LA CITTA`
E IL LIBRO I & II
EVENTI
INTERNAZIONALI
A
FIRENZE, 2001-2002
THE CITY
AND THE BOOK I & II
INTERNATIONAL
CONGRESSES
IN
FLORENCE, 2001-2002
ATTI/
PROCEEDINGS
Incisione, Bruno Vivoli, Repubblica di San Procolo,
2001
MAIRE HERBERT
TWO PAPERS
ON ITALY AND IRELAND
Lorica di san Patrizio (385-461)
{ Io sorgo quest'oggi con la
forza del Cielo
i raggi del sole,
la luminosità della luna,
il bagliore del fuoco,
la velocità del lampo,
la velocità del vento,
la profondità del mare,
la stabilità della terra,
la solidità della roccia.
{ Io sorgo quest'oggi con la
possanza di Dio,
la potenza di Dio mi conforti,
la saggezza di Dio mi guidi,
l'occhio di Dio vigili innanzi a
me,
l'orecchio di Dio mi ascolti,
la parola di Dio parli per me,
la mano di Dio mi conduca,
le vie di Dio siano innanzi a
me,
lo scudo di Dio mi protegga,
le schiere celesti mi salvino
dai lacci del diavolo,
dalle tentazioni a peccare,
da tutti coloro che mi vogliono
male,
vicini e lontani,
quando solo e con gli altri.
{ Possa Cristo proteggermi
quest'oggi
dal veleno e dal fuoco,
dall'annegare e dall'esser
ferito,
così ch'io possa compiere la mia
missione
e dare frutto in abbondanza.
Cristo dietro e innanzi a me,
Cristo dietro e sopra di me,
Cristo con me ed in me,
Cristo vicino a me e uniito a
me,
Cristo alla mia destra e alla
mia sinistra,
Cristo quando vado a dormire la
sera,
Cristo quando mi alzo al
mattino,
Cristo nel cuore di ogni uomo
che mi pensa,
Cristo sulla bocca di tutti
coloro che parlano di me,
Cristo in ogni occhio che mi
vede,
Cristo in ogni orecchio che mi
ascolta.
{ Io sorgo con la potenza della
Trinità,
con la fede nella Trinità,
con la fede nell'Unità,
del Creatore del cielo e della
terra.
IL MONACHESIMO E IL LIBRO IN
EUROPA I : presiede, dott.ssa Giovanna Lazzi, Direttrice,
Biblioteca Riccardiana
Giovanni Villani, Cronica I.lix. 'Troviamo
che la nostra città di Firenze si resse sotto la guardia dello
imperio de' Romani intorno di 350 anni, dappoichè prima fu
fondata, tenendo legge pagana e coltivando gl'idoli,
contuttochè assai v'avesse de' cristiani per lo modo ch'è
detto, ma dimoravano nascosi in diversi romitaggi e
caverne di fuori dalla citta, e quelli ch'erano dentro
non si palesavano cristiani per la tema delle persecuzioni che
gl'imperadori di Roma, e de' loro vicari e ministri facevano
a' cristiani, infino al tempo del grande Costantino figliuolo
di Costantino imperadore, e d' Elena sua moglie figliuola del
re di Brettagna, il quale fu il primo imperadore cristiano` .
. .'
In Irlanda: Il Retaggio dei
peregrini irlandesi in Toscana
Prof.ssa Maire Herbert,
Universita` di Cork
{ Gli irlandesi che viaggiavano come peregrini nell'Europa continentale lasciarono tracce della loro presenza nelle copie delle Scritture e nei loro libri liturgici. Nei libri di esegesi così come nei libri di grammatica latina, sovente forniti di glosse nella loro lingua nativa. Un altro indice della loro presenza è dato dal fatto che continuarono a commemorare nelle nuove sedi i santi nativi irlandesi. In questa introduzione al retaggio dei peregrini irlandesi nell'Italia del Nord mio intento è considerare questi due aspetti del loro contributo, con una breve disamina di alcuni manoscritti e testi che sono giunti fino a noi, e anche indagare lo zelo con cui mantennero vivo il culto di Santa Brigida che ha stretti vincoli con questa città.
Inizio con una annotazione presente in un documento
dell'850 che attesta come Donato, Vescovo di Fiesole, cedette
a Bobbio una chiesa a Piacenza dedicata a Santa Brigida
(450-523), a condizione che si offrisse ospitalità a ciascun
compatriota irlandese che vi giungesse come pellegrino. Questo
singolo documento racchiude molti importanti aspetti del
retaggio dei monaci irlandesi nell'Italia del Nord, nel
periodo tra il VII e il X secolo. La storia inizia con
Colombano che lascia la natia terra irlandese intorno al 590 e
che dopo una carriera fatta di alterne vicende in Francia
trascorre gli ultimi anni della sua vita nella regione degli
Appennini, precisamente a Bobbio, dove muore il 23 novembre
del 615. Colombano fu il pioniere della prima ondata di
emigrazione irlandese nell'Europa continentale. Questa
emigrazione era fondamentalmente una disciplina ascetica. Un
omelista irlandese del VII secolo rispecchia l'ideale del
"martirio bianco" del tempo. Vale a dire la rinuncia ad ogni
cosa tenuta cara di contro al sacrificio di sangue dei primi
Cristiani.
L'Omelia di Cambray{ Questo è il martirio bianco per l'uomo: quando per amore di Dio si separa da tutto ciò che ama, pur patendo digiuno e fatica.
Questo è il martirio verde per lui: quando per mezzo di digiuno e fatica si distacca dai suoi desideri, patisce tribolazioni per penitenza e contrizione.
Questo è il martirio rosso per lui: sopportazione della croce o prostrazione per amore di Cristo, così come per i discepoli nelle persecuzioni subite dai malvagi nel loro ammaestramento alla legge di Dio.
Il primo monachesimo irlandese, tuttavia, coniugava ascetismo e sollecitudine verso gli altri. Gli ecclesiastici che lasciavano l'Irlanda per vivere come peregrini erano così dediti all'attività missionaria, alla cura pastorale, alla predicazione o all'insegnamento. Accanto a coloro i quali optavano per un esilio permanente vi erano coloro i quali compicano pellegrinaggi ai grandi luoghi santi della cristianità, a Roma in particolare.
Successivamente, a seguito delle incursioni vichinghe, che ebbero inizio alla fine dell'VIII secolo, riscontriamo una differente emigrazione irlandese, vale a dire l'emigrazione forzata di studiosi e maestri che fuggivano dallo sfacelo della vita monastica e cercavano all'estero un sicuro rifugio per il sapere. Il nostro Vescovo di Fiesole, Donato, verosimilmente apparteneva alla seconda categoria. Sembra sia giunto in Italia come studente o compagno di un altro studioso irlandese, di nome Dungal, che inizialmente, nei primi anni del IX secolo, fu alla corte carolingia ed fu in seguito illustre maestro a Pavia. Sembrerebbe che questi esuli eruditi del IX secolo nell'Italia del Nord condividessero la tradizione degli irlandesi loro predecessori. Dungal pare essersi ritirato a Bobbio negli anni fra l'830 e l'840 donando una collezione di libri alla biblioteca del monastero. Come abbiamo già osservato, Donato fece una donazione a Bobbio a beneficio dei pellegrini irlandesi. La vita di Donato, inoltre, descrive la sua decisione di lasciare l'Irlanda in termini analoghi a quelli della vita di Colombano, facendo riferimento all'ispirazione del Vangelo, ed ugualmente citando il comando di Dio ad Abramo " Exi de terra tua". Cosi, quantunque in realtà le condizioni fossero differenti, gli esuli irlandesi di epoca più tarda evidentemente si considerarono eredi del retaggio di Colombano e cercarono, tramite i loro contatti con Bobbio, di rafforzare nell'Italia del Nord i legami tra i pellegrini irlandesi del passato, del presente e del futuro.
Colombano e gli altri monaci suoi compagni
portarono con sé dall'Irlanda un saldo attaccamento alle
Scritture, alla scrittura, allo studio, e ai loro santi
nativi. Jonas, biografo di Colombano, racconta che il santo
fin da giovane quando in Irlanda era capace di spiegare i
Salmi in un linguaggio chiaro, come pure di comporre testi
destinati ad essere cantati o usati per l'insegnamento.
Sebbene il libro dei Vangeli, ora conservato a Torino,
tradizionalmente identificato come quello di Colombano, sia
stato dimostrato come appartenente ad epoca più tarda, la
credenza, tuttavia, che il santo portasse le Scritture sempre
con sé si accorda con quello che sappiamo riguado alla loro
centralità nella sua vita e nei suoi scritti. Una breve
disamina dei manoscritti che si sono conservati a Bobbio,
quelli portati dall'Irlanda e quelli scritti e glossati da
irlandesi quando si trovavano nell'Europa continentale,
riflette la continuità della visione del fondatore e
dell'attività nell'Italia del Nord nei secoli successivi alla
sua morte. I libri della biblioteca di Bobbio comprendono il
famoso ANTIFONARIO DI BANGOR, libro liturgico del tardo VII secolo portato
dal monastero nel Nord dell'Irlanda dove Colombano ricevette
la sua formazione monastica.
ANTIPHONARIUM BENCHORENSE , Bibl. Ambr. C.5.inf.
Là si conserva anche un commento ai Salmi con ampie glosse in irlandese antico, datato al IX secolo, parti di commenti a Matteo e Marco, analogamente datate e glossate, e un frammento della seconda lettera di San Pietro. A Bobbio sono anche custoditi scritti, lettere e sermoni di Colombano. Per quanto concerne la devozione verso il santo, la regione nativa di Colombano in Irlanda era Leinster, dove il culto di Brigida aveva il suo centro principale a Kildare. Sebbene non vi sia, dunque, alcuna prova diretta, pare probabile che il fondatore di Bobbio ebbe parte nell'introduzione del culto di Brigida nella regione. Ritorneremo su questo punto più avanti.
Tra i testi dei peregrini irlandesi
in Italia l'ANTIFONARIO DI
BANGOR riveste particolare
importanza. Esso attesta l'uso liturgico di testi biblici
nell'ufficio monastico del monastero d'origine di Colombano in
Irlanda circa un secolo dopo la sua morte. Il contenuto del
manoscritto, cantici, inni, antifone e collette, indica che fu
compilato per l'uso di chi doveva presiedere l'ufficio
monastico. Sembra, inoltre, che il manoscritto sia stato
concepito per essere facilmente trasportabile, in tal modo
suggerendo che alla fine del VII secolo la comunicazione e
l'interazione liturgica tra Bangor e Bobbio continuava ad
essere mantenuta. L'ANTIFONARIO
può forse rappresentare un
testo riveduto della liturgia di Bangor portata in
Italia. Esso include anche un inno che è stato identificato
come un componimento di Colombano stesso e antecedente alla
sua partenza dall'Irlanda.
