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Revd James Lawson, Discorso alla Badia, Repubblica di San Procolo. For English version.


LA FIRENZE DI GIORGIO LA PIRA


REVD JAMES LAWSON

giorgiolapira

rionfante e sofferente insieme’ secondo le parole di John Henry Newman è il destino immutabile della Chiesa, ‘portando sempre e dovunque nel Suo corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel Suo corpo’. La causa di Cristo sempre vive l’ultima agonia. Il tempo della fine è sempre vicino: questo stesso giorno o un altro. Quasi deserta di santi è la terra, vicina la Venuta di Cristo, e, dunque, vicino il Giorno del Giudizio. Della fine di questa storia i cristiani sono consapevoli. Nella Provvidenza di Dio le nostre vite sono come corsi d’acqua confluenti l’uno nell’altro, insieme riversandosi nel grande fiume della storia universale. Di questo fiume conosciamo la destinazione finale. Tra flussi e riflussi sotto l’impeto soprannaturale della grazia in modo irreversibile scorre alla sua foce. La foce della pace, dell’unità, e della vita. La stessa visione del Profeta Isaia: ‘Tutte le genti affluiranno verso il monte del tempio del Signore, verso Gerusalemme, che significa ‘città di pace’. Dio indicherà le Sue vie ed essi cammineranno per i Suoi sentieri. Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci, un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra’. Al di là delle nostre ansie personali il fiume della storia scorre verso l’unità delle diverse confessioni cristiane, verso la riconciliazione tra tutti i figli di Abramo, ebrei, cristiani, musulmani. Verso la ‘profetica utopia’ di Isaia.  La nostra stessa età dell’ansia, delle guerre nucleari, dello ‘scontro di civiltà’, dunque, non è disgiunta dall’infinito empito di speranza che viene da Dio. Speranza che rende la guerra impossibile, la pace, l’unità, la giustizia tra tutti i popoli ineluttabile; irresistibile e irreversibile, nonostante tutto, il viaggio verso nuove frontiere. L’utopia di Isaia è l’autentico realismo della storia. ‘Casa di Giacobbe’ egli dice ‘ ‘camminiamo nella luce del Signore’.

Se noi Cristiani con gli altri figli della famiglia di Abramo siamo insieme chiamati a sperare contro ogni speranza in questa ‘profetica utopia’, anche riceviamo il mandato per cambiare il mondo. Chi ascolta la Parola è degno di vivere come profeta. In questa nostra stessa era, tecnologica, atomica, apocalittica, possiamo far sorgere la luce di Dio sul mondo. Negli anni Cinquanta del Novecento qualcuno che sa di aver ricevuto questo mandato viene eletto Sindaco di Firenze. Il suo nome è Giorgio La Pira.  

La Pira vive il motto del Savonarola – come nello stemma posto sul frontone di Palazzo Vecchio, il Palazzo della Signoria –  e crede che la Firenze rinascimentale possa divenire la nuova Gerusalemme: ‘JESVS CHRISTVS REX FLORENTINI POPVLI SENATVS POPULUSQUE DECRETO ELECTVS’, Cristo, Re del popolo fiorentino, eletto per decreto del Senato e del Popolo’ ( che i Medici prontamente mutano in ‘REX REGNVM ET DOMINVS DOMINANTIVM’). Contro le esigenze delle ‘forze di mercato’, sempre a fianco dei poveri della città, La Pira scandalizza i potenti. Non era inusuale vederlo scalzo in pubblico avendo dato via le proprie scarpe e gran parte del suo stipendio. Le nostre ‘città cloni’ sempre più sono di dominio delle strade e di mega centri commercial anonimi. Dopo le devastazioni della guerra, La Pira vuole, invece, la ricostruzione di una Firenze concepita come ‘città umana’. Una città a misura d’uomo, e questo crede debba realizzarsi con la creazione di ‘quartieri autosufficienti’, con piccole botteghe, giardini pubblici, mercati, chiese, scuole, strade alberate. Cerca così di sostenere la possibilità di un:

             . . . riposato . . . e bello viver di cittadini; [una]

                   . . . fida cittadinanza, [e] . . .

              dolce ostello

quel vivere sulla terra di cui parla nel Paradiso Cacciaguida, trisavolo di Dante, nel ricordare la Firenze del suo tempo. Ogni anno La Pira organizza quei convegni ai quali invita i rappresentanti di tutto il mondo. Dal nord e sud del mondo, da Washington e da Parigi, da Hanoi e da Algeri, da Tel Aviv e dalla Gerusalemme orientale e araba. Così parlando loro: Vorremmo che tutti i tesori di storia, di grazia, di bellezza e di intelligenza che la Provvidenza ha accumulato a Firenze costituiscano un gigantesco messaggio di pace rivolto a tutti i popoli della terra: un messaggio che chiama tutti, irresistibilmente, malgrado ogni resistenza ed ogni contrarietà - spes contra spem, sperando contro ogni speranza – per dare inizio alla storia nuova dei mille anni di civiltà e di pace. Una civiltà e una pace destinate a rifrangere pienamente sulla terra, la luce amorevole della paternità di Dio e la fraternità degli uomini. I convegni di Giorgio La Pira sono nel concreto il tentativo di abbattere muri e costruire ponti tra l’Occidente, secolare e capitalista, e l’Islam. Egli vede nella città di Firenze un ponte, una città la cui cultura di umanesimo spirituale possa soccorrere i suoi stessi cittadini a resistere al fascino di Mammone. Vede Firenze come la nuova Gerusalemme, la città Santa, La Mecca e Medina, Qom, come la stessa Gerusalemme del mondo islamico. La sua vita è espressione del senso di una missione che porta a compimento l’essenza del nostro Battesimo: una missione per portare il cielo sulla terra, la luce laddove regnano le tenebre; una missione per trasfondere di grazia la natura, per portare la città di Dio nella città degli uomini, per edificare Gerusalemme nella verde, amena terra d’Inghilterra.

La Provvidenza ha accumulato tesori di storia, grazia, bellezza, intelligenza tanto a Cambridge quanto a Firenze. E ancora oggi il nostro ideale di educazione effonde di santo splendore. Anche noi abbiamo ricevuto un messaggio di pace. Come lo stesso Giorgio La Pira abbiamo ricevuto la missione di essere ‘luce del mondo’. Non può restare nascosta una città collocata sopra un monte. Questa è la nostra vocazione, questo siamo chiamati ad essere. Nelle nostre scelte come nelle incombenze della vita quotidiana. Possiamo ‘rendere gentile la vita di questo mondo’, attivamente partecipare nel flusso della storia verso la ‘profetica utopia’ di Isaia. Anche noi nelle città in cui viviamo, nelle sataniche, tenebrose fabbriche possiamo edificare Gerusalemme. Nel nostro pellegrinaggio, nel disordine-disarmonia di città caotiche, sempre ci saranno momenti bui per ciascuno di noi, ma  

                                        È di notte che è meraviglioso attendere la luce
                                        Bisogna forzare l’aurora a nascere, credendoci.

Noi siamo il Corpo di Cristo. Il Corpo di Cristo trasfigurato, il cui il volto diviene come il sole. E se crediamo, preghiamo, perseveriamo, sappiamo che insieme loderemo Dio in cielo. Loderemo Dio con tutti i Santi che prima di noi hanno pregato in questo luogo. Loderemo Dio in quella Città nella cui luce cammineranno tutte le nazioni, quella Città la cui luce è la gloria di Dio.         


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