito, et voi buona molglie. Guarda dunque che per la similgliança de le terrene chose da lungi, io li rechava a consentire ciÿog che io volea; che se io dimandasse simplicemente se quelli volesse miglie O ella miglior marito, certo elli non sarebbeno consentiti a mia dimanda. Cotali argomenti usa molto Socrates in suoi detti; et tutte volte ch'elli volea nulla provare, mettea elli avante cotale ragione che l'uomo non potea negare; et allora facea elli sua conclusione, di ciò ch'era nel suo prolago, et nel suo proponimento./The Letters of Abelard and Heloise, trans. Betty Radice (Penguin: Harmondworth, 1974), p. 14, where Heloise cites this from Cicero's De inventione, I.3l, as argument between Aspasia and Xenophon from Aeschines Socraticus. Brunetto has modernized the instance./Ma in questo argomento dee lo parladore guardare tre cose: primieramente che quella cosa ch'elli prende da lungi per semblança di sua cosa sia certa et sença doctança, chè cosa doctosa dee esser provata per certe ragioni. Apresso dee egli guardare ch'ella sia nel tutto similgliante acciò ch'elli vuole provare, chè s'ella fusse straina o non semblabile elli non ne potrebbe formare sua prova. Apresso, dee elli guardare che li auditori non sappiano in che lo parladore intende, nè perchè elli fa sua dimanda, chè s'elli se n'acorgesse o elli si terrebbe O elli negherebbe, O elli risponderebbe per contrario. Et quando tu arai a ciò menato tuo adversario elli conviene ch'elli faccia una di queste tre cose, O ch'elli si taccia, o ch'elli neghi, O ch'elli confermi tua prova. Et s'elli la negha, O tu lo riprova per la similgliança di ciò che tu avei denançi, o d'altre similglianti cose, che tu ridichi inmantenente. Ma s'elli la conferma, O elli si tace, inmantenente déi tu conchiudere la dimanda, et poner fine a suo detto; che Tulio dice che quelli che si tace, è simigliante a coluiche conferma. Per questi argomenti potete voi intendere chè in questo argomento da lungi conviene aver .iij. cose. La prima si è la simigliança che'l parladore dice davante. La seconda si è la propria[51v] cosa ch'elli vuol provare. La terça si è la conclusione che elli monstra, ciò che si segue di suo argomento, et monstra sua prova. Ma perciò che sono molte genti di sì duro cervello, che per lo insegnamento che sia posto sopr'alcuna sciençia no'l potrebbe intendere, s'elli non lo vedesse per exemplo; vuole lo mastro anchora uno exemplo del piato che durÿog lungamente intra li greci, che aveano una legge che dice, che se lo vecchio conestabile non rimutasse tutti li cavalieri al novello conestabile elli dovesse perdere la testa. Ora venne che epanimonas non rimandò li suoi cavalieri al novello conestabile quando elli dovea, ançi se n'andò con tutta la sua oste, contra li Macedoni, et vinseli per força d'arme; et quando elli ne fu accusato elli dicea che quelli che fe la legge intese che se'l vecchio conestabile ritenesse li cavalieri per lo pro' del comune, elli non fusse dannato. Et suo adversario facea suo argomento contra lui in questa maniera: Signori iudici, ciò che Epanimonas vuole giungere a la legge fuore di ciò che voi trovate scritto, sofferretelo voi, no et se ciò fosse che noi lo sofferiste per la victoria ch'elli ae avuto questo sarebbe contra la degnità di voi et contra vostro honore; et pensate voi che'l populo lo sofferischa; certo non farà; et se questo si giunge a la legge, pensate voi ch'elli sia diritto a farlo; certo io conosco tanto senno in voi ch'elli non vi parrebbe; perchè io dico che se la legge non puote essere amendata, nè per noi, nè per altrui, dunque non potete voi rimutare la sentençia, poi che voi non potete rimutare un solo motto. Ma qui tace lo mastro a parlare de lo insegnamento, da lungi di che elli ae detto assai, si torna al argomente da presso.
Qui dice del argomento che preso da presse.[56]
D I presso è preso quello argomento che per alcuna prosprietà del corpo o de la cosa monstra che suo detto sia versemblabile, et confermalo per sua força o per sua ragione sença nullo argomento da lunga. Di questo argomento dice [A] ristotile[52]che si fa .v. parti. Unde la prima si è proponimento ciò è a dire, quando tu proponi brevemente la somma di tuo argomento. Verbi gratia: tu dici che tutte cose son melglio governate per consiglio che sença consiglio, questo è tuo proponimento, et è la prima parte di tuo argomento. Or ti conviene andare a la seconda, cioè a confermarla per molte ragioni in quella maniera: la magione ch'è stabilita per ragione è melglio guarnita di tutte cose che quella che è governata follemente; l'oste che a buono capitano et buono signore è più saviamente menata, che quella che a folle signore et gattivo. La nave medesma fa ben suo corso quand'ella ae buoni governatori. Or'è compiuta la seconda parte del'argomento cioè lo confermamento del primo proponimento; si ti conviene andare a la terça parte cioè ad apprendere ciò che tu vuoli provare per la prima proposta, in questa maniera: Nulla cosa non è sì bene governata, per consilglio come tutto lo mondo, questa è la presa che tu vuoli provare. Et inmantenente ti conviene pensare del altra parte del'argomento, cioè a confermare la presa per molte ragioni in questa maniera: Noi vedemo che'l corso de segni et de le pianete, et di tutte le stelle sono stabilite alloro ordine. Li movimenti del tempo sono ciascuno anno, per necessità, per l'utilità del tempo terreno et de le cose nè l'ordine del giorno et de la nocte, non sono per dalmaggio alcuno. Tutte queste cose son segni che'l mondo non è governato sença grandissima providençia. Or'è compiuta la quarta parte del'argomento, cioè lo confermamento de la presa; si ti conviene andare a la quinta parte del'argomento, cioè a la conclusione che può esser detta in due maniere. O sença ridicer niente del primo proponimento nè de la presa in questa maniera. Dunque dico io chel mondo è governato per consiglio. O ridicendo lo primo proponimento et la presa in questa maniera, se tutte le cose son meglio governate per consiglio che senÿcha consiglio; et nulla cosa non è si ben governata per consiglio come tutto[52v]lo mondo, dunque dico io che'l mondo si è governato per consilglio. Queste sono le .v. parti de l'argomento da presso, ciò è lo proponimento e'l confermamento, la presa e'l suo confermamento et la conclusione; ma elli sono molte genti, che dicono che in questo argomento non ae [mama abbr.] quattro parti, sença più ched'elli credono chel proponimento e'l confermamento sia una medesima cosa, et la presa e'l suo confermamento è una cosa, et la conclusione sia un'altra cosa; ma elli sono malamenti ingannati. Verbi gratia. ciò è sença che una cosa non puo essere ne non è quella cosa ançi è d'un'altra, per lui, et così sono .ij. cose et non una. Verbi gratia: se io posso essere huomo sença saper leggere. Dunque sono io una cosa et lo leggere un'altra. Altresì è d'un proponimento che puo esser fermato et stabilito sença nullo confermamento, in questa maniera. Se lo giorno che questo homicidio fu facto a roma io era a parigi; dunque non fu io a questo homicidio, qui non ae mistieri nullo confermamento. Ma inmantenente farai tua presa, et dimi in questa maniera. Aparaggio era io sença fallo, et quando tu avrai ciò detto, tu lo dei confermare et provare et fare et poi tua conclusione et dire: dunqua non fu io a questo homicidio. Et altresì è d'una presa, che può essere fermata et stabilita sença nullo confermamento, in