{ Precamur patrem regem omnipotentem
et Iesum Christum sanctum quoque spiritum
Deum in una perfectum substancia
trinum persona, unum in essentia
. . .
Surdi sanantur caeci atque leprosi
funere truso suscitantur mortui
Totidem panes quinque dividit virum
saturaturis proculdubio milibus
. . .
Rogo quam tantis talibusque donariis
vicem condigne possumus rependere?
Solum oramus hoc idemque maximum:
nostri aeterne misere domine. Alleluia
Questo inno Precarum Patrem, sembra sia stato
concepito in particolare per essere recitato nella liturgia
del Sabato Santo, visto che pone in rilievo l'immagine di
Cristo come luce che sconfigge le tenebre. Il punto focale,
tuttavia, si estende più ampiamente alla vita di Cristo,
raccontata concisamente e continuativamente dalla Natività
alla Resurrezione. Il racconto poetico di quanto il Nuovo
Testamento narra della vita di Cristo, è in modo analogo
attestato in versi irlandesi in volgare del secolo VIII,
attribuiti ad un poeta di nome Blathmac e preservati in un
manoscritto del XVIII secolo nella Biblioteca Nazionale
d'Irlanda. Questo componimento si apre con la crocifissione, e
il poeta si unisce a Maria nel compiangere suo figlio. Come
Colombano, tuttavia, questo poeta ricorda Cristo anche
nell'intero corso dell'esistenza umana e più estesamente di
Colombano. Blathmac rende in versi i contenuti della Sacra
Scrittura, dalla nascita di Cristo fino alla sua resurrezione.
Biblioteca Nazionale d'Irlanda MS G 50: I CARMI DI BLATHMAC
{ Vieni a me, devota Maria, che io possa dolermi con te per il tuo diletto.
Quale dolore che il figlio tuo dovesse esser crocifisso, lui diadema meraviglioso, splendido eroe.
La tua stirpe arrestò il figlio tuo, Maria, lo flagellò. Ecco, lo colpirono la verde canna, i pugni sulle guance sanguinanti.
Possa io vivere in questo mondo fino alla vecchiaia con il Signore che governa il Cielo stellato per essere accolto poi nel sempiterno regno.
Alla venuta dcl figlio tuo colmo di sdegno, la croce sulle spalle sanguinanti avresti tu salvato ogni amico che l'avesse compianto.
A me sembra che le opere di questi due monaci irlandesi si illuminino e si integrino a vicenda. Entrambi convertono in termini cristiani il nativo debito poetico irlandese di lode per un signore o protettore ricordandone le opere. Entrambi i nostri autori si preoccupano della reciprocità coinvolta nel rapporto fra protettore e poeta. Colombano, esprimendo l'impossibilità di un'adeguata replica poetica, vuole che il suo componimento sia considerato una preghiera per impetrare misericordia. Il poeta in volgare, Blathmac, rivolgendosi a Maria, chiede che il suo componimento per Cristo gli ottenga lunga vita e il paradiso, e anche la salvezza a tutti coloro i quali lo reciteranno. Sia il componimento di Colombano, per l'uso monastico comunitario a Bangor e Bobbio, sia il testo irlandese in volgare destinato alla devozione privata, condividono una spiritualità fondata sui valori del Vangelo ed integrata nella tradizione natia della celebrazione per mezzo del ricordo nella narrazione.
È bene tener presente che poche sarebbero le nostre conoscenze riguardo a queste cose e ai testi biblici irlandesi - liturgici ed esegetici - e persino per quanto concerne l'irlandese primitivo - se nei monasteri continentali come Bobbio non si fossero conservati dei manoscritti portati dall'Irlanda. Naturalmente la circolazione non avveniva esclusivamente in un'unica direzione. La vivida qualità pittorica dei versi sulla vita di Cristo nei componimenti di Blathmac ha fatto pensare che il poeta probabilmente subì l'influsso della rappresentazione figurativa della narrazione biblica presente negli affreschi che decorano le chiese romane, ad esempio la chiesa di Santa Maria Antiqua. Mentre in questo caso particolare non abbiamo alcuna prova diretta, sappiamo con certezza che il viaggio verso e da Roma di ecclesiastici irlandesi con molta probabilità aveva portato in Irlanda testi, reliquie ed opere d'arte. Il contatto con Roma divenne particolarmente importante durante la controversia del VII secolo sulla datazione della Pasqua nella Chiesa irlandese. Di fatto, gli ecclesiastici irlandesi che favorirono unità di osservanza con la Chiesa universale arrivarono ad essere conosciuti come (o a riferirsi a se stessi come) "Romani". Gli agiografi irlandesi a partire dall'VIII secolo attribuirono ai loro santi contatti con Roma al fine di porre in rilievo il ruolo da essi giocato nell'unità della Cristianità. Nel testo dell'VIII secolo di una vita di Brigida alla santa è attribuita una visione delle messe che vengono celebrate a Roma sulle tombe di Pietro e Paolo. Ella chiede che le sia portata quella forma liturgica e quella "della norma universale". Dopo qualche tempo, dunque, dichiara di aver percepito che alcune cose nella liturgia della messa erano state mutate a Roma subito dopo il ritorno dei messi. Li invia pertanto nuovamente a Roma affichè ottengano la versione più recente. In termini agiografici ciò che i seguaci monastici di Brigida andavano affermando era il loro contatto con Roma così come con le sue più recenti consuetudini liturgiche.
Possiamo, dunque, sostenere che il consolidarsi del culto di Brigida in Italia fu un processo che procedeva in parallelo con i diversi tipi di "peregrinatio" irlandese nel periodo compreso tra il VII e il X secolo. Il nesso che ho già suggerito tra la missione di Colombano e l'introduzione del culto di Brigida trova sostegno nel fatto che dintorno a San Gallen la memoria di Brigida è in stretta relazione con il protettore locale che giunse in quest'area in compagnia di Colombano. Successivamenta i seguaci monastici di Brigida nell'Irlanda del VII e dell'VIII secolo misero in rilievo il loro rapporto con Roma. E queste tradizioni persistettero. Ritroviamo, infatti, una leggenda in relazione alla fondazione della chiesa di Brigida a Piacenza in una prefazione irlandese in forma di inno dell'XI secolo. Questa narra che tre membri della famiglia della santa in cammino alla volta di Roma raggiunsero "Blasantia", dove si salvarono da un tentativo di avvelenamento tramite la recita di una eulogia di Brigida, che miracolosamente apparve in mezzo a loro. L'apparizione della santa convertì il potenziale assassino che concesse la propria dimora o l'intera città di "Blasantia" a Brigida. La leggenda conferma l'esistenza di una connessione tra i contatti romani della comunità di Brigida in Irlanda nel VII e nell'VIIIsecolo e il consolidarsi del culto di Brigida nei luoghi toccati sulla via di pellegrinaggio a Roma. Nel IX secolo, dunque, il terzo tipo di viaggiatore irlandese, lo studioso, il Vescovo Donato di Fiesole, diede il suo contributo particolare per promuovere il culto di Brigida come patrona dei pellegrini che visitavano Piacenza scrivendo anche una nuova vita di Brigida in versi.
Dal VII secolo in poi Brigida era stata commemorata
in Irlanda con vitae in prosa latina, ma i testi
superstiti sono conosciuti solo in quanto numerose copie
manoscritte furono realizzate nell'Europa continentale. La vita
di Brigida è, infatti, probabilmente la più copiata di tutte
le vitae di donne sante di epoca alto medievale in
Europa. Nessuna copia delle primitive vitae, tuttavia,
sopravvisse in Irlanda. È ai peregrini che dobbiamo la
nostra conoscenza di questi documenti molto importanti
dell'agiografia irlandese. Mentre non abbiamo alcuna
antichissima copia manoscritta italiana di una vita di
Brigida del VII secolo, abbiamo invece prova che queste vitae
circolavano tra gli irlandesi in Italia. Un componimento
poetico di un irlandese di nome Colman, che si riteneva fosse
stato composto a Roma, ricorda uno dei più conosciuti miracoli
di Brigida, l'episodio del mantello
sul raggio di sole. Una storia interessante anche in
quanto sembra sia modellata su un racconto apocrifo che
riguarda Gesù bambino che gioca su un raggio di sole come
fosse una solida trave di legno. Colman termina i suoi versi
su Brigida asserendo che lascia ad altri la narrazione delle
molte altre virtutes della santa.
Versus Colmani episcopi de sancta Brigida{ Quodam forte die caelo dum turbidus imber,
Dum subito gelidi glomerantur ab aethere nimbi
Nubibus et largos dum fundit Aquarius amnes,
Carpsit iter medii properans per pascua campi,
Intravitque domum madida cum veste puella,
Quam veteres Brigitam dudum dixere parentes.
Interea sacre motat dum tegmina vestis
Humida nec mediis posset suspendere tectis.
Venit ab exigua lapsus tum forte fenestra
Luciflui radius vibranti lumine solis,
Lustravitque domum sacraque in veste refulsit.
Tunc unus numero mixti sine nomine vulgi
Egregiam tali delusit fraude puellam,
Nam teretes radios ceu fortia robora monstrat
Et trabibus suasit tremulis expandere vestem.
Ille dolos versat, pure sed pectore virgo
Credidit et radiis vestem vibrantibus aptans
Expandit medio stillantia pallia tecto.
Aere quae in vacuo divino numine fulta
Pendebat radiis, visu mirabile, vestis,
Nec rutilos solis radios pendentia rumpunt
Pallia dum toto stillarent humida libo,
Sed valido madidus ceu fune pependit amictus.
Obstupuere omnes famamque spargere certant,
Virginis extollunt nomen Christumque fatentur,
Non solum minimis vestem qui fulsit athomis
Cunctam sed proprio sustentat numine molem,
Principio totum patris qui viribus orbem
Condidit ex hihilo, semper cui sidera parent,
Cui virtus aeterna dei, qui dextera patris,
Creditur ingenito genitum de lumine lumen.
