In Progress:
Milton ponderously wrote in Paradise Lost:
My interest in Galileo and Milton's encounter began as an undergraduate deeply interested in Milton and desiring to continue in seventeenth-century studies and at the same time wanting to investigate Milton's Italian journeying. Many years later, having become a medievalist and researching Brunetto Latino , Dante Alighieri's teacher, I found myself also visiting the two places associated with Galileo Galilei in John Milton's memory, Vallombrosa and Fiesole, because Latino had written about the Abbot Tesauro of Vallombrosa and had likewise written against the treachery of Catiline at Fiesole, both episodes becoming important in Dante's Commedia.
[Not Finished]
Da Assunta D'Aloi
Milton e
Firenze
Il Paradiso perduto
Imbarcatomi a Nizza, arrivai a Genova, e quindi visitai Livorno, Pisa e Firenze. In quest’ultima città, ch’io ho mai sempre stimata più particolarmente per l’eleganza del suo dialetto, pel suo genio, pel suo gusto, mi soffermai circa due mesi, durante i quali strinsi amicizia con varie persone di grado e di dottrina, e frequentai costantemente le loro adunanze letterarie, colà molto in uso, e che tanto giovano a diffondere la scienza ed a mantenere l’amicizia. Il tempo non potrà cancellare' giammai le care memorie ch’io conservo di Jacopo Gaddi, di Carlo Dati, di Frescobaldi, Castellini, Buonmattei, Chimentelli, Francini ed altri. Da Firenze andai a Siena, poscia a Roma ; dopo avere spesi due mesi circa nel vedere le antichità di quella Metropoli famosa, nella quale ottenni i più amichevoli riguardi da Luca Holstein, uno dei custodi della Biblioteca Vaticana, e da altre persone illustri per ingegno e per dottrina, continuai il mio cammino per Napoli.1
2
È difficile
oggi immaginare che nell'isolato più o meno compreso fra Via
del Melarancio, Via del Giglio (dal numero civico 29r
all'avancorpo con lo splendido portone che dà su Piazza
Madonna degli Aldobrandini) esistesse un tempo una proprietà
signorile, con un parco talmente fiabesco da essere
conosciuto come “Paradiso dei Gaddi”.
I Gaddi, che
risiedevano nel caratteristico palazzo con gli sporti
sull'angolo tra Piazza Madonna e Via dell'Amorino, in Via
del Giglio 13 avevano una ʻseconda casaʼ, l'unica a Firenze
adorna in facciata non del busto di un Granduca Medici, ma
di quello di una Granduchessa, la chiacchieratissima Bianca
Cappello (il busto è ancora in loco).
L'area grosso
modo corrispondente ai numeri 47r-57r di Via del Giglio,
fino allo sprone con il portale che guarda verso le Cappelle
Medicee, era occupata già nel Cinquecento da un magnifico
giardino in cui i Gaddi collezionavano piante esotiche e
rarissime “da molte parti dell'Europa, ma anche d'Egitto e
da altre parti remotissime...cedri...limoni e dell'altre
cose di Napoli (S. Ammirato)...piante nobili come il
ciriegio a grappoli...il lauro regio la mortella spagnuola
l'uva spina...la framula lo scotano il frutto che fa le
lacrime l'albero di giuda (A. Del Riccio)”. I Gaddi,
inoltre, avevano eretto su parte dell'area del giardino una
galleria, dove conservavano “nobilissime statue di marmo”, e
di bronzo, e molti “quadri di pittura di buoni maestri (S.
Ammirato)”. Le fonti descrivono questa galleria come una
bellissima “Wunderkammer”, con meraviglie come tavoli
indiani di alabastro, scettri indiani d'ebano e avorio, vasi
ricavati da corni di rinoceronte, urne egizie. Ai primi del
Seicento i Gaddi fecero disegnare al Cigoli il portale
d'ingresso al Paradiso con i poliedri e lo stemma di marmo
bianco sul frontone (la decorazione con l'arme dei Gaddi è
andata perduta). Ancora oggi passiamo alla sua sinistra
tutti i giorni, quando andiamo verso la Stazione di Santa
Maria Novella imboccando Via del Melarancio e lasciandoci
Piazza Madonna alle spalle: lo vediamo anche, sulla destra
(con lo stemma mediceo, probabilmente posticcio), in questa
incisione di Jacques Callot che rappresenta La famiglia
granducale alla Processione delle Fanciulle.