questa maniera, se'l uomo vuole esser savio si dee studiare in phylosofia; questo è lo primo proponimento che richiere d'essere confermato; perciò che molte genti pensano che lo studio di phylosophia, sia malvagio et quando tu l'avrai confermato, di buone ragione, tu farai tua presa in questa maniera; tutti li huomini desiderano esser savi; questa presa è sì certa, che non si conviene confermare, et inmantenente fa tua conclusione in questa maniera. Dunqua si dee ciascuna studiare in phylosofia. Per queste ragioni et per questi exempli, puoi tu ben conoscere che sono tali proponimenti, et di tal prese che richeggiono d'esser[53]confermate, et di tali che no. Et perciò s'acorda Tullio a la sentençia di A ristotile, et dice che in questo argomento sono .v. parti, et che quelli sono in errore che pensano che siano .iij. solamente. Ma non per tanto è puo ben esser alcuna volta, che l'argomento è di tal natura che non vi sono le .iiij. o le .iij. parti, sença più, et a la verità dire l'argomento ae tutte le .v. parti, quando elli dice lo proponimento e'l suo confermamento, et la presa et la conclusione ma quando lo proponimento o la presa son si stabiliti, che l'uno di loro non ae mistieri di nullo confermamento, allora non ae l'argomento se non .iiij. parti. Et se lo proponimento o la presa son tali, che l'uno ne l'altro non dimanda confermamento, allora non ae l'argomento se non .iij. parti, cioè lo confermamento et la presa et la conclusione. Ma elli sono molte genti che dicono che questo argomento può essere da .ij. parti o da una solamente, che se'l proponimento et la presa son si stabilite che la conclusione nasce chiaramente, si che non la conviene dire; allora non ae elli se non .ij. parti. Et se'l proponimento è sì forte che'l parladore ne può fermare sua conclusione, senÿcha presa allora non ae elli se non .ij. parti in questa maniera: questa femina giacque di parto, dunque conobbe ella huomo carnalemente. Et se'l proponimento è sì forte, et sì stabilito che l'uomo intende bene la conclusione sença udirla, allora non ae elli se non una parte. Che se tu dici: Questa femina è grossa, ciascuna intende bene ch'ella ae conosciuto maschio, si ch'elli non resta nulla a dire. Sopra queste parte dice Tullio ch'elli non pensa che diritto argomento possa esser facto secondo questa arte a meno di .iii. parti; et già sia cosa che diverse sciençie abbiano diversi insegnamenti, non per tanto la sciençia di rethoricha richiera argomenti chiari et certani che si facciano credere a li auditori; et perciò ae lo mastro divisato diligentemente tutte maniere, di provare ciò che l'uomo vuol dire et di confermare suo[53v]detto secondo ciò che n'apertiene a la quarta brancha del conto cioè a confirmamento si tornera a sua matera per dicer de la quinta brancha, cioè del differmamento.
Qui dice de la quinta brancha del conto, cioè del differmamento.[57]
A Ppresso la doctrina del confermamento viene la quinta brancha del conto, cioè del differmamento, di che Tulio dice, che differmamento si è chiamato lo parladore menima o distrugge li argomenti del suo adversario del tutto o de la maggior parte. Et sappiate che differmamento esce di quella medesima fontana che'l confermamento; che sì come una cosa può esser confermata per le proprietà del corpo et de la cosa, et altresì può ella esser differmata; et perciò déi tu prendere li argomenti medesmi che'l mastro divisa in arrieto nel capitolo del confermamento. Et nondimeno elli ne dirà alcuno per melglio monstrare la força et la natura del confermamento, et ciaschuno lo potra intendere più leggieramente quando l'uno contrario è messo apresso l'altro. Tutti argomenti si differmano in quattro maniere: la prima si è che tu vuoli negare la presa di tuo adversario quello medesmo ch'elli vuol provare. Apresso se tu confermi la presa, ma tu neghi la conclusione. Apresso se tu dici che suo argomento sia vitioso. Appresse se contra suo argomento tu ne ridici uno altresì fermo o più. Et perciò vuole monstrare lo mastro lo insegnamento che conviene a ciascuna di queste quattro maniere.
Qui dice del differmamento che nega lo semblabile argomento.[58]
L O primo differmamento si è a negare ciò che tuo adversario prende a provare per argomenti necessarii, o per argomenti versemblabili. Et se quello ch'elli dice è argomento versemblabile, tu lo potrai negare in .iiij. maniere. La prima si è quando elli ae detto d'una cosa ch'ella è versemblabile, et tu dici che non è, perciò chè suo detto è chiaramente falso, in questa maniera, tuo adversario dice, che non è nullo huomo che non sia più cupido di danari che di senno. Certo di ciò non disse elli [54]vero. ch'elli ne sono plusor che più amano senno che danari. O se'l suo senno è tale, che'l suo contrario sia altresì credevile, come suo detto in questa maniera. Tuo adversario dice che non è nullo huomo che non sia più disideroso di signoria che di denari; certo altresi puoi tu dicer fermamente suo contrario, che non nè nullo che non desideri più danari che signoria; o se'l tuo detto non è credevile in questa maniera: uno huomo ch'è fiermanete avaro, dice che per uno picciolo servigio d'uno suo amico elli lassò uno suo grandissimo prode. O se ciò che suole avenire, alcuna volta se suo adversario dice ch'elli aviene tutto giorno usatamente in questa maniera. Elli dice che tutti li poveri desiderano più danari che signoria, certo elli aviene bene alcuna volta che un povera desidera più denari che signoria, ma elli ne sono d'altri che amano più la signoria sì come in alcuno luogo diserto, fa l'uom'omicidio et non in tutti. Et se ciò che adiviene alcuna volta tuo adversario dice che non aviene in nulla maniera; in questa maniera elli dice, che nullo uomo non può esser preso, d'amore di femina per uno solo isguardo, et per una sola veduta, l'uomo l'ama per amore./Dante and Beatrice in the Vita nuova./ La seconda maniera di negare lo detto di tuo adversario si è quando elli dice li segni d'una cosa, et tu lo differmi per quella medesma voce, ch'elli la conferma, che in tutti segni conviene monstrare due cose: l'una che quel segno sia vero. L'altra ch'elli sia proprio segno, de la cosa ch'elli vuol provare: sì come sangue ch'è segno di mislea, et carbone è segno di fuoco. Et poi conviene monstrare che facto sia ciò che non si conviene, o che ciò non è fatto che si convieno; et che l'uomo di cui lo parladore dice, sapea la legge e'l costume di quella cosa che tutte queste cose apertengono a li segni et a le simigliançe. Et perciò quando tu vuoli differmare li segni di tuo adversario, tu déi riguardare com'elli li dice, chè s'elli li dice che ciò sia segno di quella cosa, tu di che non è; in questa maniera: elli dice che la cotta sanguinosa che tu porti è segno/The medieval smoking pistol./che tu se stato a la mislea, et[54v]tu dici che non è, o tu dici che questo è leggier segno, che la cotta sanguinosa può esser segno che tu siei segnato. O tu di'che quello segno apertiene più a te che allui; che s'elli dice che sia facto quello che non si conviene in questa maniera: tu arossisa nel volto, perciò che tu ai colpa, in quello mesfacto; et tu di' che ciÿog non fu per male ma per honestÿag et per diritto. O tu di' che quello segno sia del tutto falso, che s'elli dice che tu avei in mano lo coltello sanguinoso, tu di'che sanguinoso non era elli già, ma elli era rugginoso. O tu di'che quello sia apertenente al'altra sospectione che tuo adversario non dice: che s'elli