FLORIN
WEBSITE © JULIA
BOLTON HOLLOWAY, AUREO
ANELLO ASSOCIAZIONE, 1997-2024: ACADEMIA
BESSARION || MEDIEVAL: BRUNETTO
LATINO, DANTE
ALIGHIERI, SWEET
NEW STYLE: BRUNETTO
LATINO, DANTE ALIGHIERI, & GEOFFREY CHAUCER || VICTORIAN:
WHITE
SILENCE: FLORENCE'S 'ENGLISH' CEMETERY || ELIZABETH
BARRETT BROWNING || WALTER
SAVAGE LANDOR || FRANCES
TROLLOPE || ABOLITION
OF SLAVERY || FLORENCE
IN SEPIA || CITY AND BOOK CONFERENCE
PROCEEDINGS I, II,
III,
IV,
V,
VI,
VII
|| MEDIATHECA
'FIORETTA MAZZEI' || EDITRICE
AUREO
ANELLO CATALOGUE || UMILTA WEBSITE
|| LINGUE/LANGUAGES: ITALIANO,
ENGLISH
|| VITA
New: Dante vivo || White Silence

Introduction Casa Guidi Windows Florence, 1851
Casa
Guidi Windows 1
Casa
Guidi Windows 2
Casa
Guidi Windows 3
Casa
Guidi Windows 4
We are now celebrating the 150 years of Italian Unification,
a work strongly helped by Elizabeth Barrett Browning's
publication ten years before that event in both London and
Florence, Casa Guidi Windows.
This essay re-publishes that 1851 Florentine edition. And this
is the volume in its original Italian form:

Florence,
1851 Casa Guidi Windows
And its English one:
London, 1851 Casa Guidi Windows
And this is the Florence, 2011, republication of the
Florence, 1951 edition, set in William Morris type and hand-sewn
and bound in Florence's 'English' Cemetery where EBB was buried
in 1861. Its proceeds help restore the Cemetery.
And help persuade the Swiss, who own it, not to neglect and
close the premises.
We remember that the
Brownings first rented Casa Guidi furnished, then
unfurnished. When I was Curator the rooms were bare and
the owners asked Cavallini to see what frescoes might be
in the entrance room. And this is what we discovered under
the whitewash, Elizabeth's laurels and Greek keys in a
beautiful blue green:

This was later painted over again. The next room, however,
was preserved through Giorgio Mignaty's painting which
shows the pieces of furniture Robert found in the San
Lorenzo market and an attempt has now been made to restore
it as it was:

The two Mignaty children, Dmitri and Elena, are buried in
the 'English' Cemetery. Their half-Greek, half-English and
very beautiful mother is the model for Hiram Powers'
'Greek Slave'. In this painting we see that Elizabeth's
comments about the room being in the colours of the
Italian flag, red and green, the white being the not-seen
curtains, were carried out. Even when dying she was
talking, Robert said, about these colours, which are
likewise the colours of the Hungarian flag.

Firenze, 1851
LE FINESTRE DI CASA GUIDI
(CASA GUIDI WINDOWS
A POEM
BY ELIZABETH BARRETT BROWNING)
London: Chapman et Hall, 193,
Piccadilly, 1851
Da “SCRITTI INGLESI SULLA POLITICA
CONTEMPORANEA”,
FIRENZE – TIPOGRAFIA ITALIANA –
1851
PREFACE
Malagevole più d’ogni altra opera d’ingegno esser deve, a parer
nostro, un poema politico, poiché voglionsi in colui che
imprende a scriverlo accoppiati due pregi, dei quali, non che
ambedue, di radissimo incontrasi chi ne possegga uno solo. Ei
deve al tempo medesimo toccare ne’suoi voli l’apice estremo
dell’arte; nè per alzarsi ch’ei faccia gli dee la vertigine
turbare la vista, nè la passione travisargli le persone od i
fatti del mondo civile. Che se il poeta trattenere si voglia sui
casi dei quali egli medesimo è testimone, e voglia trattarli con
quella pienezza e profondità di concetti, che appena si può
conseguire negli avvenimenti sui quali appose il suo suggello la
storia, la difficoltà del suo assunto cresce a dismisura. E
colla storia contemporanea la poesia politica può dirsi che
veramente star debba in intima continua scambievolezza di
uffici, imperocchè a lei spetta condiuvare gli avanzamenti
politici, abbattere, e disperdere ogni ostacolo che ad essi si
opponga; tromba che invita alla pugna, spada acuta in mezzo alla
mischia. Nè quando gli ultimi baluardi della civil libertà sono
rovesciati al suolo, dovrà la cetra del poeta politico rimanersi
inoperosa. La Francia, sotto l’antico regime, gemeva in vero
oppresso dal ferreo giogo del dispotismo: pure quella monarchia
assoluta venne, come dicevasi, tempérée par des chansons; e
nelle grandi crisi della libertà di un paese la musa politica,
alzando la sua voce, ispirar dovrebbe eroici sentimenti, e
insegnare il disprezzo della morte: dovrebbe ella stessa,
apparendo, segnare un’epoca. La Marsigliese, diceva Klopstock,
fu per la Germania pari ad una battaglia: le costò ventimila
uomini. E chi potrà mai stimare l’influenza che il sublime
sonetto di Milton sul Piemonte ha avuto ed avrà, fintantoché
venga parlato l’idioma inglese? Chi potrà mai sapere quanto
abbiano fatto Berchet, e Niccolini per alimentare il sacro fuoco
della nazionalità italiana? Tali sono i trionfi ai quali aspira
la politica poesia; e gli allori dei quali ella si adorna in
siffatto modo la fronte sono più durevoli assai di quelli che
venire le potessero dai ben torniti periodi d’una critica
encomiatrice.