Haec pausa ex multis discant me vate legentes
Eximio Christi gessit que munera virgo
Cetera nunc aliis post me scribenda relinquo.
Il Vescovo Donato di Fiesole, il compatriota di
Colman, pare abbia raccolto la sfida.
Uita Metrica Sanctae Brigidae
Has ego Donatus uirtutes sanguine Scottus[Manoscritti: Rome, Bibl. Vaticana, Barberini 586; Monte Cassino 232; Firenze, Bibl. Laurenziana, Mugellanus de Nemore 13; Pistoia, Archivio Vescovile I; Roma, Bibl. Universitaria Alessandrina 91.]
Bricte descripsi, presul et exiguus
Uirginis; indocto carptim sermone repertas
Pangere presumpsi carmine dactilico.{ Christe Dei uirtus splendor, sapientia Patris
In Genitore manens, genitus sine tempore et ante
Saecula; qui nostram natus de uirgine formam
Sumpsit, nutritus, lactatus ab ubere matris;
Qui sancto nostras mundans baptismate culpas,
Et noua progenies caelo perduciter alto;Tu quoque, qui tantas pro nobis sumere poenas
Dignatus miseris caelestia regna dedisti
Da mihi precelsas Paradisi scandere scalas,
Fac bene pulsanti portas mihi pandere uitae.
Non mihi pes ueniat tumidus, non hostis auarus,
Necne externa manus me tangat, praemia tollat;
Sed me, Christe, tuum miserum nunc suscipe seruum,
Ut merear pauidus conuiuas uiscere claros,
Quo tecum gaudent uideam conuiuia sancti,
Quo cum Patre manens regnas per saecula semper,
Spiritus et sanctus pariter, Deus impare, gaudet.Martyribus Christi pendentia uiscera gentesFinibus occiduis describitur optime tellus,
Dentibus infestum tradebant saepe leonum
Corpora sanguineis ursorum morsibus aptant:
Ungula heu carnes detraxit ferrea costis.
Nomine et antiquis Scottis scripta libris.
Diues opum, argenti, gemmarum, uestis et auri:
Commoda corporibus aere, putre solo,
Melle fluit pulchris et lacte Scotia campis,
Uestibus atque armis, frugibus, arte, uiris.
Ursorum rabies nulla est ibi, seua leonum
Semina nec umquam Scotica terra tulit.
Nulla uenena nocent nec serpens serpit in erba
Nec conquesta canit garrula rana lacu.
In qua Scottorum gentes habitare merentur:
Inclita gens hominum milite, pade, fide.
De qua nata fuit quondam sanctissima uirgo
Brigida, Scottorum gloria, nomen, honor.
La vita di Brigida in forma metrica attribuita a Donato sopravvive in quattro copie principali tutte a quanto pare di provenienza toscana. Il testo mostra una stretta, anche se non diretta relazione, con la cosiddetta Vita Prima di Brigida, riconosciuta come una fusione dell'VIII secolo di tre vitae del VII. Possiamo supporre che entrambe le opere attinsero indipendentemente dallo stesso materiale. Perché mai Donato scrisse ancora un'altra vita anche se evidentemente circolavano vitae della santa dall'Irlanda? Dall'opera di Donato si evince come egli si concentri in particolare sui lettori dell'Europa continentale piuttosto che non sugli emigrati irlandesi che avevano familiarità con la santa. Donato sostituisce una forma agiografica divenuta di moda nei circoli carolingi, quella cioè di un'epica latina in esametri, con le allora comuni narrazioni in prosa latina commiste a tipiche espressioni irlandesi sotto l'influsso delle storie irlandesi in volgare. Nell'esaltare le opere di Brigida agli ecclesiastici toscani, l'aspirazione di Donato fu chiaramente quella di presentare la sua opera in modo tale da invitare all'accoglienza, e senza che la forma distraesse dal contenuto.
Apprendiamo molto di più del punto di vista
dell'autore dai suoi prologhi. Due inni su Cristo e sui santi
contestualizzano il racconto di Donato di Brigida. Nel primo
inno troviamo una lode a Cristo per mezzo di una breve
rievocazione di ciò che Egli ha compiuto per l'umanità, la sua
morte e resurrezione, in particolare. Alla fine vi è la
supplica del poeta stesso per la misericordia di Cristo e la
salvezza eterna. L'adozione di questa forma poetica suggerisce
che Donato considerava la sua opera in modo analogo a ciò che
abbiamo precedentemente osservato nei versi di Colombano
e di BLATHMAC, e, dunque, entro una cornice di reciprocità
relazionale tra poeta e protettore. Il Vescovo Donato si
preoccupa anche dell'appropriato protocollo, dal momento che
accorda a Cristo il primo posto come suo protettore
prediletto, procede poi a celebrare i santi, a partire dai
martiri, e continua con la lode di Brigida, in particolare.
Donato, inoltre, prima di narrare le opere di Brigida, include
dei versi in lode dell'Irlanda, terra natia della santa e sua
propria terra natia. Questo ci induce a pensare all'esule
Donato come a colui che ricorda la madre patria come una sorta
di paradiso biblico. La collocazione di questi versi nel suo
testo agiografico suggerisce, tuttavia, che Donato indugiava
su qualcosa di più importante in quanto desiderava collegare
l'irlandità di Brigida con la sua santità. Dichiarando ad un
pubblico toscano che le opere di Brigida meritassero il
riconoscimento nel canone universale della santità, egli
afferma, al contempo, che questa grande santa era sua
compatriota.
Asserita l'irlandità di Brigida, Donato tralascia i particolari, abbreviando i dati biografici presenti nelle fonti cui fa riferimento. È più interessato a dimostrare lo stato di grazia della santa con Dio che non ad esporre un percorso in ordine cronologico. Brigida è chiamata " virgo Dei" o "sancta Dei", ed è enfatizzata la potenza divina che si era manifestata nelle opere che le fu concesso compiere. I miracoli di assistenza predominano. I malati ed i disabili sono guariti, i lebbrosi sanati, il cibo miracolosamente moltiplicato, l'acqua trasformata in birra o latte, gli oggetti smarriti sono restituiti, gli oggetti rotti restaurati. Brigida è una santa che offre la sua protezione, che riesce a provvedere a tutti i bisognosi, una santa che risana. E' guida dei dispersi, dona generosamente. Brigida viene, inoltre, presentata come molto aperta. Non è segregata in clausura, vaga per la campagna incontrando e assistendo gente di ogni condizione sociale. Le sue opere proclamano le virtù dell'umiltà e della carità e i pochi esempi di punizione in cui ha esercitato la sua autorità derivano dai peccati contro queste virtù. Donato, nel suo ruolo pastorale, presenta Brigida come una santa capace di interagire con re e vescovi, ma che ha particolare cura dei poveri e degli afflitti. E' una degna protettrice a cui l'intera comunità deve rendere omaggio.
L'epitaffio di Donato enfatizza il ruolo preminente
che egli ebbe nella vita pubblica nell'Italia del Nord e come
studioso e come personalità ecclesiastica autorevole capace di
interagire con il potere secolare.
{ Hic ego Donatus, Scotorum sanguine cretus,
solus in hoc tumulo, pulvere, verme, voror.
Regibus Italicis servivi pluribus annis,
Lothario magno, Ludovicoque bono,
Octenis lustris septenis insuper annis,
post Fesulana praesul in urbe fui.
Grammata discipulis dictabam scripta libellis;
schemmata metrorum, dicta beata senum.
Posco, viator, adis quisquis pro munere Christi,
te, modo, non pigeat cernere busta mea,
atque precare Deum, regit qui culmina caeli,
ut mihi concedat regna beata sua.
In parallelo, la stessa memoria di Brigida da parte di Donato coniugava tradizione irlandese e cultura carolingia, dal momento che la narrazione delle opere della santa in esametri epici adempiva l'ufficio della lode poetica per un protettore attendendo una ricompensa spirituale. Il componimento di Donato suggerisce l'idea che Brigida quantunque appartenesse all'Irlanda fosse al contempo anche parte del più vasto mondo e della stessa Toscana. Il fatto che la Toscana conservasse manoscritti della Vita di Brigida e ne preservasse il nome deve con certezza essere attribuito a Donato, e fondamentalmente alla sua convinzione che le opere di Brigida non fossero semplicemente materia di storia o di sollecitudini clericali ma servissero come ispirazione universale per tutti i tempi.
Il nostro più antico riferimento documentario a Brigida, inoltre, si trova in un testo irlandese in volgare datato intorno al 600 d. C., dove leggiamo di lei: " Ella sarà un'altra Maria, madre dell'altissimo ". La devozione a Brigida fu, dunque, associata alla devozione mariana. Un testo in volgare sulla vita di Brigida, datato intorno al 900 d. C., riporta una profezia della venuta di Brigida al suo sito irlandese di Kildare con queste parole: "questo luogo è aperto al cielo...; ed oggi una fanciulla per la quale esso è stato preparato da Dio giungerà a noi come Maria ". Gli stretti contatti geografici tra Santa Brigida ed i luoghi mariani in Toscana, come il Sacro Convento di Monte Senario e il Santuario della Madonna delle Grazie al Sasso, rispecchiano un legame tra Brigida e Maria che si estende indietro nel tempo fino ai primordi della cristianità in Irlanda.
Santuario della Madonna delle Grazie al Sasso, sopra
l'eremo di Sant'Andrea d'Irlanda. A valle si trova la grotta
eremitica della sorella, santa Brigida d'Irlanda.
La continua venerazione di Santa Brigida, indica, inoltre, che il sito serviva come luogo di ritiro e di meditazione anche dopo l'epoca di Donato. Che fosse particolarmente legato alle forme di devozione di genere femminile è suggerito da un episodio presente nella Vita del di Sant'Andrea del secolo XIII, identificato come discepolo di Donato in Irlanda e successivamente suo Arcidiacono a Fiesole.