dice che ciò non è facto che si conviene in questa maniera: tu te n'andasti sença comiato prendere, questo è similgliante a ladroneccio; et tu di'che ciò non fu per male, ma perciò chè tu non volei isfielgliare lo signore. La terça maniera di negare lo detto di tuo adversario si è quando elli fa nel suo detto una comparaçione contra .ij. cose, et tu dici che quella cosa non è similgliante a quell'altra, perciò ch'elle sono di diverse maniere; che s'elli dice tu vorresti avere milgliore chavallo che tuo vicino. Dunque vorresti tue avere milgliore femina; et tu di neghi suo detto, perciò chè femina è d'altra maniere che chavallo; o perciò ch'elle sono di diverse nature; che s'elli dice che l'uomo lo dee doctare come leone, et tu neghi suo detto, perciò che l'uomo è d'altra natura che leone. O perciò ch'elli sono di diversa força. Et s'elli dice che pyrus dee essere dannato a morte per la molglie D'orestes ch'elli furò, altresì come paris che rapì helena; et tu neghi suo detto, perciò che'l forfatto di Paris, fu più forte, che quello di pyrus; o perciò ch'elle non sono d'una grandeçça; che s'elli dice questo huomo che ae ucciso uno huomo dee essere giudichato a morte altresì, come quell'altro che n'a ucasi due; et tu neghi suo detto, per ciò ch'elli non fe sì gran male come quell'altro. Altresì dico io in somma de la diversità del tempo, del luogo del corpo et de la oppinione et di tutte diver[55]sità che sono nelgli uomini, et ne le cose chè di ciascuna può lo buono parladore riprendere suo adversario, et differmare suo confermamento. La quarta maniera di negare lo detto di tuo adversario si è quando elli ricorda alcuno giudicio, di savio huomini; chè cotali argomenti può elli confermare in quattro maniere: o per la lingua di colui che'l giudicio da sì come Julio cesaro, disse chegli antichi savi di roma per lor grande senno aveano perdonato a quelli de rodes; o elli lo può confermare per la semblança di quello giudicamento a la cosa di cui elli parla sì come fe .j. predicatore di roma quand'elli disse li nostri antichi sì come perdonare a quelli di cartagine, così dovemo perdonare a quelli di grecia,/Could this indicate contact with Tedaldo Visconti, archdeacon at Liege, who would become Gregory X and would work for reconciliation of Greek and Roman Churches?/altresì lo può elli confermare, per ciò ch'elli dice che lui dichamento ch'elli mentovò fu confermato per tutti li huomini o per tutti quelli che l'uditteno; o che confermare lo deno; altresì lo può elli confermare, perciò che quello giudichamente fu maggiore et più grave che la cosa di che elli parla, sì come fe .Cato. quand'elli disse che Mallius Torquatus giudichò lo filgliuolo a morte, per tanto solamente ch'elli combatteò co franceschi contra suo comandamento. Queste sono le .iiij. maniere per confermare lo giudichamento, et tu sii inmantemente apparecchiato a differmare ciò che per lo contrario di suo confermamento se tu unque puoi ciò è a dire, s'elli lo loda tu lo biasma, et s'elli dice che'l giudicamento fue confermato, et tu di'che non fu, altresì fa di tutte le ragioni ch'elli dice sopra lo giudicamento, tu dì le contrarie ragione. Ma perciò che lo insegnamento del parladore dee essere comuno intra l'uno parladore et l'altro, dice lo mastro, che'l parladore che ricorda lo giudicamento dee molto guardare che'l giudicio non sia disguagliato da quella cosa di cui elli parla, perciò che suo adversario lo potrebbe leggieramente riprendere. Apresso ciò dee elli guardare ch'elli non mentovi tale giudichamente che sia stato contra li auditori, perciò ch'elli grideranno immantenente et diceranno, che ciò fu contra diritto et che 'l giudice ne dovrebbe esser dannato.[55v] Appresso dee elli guardare che quando elli può mentovare molti buoni giudichamenti lodati et saputi, ch'elli non ne dicha uno straino et disconosciuto chè quella è una chosa di che suo adversario lo può leggieramente riprendere, et differmare suo detto. Or avete udito come l'uomo puÿog et dee differmare tutti li versemblabili argomenti si è buon dire del differmanto et de necessarii.
Qui dice del disfermamento che nega lo necessario argomento.[59]
S E tuo adversario fa sopra lo suo detto argomenti necessarii, tu dèi inmantenente considerare se l'argomento è necessario, o s'elli porta sembiança di necessità, et s'elli è diritamente necesario tu non ai podere di contradire; ma s'elli porta sembrança et non è necessario allora potrai tu differmare per quelle medesme vie, che sono divisate qui arieto nel capitolo di necessarii argomenti, cioè per rimproveramento o per simplice conclusione. Rimprocciamento si è quando lo parladore divisa .ii. o .iii. o plusor parte de le quali se tu confermi l'una, qual ch'ella sia, certo elli ti conchiude s'ella è vera, ma s'ella è falsa tu la puoi differmare in .ii. maniera. O differmare tutte le parti. O differmare l'una sença più. Verba gratia: tuo adversario vuole conchiudere che tu non déi castigare lo tuo amicho et sopra ciò divisa due parti, in questa maniera. O elli teme vergogna. O elli non la tema. S'elli la teme, nollo castigare ch'elli è buono; s'elli non la teme no'l castigare, ched'elli ae per neiente tuo insegnamento; questo argomento non è necessario, ma elli lo similglia, et tu déi differmare ambaro le parti in questa maniera: ançi lo debbo gastigare chè s'elli teme vergongna elli non dispregera mio detto, et s'elli non teme vergogna, tanto lo debbo io più castigare, perciò ch'elli non è ben savio; et se tu vuoli differmare l'una di quelle parti sença più tu dirai così: s'elli la teme veramente, lo debbo castigare, chè elli amenderà per mio detto et lascerà suo errore. Numero si è quando lo parladore conta nel suo detto molte cose per provare l'una secondo[56] che'l conto divisa nel capitolo de'necessarii argomenti; allora ti conviene differmare suo numero ched'elli può avere tre vitii. Lo primo si è s'elli non innumerà quella parte che tu vuoli isfermare. Verbi gratia: tuo adversario dice così: O tu ai comparato questo cavallo, o elli ti fue donato, o elli fue allevato in tua magione, o elli ti cadde per reitaggio nè non fue nato in tua magione dunque l'ai tu invulato, sença fallo; et quando elli ae così conchiuso, tu déi inmantenente dire la parte ch'elli lassò in suo numero, et di'che tu l'ai guadagnato al torniamento; et suo argomento si è tutto disfermato, se ciò è la verità ch'elli non avea contato. Lo secondo vitio si è quando elli numera una cosa che tu puoi contradire; che s'elli dice che quello cavallo non ti scadde di reitaggio tu puoi dire che si fe; certo suo argomento è tutto speççato. Lo terço vitio si è quando una de le cose ch'elli numera tu la puoi riconoscere et affermare sença laidura. Verbi graçia: tuo adversario dice così: O tu dimori qui per luxuria, o per aguaito, o per lo pro' di tuo amico. Simplice conclusione si è quando lo parladore conchiude ciò ch'elli vuole per la força d'una cosa ch'è davanti detta; ma cioè in .ii. maniere. O elli prova per necessità o per semblança di necessità, et se cioè per necessità, tu nol puoi contradire che s'elli dice questa femina è grossa dunque giacque ella con huomo. O se questo huomo fiata dunque è elli vivo; certo tu non potrai nulla dicer contra; ma s'elli è per semblança di necessità si è in questa maniera: s'ella è madre, dunque ama ella suo figliuolo; certo tu lo potrai ben riprendere et monstrare che ciò non sia per necessità, ançi può essere in altra maniera.