Ma, lo ripetiamo, è molto più arduo
guadagnar questi allori: quindi più altamente dovranno essi
venire apprezzati quando la politica poesia ammaestra ed
infiamma, quando arde del più caldo affetto per le lotte
nazionali, e per i patimenti dell’ora presente; e in mezzo alle
poetiche bellezze ella contiene lezioni desunte con potenza
altamente sintetica dalla storia, e da un profondo vedere nel
carattere degli uomini.
Egli è però tanto difficile combinare
il parteggiare politico quel senso di verità universale, che è
pregio principalissimo della poesia, che non mancarono alcuni, i
quali presero da tale difficoltà argomento ad affermare che una
buona poesia politica è del tutto impossibile; ed il poeta più
grande de’tempi moderni ha sostenuto fermamente questa sentenza:
“Ein politisch Lied, ein garstig Lied” “poesia politica, poesia
laida.” La quale sentenza disprezzante di Goethe è state molte e
molte volte il segnale delle più furiose controversie letterarie
di cui la Germania – paese così maturo a controversie siffatte –
stata sia spettatrice. Che del resto sembra che Goethe abbia
sempre avuto per la poesia politica un’invincibile ripugnanza.
“Non ci diamo a credere” dic’egli “che la politica sia poesia,
od argomento appropriato per un poeta. Se Thomson scrisse un
buon poema sulla primavera, ed uno cattivo ne scrisse sulla
libertà, non fu difetto dell’estro, ma dell’argomento. Appena un
poeta aspira ad un’influenza politica egli dee darsi ad un
partito: perduto quindi pel mondo come poeta, ei deve dire addio
alla libertà di spirito, all’imparzialità del pensiero, e
tirarsi giù fino a tutti gli orecchi il berretto da pulcinella
del pregiudizio, e della cieca passione.”
Queste idee di Goethe sulla poesia
politica furono da lui manifestate con un’energia anche maggiore
in un discorso molto importante, ch’egli fece al suo segretario
Eckermann due soli giorni innanzi di morire. Ma gli argomenti
coi quali corroborò i detti suoi, a parer nostro, non reggono.
“So bene” disse con veemenza Goethe, “so bene di quali calunnie
m’hanno aggravato. Mi accusano perché ho negletto di promuovere
colla mia poesia gli interessi della mia nazione. Ma il poeta è
simile all’aquila: ei sorvola per l’aere, poco curando se la
preda sulla quale sta per piombare sia dentro la sassone, o
dentro la boema frontiera.” – Che si scusa, dice il proverbio,
s’accusa: e noi abbiamo sempre creduto che queste parole di
Goethe morente mostrassero un mal celato rimorso. L’accusa che
la Germania portò contro Goethe, e che peserà grave sempre sulla
sua memoria fu questa: che nel tempo in cui ilo suo paese era
invaso e straziato in minime parti da un conquistatore
straniero, egli, il gran poeta della Germania, non alzò
mai la voce per fare una severa protesta, un grido sdegnoso di
nazionalità oltraggiata. Ed altra discolpa ei non dà, se non
questa sola. Il poeta, veramente, è come l’aquila. Che forse
l’aquila allora quando qualcuno và ad attaccare il suo nido, e
le rapisce i figli, se ne stà indifferente ed oziosa?
Goethe dice che il poeta politico deve
abbracciare un partito, e quindi pel mondo è perduto: ma i poeti
stessi gli danno una solenne mentita. Il poeta di mero partito
in nulla differisce da un poeta di mera corte: se per l’uno
l’obbiezione vale, vale altresi per l’altro; e noi diciamo
francamente che non c’ispirerebbe poi troppa fiducia una poesia
napoleonista, una poesia orleanista, una poesia legittimista, un
poesia del partito dell’ordine, o una poesia
democratico-socialista; ma questa poca fiducia verrebbe non già
dalla indole particolare della poesia politica, bensi dal senno
e dalla moralità delle parti nelle quali la Francia è divisa.