Eremo di sant'Andrea d'Irlanda, successivamente di san Bernardino di Firenze, sotto il Santuario della Madonna delle Grazie al Sasso, Santa Brigida
Si narra che Dio ebbe compassione di Andrea quando lontano dalla patria, sofferente sul suo giaciglio durante l'ultima malattia gli inviò degli angeli per condurre a lui dall'Irlanda la sorella Brigida perché lo confortasse alla fine della sua vita. Dopo la morte di Andrea, la Vita racconta che sua sorella rimase in quell'area, dove condusse una vita di preghiera nell'eremitaggio ora conosciuto come Santa Brigida. L'episodio agiografico si basa molto presumibilmente su un episodio che ritroviamo nella Vita di Donato stesso, che racconta come il santo fu confortato e curato da una visione di santa Brigida, sua santa protettrice. Il racconto del secolo XIII nella Vita di Andrea pare sia un adattamento che trasforma il santo irlandese del VI secolo qui descritto come aperto e pieno di sollecitudine, fisicamente e spiritualmente presente nella campagna toscana. L'importanza della storia sta nel suo dare essenzialmente testimonianza della devozione del tempo e del fatto che il luogo solitario di Santa Brigida, era conosciuto come l'eremo di una donna santa. Così l'eredità di Brigida, protettrice e guida dei primi pellegrini irlandesi, si radicò e sopravvisse in varie forme e lungo i secoli. Il retaggio della santa in Toscana associa la santità e l'intercessione femminile con un luogo santo che continua ancora oggi ad ispirare la preghiera e la contemplazione.
BIBLIGRAPHY/BIBLIOGRAFIA
Sancti Columbani Opera ed. G.S.M. Walker
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Michael Lapidge, “Precamur
Patrem: An Easter Hymn By Columbanus?” in Columbanus:
Studies on the Latin Writings, ed. M. Lapidge
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The Antiphonary of Bangor
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Jonas, Vita Columbani
Abbatis disciplinorumque eius ed. B. Krusch, MGH Srm 4
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Techt do Ròim,Poema irlandese a margine di un manoscritto di Sedulio
mòr saìtho, becc torbai;
In Rì con-daigi i foss,
manim bera latt nì fhogbaiPellegrino a Roma,
molta fatica, poco avra`;
se Cristo non viaggia
con te, non lo troverai li
Paper
read at the second City and Book Congress, http://www.florin.ms/beth3.html
THE CELTIC OTHERWORLD AND THE COMMEDIA
L'ALDILA' CELTICO E LA COMMEDIA
MAIRE HERBERT, UNIVERSITY
COLLEGE OF CORK, IRELAND
It has been said of Dante’s Commedia that it resembles a mighty river formed by the confluence of several tributaries, fed in turn by innumerable springs which rise in regions remote and diverse from each other, and are all tinged by the soil of the lands through which they flow. My topic is the inflowing stream of early Irish material, the Otherworld representations in medieval texts which circulated widely and played a part in the shaping of European religious and literary concepts. Evidence of the circulation in Italy of Irish compositions, in their original Latin, and in vernacular translation, is shown in the hand-out list of materials available in libraries of Florence – a list which does not pretend to be exhaustive. The range of texts extends from the seventh-century Vision of St Fursa to the late twelfth-century account of the Purgatory of St Patrick.
Della Commedia di Dante è stato detto che è simile a un fiume impetuoso formato dalla confluenza di vari tributari, alimentato a sua volta da innumerevoli sorgenti che hanno origine in regioni remote, l'una diversa dall'altra, che portano tracce delle terre che attraversano. Il mio tema è il copioso afflusso delle primitive fonti irlandesi, quelle rappresentazioni dell'aldilà presenti nei testi medievali che circolavano ampiamente e che ebbero una parte nella formazione delle idee religiose e letterarie dell'Europa. Prove della circolazione in Italia di composizioni irlandesi, nell'originale latino, e in traduzioni in volgare, appaiono nei cataloghi redatti in forma di opuscoli del materiale disponibile nelle biblioteche fiorentine - un indice che non pretende di essere esaustivo. L'insieme dei testi si estende dalla Visione di San Fursa del VII secolo al racconto del Purgatorio di San Patrizio del tardo XII secolo.
We know that clerics such as Columbanus of Bobbio and Donatus, bishop of Fiesole were important channels of Irish influence in Italy in the first millennium. Other avenues of contact opened up after the twelfth-century Norman incursion into Ireland, when Italian merchants and bankers established themselves in the country. From the thirteenth century, Italian maps of Ireland are extant, and, as the late example on your page shows, story and myth formed part of the record of the land, along with towns and navigable rivers. Thus, in the north of the country, we see that the location of the Purgatory of St Patrick is marked. St Brendan’s name occurs in the general location of the mountain, Mount Brandon, where he is venerated, and out in the ocean beyond Ireland is Brazil, or Hy Brassil, one of the names given to the island in the far west which was the goal of seafarers inspired by Brendan’s voyage.
Sappiamo che i chierici come Colombano di Bobbio e Donato, vescovo di Fiesole, furono nel primo millennio importanti canali dell'influsso irlandese in Italia. Altre vie di contatto si aprirono dopo l'incursione normanna del secolo XII in Irlanda, quando banchieri e mercanti italiani si stabilirono nel paese. A partire dal XIII secolo sono giunte a noi mappe dell'Irlanda, e come si osserva nell'ultimo esempio sulla vostra pagina, storia e mito fanno parte della memoria del paese come le città e i fiumi navigabili. A nord del paese, vediamo che sono segnate le coordinate geografiche del Purgatorio di San Patrizio. Il nome di San Brandano ricorre nella topografia del Monte Brandon, dove egli è venerato. Al largo, nell'oceano oltre l'Irlanda, si trova Brazil, o Hy Brassil, uno dei nomi dati all'isola nell'estremo occidente, meta dei naviganti ispirata dal viaggio di Brandano.
Assimilation in Italy of Irish sources is shown in yet another medium in the Todi fresco (details on handout page). The Sienese artist depicts St Patrick’s Purgatory, overseen by the saint (on the top right, above the purgatorial mountain). On the left, the Virgin receives emerging souls, as they face the celestial city. It has been observed that the artist must have been familiar, not only with the text of St Patrick’s Purgatory but also with another Otherworld text of Irish origin, the twelfth-century Visio Tundali. The scene in which souls make a perilous crossing of a bridge, (lower left) shows that the narrow plank-like structure is bristling with nails, as is the bridge of the Visio, but not that of the Purgatorio. We shall return to these texts later. For now, however, we have seen some evidence of the influence of Irish texts in northern Italy both before and after the time of Dante. But we need to situate these texts, to place the City and the Book in an Irish context.
L'assimilazione in Italia di fonti irlandesi risulta chiara, anche per mezzo di un altro mezzo espressivo, nell'affresco di Todi (particolari nella pagina distribuita). L'artista senese raffigura il Purgatorio di San Patrizio che il santo veglia (in alto a destra, sopra la montagna del Purgatorio). Alla sinistra, la Vergine accoglie le anime che risalgono, quando sono di fronte alla città celeste. E' stato osservato che l'artista deve aver avuto familiarità, non soltanto con il testo del Purgatorio di San Patrizio ma anche con un altro testo sull'aldilà di origine irlandese, la Visio Tundali del XII secolo. La scena in cui le anime compiono un periglioso attraversamento di un ponte (in basso a sinistra) mostra la stretta struttura a guisa di asse nella quale sono conficcati dei chiodi, così come nel ponte della Visio, ma non nel ponte del Purgatorio. Ritorneremo su questi testi più avanti. Sinora, tuttavia, abbiamo esaminato alcune elementi che attestano l'influenza dei testi irlandesi nell'Italia del nord sia prima che dopo l'epoca di Dante. Ma abbiamo bisogno di collocare questi testi, vale a dire di collocare la Città e il Libro in un contesto irlandese.
As for city,
the word civitas, commonly applied to Irish monastic
sites, designates locations very different from those of the
Roman world. See, for instance, Inishmurray, in the north-west
of Ireland.* Christianity came to an Irish society which was
rural, tribal, hierarchical and familiar, in which the physical
world and the ideological world were interlinked. Pre-Christian
Irish belief imbued the whole natural world with sacrality. The
Otherworld was immanent everywhere, a parallel world, at certain
points accessible, through caves, souterrains,
and ancient burial mounds, such as the Poulnabrone dolmen in Co. Clare*, under lakes, in hollow
hills, or across the sea. Mortal heroes might be invited to the
Otherworld, where they received affirmation and special gifts.
The Otherworld was the model of the perfect realm, the source of
values and authority for human institutions such as kingship.
The Irish term for the Otherworld, síd, is a homonym of the word
for “peace”. It was a transcendent reference point for this
world, paradoxically both separate and immediate, hidden within
the landscape, yet with well-known landmarks as gateways for
communication. Unlimited by human time and space, its relations
with the world of mortals was creatively explored in texts such
as The Voyage of Bran. Clearly, the positive aspects of
the síd could be – and were – assimilated to Christian
traditions of Paradise. There remained, however, a problem of
how to assimilate Christian traditions of punishment in the
afterlife.
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Immram Brain ('The Voyage of Bran')
There is a distant isle
around which sea horses glisten,
a fair course on which the white
wave surges,
four pedestals uphold it.
What is a clear sea
for the prowed craft in which
Bran is
is a Plain of Delight with
profusion of flowers
for me in my two-wheeled
chariot.
Bran sees
a host of waves breaking across
the clear sea;
I myself see in Magh Mon
red-tipped flowers without
blemish.
Sea-horses glisten in summer
as far as Bran's eye can
stretch;
flowers pour fourth a stream of
honey
in the land of Manannàn son of
Ler . . .
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Come per città, la parola civitas, comunemente applicata ai siti monastici irlandesi, indica ubicazioni molto differenti da quelli presenti nel mondo romano. Si veda, ad esempio, l'isola di Inishmurray nel nord-ovest dell'Irlanda. * Il cristianesimo giunse in Irlanda in una società rurale, tribale, gerarchica e fondata sulla famiglia, in cui il mondo fisico e il mondo ideologico erano interconnessi. Le credenze pre-cristiane irlandesi permeavano tutto il mondo naturale di sacralità. L'aldilà era immanente in ogni luogo, era un mondo parallelo, in alcuni luoghi accessibile, attraverso spelonche, sotterranei, e attraverso gli antichi tumuli megalitici, come il dolmen Poulnabrone nella Contea di Clare*, sotto i laghi, nei poggi, o al di là del mare. Gli eroi mortali potevano essere invitati nel mondo ultraterreno, dove gli si rendevano grandi onori e gli si offrivano doni particolari. Il mondo ultraterreno era il modello del reame perfetto, fonte di valori e di autorità per le istituzioni umane come la monarchia. Il termine irlandese per l'aldilà, síd, e la voce "pace" sono omonimi. Era un punto di riferimento trascendente per questo mondo, paradossalmente, separato e vicino insieme, nascosto entro il paesaggio, segnalato, tuttavia, con cippi come porte di comunicazione. Non limitato dal tempo e dallo spazio umani, i suoi legami con il mondo dei mortali era esplorato creativamente in testi come The Voyage of Bran (foglio distribuito). Chiaramente, gli aspetti positivi del síd potevano essere assimilati, e lo furono, alle tradizioni cristiane del Paradiso. Rimaneva, tuttavia, il problema di come assimilare nell'aldilà la tradizione cristiana della pena.