Qui dice del disfermamento che nega la conclusione.[60]
L O secondo disfermamento si è, quando tu conosci che'l proponimento o la presa di tuo adversario, sia verace, tu neghi la conclusione, perciò ch'elli non nasce di ciò che tu avei conosciuto, ançi conchiude altra cosa ch'ella non dee nè puote. Verbi graçia: le genti de la città andonno all'oste et elli avenne che quando tu n'andavi una malatia ti prese, ne la via che non[56v]che non [sic] ti lassò andare infino all'oste, sì che tuo adversario te n'accusa et conchiude in questa maniera: Se tu fossi venuto all'oste, nostro conestabile vi t'avrebbe veduto, ma elli non vi ti vide dunque non vi volesti tu venire. Or guarda questo che questo argomento tu affermi bene lo proponimento di tuo adversario, cioè che se tu vi fussi stato li conestabili t'avrebbeno veduto, et afferma la presa, cioè ch'elli non ti viddeno; ma la conclusione non nasce di ciò, ch'ella o elli dice, che tu non vi volesti andare, elli non dice vero, perciò che tu vi volevi bene andare, ma tu non potesti. Ma questo exemplo è sì chiaro et sì aperto che assai è leggier cosa a conoscere lo suo vitio; et perciò vuole lo mastro monstrare un'altra ragione et un altro exemplo più oscuro ad intendere per melglio insegnare ciò che apertiene a buono parladore ch'ella o li vicii sono oscuri, ad intendere, elli può bene esser provato sì come s'elli fusse vero; et ciò può essere in due maniere: o perch'elli crede che tu affermi al certo, una cosa doctosa; o perciò ch'elli crede che non ti sovegna di ciò, che tu ai afermato o riconosciuto. Et s'elli crede che tu abbi affermata una cosa doctosa perchè tuo adversario, ti conchiude allora ti conviene monstrare lo intendimento che tu avevi quando tu affermasti quella cosa et dire ch'ella rechatò suo argomento ad altra cosa. Verbi gratia: tuo adversario dice così: tu ai bisogno d'argento, e tu affermi ben suo detto, secondo la tua intençione, cioè a dire che tu ne vorresti avere più grande somma, che tu non ai; ma tuo adversario pensa altra cosa, et dice così: tu ai mistieri d'argento, chè se ciò non fosse tu non faresti merchatantia, dunque se'tu povero; guardati dunque ch'elli ti conchiude per altra intençione: et perciò puoi tu differmare suo argomento, ch'elli piego et muto ciò che tu intendevi. Ma s'elli pensa che abbi obliato ciò che tu ai conosciuto et com'elli ne farà una malvagia conclusione contra te in questa maniera: Se lo heretaggio del morto apertiene a te, ciascuno dee credere che tu l'uccides[57]si. Et sopra questo motto dice tuo adversario molte parole et assegna plusor ragioni da provare sua cosa. Et quando elli a ciò facto elli prende suo argomento et dice: sença fallo l'eretaggio apertiene a te, dunque l'ai tu ucciso; guarda dunque che questa conclusione non escisse di ciò, che l'eritaggio apertiene a te. Et perciò ti conviene diligentemente riguardare la força di suo argomento et come elli lo ritragge.
Qui dice come l'uomo dee disfermara l'argomento.[61]
L O terço disfermamento si è quando tu dic che l'argomento di tuo adversario è viçioso; et ciò può essere in due maniere. O perciò ch'elli ae viçio nel'argomento medesmo, o per ciò ch'elli non apertiene a ciò che'l parlatore propuose. Et sappiate che viçio si è tutto falso o s'elli è comune, o universale. O leggieri. O lontano. O male propriato. O doctosa. O certano. O non affermato. O laido. O innoioso. O contrario. O mutabile. O adversario. Falso è quello che apertamente ae mençogna. Verbi graçia: Nullo non potrebbe esser savio che dispregia denari. Et Socrate dispregio li denari, dunqua non fu elli savio. Comune è quello che non apertiene più a te che a tuo adversario; che se tu dici così: io dirò brevemente perciò che io abbo diricto, altresì lo può dicere tuo adversario come tu. Universale è quello che può esser ritratto sopra un'altra cosa che non è verace in questa maniera: Signori giudiciae, non mi sarei messo in voi, se io non mi credesse che'l diritto fosse di per me. Leggieri si è in due maniere: l'una ch'è detta tardi, si come lo villano che dice: se io avesse creduto che'buoi mi fossero furati, io avei serrata la stalla. L'altra maniera si è a coprire una laida cosa, et di leggier covertura sì come fa lo cavaliere che abandonò lo suo Re, quand'elli era in sua alta signoria. Et quando lo Re fu disertato, suo cavaliere si lo scontrò .i. giorno, et disse: signore, vete perdonare di ciò chè io v'abandonai, perciò che io m'aparecchio di venire io solo in vostro soccorso. Lontano è quello argomento ch'è[57v]preso troppo lungi, sì come fe la cameriera diomedee:/Error for "di medee," of Medea./dio volesse, diss'ella, che lo legname non fosse talgliato di che le navi fuorono facte. Male propriato si è in tre maniere. Una che dice le proprietà che altresì sono comune ad un'altra cose; che se tu mi dimandi de le proprietà del'homo che sono discordevoli, io diro che discordevile è quello ch'è malvagio et innoioso, intra li huomini: certo queste proprietà non sono più discordevoli del orgoglioso o d'un folle che d'un altro mal huomo. La seconda maniera dice tale proprietà che non sono vere ma false; che se tu dimandassi de le proprietà di sapiençia, et io dicesse che sapiençia non è altra cosa che guadagnare or o d'argento certo io direi false proprietà. La terça maniera dice alcuna proprietà ma non tutte; che se tu mi dimandassi de le proprietà di follia, et io dicesse, che follia è desiderare alta rinomata, già sia ciò follia certo d'alcuna parte non dico, io tutte le proprietà di follia. Doctoso è quello argomento che per doctose cose vuol provare una doctosa cosa in questa maniera: Signori princi de la terra, voi non dovete avere guerra l'uno contra l'altro, perciò che li dei che governano li movimenti del cielo non si combattono. Certano è quello argomento, quando lo parladore conchiude quello medesmo che suo adversario conferma, et lassa ciò ch'elli dovrebbe provare, sì come fe lo adversario d'orestes quando elli dovea monstrare che Orestes avea morta sua madre a torto,/Purgatorio¯¯/ elli monstrò ch'elli l'avea uccisa; et ciò non bisognava perciÿog che elli no'l di negava, anÿchi diceva ch'elli l'avea a diritto uccisa. Non affermato argomento si ÿeg quando lo parladore dice molte parole et di confermamento sopra una cosa che suo adversario nega pienamente. Verbi gratia: Ulixes fu accusato ch'elli avea occiso aiacem, ma elli dicea che non avea, et tuttavia suo adversario facea grande romore, ciò era gran parole et [ ]era molto laida cosa, che un villano uccidesse così nobile cavaliere. Laido argomento è quello ch'è disonesto per ragione del luogo, cioè a dire motti davanti l'altare; o per ragione[58]di colui che dice cioè se un vescovo parla de femine o di luxuria. O per ragione del tempo, cioè se'l giorno di pasqua l'uomo dicesse che dio non suscitÿog. O per ragione de li auditori, cioè se davante li religiosi l'uomo parla di vanitÿag et di dilecti del secolo. O per ragione de la cosa, cioè a dire, chi parla de la sancta croce, non dee dire ch'ella sia forche. Noioso è quello che noia a la volontà delgli oditori, che se davante lo predicatori io lodasse la legge che danna la luxuria, certo mio argomento noierebbe a li auditori. Contrario è quello quando lo parladore dice contra quello che gli auditori farebbero. Verbi graçia: io vado davante Adalexandro ad accusare alcuno produomo, che avesse una Città vinta a força d'arme, et dire che al mondo non ae sì crudel cosa come prendere città a força, et guastarle; certo cotale argomento è molto contrario, perciò che l'uditore, cioè Alexandro distrusse plusor/French, rather than Italian, form./ castella et Città. Mutabile si è quando un parladore dice una medesma cosa, due diversità che sono l'una contraria al' altra, secondo ciò che uno huomo dice che la virtù non ae mistieri d'altrui ben vivere et poi apresso disse elli medesmo che nullo non può ben vivere sença sanità; et un altro quando elli ebbe detto ch'elli seguia suo amico per amore, et poi appresso disse ch'elli attendea di lui grande servigio. Adversario è quello argomento che più fa contra lo parladore, che per lui. Che