All'estinzione
della
dinastia dei Gaddi, nel 1796, iniziò la dispersione della
collezione e la decadenza del Paradiso, che venne acquistato
nel 1830 dall'imprenditore Ferdinando Ulivieri. Questi
ottenne il permesso di costruire fabbricati a un piano per
quasi tutta l'estensione del giardino. Infine, nel 1922, il
nuovo proprietario Cesare Galardelli fece edificare sui
fabbricati dell'Ulivieri l'elegante stabile residenziale che
ancora oggi vediamo, riconoscibile dall'intonaco ocra che
imita il bugnato rustico fiorentino di arenaria macigno.
Al civico 11 di Via del
Giglio una targa commemora il soggiorno del poeta inglese
John Milton nelle stanze di Palazzo Gaddi, quando il
Paradiso, al di là del portone, poteva mostrarsi ancora in
tutto il suo splendore. 3
Palazzo Arrighetti-Gaddi si trova in via del Giglio a
Firenze. Il nome non è legato al passaggio da una famiglia
all'altra ma a una vera e propria unione di due palazzi
confinanti, palazzo Gaddi e palazzo Arrighetti, avvenuta nel
Settecento.
In questa zona della città i Gaddi, famiglia dei celebri
pittori Taddeo e Agnolo ma anche di uomini politici e di
ricchi mercanti, aveva numerosi possedimenti: nella vicina
piazza della Madonna degli Aldobrandini il palazzo Gaddi è uno
dei più antichi di famiglia e si riconosce per i tipici
sporti, mentre l'antistante edificio d'angolo con via del
Melarancio sorge sul luogo del celebre giardino chiamato
Paradiso dei Gaddi, cantato da John Milton, che fu
probabilmente ospitato nell'allora Palazzo Arrighetti.
Furono i Gaddi a comprare il cinquecentesco palazzo degli
Arrighetti e a far costruire un nuovo corpo di fabbrica
dall'unione con alcuni loro edifici.
All'interno si trova un atrio che porta allo scalone
monumentale, dove si trova un scultura di Ercole in riposo
lungo la balaustra. Al piano nobile sono presenti alcune sale
magnificamente affrescate, tra le quali spicca quella con
l'affresco sul soffitto attribuito da Luca Giordano e
completata da altre pitture e stucchi.
Nel 1638 Milton venne
in Italia: a Firenze lesse suoi versi in latino all'Accademia
degli Svogliati e s'incontrò forse con Galileo. Il compimento
necessario della sua cultura fu il viaggio in Italia. M. partì
nell'aprile 1638; a Parigi conobbe il Grozio allora
ambasciatore svedese; poi, imbarcatosi a Nizza, arrivò a
Genova, e visitò Livorno, Pisa, e poi Firenze. Quivi si fermò
due mesi, bene accolto dai letterati contemporanei di cui il
M. ci ha lasciato il nome: Iacopo Gaddi, Carlo Dati, Pietro
Frescobaldi, Agostino Coltellini, Benedetto Buonmattei,
Valerio Chimentelli, Antonio Francini.
Il Diodati radunava in casa propria (a Piazza
Madonna) l'accademia degli Svogliati, che fu quella che il M.
frequentò con maggiore assiduità.
In questo periodo dovrebbe avere avuto luogo la
celebre visita a Galileo "invecchiato nella prigionia
dell'Inquisizione per aver pensato in astronomia diversamente
da quanto pensassero i censori francescani e domenicani".
Queste parole dell'Areopagitica sono l'unico
documento dell'incontro, e il Liljegren ha dubitato della
veracità del M., in quanto Galileo era allora malato e
impedito dal comunicare con gli stranieri. Sebbene sia certo
che il M. colorisse alquanto la realtà del suo viaggio in
Italia nelle narrazioni che fece poi, a scopo polemico e
apologetico, nella Defensio Secunda (1654), pure
non si è ancora dimostrato che egli aggiungesse nulla al vero:
tutt'al più si sono scoperte cose che egli aveva taciute, come
i suoi rapporti amichevoli con le autorità di Roma.
Quivi si recò passando per Siena, e si
trattenne per due mesi, ottobre e novembre 1638. Strinse
amicizia con i letterati che allora primeggiavano,
l'Achillini, il Testi, il Rossi detto l'Eritreo, G. B. Derni,
il Ciampoli, Alessandro Cherubini e il Frescobaldi, che lo
presentarono al Cardinal Barberini, nipote di Urbano VIII e factotum
del pontefice. Ai ricevimenti di questo egli conobbe
Eleonora Baroni, la celebre cantante, per la quale scrisse tre
epigrammi latini, Ad Eleonoram Romae canentem. Il M.
stesso ricorda la sua amicizia per Luca Holste (dotto
protestante, ritornato al cattolicismo, e direttore della
Biblioteca Vaticana). Dal registro del collegio inglese a
Roma, allora retto dai gesuiti, risulta che il M. cenò alla
loro mensa il 30 ottobre 1638.