Vero si è che la condizione prima della poetica eccellenza ell’è
questa, che il poeta respiri un’atmosfera di libertà, di
attività, di progresso; la quale atmosfera coloro che
respirarono, esser poterono grandi poeti benché addetti ad una
fazione. In Aristofane, che è forse fra loro il più grande, lo
spirito di parte spicca più personale e diretto: pure qual
estensione e possanza, quale applicabilità universale nei quadi
del suo Cleone, del su Pistetero – il Louis Blanc di Atene –
co’suoi vasti disegni di centralizzazione, e le esortazioni agli
ucelli a ricuperare la primitiva loro sovranità! E sebbene noi
non consideriamo Dante qual poeta politico così estesamente come
vien riguardato dai suoi commentatori, i quali subodorano
allusioni politiche in ogni verso della Divina Commedia (lo che
nella nostra opinione degraderebbe le sue sublimi invettive ed i
sentimenti suoi fino al livello di cifre diplomatiche) pure il
poema del gran Ghibellino dà mille prove d’uno spirito di
fazione così acuto, quanto mai quello fosse che scompigliò il
piccol circolo di Weimar la vigilia della battaglia di Jena, o
turbò la solenne tranquillità di sua eccellenza il ministro di
stato Signor di Goethe.
Un sentimento simile a quello di Goethe
è stato espresso, più temperatamente per verità, da uno de’
più insigni poeti viventi della Germania, Freiligrath:
Der dichter steht auf einer höheren Warte
Als auf den Zinnen der Parthei.
“Il poeta sta sopra una torre più alta assai che i baluardi del
partito.” Ma se il povero Freiligrath pensò di poter rimanere
tranquillo in quella sublime altezza, ei vede ora, a spese
proprie, che sbagliò: glielo mostra, acerbamente
perseguitandolo, la polizia prussiana. – Molto diverso era il
tuono di un gran maestro e modello di Freiligrath, il più
veramente popolare e nazionale di tutti i poeti moderni, il
contadino scozzese Roberto Burns. Ne’ suoi canti patriottici
egli esortava altamente i suoi compatriotti, non solamente a
durar fedeli nell’affetto alla loro nazionalità, ma radunarsi
intorno alla bandiera del partito liberale de’ giorni suoi. – Ed
egli, egli umile, e senza protezione veruna, tenne e fe
sventolare quella bandiere, dalla quale il ricco ed il nobile
stavano per paura e vergogna
lontani:
It’s giud to be merry and wise,
It’s guid
to be honest and true,
It’s giud
to support Caledonia’s cause
And bide
by the buff and the blue.
. . .
Here’s freedom to him that wad read,
Here’s
freedom to him that wad write!
There’s
nane ever fear’d that the truth should be heard,
But they
wham the truth wad indict.
“Bello è essere allegri e savi; bello è essere onesti e veraci;
bello è sostenere la causa caledone, e starsene press oil giallo
e l’azzurro. Libertà a colui che vuol leggere; libertà a colui
che vuole scrivere; niuno ha mai temuto che la verità si
sapesse, eccetto coloro per quali la verità palesata si
convertirebbe in accusa.”
La protesta per la libertà di leggere e
di scrivere fatta sessant’anni fa dal contadino poeta della
Scozia, suggerisce naturalmente alla nostra considerazione una
causa, per cui la poesia politica assume ne’tempi moderni un
carattere diverso da quello che aveva presso gli antichi Greci,
o nelle repubbliche italiane; spiega la diversità che ritrovasi
fra Aristofane e Dante da un lato, ed i presenti poeti
dall’altro. Sismondi nel capitolo col quale conchiuda la storia
delle repubbliche italiane nel Medio evo, ho mostrato come le
idee di libertà e d’independenza in esse, al pari che
nell’antica Grecia riguardavano unicamente le relazioni esterne
dello stato, o al più la classe dominante de’ cittadini. Esse
non si estendevano come ora a tutti gl’individui ricchi o
poveri, nè implicavano nel proprio concetto il libero
svolgimento delle potenze intellettuali e morali, e la libera
manifestazione dei sociali sentimenti.
Non già che le idee nostre sulla
intellettuale libertà sconosciute fossero agli antichi: esse non
furono anzi mai così ben propugnate quanto nella sublime difesa
che Platone ha messa nella bocca del suo maestro Socrate. Ma
Socrate era solo. La grande e benefica estensione che le idee di
libertà e d’independenza hanno preso nei tempi moderni è da
ascriversi indebitamente: 1° All’influenza della fede cristiana;
2° Alle speculazioni filosofiche degli ultimi due secoli per
investigare e riconoscere que’ principii geneerali, che hanno
portato conseguenze politiche di grande importanza, sebbene i
principii stessi sieno trascurati, o spregiati dal gregge dei
volgari uomini di stato. Ma il poeta politico de’ tempi nostri
che volesse alzarsi al livello del suo sublime argomento, dee
pienamente conoscere quei campi di battaglia della speculazione:
la Maratone e le Termopile dei pensiero, ove le conquiste più
preziose della presente libertà si fecero, e si videro le sue
più eroiche difese. Ei dev’essere un pensatore profondo non meno
che un poeta di genio, ed un politico di cuore.
Ma egli è tempo oramai di passare da
queste osservazioni generali all’esame del poema che abbiamo
dinanzi agli occhi: poema di cui sarebbe difficile dire se i
pregi politici o poetici sieno più degni d’ammirazione, e che ha
un diritto alla attenzione nostra, trattando de’ casi de’ quali
questo paese è stato negli ultimi tre anni spettatore.