se io volessi confortare li cavalieri a battalglia, et io dicessi: Vostri nimici son grandi, et forti et bene agurosi, certo questo sarebbe più contra me, che da me. Or conviene dire dell'altre maniere d'argomenti, che son viçiosi, cioè quando elli non apertengono a quello che'l parladore propuose; et questo può essere in molte maniere, cioè se'l parladore promette ch'elli dirà di plusor chose, et poi non dice se non d'una. O s'elli dee monstrare tutto, et elli non [mama] l'una parte. Cioè se'l parladore vuol monstrare che tutte femine sono avare, et elli non monstra se non d'una, o di due. O s'elli non si difende di ciò ch'elli è biasmato, secondo che fe Paches quand'elli volse difendere [58v]musica, ch'era biasmata per plusor, elli non la difese, ma elli lodò molto sapiençia, altresì fe quelli ch'era biasmato di vanagloria, ch'elli ne se ne difese ançi disse ch'elli era molto fiero, et ardito d'arme. O se la cosa è biasmata per lo vitio del'homo, sì come fanno quelli che dicono male de la sancta ecclesia, per la malvagità de'prelati. O se io volesse lodare uno huomo, et io dicesse ch'elli fosse molto riccho et bene aguroso, ma io non dicesse ch'elli avesse alcuna vertù. O se io faccio comparatione intra due huomini, o intra due cose in tal maniera ch'elli non crede che io possa lodare l'una sença l'altra biasmare; o s'elli loda l'una et non fa mençione dell'altra, come s'elli fusse al consilglio per vedere qual vale melglio o la pace o la guerra, elli non finerebbe di lodare la pace, ma de la guerra non fare alcuna mentione. O se io ti dimandassi d'una certa cosa, et tu mi rispondi d'una generale; chè se io ti dimandò di legge, s'ella corre, et tu dici ch'uno huomo et uno animale corre. O se la ragione che'l parlatore rende, è falsa, che s'elli dice che' danari son buoni, perciÿog ch'elli danno più benaventurosa vita che cosa del mondo, certo la ragione è falsa; perciò che'danari danno ad huomo grandissimo travalglio et malaventura secondo dio et secondo lo seculo. O se lo parladore rende fievile ragione di suo detto, secondo ciò che fece Plaustus. Elli non è buono, diss'elli, che l'uomo castighi lo suo amicho del misfatto ançi tempo, et perciò non volglio io castigare oggi mio amicho delle ragioni di suo detto, che s'elli dice che avaritia è troppo mala cosa, perciò che cupideçça d'argento a già fatti molti grandi dalmaggi, a molte genti; certo avaritia et cupideçça, sono una cosa. O se lo parlatore rende picciole ragioni, là ov'elli la potrebbe rendere più grande; che s'elli dice buona cosa è amistà, perciò che l'uomo n'a molti dilecti, certo elli potrebbe rendere milgliore ragione, et dire, che n'a molti beni, et onestità et virtù.
Qui dice del disfermamento che dice altresì ferme ragioni o più come'l suo adversario.[62]
[59]L O quarto disfermamento si è quando tuo adversario a detto suo argomento, ti me dici a la contraria parte un'altro altresì forte o più et tali argomenti apertengono più ne le contentioni che sono sopra consilglio prendere che in altre cose;.et sappiate che questo disfermamento può essere in .ij. maniere. La prima si è quando tuo adversario dice una cosa che tu consenti, et così è ella fermata, ma incontanente tu ridici a la contra un altra più stabilita ragione ch'è fermata per necessari argomenti; ch'ella O Cesare dicea: Noi dovemo perdonare a'congiurieri perciò ch'elli sono nostri Cittadini. Vero è disse Cato, ch'elli sono nostri Cittadini, ma se elli non sono dannati, elli conviene a força che roma ne sia distrutta per loro. La seconda maniera quando tuo adversario dice d'una cosa ch'ella è profitabile, et tu dici ch'è vero, ma tu monstri inmantenente che quello ch'elli dice honesta cosa, che sença fallo honestita è più ferma cosa che profitto o altretanto. Ma qui tace ora lo mastro a parlare delle quinta brancha del conto, cioè del disfermamento di ch'elli ae detto, ciò ch'elli ne sa dire, et dirà de la sexta, cioè de la conclusione.
Qui dice de la sexta branchi del conto cioè la conclusione ch'è la diretana.[63]
A Presso la doctrina del disfermamento, et di tutte le .v. prime branche del conto viene la diretana, cioè la conclusione, là dove lo parladore conchiude sue ragioni, et fa fine a suo conto. Ma non per tanto noi troviamo che Hermagoras disse nel suo libro che davante la conclusione si dee mettere lo trepasso, et così facea .vij. branche nel conto. Ma lo sapientissimo Tulio cicero, che di ben parlare passò tutti li huomini, biasma troppo la sentençia D'ermagoras. Et voi avete bene udito qua in arieto, che trapasso si è quando lo parladore escie un pochetto di sua propria matera, et trapassa ad un'altra, per cagione di lodare sè et sua parte, o di biasmare suo adversario et sua parte; o per chagione di confermare o di disfermare, non per argomento ma per accrescer la cosa, secondo ciò che'l mastro divisa qui arieto, nel capitolo come l'uomo[59]può crescere sua matera, et in molti altri luoghi di questo trapasso dice, Tulio ch'elli non è ne non dee essere per le brancha del conto, ançi sotto agli argomenti de le branche del conto et perciò ne tace ora lo mastro et dice che conclusione si è l'uscita et la fine del conto. Et sappiate che la conclusione a tre parti, cioè riconto disdegno et pietà et odrete di ciascuna per sè diligentemente et in prima di riconto.
Qui dice di riconto.[64]
D/Error for R by scribe of initials./ Iconto si è quella fine del conto, in che lo parladore dice brevemente tutti suoi argomenti, et le ragione ch'elli ae contate nel suo detto l'una qua et l'altra là, et le racconta in breve motti, per recharle a la memoria delgli auditori più fermamente. Ma perciò che se'l parladore facesse suo riconto d'una maniera solamente li auditori ne sarebbono sospecciosi, et crederebbeno che ciò fosse cosa pensata ti conviene sovente variare, et raccontare ora in una maniera et ora in un'altra, secondo che tu potrai udire qui di sotto; et puoi bene alcuna volta, ricordare la somma di ciascuno de suoi argomenti per sè che cioè assai leggier cosa a dire et a intendere. Alcuna volta puoi tu ben racontare tutte le parti che tu dici nel tuo divisamento, et che tu prometti di provare et ricontare tutte le ragioni, come tu l'ai provate et confermate. Alcuna volta puoi tu dimandare li auditori, in questa maniera: Signori che dimandate che volete altra cosa piÿug io ciò detto, et s'io provato questo et quest'altro. In tal maniera ricordi tuo detto et tuoi argomenti che li auditori si ridordino megliore e dano che tu non abbipiù a provare. Alcuna volta puoi tu ricordare tue ragione, et tue prove sença dire alcuna de le ragioni di tuo adversario; et alcuno volta dire di sue ragioni et di suoi argomenti, apresso li tuoi in tal maniera, che quando tu dici uno de li argomenti, di tuo adversario, tu dichi inmantenente come tu l'ai disfermato et disfatto; che questa è una maniera di raccontare, perchè li auditori si ricordano di tutto ciò che tu ai confermato, et disfermato. Alcuna volta puoi tu amonire li auditori di tua boccha de loro sovegna di ciò che tu ai[60]detto, et in qual luogo et come. Alcuna volta puoi tu nomare un altro huomo, sì come se elli parlassse, et mettere sopra lui tuo riconto, in questa maniera: io v'abbo insegnato et monstrato questo et quell'altro, ma s'elli fusse qui tulio dice, che li dimandereste voi più? Alcuna volta puoi tu nomare un'altra cosa, che non sia homo, sì come legge, o uno libbro, O una cittade, o altre cose similglianti, et mettere sopra lui tuo riconto in questa maniera. Se la legge potesse parlare, non si compiangerebbe ella davanti voi, et dire, che volete, che dimandate più, quando huomo prova quello et quell'altro et monstra chiaramente come voi avete udito contare. Et sappi che in queste due maniere cioè d'un altro corpo d'omo, o d'un'altra cosa puoi tu seguire tutte le varietà che sono poste qui di sopra. Ma lo generale insegnamento di tutte maniere di raccontare si è che ciascuno di suoi argomenti tu sappi trasciolgere et prendere ciò che più vale et racontarlo al più breve che tu unque potrai in tal maniera ch'elli paia che la memoria sia rinovellata, et non lo parlamento.