Nel novembre egli partì alla volta di Napoli.
Quivi conobbe il settuagenario Giambattista Manso, che era
stato amico del Tasso e del Marino, come ricorda a sua
gloria il M. stesso negli esametri Mansus (importanti
anche perché vi accenna al suo progetto di comporre un poema
epico di argomento arturiano). Il M. ci dice che aveva
intenzione di viaggiare anche in Sicilia e in Grecia, ma che
le notizie delle lotte civili in Inghilterra gli fecero
riprendere il cammino di casa. Non certo in fretta, perché a
Roma si trattenne altri due mesi (gennaio e febbraio 1639),
insidiato, egli ci racconta, dalle spie, ma non per questo
meno libero e indipendente nel suo parlare: altro
particolare che è posto in dubbio e nel quale è probabile
che vi sia dell'esagerazione. Il complotto contro il M.
sembra contrastare con le altre testimonianze della buona
accoglienza fattagli a Roma; ma quanto al parlare schietto e
all'indipendenza del giudizio, essi sono manifestati dal M.
per tutta la sua vita. Altri due mesi li passò a Firenze, e
fece un'escursione a Lucca. Della sua visita a
Vallombrosa sono eloquente testimonianza i celebri versi
del Paradiso perduto (I, 301 segg.). Poi si
recò a Venezia, traversando gli Appennini per Bologna e
Ferrara. Egli aveva comprato molti libri di musica, che
spedì per mare a Venezia. Finalmente lasciò l'Italia,
passando per Verona e Milano, e lungo il lago Lemano giunse
a Ginevra. Nella capitale del calvinismo ebbe lunghi
colloquî col teologo Giovanni Diodati, zio dell'amico Carlo,
che proprio in quel tempo moriva. Per lui il M. ritornato in
Inghilterra scrisse l'elegia latina Epitaphium Damonis.
4
Dizionario Biografico degli Italiani - Volume
51 (1998)
GADDI,
Jacopo. - Nacque a Firenze nei primi
anni del sec. XVII. Il padre Camillo, primogenito di Jacopo
Pitti - insigne studioso e politico - e di Maddalena di
Sinibaldo Gaddi, aveva assunto il cognome materno secondo il
testamento di Sinibaldo.
Piuttosto scarsi sono i dati sulla sua
giovinezza e sui suoi studi. La prima notizia certa lo vede
promotore e principe dell'Accademia degli Svogliati, che ebbe
origine proprio in seguito ad alcune dotte riunioni che si
tenevano nella sua casa. Qui venne fondata il 5 nov. 1620,
anche se si dotò di nome definitivo, di leggi e impresa
soltanto il 22 genn. 1637.
L'accademia fiorì sino al 1648, occupandosi
principalmente di filosofia, arte militare e poesia, e
accogliendo i più illustri letterati ed eruditi della Firenze
del tempo, tra cui Alessandro Adimari e Poliziano Mancini. Tra
i corrispondenti esterni di questo circolo va annoverato anche
Gabriello Chiabrera, che probabilmente ai suoi componenti fa
riferimento, chiamandoli "amici", in un sermone intitolato Contro
l'effemminatezza dei giovani italiani, e proprio al G.
indirizzato. Lo stesso John Milton, durante il suo soggiorno
fiorentino del 1638-39, che lo vide ospite presso la dimora
dei Gaddi, prese parte ad alcune adunanze degli Svogliati (16
e 17 sett. 1638, 24 e 31 marzo 1639), leggendo in una di
queste occasioni un componimento latino in esametri. Allo
stesso periodo va anche fatto risalire l'ingresso del G. in
una delle più prestigiose accademie dell'epoca, quella degli
Incogniti di Venezia, che gli riserveranno tra l'altro una
biografia celebrativa nelle loro Glorie.
Il primo testo degno di rilievo composto
durante questi anni è il Corollarium poeticum
(Patavii 1628, poi Florentiae 1636).
Si tratta per lo più di componimenti
d'occasione scritti per personaggi illustri spesso preceduti
da una introduzione allegorica subito esplicata. Tali
composizioni inaugurano peraltro un periodo denso di opere che
intrecciano la forte tendenza al genere dell'elogio con
intenti storico-antologici.