Dire che la signora Browning ha reso
colla pubblicazione di queste poesie un servigio così segnalate
alla causa delle civil libertà, e della nazionale indipendenza
toscana, quanto colle sue lettere ne rese a Napoli il signor
Gladstone, parrebbe esagerazione, e non è. Noi lo asseveriamo; e
con tutta ponderazione e coscienza lo asseveriamo. Veramente
dopochè il signor Burke diede in luce le famigerate sue
riflessioni sulla rivoluzione francese, nessuno scritto politico
ha destato un così vivo interesse ed una commozione tanta
profonda come le sdegnose filippiche contro la corruttela e la
crudeltà napoletana; veramente la forza che può spiegare colle
sue parole la signora Browning è ristretta ad un teatro
comparativamente più angusto assai: pure dentro questi confini
medesimi, l’efficacia di quella forza sarà più durevole com’è
altrettanto profonda; nè ci sembra congettura improbabile che
nelle più remote regioni ove si parla l’idioma inglese, e nelle
età dalla nostra più lontane, molti spiriti colti, che mai
udranno parlare delle nequizie del Navarro e de’ patimento di
Poerio, leggeranno con interesse vivissimo le stupende pitture
che questa gran poetessa avrà trasmesse loro delle vicende della
Toscana, in quel periodo che apresi colla concessione della
Guardia Civica, e finisce colla conclusione del Concordato
romane.
“Questo poema, dice l’Autrice, contiene
le impressioni da chi lo scrisse provate negli avvenimenti
toscani de’ quali fu testimone. Sul titolo potrà forse
scrupoleggiare la critica; giova alla scrivente prevenire le sue
obbiezioni, e dileguare i suoi scrupoli. Ella dichiara di non
provarsi menomamente a fare un racconto continuato, un trattato
di filosofia politica: è una semplice storia d’impressioni
personali, che traggon valore soltanto dalla intensità che
presero nel cuore di chi le ricevè: la quale intensità è una
testimonianza del’amore ch’ella porta a quel bello ed infelice
paese, mentre la sincerità colla quale ella narra, sarà
argomento quanto ella sia di buona fede, e quanto abbia l’anima
sgombra da ogni preoccupazione faziosa.
“Delle due parti nelle quali il poema è diviso, la
prima fu scritta quasi tre anni fa, mentre la seconda riassume
lo stato presente delle cose quali sono nel 1851. La dissonanza
fra le due parti suddette è sufficiente guarentigia al pubblico
della veracità degli avvenimenti. Che se tal discrepanza
increscevole riescisse al lettore, sappia egli che più assai
duole alla autrice: pure, chi ben consideri, ne troverà la
radice nella stessa nostra materia: ell’è la differenza che
passa fra il voto e l’adempimento, fra la fede e il disinganno,
fra la speranza ed il fatto.”
– Oh vaticinio a cui ci fidammo e così ti
rompesti! Oh fortuna ricchissima così acerbamente impedita! Nata
per il futuro, e per il futuro perduta ad un tratto! –
“Ma no: nel caso nostro non è perduta. Non
avvi forza che possa diseredare l’Italia.”
La signora Browning dice ch’ella non
tenta di fare una narrazione continuata, nè un trattato di
filosofia politica; ciononostante nella sua opera sono
pienamente descritte la concessione della Guardia Civica, le
stabilimento della Costituzione, il carattere, le fasi, e la
caduta del Governo Provvisorio, la restaurazione della monarchia
costituzionale spontaneamente operata dal popolo, e la
susseguente occupazione della Toscana fatta dagli Austriaci;
cosi che egli è evidente che tutti i più capitali avvenimenti
della storia più recente sono passati via via in questi versi a
rassegna. E’ vero poi che la sua filosofia politica vien
suggerita occasionalmente dalla espozione de’ fatti, e ad essi
coordinata; ma ciò conferma l’aurea sentenza di Machiavelli,
che cioè la scienza politica la quale commenta i fatti
presenti, è di gran lunga più utile ed efficace di quella, in
cui gli avvenimenti ed i fatti sono violentati ad illustrare e
confermare sistemi, ed a propugnare teorie preconcette.
I critici più competenti sono concordi
nel lodare le poesie di questa donna come sublimi, e fregiate di
straordinaria bellezza; ma noi temiamo che pari ai poemi di
Milton, di Dante, e di Goethe, non potranno mai divenir
popolari: poiché, come ad intendere quelle, così a ben
apprezzare e godere le profonde speculazioni, e le allusioni
finissime che dichiarano ed abbelliscono queste, vuolsi una
cultura non comune, ed un ingegno affinato negli studi. Padrona
la Browning di tutti i tesori classici da Omero a Boezio;
padrona dei dettati d’ogni sapiente da Platone ed Aristotile a
Macchiavelli, Montesquieu e Bentham, procede da gran pensatrice
e da gran poetessa, ferma e sicura di se, per le eccelse regioni
del pensiero: e poggia sì alto che a pochi di eletto ingegno è
dato seguirla. Ma pure è donna: né tu leggendo quei versi
potresti dire che tanta elevatezza di studi, quanta a pochi del
sesso virile medesimo è dato raggiungere, abbia menomamente
appannato quell’acume squisito per ciò che nella vita esiste di
più generoso e gentile; quell’ acume che forse nelle sole donne
ritrovasi; nè sebbene ell’abbia tanta virilità d’intelletto
quanta n’aveva madama di Stael, potrebbe Talleyrand dire
ghignando di lei, ciò che della ginevrina già disse: Ell’è un
uomo mascherato da donna.