Qui dice di disdegno.[65]
D Isdegno è quella fine del conto in che lo parladore mette un corpo d'omo, od altra cosa in grande odio, et in grande malavolgliença. Et sappiate che questo disdegno nasce di quello medesmo luogo di che nasce lo confermamento e'l disfermamento, et de la proprietà del corpo et de la cosa, cioè secondo ciò che lo libro divisa qua in arieto in quelli capitoli chè quelli sono li luoghi per li quali huomo può accrescere li crimini, et li forfacti et tutti li disdegni. Ma non per tanto lo mastro divisa qui lo segnamento che apertiene dirittamente a disdegno. Lo primo luogo di disdegno, si è preso per auctoritade, cioè a dire quando io dico che la cosa è stata di grande studio a dio, o a li huomini di grande auctorità; et ciò può esser monstrato per ragioni di fuore, o di divino comandamento, o di profete, o di meraviglie, o di similglianti cose. Altresì può elli esser monstrato per la ragioni di loro ançinati, o di nostro signore, o de la[60v]città o de la genti o de trasavi huomini, o del sanato o del populo, O di quelli che fecero la legge. Verbi gratia: Vero fu che quando giuda abandonoe li discepuli, per la sua tradigione, li altri apostoli gittonno loro sorte, per vedere chi dovesse essere messo in suo luogo; le sorti vennero sopra mathya, che apostolo fu nel luogo di giuda;/Abbot of Vallombrosa letter./ma s'elli se ne fusse iscuisato et non avesse volsuto essere, l'uomo potrebbe mettere sopra lui lo disdegno in questa maniera: nullo non ti dee amare quando tu rifiuti ciò che dio n'a monstrato per queste sorte. Di questo exemplo si passa lo mastro perchè li basta bene ad intendere tutti li altri luoghi davanti detti. Lo secondo luogo di desdegno si è preso quando lo parladore cresce lo forfacto per coruccio et monstra a cui apertiene chè s'elli è contra tutti li huomini o contra li più cioè di grande crudelità; et s'elli è contra li maggiori che sono più degni di noi ciò è grande disdegno; et se cioè contra nostri padri, cioè grande malvagità; et se cioè contra li fievoli, cioè grande fiereçça. Lo terço luogo di desdegno è preso quando lo parladore dice sì come dimandando lo male che ne puÿog advenire, se gli altri faceano ciò che suo adversario ae facto; et che se l'uomo li perdona questo mesfacto molte genti s'ardiranno di fare cotali peggiori opere unde puÿog avenire grande pericolo. Lo quarto luogo si è quando lo parladore dice a'giudici che molte genti guardano a ciò ch'elli ordineranno, sopra quello mesfacto per sapere quello che alloro convenia fare s'elli perdonano allui. Lo quinto luogo si è quando lo parladore dice che tutti altri giudicamenti s'elli fusseno contra diritto potrebbono essere amendati, ma questo crimine è di tal natura che ciò che ne sara giudichato una volta si è si stabilito che non si potrebbe rimutare, per altra sentençia, nè per giudicamento di nessuno. Lo sexto luogo si è quando lo parladore dice che suo adversario a ciò facto, pensatamente et per consiglio; et che nullo non dee perdonare li forfacti che l'uomo fa di suo grado già sia[61]ciò che l'uomo può alcuna volta perdonare a quelli chamano contra loro grado, et no'l sappiano. Lo settimo luogo, si è quando lo parltore dice, che suo adversario per sua possança et per sua riccheçça ae facta una crudel cosa, et sì disperata come questa et audire. L'octavo luogo, si è quando lo parladore dice ch'è una sì pessima cosa non fue unque audita; et che nullo tyranno nè nulla bestia, nè pagani nè giudei, non l'ussano unqua fare; et noma quelli contra cui elli ciò facto, cioè contra suo padre, o contra suoi filgliuoli, O contra sua moglie, O contra suoi parenti, O contra suoi subditi, O contra suoi ançinati, O contra sua hoste, O suo vicino, O suo amico, O suo compagnone, O suo mastro, O contra li morti, O contra li cattivi et fievili, O contra quelli che non si possono aiutare, sì come sono garçoni vecchi femine et malati, chè di tutte cotali cose nasce un crudele disdegno, perchè li auditori sono fieramente commossi, contra quelli che fanno cotali et similglianti opere. Lo novesimo luogo si è quando lo parlatore ricorda un'altra grande malvagià provata, et dice che ciò che suo adversario fe, è d'assai più grave et di maggiore pericolo che quell'altra. Lo decimo luogo, si è quando lo parladore ricorda tutta la bisogna per ordine, sì come fu ne la cosa faccendola, et che fu apresso fine a la fine. Et cresce lo disdegno et la crudeltà di ciascuna cosa, per sè tanto com'elli può, et lo dimostra a li auditori, sì come s'elli avesseno veduto in loro presençia. L'undecimo luogo si è quando lo parladore dice che colui che a ciò facto no'l dovea fare, ançi dovea mettere l'anima et lo corpo per difendere che ciò non fusse facto. Lo duodecimo luogo si è, quando lo parladore dice [sì come per cruccio, che l'uomo ha ciò fatto a lui prima che mai non fosse fatto a nessuno. Lo terzodecimo luogo è, quando il parlatore,]/Manuscript omitted part in square brackets./ che oltra lo male che suo adversario li ae facto, elli dice molti crudeli motti et rimprocci et minaccie. Lo quartodecimo luogo si è, quando lo parlatore prega li auditori ch'elli rechino sopra loro lo torto, che l'uomo gli a fatto, ciò ca dire che se'l male è di garçoni ch'elli lo rechino sopra li loro figliuoli;[61v]et s'elli è di femine ch'elli lo tornino sopra le lor femine. Lo quintodecimo luogo si è quando lo parlatore dice che ciò che gli è avenuto si dovrebbe esser paruto grave et crudele a suo adversario. Et in somma ciò che'l parlatore dice per disdegno elli lo dee dire più gravamente ch'elli unque può, sì ch'elli muova li cuori de li auditori, contra suo adversario, chè questa è una cosa che molto aiuta a sua cosa, quando li auditori son conmossi per coruccio contra suo adversario.