The Vision
of Fursa may be seen as one such response. An entry in the
Irish annals suggests the year 627 as the date of the
occurrence, agreeing with internal textual evidence that Fursa’s
vision chronologically precedes his departure to England, and
thereafter to Francia, where he died, about the year 649. As to
the literary genre, it is worth noting that the term for the
Irish professional learned man, file originally meant
“seer”. Therefore, knowledge mediated in this manner was
authorized in the native as well as in the Christian tradition.
The exemplars of the text of Fursa’s vision, composed, it would
seem, not long after his death, are not self-evident. Is it
dependent on stories of the hereafter in Book 4 of the Dialogues
of Gregory the Great, a work certainly known to Irish writers of
the later seventh century? We may note in passing, however, that
the authenticity of Gregory’s authorship of this book has
recently been questioned, and the suggestion made that it is an
insular text. In regard to Fursa’s vision, Peter Brown noted
that it is not a vision modelled on the modalities of power of
late antiquity, but that its account of the after-life may well
reflect Irish legal concepts. It is certainly the case that the
question of state power did not arise in early Ireland.
Relationships were inter-personal and contractual. Crime was an
offence against the dignity of a person and his extended family
group, to whom compensation had to be made in accordance with
the status or honour (literally “face”) value of the parties,
and in accordance with the circumstances of the offence. These
concepts were extended to the religious realm, so that sin, an
insult to the dignity of God, had to be compensated by fitting
penance. Fursa’s vision emphasizes, not only the need for
penance, but also the necessity of completing it.What is not
dealt with in this world must be dealt with in the next. The
saint is said to have met two fellow-Irish churchmen, Beoán and
Mellán, who impress on him the necessity of preaching on these
matters. Indeed, as in Old Irish legend, Fursa’s testimony was
also authenticated by visible proof of having been in the
Otherworld. While legendary visitors brought back fruit or
flowers from the síd, in Fursa’s case, the proof was on his
physical body, where he was scarred by a punitive flame as his
soul was about to return to the mortal world.
_________________________________________________________________________________
Visio Sancti Fursi
His dictis supernum illud angelorum caelo receptum est agmen. Beato quoque Furseo cum tribus angelis solis ad terram reuersuro, maximus adpropinquabat ignis. Sed angelus Domini, sicut ante, medium diuidens findebat ignem . . . uirumque unum ex igne prosilientem, demonibus illum proieientbus super humerum eius, maxillam maxillae eius impressit. Cognoscebatque uirum quod ei uestimentum proprium moriens perdonauit; humerumque eius ac maxillam incendens, ab angelo sancto in ignem unde exiit proiectus est. Angelo qui a sinistris uolabat inter beatum uirum et ignem stante, dexter illum angelus in flammas proiecit.
Exurgens autem uir sanctus quasi ex profunda mortis quiete, conspiciens multitudinem parentum uel uicinorum siue etiam clericorum, ingemiscens magnitudinem humanae stultitiae, arduum et difficile transitum, admirans magnitudinem quoque remunerationis peruenientibus ad beatas sedes, singula per ordinem adnuntiabat. Atque superfusus aqua, incendium inter scapulas illius, quod de iniquo sumpsit uiro, et in facie eius apparuit. Mirumque in modum quod anima sola sustinuit in carne demonstrabatur.
[Visio Sancti Fursei in Latin: Florence,
Biblioteca Laurenziana: Ashburnhamiano 58 (Extracts), Vita
S. Fursi, Vita S. Columbae auctore Adamnano, Vita S.
Columbani auctore Iona, Vitae S. Galli epitome
(imperf.), XII century; Strozziano IV. Vitae Sanctorum
. . . (Includes lifes of Saints Furseus, Patrick, Gall), XV
century
Storia di Furseo monaco in Italian,
Biblioteca Nazionale Centrale, II.II.89 (Magl.XXI.123);
Biblioteca Riccardiana, 1340; Venice, Biblioteca Nazionale
Marciana, 5644 (It.v.28); Museo Correr, MS Cic. 2242] ________________________________________________________________________________
La Visione di
Fursa può essere considerata come una risposta a tutto
questo. Una annotazione negli annali irlandesi suggerisce
l'anno 627 come data dell'evento, convenendo con le prove
interne al testo che la visione di Furla cronologicamente
precede la sua partenza per
l'Inghilterra, e dunque quella per la Francia, dove fu colto
dalla morte attorno all'anno 649. Per quanto concerne il
genere letterario, vale la pena osservare che il termine
irlandese per dotto di professione, "file", originariamente
significava "profeta". Il sapere mediato in tal modo era,
dunque, autorizzato e nella tradizione nativa e nella
tradizione cristiana. Gli esemplari del testo della visione di
Fursa, composti, parrebbe, non molto tempo dopo la sua morte,
non sono espliciti. Deriva tale testo dalle storie dell'aldilà
nel IV libro dei Dialoghi di Gregorio il Grande, opera
certamente nota agli scrittori irlandesi del più tardo VII
secolo? Potremmo incidentalmente osservare, tuttavia, che
l'autenticità della paternità di questo libro attribuita a
Gregory è stata recentemente messa in discussione,
avanzando l'ipotesi che si tratti di un testo insulare. Per
quanto concerne la visione di Fursa, Peter Brown ha osservato
che non si tratta neanche di una visione sulle modalità del
potere della tarda antichità, ma che la sua narrazione
dell'aldilà può ben riflettere i concetti legali irlandesi. E
certamente è da supporre che la questione del potere di stato
non fosse presente nell'Irlanda primitiva. Le relazioni erano
interpersonali e contrattuali. Il crimine era un'offesa contro
la dignità della persona e del suo clan allargato, e doveva
essere riparata conformemente allo status o in funzione del
grado di onore (letteralmente "faccia") delle fazioni, e in
conformità con la circostanza dell'offesa. Tali concetti
furono estesi in ambito religioso, così che il peccato,
un'offesa alla dignità di Dio, doveva essere riparato dalla
giusta pena. La visione di Fursa pone l'enfasi, non soltanto
sulla necessità della penitenza, ma anche sulla necessità di
scontarla. Quello che non viene affrontato in questo mondo
deve essere affrontato nell'altro. Si dice che il santo abbia
incontrato due chierici irlandesi, Beoan e Mellan, che gli
infondono l'urgenza di predicare su queste cose. In verità,
come nelle leggende in antico irlandese, la testimonianza di
Fursa era anche avvalorata da prove concrete che attestavano
il suo essere stato nell'aldilà. Mentre i visitatori
leggendari portavano dal síd
frutti e fiori, nel caso di Fursa, erano i segni fisici
a costituirne la prova, come la bruciatura sul corpo lambito
dal fuoco purificante mentre la sua anima era sul punto di
ritornare nel mondo mortale. (estratto sul foglio
distribuito).
Seventh and
eighth-century Irish Christianity reflects continuing concern
with the fate of souls in the afterlife, and with relations
between living and dead. Texts indicate that penance or
compensation incomplete in this life might be purged in the
afterlife, through the sufferings of the soul itself in
purgatorial fire, and through the prayer and sacrifices of the
living. As with secular law, moreover, a system of penitential
commutations or substitutions could be made in particular
circumstances.
________________________________________________________________________________
Purgatory:
Liber de ordine creaturarum,
later half of VII century, caput XIV is titled De
igne purgatorio.
In the eighth-century Old-Irish
Table of Commutations (De arreis) the phrase 'rescuing a
soul out of hell' occurs five times. A commutation of seven
years' strict penance consisting of expiatory prayers in order
to rescue a soul from the pain of hell: a hundred Masses, a
hundred and fifty psalms, a hundred Beati, a hundred
genuflexions with each Beati, a hundred Credos, a hundred
Paters, a hundred soul-hymns.
The commutations proper for
clerics and nuns who have not slain a man are the following:
'spending the night in cold churches or remote cells while
keeping vigils and praying without respite, i.e. (without)
leave to sit or lie down or sleep - as though one were at the
very gates of hell'.
________________________________________________________________________________
Thus the ascetic practices of the early Irish church could serve to purge the soul in this life in order to mitigate suffering in the next, and they also served to assist the souls of departed kindred and friends. Asceticism is etched in monastic sites such as Skellig, a bare rock in the sea* dedicated to Michael the archangel, leader of souls into Paradise. The hardship of existence on a windswept height over the raging sea must surely have counted as penitential preparation for the perilous passage of the soul after death, and the pilgrimage to the top of the bare height can be seen as a Christian adaptation of Irish pagan practice of assemblies on heights in honour of their deities.
Il cristianesimo irlandese del VII e dell'VIII secolo riflette una continua preoccupazione per il destino delle anime nell'aldilà, e le relazioni tra i vivi e i morti. I testi indicano che la penitenza o riparazione incompleta in questa vita poteva essere scontata nell'aldilà, per mezzo della sofferenza delle anime nel fuoco del Purgatorio, e attraverso le preghiere ed i sacrifici dei vivi. Come con la legge secolare, inoltre, un sistema di commutazioni delle pene o sostituzioni poteva essere applicato in circostanze particolari (foglio distribuito). Così le pratiche ascetiche della chiesa irlandese primitiva potevano servire a purificare l'anima in questa vita per mitigare la sofferenza nell'altra, e servivano anche ad aiutare le anime dei congiunti e degli amici defunti. L'ascetismo è inciso nei siti monastici come Skelling, una roccia nuda in mare dedicata all'Arcangelo Michele, colui che conduce le anime in Paradiso. La durezza di vita su una cima esposta al vento nel mare in tempesta deve certamente esser valsa come preparazione penitenziale per il periglioso trapasso dell'anima dopo la morte, ed il pellegrinaggio sulla cima della vetta nuda può esser visto come un adattamento cristiano della pratica pagana irlandese di radunarsi sulle vette per il culto in onore delle loro divinità.