Ciò viene in particolare testimoniato dall'Elogiographus
scilicet
Elogia omnigena (Florentiae 1638), inizialmente in
latino e poi tradotto in italiano da alcuni membri illustri
dell'Accademia degli Svogliati (Firenze 1639). Sempre in
questa chiave erudita va inoltre ricordato un suo Trattato
istorico della famiglia Gaddi (Padova 1642). Importante
anche il suo De scriptoribus non ecclesiasticis, Graecis,
Latinis, Italicis Primorum gradum (I, Florentiae 1648;
II, Lugduni 1649).
Si tratta di una storia letteraria di ampio
respiro, suddivisa in cinque classi: filosofica, poetica,
storica, oratoria e critica. Ognuna di esse contiene profili
biografici e critici a partire dalla classicità fino a
giungere all'epoca del compilatore. In quest'ambito, e tra le
molteplici prese di posizione, va segnalata soprattutto
l'attenzione alla tradizione fiorentina. Essa viene guardata
in particolare sotto il profilo storico-trattatistico, e in
questo senso notevole è il rilievo dato a Machiavelli e
Guicciardini e al dibattito da essi suscitato. Da notare
anche, nello stesso contesto, l'importanza decisiva e
fondativa attribuita alla figura di Dante, che ne testimonia
la fortuna nel primo Seicento. Quella del G. fu tra le storie
letterarie più apprezzate del periodo, spesso citata e
discussa dagli eruditi contemporanei.
Il 1649 sembra anche rappresentare una data
decisiva nella biografia del G.: le sue opere si diradano e
gli Svogliati interrompono le loro riunioni. Probabilmente è
proprio a questa data che si può far risalire un oscuro
episodio della sua vita, peraltro appena accennato da uno dei
suoi maggiori biografi, l'Inghirami. In seguito a trame
verosimilmente interne alla sua stessa famiglia - che gli
procurarono una non meglio precisabile ostilità da parte di
Ferdinando II - il G. venne costretto a un lungo esilio che si
protrasse fino all'anno della morte.
È significativo che tutta la produzione
successiva a tale data, la cui notizia ci è stata soltanto
tramandata, rimanga inedita: così una Dissertazione
sullo stato antico della Repubblica fiorentina, opera,
peraltro, alla quale l'autore doveva tenere in modo
particolare, e non a caso menzionata come appena intrapresa
nella seconda parte del De scriptoribus non
ecclesiasticis. Andrebbero ancora ricordati in questo
elenco di testi rimasti sullo scrittoio un poema eroico,
intitolato Politicus, sive Respublica liberata, e un
trattato sulle Familiae Florentinae insignes.
Il G. morì in esilio, in località ignota, nel
1668. 5
Fonti e Bibl.: M. Guglielminetti - M. Masoero, Lettere e
prose inedite… di Giovanni Ciampoli, in Studi
seicenteschi, XIX (1978), pp. 203, 211 s., 226 (lettere
di Ciampoli al G.); Glorie degli Accademici Incogniti,
Venezia 1647, pp. 181-183; Liriche di G. Chiabrera,
per cura di F.L. Mannucci, Torino 1926, pp. 209-211; G. Negri,
Istoria degli scrittori fiorentini, Ferrara 1722, pp.
326-328; D. Moreni, Bibliografia storico-ragionata della
Toscana, Firenze 1805, I, pp. 403 s.; II, p. 497; F.
Inghirami, Storia della Toscana, s.l. 1844, pp. 109
s.; A. Belloni, Il Seicento, Milano 1929, p. 159; M.
Maylender, Storia delle Accademie d'Italia, Bologna
1930, V, pp. 287-289; P. Rebora, Milton a Firenze,
in Interpretazioni anglo-italiane, Bari 1961, pp.
144, 149, 153.
Fonti Web
1)
John Milton, Secunda
Defensio, 1654: Il
Paradiso Perduto di Giovanni Milton, Trad. Antonio
Bellani e con una vita di Milton-1856,Unione Tip. Editrice
Torino, 1856
2) La
Vita di Ferdinando I de’ Medici, Cristina di Lorena alla
processione delle fanciulle, immagine tratta da “Il Paradiso perduto” in Lungarno, Aprile
2013, p.15
3) Gian Napoleone Giordano
Orsini, 'John Milton' - Enciclopedia Italiana (1934)
4)
Isabella
Tronconi, “Il Paradiso perduto” in Lungarno, Aprile
2013, p.15
5)
Fabio
Tarzia, 'Jacopo
Gaddi', Dizionario Biografico degli Italiani - Volume
51 (1998)
FLORIN
WEBSITE © JULIA
BOLTON HOLLOWAY, AUREO ANELLO
ASSOCIAZIONE, 1997-2024:
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