Che se ci fosse richiesto di definire e
qualificare in una sola parola la poesia della signora Browning,
e additare la sorgente della sua sovreminenza, noi diremmo che
l’elemento in cui essa vive e si muove, è il pensiero: e questa
è la nota sua principale; quindi il suo genio prende un colore,
a dir così, di forte e risentita individualità. Che del resto
noi riconosciamo di buon grado che la fantasia, l’immaginazione,
il sentimento, la passione, ed a volte la passione nelle scosse
sue più tremende, possano nei versi di questa poetessa trovarsi:
ma non per questi pregi ell’è poetessa sovrana, bensi è
grandissima come maestria di morale e civile sapienza: siccome
colei che profondamente ha riflettuto agli argomenti più
rilevanti dell’etica e della politica, ed ai massimi problemi
della religione: ed estimando adeguatamente i doveri, le
prerogative e la potenza della poesia, se ne vale per condurre
utili verità nel convincimento e nella coscienza de’ suoi
lettori. La signora Browning si è provata a dipingere con tutta
vivezza agli occhi dell’anima de’ suoi compatriotti i patimenti,
ed il pianto della Nazione Italiana: anzi fa di più: ella pesa
nelle sottili bilance dell’uomo di stato le probabilità di una
disfatta, o di una vittoria, ma il suo cuore è caldo di affetti,
quanto la mente è chiara ne’ pensamenti; e noi siam certi che al
primo squillare di tromba la vedremmo, come un antico bardo,
accompagnare con armonie passionate la causa, che vinta o
vincitrice, sarà pur sempre la causa della giustizia.
Un critico eminente parlando di questa
grande Autrice, dopo averla proclamata come superiore a tutte le
scrittrici dei secoli scorsi, dice ch’ella perviene sempre alla
meta della poesia, ma spesso vi giunge stanca ed anelante. Ma
noi dobbiamo tener fisso nell’animo, che mentre sappiamo come –
la corona dell’immortalità non può conseguirsi senza sudore, e
senza polvere – ella ha scelto e prefisso a sé medesima una meta
molto più lontana e difficile di tutti i suoi predecessori. Ella
partecipa alle speranze più nobili, e lotta a pro de’ più alti
interessi del genere umano; ed in questa lotta prende da Apollo
non solo quella lira che rallegra la mensa de’numi, ma
quell’arme invincibile pur anco, che valse ad atterrare il
tremendo Pitone.
Il pensiero, noi dicemmo, è l’elemento
principalissimo della poesia della signora Browning. Infatti, nè
Shakspeare nelle riflessioni profondi de’ suoi drammi, nè
Wordsworth , quando nel potente suo spirito ravvolge le
rivoluzioni delle società e degli stati, e vede simpatie
misteriose fra l’uomo o la natura, nè Schiller tutto pieno delle
teorie di Kant, no, nessuno di que’ grandi poeti è pensatore più
grande di questa egregia donna: e per avventura la osservazione
più insigne che possa farsi sulla sua poesia ell’è, che quel suo
vasto sapere non le sia stato d’impaccio a dispiegare la nativa
indipendenza ed originalità del pensiero. Che se niuno mai del
suo sesso ebbe sapere si vasto, se ella raccolse nella memoria
le ricchezze letterarie d’ogni secolo, di ogni nazione, le
richeszze di ogni arte, d’ogni lingua, ella apprezza tutto ciò
non come fine, ma come un mezzo atto a svolgere ed esaltare lo
spirito, e fornirle armi potenti a combattere in favore della
libertà, e dell’individuale e sociale benessere.
Molti squarci noi potremmo riportare
dall’inglese poema a confermare ciò che dicemmo sulla mente
dell’egregia autrice. Per quasi 300 versi ella esamina qual
effetto nei movimenti moderni abbia portato l’esclusivo riguardo
che gl’Italiani ebbero.
Al misero orgoglio di un tempo che fu.
Odasi com’ella parla, badando non al passato,
ma all’avvenire.
ELIZABETH BARRETT BROWING
CASA GUIDI WINDOWS
Firenze, 1851
PART I
I HEARD last night a little child go singing
‘Neath Casa Guidi windows, by the church,
“O bella libertà, O bella!
– stringing
The same words still on notes he went in search
So high
for, you concluded the upspringing
Of such a nimble bird to sky from perch
Must
leave the whole bush in a tremble green;
And that the heart of Italy must beat,
While
such a voice had leave to rise serene
‘Twixt church and palace of a Florence street! –
A little
child, too, who not long had been
By mother’s finger steadied on his feet,
And still
O bella libertà he
sang.