As well as
living in “a desert in the ocean” like Skellig, undertaking the
perilous sea-journey in search of such a retreat is also a
feature of early Irish monastic asceticism.* The eighth-century
Navigatio of St Brendan thereby reflects contemporary
monastic practice as well as preChristian tales of the journey
of a mortal to an overseas Otherworld.
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Navigatio Sancti Brendani
Nouimus abbatem nostrum frequenter a nobis discedere in aliquam partem, sed nescimus in quam, et ibidem commorari aliquando uno mense, aliquando duabus ebdomadibus seu una ebdomada uel plus minusue. Cum hec audissem, cepi illos comfortare, dicens eis: 'Nolite, fratres, putare aliquid nisi bonum. Vestra conuersacio procul dubio est ante portam paradisi. Hic prope est insula que uocatur terra repromissionis sanctorum, ubi nec nox imminet nec dies finitur. Illuc frequentatur uester abbas Mernoc. Angelus enim Domini custodit illam. Nonne cognoscitis in odore uestimentorum nostrorum quod in paradiso Dei guimus?' Tunc fratres responderunt, dicentes: 'Abba, nouimus quia fuisti in paradiso Dei in spacio maris, sed ubi sit ille paradisus ignoramus. Nam sepe fragranciam uestimentorum abbatis nostri quadraginta dierum spacio inde reuertentis probauimus redolentem.
[Navigatio Sancti Brendani in Latin:
Biblioteca Laurenziana: Plut. 17 N, fols 70-84, inc. Sanctus
brendanus, filius finiocha, expl. ad locum suum
reuersus est (end of ch. 28), XIII century;
Ashburnhamiano 100, fols. 1-30v, inc. Sanctus brendanus,
filius filocha, expl. migrauit ad dominum, cui . . .
seculorum. Amen; Medicus XVII-35 (I.362.xii), Extract,
Navigatio Brendani, XIII century; Biblioteca Nazionale
Centrale, Conventi Soppressi, I.ii.37 (San Marco 415), XV
century, 92v-156v, inc. Sanctus brendanus, filius finloca,
expl. migrauit ad dominum, cui . . . seculorum. Amen.
Come san Brandano andoe al
paradiso diliciano in Italian: Biblioteca Nazionale
Centrale, Conventi Soppressi, C.II.1550, XV century;
Magliabecchi XXXVIII.10; Bologna, Biblioteca Universitaria,
Latin MS 997 [1513], 1461.]
___________________________________________________________________________________
Yet the Navigatio does more than harmonize pagan and Christian traditions in a literary work. In affirming that another existence lay beyond the span of this life, it focused on the liminal zone of ocean, where, as in the Voyage of Bran, wonders would be revealed which would foreshadow the wonders of the afterlife. Brendan’s preview of terrestrial paradise and the gates of hell comes at the end of long voyaging, which unfolds in two dimensions, as a record of sea-passage, and as a guide to living the monastic life. Human existence is linked to the spiritual on the voyage by the practice of religious life and liturgy. The chronological record of travel follows the round of the liturgical calendar, yet along with circular time there unfolds in linear form a series of revealing and instructive staging-points on islands.The Navigatio paints a series of memorable pictures of the wonders of the ocean, created from a mosaic of native and Christian traditions. Among scenes that subsequently influenced the medieval imagination is the celebration of Easter on back of a whale. There is the island with a tree covered with white birds, reminiscent of a scene from the pagan Otherworld, save that the birds identify themselves as angels exiled by Lucifer’s fall. The island of smiths “in the confines of hell” has memorable volcanic images, while the encounter with Judas incorporates an early dramatization of the symmetries of sin and suffering.
Anche il vivere in "un deserto nell'oceano" come Skelling, intraprendendo il periglioso viaggio per mare alla ricerca di questo luogo solitario è un tratto distintivo dell'ascetismo del primo monachesimo irlandese. La Navigatio dell'VIII secolo di San Brandano riflette dunque la pratica monastica comtemporanea così come i racconti precristiani del viaggio di un mortale nel Mondo ultraterreno oltremare. (foglio distribuito) La Navigatio, tuttavia, fa più che armonizzare le tradizioni cristiane e pagane in un'opera letteraria. Nell'affermare che un'altra vita esistesse oltre l'arco di tempo di questa vita, la si focalizzava nella zona liminale dell'oceano, dove, come nel Voyage of Bran, si sarebbero svelate meraviglie che avrebbero offuscato le meraviglie dell'aldilà. L'anticipata visione di Brandano del paradiso terrestre e delle porte dell'inferno giunge al termine di un lungo viaggio che si svolge in due dimensioni, come giornale di bordo della navigazione e come guida per vivere la vita monastica. Nel viaggio l'esistenza umana è unita alla vita spirituale mediante le pratiche della vita religiosa e della liturgia. La registrazione cronologica del viaggio segue il ciclo del calendario liturgico, congiuntamente al tempo circolare, tuttavia, si schiudono in forma lineare una serie di tappe nelle isole, che risultano rivelanti e istruttive. La Navigatio dipinge una serie di memorabili immagini delle meraviglie dell'oceano, generate da un mosaico di tradizioni native e cristiane. Tra le scene che successivamente influenzeranno l'immaginario medievale troviamo quella della celebrazione della Pasqua sul dorso di una balena. Vi è l'isola con un albero pieno di bianchi uccelli, che rammenta una scena dal Mondo ultraterreno pagano, eccetto il fatto che gli uccelli sono angeli esiliati dopo la caduta di Lucifero. L'isola dei fabbri "ai confini dell'inferno" ha memorabili immagini vulcaniche, mentre l'incontro con Giuda incarna una drammatizzazione primitiva della simmetria tra peccato e sofferenza.
Like Dante,
medieval Irish writers used the vernacular for much of their
composition, so while Latin texts such as the Navigatio
traversed Europe, other stories of voyages and visions explored
the mysteries of the Otherworld in the Irish language.
Vernacular texts provide important connections between the
seventh and eighth-century Latin texts and those of the twelfth
century. The most important for our present discussion is the Vision
of Adomnan, dated around the beginning of the eleventh
century. In this work we see a shift in emphasis from penitence
and pilgrimage to judgement and punishment, an emphasis also
reflected on Ireland’s only surviving visual representations, on
the stone high crosses of the ninth and tenth centuries.* For
instance, on the Cross of the Scriptures in Clonmacnoise in the
centre of Ireland we see Christ as judge on a centre-piece, the
reverse of which is the crucifixion. In the text of the Vision
of Adomnan the saint’s soul, separated from his body, is
conducted on its supernatural expedition by its guardian angel.
The first revelation is of the “land of saints”, after which
Adomnan’s spirit views the passage of souls through seven
heavens, each guarded by an angel, where sinners are tested. At
the finale, souls destined for hell are swallowed in turn by
twelve fiery dragons, the lowermost
of which places the soul in the devil’s maw.
_______________________________________________________________________________
The Vision of Adomnàn
When the accompanying angel had revealed to the soul of Adomnàn this vision of the kingdom of heaven, and of the initial fate of each soul after its departure from the body, the angel thereafter took Adomnàn's soul to the depths of hell, with the immensity of its pains, punishments and tortures.
The first land which it reached was a black burnt land, empty and scorched, where there was no punishment at all. On the far side of it was a valley full of fire. Huge flames extended past its boundaries in every direction. Its lower part was black, its middle and upper part were red. There were eight beasts there, with eyes like fiery coals. Across the valley was an enormous bridge, extending from one side to the other. It was high in the middle, but lower at its two extremes.
Three companies endeavour to cross it, and not all succeed. For one group, the bridge is broad at the beginning to end, so that they cross the fiery chasm in complete safety, without fear or anxiety. Another group who attempt it find it narrow at first, but broad at the end, so that they thus eventually get across the chasm after great peril. For the final group, the bridge is broad at the start, but narrow and confined towards the end, so that they fal from the middle into the same terrible chasm, into the gullets of the eight raging beasts who dwell in the valley.
Those for whom the path was easy are the pure, those
who do assiduous penitence, and those who suffered martyrdom
willingly for God. The group for whom the way was narrow at
first, but broad at the end are those who are compelled under
duress to do the will of God, but who convert their
involuntary service to willingness to serve God. Those,
however, for whom the bridge was broad at first and narrow at
the end are the sinners who listen to the preaching of the
word of God, but do not observe it after having heard it.
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Come Dante, gli scrittori irlandesi medievali utilizzarono il volgare per molte delle loro composizioni, così laddove i testi latini come la Navigatio attraversarono l'Europa, altre storie di viaggi e visioni esplorarono i misteri dell'aldilà in lingua irlandese. I testi in volgare stabiliscono importanti connessioni tra i testi latini del VII e dell'VIII secolo e quelli del XII secolo. Il più importante testo per la presente discussione è la Vision of Adomnan, datata attorno agli inizi dell'XI secolo. In questa opera osserviamo che l'enfasi muta, si passa dalla penitenza e dal pellegrinaggio al giudizio e alla pena, enfasi che si rifletteva anche sulle uniche rappresentazioni visive dell'Irlanda giunte fino a noi, sulle alte croci di pietra del IX e X secolo. Sulla Croce delle Scritture a Clonmacnoise nell'Irlanda centrale, ad esempio, sul pannello centrale vediamo Cristo come giudice, a cui sul retro corrisponde la Crocifissione. Nel testo della Visione di Adomnan l'anima del santo, separata dal corpo, è accompagnata, nella sua esplorazione soprannaturale dal suo angelo custode. La prima rivelazione è sulla "terra dei santi", dopo la quale lo spirito di Adomnan vede il passaggio delle anime attraverso sette cieli, ciascuno dei quali è custodito da un angelo, dove i peccatori sono messi alla prova. Infine, le anime destinate all'inferno sono inghiottite una dopo l'altra da dodici draghi che eruttano fiamme, tra i quali quello posto più in basso pone l'anima nelle fauci del diavolo.
Adomnan’s guardian angel then shows him the progress of souls across a testing bridge, (handout) and there is a lengthy section in which he views the torments meted out to different categories of sinner. Here attention to the symmetry of sin and suffering is also in evidence. Finally Adomnan’s soul is led back to the body through the land of saints, and his future role of preacher about the rewards and punishments of the afterlife is emphasised. The text witnesses to the circulation in Ireland of a variety of Latin materials, some well-known, like the Visio Pauli , others, like the Seven Heavens apocryphon, obscure and probably of eastern origin, their source-texts longer extant. Yet it is not the materials of the Vision of Adomnan that are ultimately significant but their fusion into a vividly-realized whole by an eleventh-century Irish author, deemed by CS Boswell as “an Irish precursor of Dante”.