Qui dica de pietà.[66]
P Ietà si è un detto che a la fine acquista la misericordia delgli auditori. Et perciò lo parladore che vuol finare et chiudere suo detto per pietà dee fare due cose. L'una si è, ch'elli adolischa li cuori degli oditori in tal maniera ch'elli non abbiano nullo turbamento contra lui; et s'elli l'anno, ch'elli tornino a bonarità. L'altra si è, ch'elli faccia che gli oditori abbiano misericordia di lui, cioè a dire che a loro pesi di suo dalmaggio, perciò che quando li auditori sono a ciò venuti ch'elli sono di buon aere, et ch'elli non anno nullo turbamento et che alloro pesa del suo male, certo elli son leggiermente commossi a pietà; et acciò fare de lo parladore tornare al comune luogo, cioè a la força di fortuna, et a la fievileçça de li huomini; chellà o tu dici bene queste cose, elli non serÿag sì duro cuore ch'elli non torni a misericordia, et propriamente quando elli consideranno chel'altrui male può venire sopra loro et sopra le loro cose. Et sappiate che li luoghi che apertengono ad acquistare pietade sono .xvi. Lo primo si è quando lo parladore conta li beni ch'elli solea avere, in qua dirieto et mostra li mali che li sofferà a quella hora. Lo secondo luogo si è quando lo parladore mostra li mali ch'elli ae avuti in qua dirieto et quelli ch'elli ae a quella hora, et quelli ch'elli avrà per innançi. Lo terço luogo si è quando lo parladore si compiange e nomae suoi mali sì come se'l padre piangesse de la morte di suoi figliuoli, et nominasse lo dilecto ch'elli avea di sua giovaneçça et la sperança ch'elli avea di lui, e'l grande amore ch'elli[62]li portava e'l sollaccio e'l nodrimento et l'altre cose similgliante. Lo quarto luogo si è quando lo parladore si compiange ch'egli a sofferto, o che li conviene sofferrire laida cose o vili. O di servaggio la quali elli non dovrebbe soffrire per la ragione di suo tempo, o di suo lignaggio, o di sua fortuna, o di sua signoria, o per li beni ch'elli ae già fatti. Lo quinto luogo si è, quando lo parladore divisa davanti li occhi delgli oditori li mali che sono avenuti allui sì come s'elli li vedesseno; che questa è una maniera, perchè li auditori si commuovono altresì bene per la força del facto come per la força del detto. Lo sexto luogo si è quando lo parladore monstra che per força di sua sperança è venuto in mala ventura et ch'ella o elli attendea che di quello homo o di quella cosa li dovesse venire grandissimo prode, certo elli non ae niente, ançi n'è caduto in grande malaventura. Lo settimo luogo si è quando lo parladore torna suo male verso li auditori e pregali che quand'elli isguardano lui ch'elli si ricordi di suoi filgliuoli et di suoi parenti et di suoi altri amici. L'octavo luogo si è quando lo parladore monstra che facto sia alcuno disconevile o che ciò ch'era convenevile facto non fue secondo ciò che disse Cornilla la molglie di pompeio: Lassa, disse ella, che io non fui a la sua fine, io no'l vidi, io non uditti la sua diretana parola, nè non ricevetti lo suo spirito; in questa maniera piangea sua femina, et monstrava che ciò che ti convenevile non era facto, et inmantenente monstro come fu facto lo disconevole. La ov'ella disse: elli moritte ne le mani di suoi nemici, elli giacque villanamente ne la terra di suoi guerrieri, elli non ebbe sepultura nè punto d'onore a sua morte sua carogna fue lungamente trainata per le bestie salvatiche./These were also favorite speeches from Lucan's Pharsalia for Heloise and Abelard./Lo novesimo luogo, lo parladore torna suo detto sopra alcuna bestia o sopra un altra cosa sença senno, et sença parlare; chè questa è una maniera di parlare che molto entra nel cuori delgli oditori secondo ciò che fe la molglie di pompeio: guardate, disse[62v]ella, come suo albergo piange, sua roba et suoi arnesi piangono, suo cavallo et sue arme contano lo tormento che allui fue facto. Lo decimo luogo si è quando lo parladore si compiange di sua povertà, di sua malitia, secondo che fe la moglie di pompeio: hai! lassa come io sono omai povera, et nuda sença nullo podere; io serò tutta sola sença signore, et sença nullo consiglio. L'undecimo luogo si è quando lo parladore parla di suoi filgliuoli o di suo padre, o di suo corpo interrare, secondo ciò che eneas disse a sua gente quand'elli fu scappato di troia: io non so, disse elli, come serà di mia vita o di mia morte intra tanti pericoli; ma io lascio mio filgliuolo ne le vostre mani, io vi prego di lui et di mio padre, et che'l mio corpo fusse soppellito honorevilemente, se io muio. Lo duodecimo luogo si è quando l'uomo si diparte da quelli che l'uomo ama teneramente, et monstra lo dolore e'l dalmaggio che n'aviene allui o a quelli di sua partença. Lo tredecimo luogo si è quando lo parladore si compiange che tali genti li fanno male et noia, che li dovrebbeno far noia et honore. Lo quartodecimo luogo si è quando lo parladore humilemente prega li auditori sì come piangendo, ch'elli abbiano pietà di lui et del suo male. Lo quintodecimo luogo si è quando lo parladore non si duole di suo male, ma elli si compiange, de la misaventure di suo amico, o di suo parente secondo che Cato disse, contra quelli de la congiura di roma: io non avrei cura di me, disse elli, ma elli mi pesa molto della distructione di nostro comune, di nostri filgliuoli et di nostra gente. Lo sextodecimo luogo si è quando lo parlatore dice che allui pesa molto fieramente del male delgli altri, ma non per tanto elli mostra ch'elli abbia grande cuore et franco di sofferire ogni pericolo, ch'elli aviene sovente a li principi de la terra, et a li altri che anno auctorità di signoria, o di virtù che s'elli dicono alte parole, et monstrano francho cuore, et gli oditori se ne commuoveno a misericordia, più tosto et meglio che per preghiere et per humilità; et sappiate che questa si è[63]una maniera di parlare a che si tornano tutti conestabili, et signori del hoste, quando elli volgliono li loro confortare a la battalglia. Ora avete udito tutti li luoghi per acquistare la misericordia delgli auditori. Ma lo parlatore dee molto guardare quando elli s'acorge che li coraggi son mossi a pietà, ch'elli non dimori più in suo compianto, ma incontanente pogna fine a suo detto, innançi ch'elgli oditori escano fuori de la pietà; chÿeg appolles disse: Nulla cosa non seccha sì tosto come le lagrime.
Qui dice de la diversità ch'è intra parladori et dictatori de la conclusione.[67]
Q Ui sono le .iij. parti de la doctrina et de la conclusione che apertengono a ben parlare, secondo lo insegnamento di Tulio; ma li dictatori son discordanti, un pochetto chè ne la conclusione che parlando comprende lo parladore sua dimanda, et la somma di sue ragioni et fina suo conto. Ma ne le lettere che l'uomo manda altrui, quando lo dictatore ae scritta la prima brancha, cioè la salute, lo prologo, lo facto et la dimanda, et ch'elli a dimanda o pregha ciò ch'elli vuole, elli scrive inmantenente lo bene che può avenire se l'uomo fa sua richiesta, o'l male se l'uomo non la fa, o fa fine a sua lettera, et questa è sua conclusione. Ma qui si tace lo mastro a parlare de la conclusione, per mostrare del' altre doctrine.