PRIMA PARS
Io udivo iersera un fanciullino che passava sotto le finestre di
casa Guidi presso la Chiesa, cantando – Oh bella libertà, o
bella! – e portato dalla forza dell’armonia ripeteva l’aria
medesima sempre più alto, sicchè quella sua voce rassembrar
potevasi ad un ucello, che dal boschetto volando sublime
nell’aere, lascia le fronde per lo slancio ch’ei si è dato
levandosi, tutto tremanti: e tremar deve davvero e palpitare il
cuor degl’Italiani, se ad una voce tale è permesso sorgere
gioconda fra una Chiesa ed un palazzo in una strada di Firenze.
E si ch’egli era un fanciulletto cui poco innanzi la madre col
muover di un solo dito poteva tener fermo presso di se: eppure
ei cantava : O bella libertà!
Then I thought, musing, of the innumerous
Sweet songs which for this Italy outrang
From
older singers’ lips, who sang not thus
Exultingly and purely, yet, with pang
Sheathed
into music, touched the heart of us
So finely that the pity scarcely pained!
I thought
how Filicaja led on others,
Bewailers for their Italy enchained,
And how
they called her childless among mothers,
Widow of empires, ay, and scarce refrained
Cursing
her beauty to her face, as brothers
Might a shamed sister, - “Had she been less fair
She were
less wretched,” – how, evoking so
From congregated wrong and heaped despair
Of men
and women writhing under blow,
Harrowed and hideous in their filthy lair,
A
personating Image, wherin woe
Was wrapt in beauty from offending much,
They
called it Cybele, or Niobe,
Or laid it corpse-like on a bier for such,
Where the
whole world might drop for Italy
Those
cadenced tears which burn not where they touch, -
‘Juliet
of nations, canst thou die as we?
And was the violet crown that crowned thy head
So over
large, though new buds made it rough,
It slipped down, and across thine eyelids dead,
O sweet,
fair Juliet?” – Of such songs enough;
Too many of such complaints! Behold, instead,
Void at
Verona, Juliet’s marble trough!
And void as that is, are all images
Men set
between themselves and actual wrong,
To catch the weight of pity, meet the stress
Of
conscience; though ‘tis easier to gaze long
On personations, masks and effigies,
Than to
see live weak creatures crushed by wrong.
Io pensai; e riandai nella mente gl’infiniti cantici soavi che a
pro di questa Italia sgorgarono dalle labbra degli antichi vati:
cantici erano quelli non tanto puri e pieni di vita: egli era un
lamento così temprato fra le armonie della musica, che il cuore
n’era lievemente, e senza patirne, commosso. Pensai a Filicaia
antesignano di coloro che piansero la Italia incatenata,
chiamandola madre orba di figli, vedova d’imperi: che a stento
si rattennero dal maledire in faccia a lei medesima la sua
bellezza, come fratelli imprecano alla bellezza di una sorella
che non rispetta se stessa – foss’ella stata men bella, sarebbe
meno spregevole e sventurata. – Io pensai come da tante ingiurie
e tanta disperazione vollero quei poeti evocare un’immagine, in
cui il dolore adorno di bellezza non potesse colpire troppo
vivamente: onde chiamarono la Italia, Cibele o Niobe, o la
stesero a guisa di cadavere in un cataletto, sul quale poi
l’intiero mondo versar potesse in cadenza musicale di quelle
lacrime, che non bruciano dove esse cadono. – O Giulietta delle
nazioni, gridaron costoro, potrai tu dunque morire al pari di
noi? E quella ghirlanda di mammolette che ti cingeva così
ampiamente la testa, o dolce, o leggiadra Giulietta, come mai,
sebbene ve ne fossero pur altre sbocciate, ti sdrucciolò dalla
fronte, e si aggravò sulle tue morte palpebre? – Basta, basta:
non più di siffatti cantici: quei lamenti oramai son troppi. –
Vedete voi in quella vece, là a Verona, com’è vuota l’informe
urna marmorea di Giulietta? Così vuote di affetto verace e di
forza son quelle immagini tutte che gli uomini frappongono fra
l’anima propria e il dolore vero, onde impedire che troppo la
pietà vi si aggravi, e troppo alto levi la voce sua la
coscienza: è tanto più agevole sostenere per lunga fiata
l’aspetto di un simbolo, d’una maschera, d’un simulacro che
guardare nella vita una creatura debole, oppressa, schiacciata
dal forte.
For me who stand in Italy to–day,
Where
worthier poets stood and sang before,
I kiss their footsteps, yet their words gainsay:
I can but
muse in hope upon this shore
Of golden Arno, as it shoots away
Straight
through the heart of Florence, ‘neath the four
Bent bridges, seeming to strain off like bows,
And
tremble, while the arrowy undertide
Shoots on and cleaves the marble as it goes,
And
strikes up palace–walls on either side
And froths the cornice out in glittering rows,
With
doors and windows quaintly multiplied,
And terrace-sweeps, and gazers upon all,
By whom
if flower or kerchief were thrown out,
From any lattice there, the same would fall
Into the
river underneath, no doubt, –
It runs so close and fast ‘twixt wall and wall.