L'angelo custode di Adomnan mostra, dunque, a lui il progresso delle anime nel loro attraversamento di un ponte di prova (foglio distribuito), e vi è una lunga sezione in cui egli vede i tormenti assegnati a diverse categorie di peccatori. E' qui anche chiara l'attenzione posta alla simmetria tra peccato e sofferenza. L'anima di Adomnan infine è ricondotta nel corpo attraverso la terra dei santi, e si pone l'enfasi sul suo futuro ruolo di predicatore sulla ricompensa e sulla pena nell'aldilà. Il testo documenta che in Irlanda circolavano una grande varietà di opere latine, alcune ben note, come la Visio Pauli, altre, come il libro apocrifo dei Sette Cieli, oscure e presumibilmente di origine orientale, le loro fonti essendo le più antiche. Non è il materiale della Visione di Adomnan, tuttavia, che in ultima analisi è significativo, ma piuttosto il fatto che vi sia stata una fusione ad opera di un autore irlandese del secolo XI in un tutto realisticamente reso, autore considerato da CS Boswell come il "precursore irlandese di Dante".
The twelfth
century saw a reform movement within the Irish church which
aligned its organization, and its monasticism, more closely with
the universal church. At the Rock of Cashel*, a prominent
secular site converted to ecclesiastical use at the beginning of
the twelfth century, we see that architecture itself reflects
this change. On the site is an early example of a
Hiberno-Romanesque building*, a chapel built under the patronage
of Cormac, king of Munster, and consecrated in 1134. Cashel is
also important for its association with the composition of the
Latin Visio Tundali , next in our series of influential
Irish texts. The visionary, whose Irish name was probably
Tnuthgal, is said to have been a knight from the Cashel area who
fell into a sort of coma while in Cork in the year 1149, and had
an out-of body experience. This was subsequently related to the
monk, Marcus who put it in writing while in Ratisbon, one of the
Schottenkloster, recently-founded Irish Benedictine houses in
Germany, which had close links with Cashel.
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Visio Tundali, The Vision of Tnugdal
They saw in the distance a very large and stormy lake, the waves of which prevented those around it from seeing the sky. In the lake there was a large multitude of bellowing and terrifying beasts which fed only on the souls they devoured. Across it there was a very long and narrow bridge which extended for about two miles in leght - for such was the breadth of the lake - and was about the size of a hand in width. It was longer and narrower than the bridge we mentioned earlier on. But this plank was inset with very sharp iron nails which pierced the feet of all who crossed it, so that, as soon as one set foot on it , it was impossible to escape unhurt. Also, all the beasts gathered under the bridge to catch their food, that is, those souls who did not succeed in crossing it. The beasts themselves were so huge that they could most rightly be compared to big towers. Fire was coming from their mouths so that onlookers thought the lake itself was boiling. Tnugdal could see on the bridge a soul weeping profusely and accusing himself of many crimes. He was endeavouring to cross the bridge overburdened by a heavy load of sheaves of wheat. Although suffering greatly due to his soles being pierced by the iron nails, he feared even more falling into the burning lake, where he could see the beasts with their mouths wide open.
[Vision Tundali in Latin: Biblioteca
Laurenziana: Ashburnhamiano 394 (olim 326) Extract. Visio
Tungdali di Hibernia, XV century.
Visione di Tundale/ Istoria
di Tugdalo d'Ibernia in Italian: Biblioteca Nazionale
Centrale, Panciatichi Palatini 40 (75), XIV century; Magl.
XXXV.173, XIV century; Magl. XXIV.158, XV century; II.II.71
(Magl. VII.22) Miscellaneous . . . Visione di Tugdalo . .
. Descrizione del Purgatorio di San Patrizio, 1461, XV
century; Biblioteca Riccardiana 1408 (P.III.23), XV century;
Biblioteca Apostolica Vaticana, Chigi Latin M.V.118, XV
century.]
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Il secolo XII vide un movimento di riforma in seno alla Chiesa irlandese che uniformò più strettamente la sua struttura ed il suo monachesimo alla Chiesa universale. Presso la Rocca di Cashel, un importante sito secolare convertito al rito ecclesiastico agli inizi del secolo XIII vediamo che è l'architettura stessa a riflettere tale mutamento. Sul sito si trova un primitivo esempio di una costruzione in stile ibernico-romanico, una cappella edificata sotto il patrocinio del mecenate Cormac, Re di Munster, e consacrata nel 1134. Cashel è importante anche perché connesso con la composizione della latina Visio Tundali, immediatamente successiva nella nostra serie di testi irlandesi autorevoli. Il visionario, il cui nome irlandese era presumibilmente Tnuthgal, si dice sia stato un cavaliere originario dell'area di Cashel che quando si trovava a Cork nell'anno 1149 cadde in una specie di trance ed ebbe un'esperienza fuori dal corpo. Questo fu in seguito messo in relazione con il monaco Marcus che mise questo per iscritto quando si trovava a Ratisbon, uno dei monasteri irlandesi (Schottenkloster) benedettini da poco fondati in Germania e che aveva stretti vincoli con Cashel.
The Visio Tundali is both continuous with, and different from previous Irish texts with which the author is likely to have been familiar. Like other visionaries, Tnuthgal is conducted by his guardian angel, he encounters a test-bridge, as in the Vision of Adomnan, (handout) and he traverses successive locations of torture, each with its particular demolition of its victims. His accounts of the Tree of Life with its singing birds recalls descriptions of the Irish Otherworld as well as the Navigatio Brendani. Yet there are many innovations in the overall conception of the vision. Its governing topic is the justice and mercy of God, who is viewed as Redeemer rather than as Judge. The visionary, moreover, is a layman, not a cleric. Tnuthgal is not simply a witness, being granted testimony for the instruction of the faithful, but rather he is presented as participant sinner, fearful and suffering, seized by demons when separated from his guide, and ultimately converted to a Christian way of life as a result of his experiences.
La Visio Tundali si pone in linea di continuità con i precedenti testi irlandesi con i quali l'autore deve presumibilmente aver avuto familiarità, e insieme differisce da essi. Come altri visionari Tnuthgal è guidato dal suo angelo custode ed incontra un ponte della prova, come nella Vision of Adomnan, (foglio distribuito), passa attraverso successivi luoghi di tortura, ciascun luogo ordinato secondo un suo peculiare modo di punire le vittime. Le sue narrazioni dell'Albero della Vita con i suoi uccelli canori richiamano alla memoria le descrizioni dell'Aldilà irlandese così come la Navigatio Brendani. Vi sono, tuttavia, molti mutamenti nella percezione globale della visione. Il tema principale è la giustizia e misericordia di Dio, visto più come Redentore che non come Giudice. Il visionario, inoltre, è un laico, non un chierico. Tnuthgal non è semplicemente un testimone a cui è concesso di dare testimonianza per l'ammaestramento dei fedeli, è invece piuttosto presentato come peccatore partecipe, timorato e sofferente, tormentato dai demoni quando è separato dalla sua guida, e che infine si converte conducendo una vita cristiana come frutto delle esperienze vissute.
The Otherworld which Tnuthgal views is newly realized in geographical terms, with valleys, mountain and lakes. Just as the physical dimensions of the Otherworld encountered by Tnuthgal reflect geographical features of the mortal world, so too its population reflects the range of society, including known individuals as well as collective categories of wrong-doers. Prominent Irish kings who were enemies in life are seen peacefully together in an ante-room of heaven, as is King Cormac, benefactor of the chapel at Cashel, who enjoys repose for twenty-one hours but must suffer for three because of sins as yet unremitted. Luminaries of Ireland’s past, such as St Ruadan and St Patrick, are encountered in the abode of the blessed, along with four recently-deceased Irish churchmen who were prominent reformers. Thus, the universe created by Marcus is comprehensively realized in its personnel as it is in its locations. It is a journey of revelation but also a journey to conversion. The widespread transmission of the text testifies to its universality, yet its author does not conceal his nationality. Indeed, prefaced to the work is a description of Ireland in terms of an earthly paradise, an echo of the preface to the Life of Brigit by an earlier Irishman writing from abroad, Donatus , bishop of Fiesole.
L'aldilà che Tnuthgal osserva è ricreato in termini geografici, con valli, montagne e laghi. Proprio come le dimensioni fisiche dell'Al di là che Tnuthgal incontra riflettono le configurazioni geografiche del mondo mortale, anche la popolazione di questo Al di là riflette le varie classi sociali, includendo persone note così come intere categorie di peccatori. Eminenti re irlandesi nemici in vita sono visti pacificamente assieme nell'anticamera del paradiso, così come Re Cormac, benefattore della cappella a Cashel, che gode di ventuno ore di riposo ma soffre per tre a causa dei peccati sino ad ora non ancora rimessi. Nella dimora dei beati si incontrano luminari del passato dell'Irlanda, quali ad esempio san Ruadan e san Patrizio, assieme a quattro ecclesiastici, eminenti riformatori, morti da poco. L'universo creato da Marcus è dunque compiutamente concretato nella forma come pure nelle coordinate geografiche. E' un pellegrinaggio della rivelazione ma anche un pellegrinaggio verso la conversione. La diffusa trasmissione del testo attesta la sua universalità, l'autore, tuttavia, non nasconde la sua nazionalità. In realtà, come prefazione all'opera troviamo una descrizione dell'Irlanda come paradiso terrestre, che echeggia la prefazione della Life of Brigit ad opera di Donato, vescovo di Fiesole, un irlandese di epoca più antica che scive dall'estero.
Our other twelfth-century text, the Tractatus de Purgatorio Sancti Patricii, like the Visio Tundali, declares itself as a written version of oral testimony. In this case, an Irish knight called Owein had related his experience to an English Cistercian for whom he was acting as interpreter, and this monk in turn related the story to the author. The experience itself has been dated around the year 1151, the written version about 1185. The idea of penitential locations associated with St Patrick is already in the saint’s seventh-century Life by Tírechán, which relates how Patrick spent forty days on top of the mountain now known as Croagh Patrick,* where he was troubled by birds, and could not see the face of the sky, land or sea. This episode is extended in a tenth-century vernacular version of Patrick’s Life, the Vita Tripartita, which relates how Patrick, beset by demons in the form of black birds, routed them by throwing his bell at them, and thereafter was comforted by an angelic visitation and sweet-singing white birds. The angel promises that Patrick could bring as many souls out of pain as his eye could reach over the sea, but in a comic bargaining contest Patrick obtains purgatorial remissions for an ever-increasing number of souls.