Qui dice come'l conto può essere almen di .vi. branche.[68]
F Ina qui a divisato lo mastro le branche del conto, et ae monstrato diligentemente tutto lo insegnamento che a ciò conviene, secondo belle auctorità di Tullio, et delgli altri mastri di rethoricha. Et già sia cosa ch'elli dicha che un conto di boccha ae .vi. branche, et che una lettera n'a .v. secondo ciò che voi avete udito qua dirieto non per tanto la matera potrebbe essere di tal maniera ch'ella non richiere tutte le branche ne le parti davanti dette, ançi ae assai d'una brancha sença più, o di .ij. o di .iij. o di .iiij. o di .v. secondo la materia del facto; et per melglio conoscere com'è cioè, ti[63v]conviene sapere, che alcune di queste branche sono sì sustançiali, che l'uomo non può nulla dire se per quelle no, sì come é lo facto et la dimanda ché sença l'una di queste due, non può essere nullo conto di boccha, nè di scrittura; ma altre branche, cioè la salute e'l prolago, dovisamento e'l confermamento, et differmamento et conclusione non sono del tutto de la sustançia del conto; che lettere et messaggi possono essere alcuna volta sença salute, O perciò che se un altro aprisse le lettere ch'elli non sapesse lo nome, O perciò che'l messaggio è di tale maniera che'l messaggiere nomerà l'uno et l'altro plusor volte nel suo conto; et allora non ae in quella lettera, nè in quella ambasciata, ma che .iiij. branche dirittamente./See Appendix II.6, Twice-Told Tales, Amari III account./ Ma quando la matera è si honesta, ch'è per sua la dignità piace a li auditori sença nulla doratura, di prolago, allora si può l'uomo ben tacere di prolago, et dire sua bisogna secondo ciò che voi avete udito qua adrieto nel capitolo de' prolaghi. Altresì può huomo lasciare lo divisamento e'l confermamento e'l disfermamento et la conclusione et dicer simplicemente lo facto o la dimanda; a questo potete voi intendere che alcuna volta è assai a dire lo facto solamente in questa maniera: sappiate che noi siamo in francia; et alcuna volta la dimanda basta a dire sença più in questa maniera: io ti pregho che tu fu prode huomo in questa guerra;/Direct address to Charles of Anjou, here "fu," but in other manuscripts "sia."/ et alcuna volta basta a dire l'uno et l'altro, in questa maniera: voi vedete bene che noi siamo a la battaglia venuti,/The seige of Poggibonsi, the Battles of Benevento and Tagliacozzi./questo è lo facto; dunque vo' prego io: siate fieri et arditi contra nostri nimici. Questa è la dimanda. Et sì come un conto può esser de queste .ii. branche, d'una sola altresì può esser che l'una de le ii, o quelle .ii. siano acompagnate, et una, o a .ij. o a più dell'altre branche, davanti dette secondo ciò che lo savio parladore vede che convegna a sua materia.
Qui dice de le branche che anno stabilito et determinato.[59]
E T sì come nel conto ae una brancha, sença ch'elli non può essere, cosi n'è un'altra sença[64]che elli non può bene essere. Altresì anno elli si propri luoghi et si certi segni, che alloro non potrebbe essere, et l'altre sono si mutabili che'l parladore le può mutare di luogo in luogo, sì come elli vuole; chè la salute non si può mettere se al cominciamento no, et la conclusione a la fine ma tutte l'altre parte può lo parladore mettere, fuore di lor luoghi, secondo la sua provedença. Ma di ciò si tace ora lo mastro per dire altre cose. Finito libro referamus gratias xpo. Explicit liber rethorice tulliane.
Material that follows in manuscript II.VIII.36 gives finely drawn astronomical tables, a horoscope, the method for dating Easter, from 1287 on, notarial formulae for popes to use when addressing kings and other dignatories, which in turn date the manuscript as written in l285-l286, and an ars dictaminis, the Sommetta. See Hélène Wieruszowski, "Brunetto Latini als Lehrer Dantes," pp. 171-198 and Politics and Culture, pp. 515-561. It well deserves a more complete edition, especially since the letters between lovers echo the passages in the Rettorica concerning these and both relate to Dante's Vita nuova. It was from such a matrix that Brunetto's father had constructed his own grief-stricken letter to his son after the Battle of Montaperti. The regal and papal formulae are given here as they are of great interest to this book, naming as they do King Alfonso X the Wise of Castile, Charles as King of Sicily, King James of Aragon (King Peter of Aragon being dead as of this date), King Edward of England, and the Archbishop Ruggiero of Pisa, who was to be Ugolino's betrayer and antagonist.
Al nome del glorioso padre altissimo celestiale . dio omnipotente . lo quale sempre in nostro aiuto chiamiamo. Quia ipse et dixit nobis omnibus. Aperi os tuum et ad implebo illud. E idem a dire. Apre la boccha tua et io la implero. Et perciò ad utilita de non litterati alcuna sommetta ordinero in volgare modo ad amaestramente di ben saper componere volgarmente lettere. sicome ordinamente si conviene Acciò che l'uomo parli propriamente. Queste sono .v. parti da componere tutte lettere. Salutatio. questo sta per salutare. Exordio. questo sta per ordinare et per colore tue parole. Narratio. questo sta per dir lo facto che tu ai a dire. Petitio. questo sta per dimandare questo che tu vuoli. Conclusio. questo sta per conchiudere ciÿog che tu ai detto.[Rubricated] In prima come lo imperadore/Error for "pape." Or is it? Could Brunetto have been thinking of how the Emperor Michael Paleologus of the Greeks should write to the Emperor Rudulph of the Romans?/ scrive a tutti e a lo imperadore specialmente. Gregorio/Gregory X, 1271-1276./vescovo servo di servi di dio. Al amato in xpo figliuolo R./Rodolfo, Emperor, 1273-1291./ per la graçia di dio imperadore de' Romani et sempre acrescatore salute a lapostolicale benedictione. [Rubricated] Come lo papa scrive a li Re et a le Reine. Gregorio vescovo servo di servi di dio. Al prelato et amato filgliuolo lodoyco. Re di francia./Louis of France, 1226-1279./ Al preclaro et amato filgliuolo Anfonso Re di Castella./Alfonso X "el Sabio," 1252-1284./ Al preclaro et amato filgliuolo Adoardo Re dinghilterra./Edward O England, 1272-1307./Al preclaro et amato filgliuolo Jacomo Re daragona./James of Aragon, 1213-1276./Al preclaro et amato filgliuolo Henricho. Re di portogallo. Al preclaro et amato figliuolo Ubaldo Re di Navarra. Al preclaro et amato filgliuolo Federigo Re di boemia.Al preclaro et amato filgliuolo Petro Re dungaria. Al preclaro et amato figliuolo Karolo Re di Sicilia./Carlo d'Angiò, King of Sicily, 1266-1283./ Al preclaro et amato filgliuoli Johanni Re di Cipri. E cosi a tutti li Re mutando lo nome sicome e proprio. Et cosi a le Regine mutando lo nome di masculino a feminino. [Rubricated] Come lo papa scrive A li marchesi et a li Conti, a li Baroni. Gregorio vescovo etc ut supra. Al amato figliuolo A. in xpo sempre. Al amato filgliuolo B. Posto a ciascuno suo titole vel dignita. et ancho si puo dire. Al amato figliuolo .C. salute. et l'apostolicale benedictione. [Rubricated] Come lo papa scrive a li cardinali. Gregorio vescovo etc ut supra. Dilecto in xpo figliuolo. Octaviano sancte maria in via lata dyacono, Car. visdomino in xo frate vescovo palestinensis/Cardinal Ottaviano Ubaldini, 1243-1272./ . . . [Rubricated] Come lo papa scrive a Vescovi et a li arcivescovi. Gregorio vescovo. Al venerabile frate in xpo R. arcivescovo di pisa./Archbishop Ruggieri of Pisa./ al venerabile frate in xpo O. vescovo di luccha. . . . [Rubricated] Come si scrive a messer lo papa. Per tutti signori et altri. Al santissimo in xpro padre et signore domino. N./Pope Nicholas III, 1277-1280./per la graçia di dio de la sancta Romana et universale ecclesia sommo pontefice. Perciò con bascio a beati piedi. Bascio a la terra davanti a beati piedi. Vel se humilemente co le mani agiunti. et co le ginocchia in terra. et con la boccha dinançi da li sancti piedi. vel se humilemente con tutta di notione.
The text continues
with epistolary formulae and model letters, from sons to fathers
(in which case the language is like that of Dante about Cato),
wives to husbands, letters between brothers, a lay person to a
cleric, a monk to a monk, love letters to a lady. The Sommetta's
attitude towards women is one of respect, courtesy and equality.
Then the Politica from the Tresor is given.
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