How
beautiful! The mountains from without
Listen in silence for the word said next,
(What
word will men say?) here where Giotto planted
His campanile, like an unperplexed
Question
to Heaven, concerning the things granted
To a great people, who, being greatly vexed
In act,
in aspiration keep undaunted!
(What word says God?)
Io che vivo oggi in Italia, ove più degni poeti vissero e
cantarono innanzi a me, bacio riverente le orme loro, ma ne
rinnego le parole: altro io fare non posso che meditare colla
speranza nel cuore su queste sponde dell’aureo fiume toscano. –
Ecco ei traversa velocissimo per mezzo la città di Firenze, ed i
ponti curvati a guisa di archi par che ne tremino, ed egli nel
suo corso par che li fenda, mentre da ambo i lati rasenta
palazzi: ve’ come cornicioni, e porte, e finestre in lunghe file
moltiplicate nell’acqua bizzarramente vi brillano, vi
ondeggiano; ed ecco le terrazze piene di gente, che se un fiore
od un fazzoletto gettassero, andrebbe certo a cadere nel fiume:
così dappresso ei tocca i muri delle case: Oh come è bello! – E
le montagne là fuori aspettano silenziose la parola che prima
verrà pronunziata. – Qual parola mai dir potranno gli uomini? –
Qui Giotto piantò il suo campanile, e parve chiedere al Cielo
quai cose avrebbe concesse ad un popolo grande, quando
grandemente tormentata da una soverchiante forza materiale,
rimanesse indomito nei suoi desiderii. – E qual parola dice Dio?
–
The sculptor’s Night and Day
And Dawn
and Twilight, wait in marble scorn,
Like dogs couched on a dunghill, on the clay
From
whence the Medicean stamp’s outworn, –
The final putting off of all such sway
By all
such hands, and freeing of the unborn
In Florence, and the world outside his Florence.
That’s
Michel Angelo! His statues wait
In the small chapel of the dim St Lawrence!
Day’s
eyes are breaking bold and passionate
Over his shoulder, and will flash abhorrence
On
darkness, and with level looks meet fate,
When once loose from that marble film of theirs:
The Night
has wild dreams in her sleep; the Dawn
Is haggard as the sleepless: Twilight wears
A sort of
horror: as the veil withdrawn
‘Twixt the artist’s soul and works had left them
heirs
Of the
deep thoughts which would not quail nor fawn,
His angers and contempts, his hope and love;
For not
without a meaning did he place
Princely Urbino on the seat above
With
everlasting shadow on his face;
While the slow dawns and twilights disapprove
The ashes
of his long-extinguished race,
Which never shall clog more the feet of men.
Ecco da un’altra parte la Notte e il Giorno. L’Aurora e il
Crepuscolo dello scultore, che disdegnosi nel marmo stanno
aspettando, sdraiati come mastini nel fimo, sugli avanzi dai
quali la stampa medicea è cancellata. – Udite la parola: Ogni
dominio affidato a mani simili a quelle di costoro che qui
giacciono dee per sempre cessare: nuovi eventi han da sorgere in
Firenze, e nel mondo tutto che fuor di Firenze si trova. – In
questo pensiero ritrovo io Michelangelo. Questi avvenimenti
stanno aspettando nell’augusta cappella dell’oscuro San Lorenzo
le sue statue. – Quindi il Giorno volge ardito e sdegnoso
sull’omero lo sguardo: lampo di aborrimento contro le tenebre,
lampo di intrepidezza contro il destino; e par che accenni:
Appena questo velo marmoreo mi sarà caduto dalle pupille, io ti
incontrerò, o destino, senza paura; quindi la Notte porta nel
seno suo strani sogni, e l’Aurora è pallida ed abbattuta come
chi passò insonne la notte; e il Crepuscolo spira orrore. Ah
certo quel grande svelò in tali opere tutta quanta l’anima sua;
certo ei le lasciò eredi di que’suoi profondi pensieri, che mai
vollero nè retroceder d’un passo dinanzi al potente, nè piegarsi
a blandirlo; erede ei lasciò quel marmo dell’ira sua, del suo
disprezzo, dell’amore e della speranza: nè senza un motivo
profondo ei collocò il principe d’Urbino al di sopra di tutti
colla faccia velata di ombra perpetua: e l’Aurora e il
Crepuscolo lenti a passare versano largamente il biasimo sulle
ceneri della sua stirpe, che da gran tempo spenta, non potrà mai
più incatenare i piedi degli uomini.
“What’s Italy?” men ask;
And
others answer, “Virgil, Cicero,
Catullus, Cæsar.” And what more? to task
The
memory closer – “Why, Boccaccio,
Dante, Petrarca,” – and if still the flask
Appears
to yield its wine by drops too slow, -
“Angelo,
Raffael, Pergolese,” – all
Whose
strong hearts beat through stone, or charged, again,
Cloth-threads with fire of souls electrical,
Or broke
up heaven for music. What more then?
Why, then, no more. The chaplet’s last beads fall
In naming
the last saintship within ken,
And, after that, none prayeth in the land.
Alas,
this Italy has too long swept
Heroic ashes up for hour-glass sand;
Of her
own past, impassioned nympholept!