L'altro nostro testo del secolo XII, il Tractatus de Purgatorio Sancti Patricii, come la Visio Tundali, si propone come una versione scritta di testimonianze orali. In questo caso, un cavaliere irlandese di nome Owein aveva raccontato l'esperienza da lui fatta a un cistercense inglese al quale faceva da interprete, questo monaco a sua volta riferì la storia all'autore. L'avventura stessa è stata datata attorno all'anno 1151, la versione scritta attorno al 1185. L'idea di luoghi di pena connessi con San Patrizio è già presente nella Vita del santo di Tirechan del VII secolo, che narra di come Patrizio trascorse quaranta giorni in cima alla montagna ora nota come Croagh Patrick, dove fu tormentato da uccelli senza poter vedere il cielo, la terra o il mare. Questo episodio è trasmesso in una versione in volgare del X secolo della Vita di Patrizio, la Vita Tripartita, che racconta di come Patrizio assalito dai demoni nella forma di neri uccelli riesce a sconfiggerli lanciando contro di loro il suo campanello. Subito dopo è confortato da una visitazione angelica e da bianchi uccelli dal canto melodioso. L'angelo promette che Patrizio poteva liberare dalla pena tante anime fin dove il suo sguardo ruisciva a spaziare sul mare. Ma in una divertente disputa e contrattando Patrizio ottiene la remissione del purgatorio per un sempre maggior numero di anime.
This
association of Patrick’s mountain vigil with remission from pain
in the afterlife is attested in the twelfth-century Life
by Jocelin (handout).
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Jocelin
On the summit of this mountain many have the custom
of watching and fasting, thinking that after this they will
never enter the gates of Hell. They consider that they have
obtained this from God through the merits and prayers of
Patrick. Some who have spent the night there relate that they
have suffered the most grievous torments, which they think
have purified them from all their sins. For this reason many
call this place the Purgatory of St Patrick.
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This belief
evidently transferred to other sites of austere punishment
associated with Patrick, and particularly to the cave on Lough
Derg. Deprivation of sensory experience was certainly one of the
privations endured in early monasticism. Moreover, as we already
saw, caves were seen as entrances to the Otherworld in
preChristian Irish mythology, and, as in the case of
mountain-top locations, conversion of pagan sacral sites to
Christian use was a regular feature of early Irish conversion.
The Lough Derg island site was a hermitage or “desert” from
perhaps the sixth century, dependent on a larger island in the
lake. The Tractatus text (handout) declares that the pit
or cave was shown to Patrick as a means of impressing Christian
teaching on the Irish. Many had entered, not all had returned,
and it required ecclesiastical permission to undertake the
dangerous “pilgrimage” to St Patrick’s Purgatory.
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St Patrick's Purgatory. H. of Saltrey
There He showed to him a round pit, dark inside, and said to him that whoever, being truly repentant and armed with true faith, would enter this pit and remain for the duration of one day and one night, would be purged of all the sins of his life. Moreover, while going through it, he would see not only the torments of the wicked, but also, if he acted constantly according to the faith, the joys of the blessed. Thus, after the disappearnace of the Lord from before his eyes, blessed Patrick was filled with spiritual joy not only because his Lord had appeared to him but also because he had shown him this pit by means of which he hoped the people would turn away from their errors.
[Il Purgatorio di san Patrizio: Biblioteca
Riccardiana 1294 and 2670, XIV century; Riccardiano 1290, Passionario
in italiano . . . La storia e oratione del Purgatorio di s.
Patritio . . . Miracolo di S. Patrizio, XV century;
Biblioteca Nazionale Centrale. Magl. XXXV.3, XV century;
II.IV.64 (Magl. XXXIX.68); Conventi Soppressi G.III.676;
Palatine 93; Rome, Biblioteca Corsiniana, Rossi 298 (43.A.23);
Biblioteca Apostolica Vaticana Lat. 13072, fols. 86v-104v in
italiano; Venice, Biblioteca Marciana, 5023 (It.I.30); 4947
(It.I.66).
L. Bertolini, 'Per una delle
leggende 'che illustrano la Divina commedia'; una
redazione del Purgatorio di San Patrizio', Studi
danteschi, 53 (1981), 69-128, edits one of these texts,
based on three manuscripts in Florence.]
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Questa associazione della veglia di Patrizio sulla montagna con la remissione della pena nella vita dell'aldilà è attestata nella Vita scritta da Jocelin nel secolo XII (foglio distribuito). Questa credenza fu chiaramente trasportata ad altri luoghi di severa pena connessi con Patrizio, ed in particolare alla cavità nel Lough Derg (il lago Rosso). La deprivazione dell'esperienza sensoriale era certamente una delle mortificazioni sopportate durante il monachesimo primitivo. Come abbiamo già visto, inoltre, nella mitologia irlandese pre-cristiana le spelonche erano considerate come l'accesso al mondo ultraterreno, e come nel caso dei luoghi in cima alle montagne, la conversione di siti sacri pagani al rito cristiano fu una caratteristica costante della conversione irlandese primitiva. Il sito dell'isola nel Lough Derg era un eremitaggio o "deserto" che risaliva forse al VI secolo, che dipendeva da un'isola più grande nel lago. Il testo del Tractatus (foglio distribuito) afferma che il pozzo o l'antro fu rivelato a Patrizio come mezzo per imprimere nella mente degli irlandesi l'insegnamento cristiano. Molti vi si erano introdotti, non tutti vi avevano fatto ritorno, e intraprendere il periglioso "pellegrinaggio" al Purgatorio di San Patrizio richiedeva l'autorizzazione ecclesiastica.
The knight Owain, who, like Tnuthgal, was far from being a moral exemplar, persisted in his determination to enter the cave, the motivation apparently being more knightly quest and bravado than religious. The tale unfolds in a series of tableaux in which he is shown frightening punishments. Only by invoking the name of Jesus does he escape from the demons who seek to add him to the number of those they torture. The vision unfolds in discrete successive locations rather as does the Navigatio, and in a similar fashion, what is revealed to human eyes are the entrances and antechambers of Hell and Heaven. As in the Visio Tundali, however, it is God’s mercy and redeeming power which are at the moral core of the text. Here again the visionary himself is converted, and returns to live a more truly Christian life. The text sums up its content thus: “a mortal man tells how he saw spiritual things under the aspect and form of material things”. A compositional model is thus stated explicitly.
Il cavaliere Owain, come pure Tnuthgal, lungi dall'essere un modello morale da emulare, perseverò nella sua risoluzione ad entrare nella spelonca, spinto a questo, apparentemente, più dalla ricerca cavalleresca e dalla millanteria che non propriamente da motivazioni di carattere religioso. Il racconto si schiude in una serie di scene nelle quali gli sono mostrate punizioni spaventevoli. Soltanto invocando il nome di Gesù egli riesce a sfuggire ai demoni che cercano di annoverarlo tra coloro i quali sono da essi torturati. La visione si apre in distinti successivi luoghi, un po' come accade con la Navigatio, e, in maniera analoga, quello che è rivelato all'occhio umano sono le entrate e le anticamere dell'Inferno e del Paradiso. Come nella Visio Tundali, tuttavia, sono la misericordia di Dio e la potenza redentrice a costituire il nucleo morale del testo. Qui nuovamente il visionario stesso è convertito, e ritorna a vivere una vita più autenticamente cristiana. Il testo riassume così il suo contenuto: "un mortale racconta come vide cose spirituali sotto l'apparenza e la forma di cose materiali". Un modello compositivo è così esplicitamente enunciato.
The influence of the Cistercians, as well as Irish
connections with Europe assisted in the wide-spread
popularisation of St Patrick’s Purgatory, both text and
pilgrimage. We have evidence of pilgrims visiting from many
parts of Europe, including Florence itself in the following
centuries. A feature of the spread of all the Irish visionary
texts we have examined is their inclusion in encyclopoediae
and sermon-collections which were used throughout Western
Christendom.
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Caesarius of Heisterbach, Dialogus miraculorum, XII, 38
qui de purgatorio dubitat, Scotium pergat
Purgatorium Sancti Patricii
intret, et de purgatorii poenis amplius non dubitabit.
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Thus, while recalling the significance of books, and of the Irish civitates in which they were shaped, we must also be mindful that the transmission from Ireland of ideas and images relating to the Otherworld did not depend solely on texts, but extended to the oral, and to the visual, as well.
L'influenza dei cistercensi, come pure i legami irlandesi con l'Europa favorirono la larga diffusione del Paradiso di San Patrizio, testo e pellegrinaggio insieme. Prove attestano che nei secoli successivi pellegrini vi giunsero da molte parti d'Europa, Firenze inclusa. Un tratto distintivo della diffusione di tutti i testi visionari irlandesi analizzati è che compaiono nelle enciclopedie e nelle collezioni di sermoni che venivano utilizzati in tutta la Cristianità d'Occidente. (Si veda la citazione da Caesarius sul foglio distribuito). Dunque, pur richiamando alla memoria l'importanza dei libri e delle civitates irlandesi dove questi libri furono approntati, dobbiamo anche riconoscere che la trasmissione dall'Irlanda di idee e di immagini relative al mondo ultraterreno non dipendeva soltanto dai testi, ma coinvolgeva anche l'oralità e le rappresentazioni visive.
Sources:
Visio
Sancti Fursei
Florence:
Biblioteca Laurenziana, MS. Ashburnhamiano 58 (Extracts), Vita
S. Fursei, Vita S. Columbai auctore Adamnano, Vita S.
Columbani, auctore Iona, Vitae S. Galli epitome (imperf.),
12th s.
Biblioteca
Laurenziana, MS. Strozzi IV: Vitae Sanctorum . . .
(Includes Lives of Saints Furseus, Patrick, Gall), 15 s.
Navigatio
Santi Brendani
Florence: Biblioteca Laurenziana, Plut. 17
FLORIN WEBSITE © JULIA BOLTON
HOLLOWAY, AUREO ANELLO
ASSOCIAZIONE, 1997-2024: MEDIEVAL: BRUNETTO LATINO, DANTE ALIGHIERI, SWEET NEW STYLE: BRUNETTO LATINO, DANTE ALIGHIERI,
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