Consenting to be nailed by the hand
To the
same bay-tree under which she stepped
A queen of old, and plucked a leafy branch;
And
licensing the world too long, indeed,
To use her broad phylacteries to staunch
And stop
her bloody lips, which took no heed
How one quick breath woud draw an avalanche
Of living
sons around her, to succeed
The vanished generations. Could she count
Those
oil-eaters, with large, live, mobile mouths
Agape for macaroni, in the amount
Of
consecrated heroies of her south’s
Bright rosary? The pitcher at the fount,
The gift
of gods, being broken, - why, one loathes
To let the ground leaves of the place confer
A natural
bowl. And thus, she chose to seem
No nation, but the poet’s pensioner,
With alms
from every land of song and dream;
While her own pipers sweetly piped of her,
Until
their proper breaths, in that extreme
Of sighing, split the reed on which they played!
Of which,
no more: but never say “no more”
To Italy! Her memories undismayed
Say
rather “evermore” – her graves implore
Her
future to be strong and not afraid –
Her very statues send their looks before!
“Cos’è l’Italia? chiedono alcuni; ed altri rispondono:
Virgilio, cicerone, Catullo, Cesare. – Ma ripigliano quelli: la
lezioncina finisce qui? La memoria non dà altro? – Boccaccio,
Dante, Petrarca. – Ma troppo lenta procede pure nel dispiegare i
tesori suoi la memoria: – Michelangelo, Raffaello, Pergolese. –
Grande invero son questi nomi: grandi furono costoro che fecero
nel marmo battere un cuore, o imposero sulle tele que’colori,
donde viene alle anime contemplanti un misterioso elettricismo,
o colle melodie le condussero in Paradiso: ma quali altri avete
voi? – Non ve ne sono più. Le utilme pallottoline della corona
cadono al rammentare l’ultimo Santo conosciuto, e dopo questo
nel paese il culto cessa. Ahime! questa Italia per troppo tempo
ha sollevato in aria ceneri di eroi, scambiandole per polvere
indicatrice delle ore. Troppo tempo, innamorata dei secoli
decorsi, si è lasciata inchiodare le mani al tronco di quel
medesimo alloro, sotto il quale ella procedè regina dela
passato, e ne scoscese per velarsene un ramo fronzuto; troppo a
lungo veramente ella permise che il mondo usasse le sue ampie
filatterie per chiuderne le labbra, e stagnarvi il sangue; no,
ella non pensò mai che un suo potente respiro le avrebbe fatto
precipitare intorno una valanga di figli viventi degni di
subentrare alle generazioni passate. – Ma pure, a chi mai poteva
ella affidarsi? L’urna del fonte, dono degli dei, si trova
spezzata, che vorrà sostituirvi le foglie che sparse
naturalmente rinvengonsi per terra? – Quindi essa, l’Italia,
anzichè di nazione, volle piuttosto prendere l’apparenza di chi
vive alla mercè di un poeta, mendicando da ogni regione
elemosine di canti e di fantasie; intanto i suonatori suoi
sonavano dolcemente in onor suo, finchè in un eccesso di dolore
col loro fiato medesimo spaccaron la canna nella quale
soffiavano. Di ciò basta: - ma deh non si dica mai basta alla
Italia: le sue memorie indomite dicono anzi: Sempre più. – Le
tombe sue stesse comandano che l’avvenire suo si avanzi, e venga
forte ed intrepido: le statue medesimo lanciano nel futuro gli
sguardi.-
We do not serve the dead – the past is past!
God
lives, and lifts his glorious mornings up
Before the eyes of men, who wake at last,
And put
away the meats they used to sup,
And on the dry dust of the ground outcast
The dregs
remaining of the ancient cup,
And turn to wakeful prayer and worthy act,
The dead,
upon their awful ‘vantage ground –
The sun not in their faces, - shall abstract
No more
our strength: we will not be discrowned
Through treasuring their crowns, nor deign transact
A barter
of the present, in a sound,
For what was counted good in foregone days.
O Dead,
ye shall no longer cling to us
With your stiff hands of desiccating praise,
And hold
us backward by the garment thus,
To stay and laud you in long virelays!
Still,
no! we will not be oblivious
Of our own lives, because ye lived before,
Nor of
our acts, because ye acted well, –
We thank you that ye first unlatched the door –
We will
not make it inaccessible
By thankings in the doorway any more,
But will
go onward to extinguish hell
With our fresh souls, our younger hope, and God’s
Maturity
of purpose. Soon shall we
Be the dead too! and, that our periods
Of life
may round themselves to memory,
As smoothly as on our graves the funeral-sods,
We must
look to it to excel as ye,
And bear our age as far, unlimited
By the
last sea-mark! So, to be invoked
By future generations, as the Dead.
Noi non serviamo ai defunti: il passato è passato.- Dio vive, ed
alza le sue gloriose mattine, dispiegandole innanzi agli occhi
degli uomini, i quali alla fine si svegliano, e posti da banda i
cibi coi quali erano usi cenare, e gettate sull’arida sabbia del
suolo le feccie che rimanevano in fondo all’antica coppa, si
volgono a vigilare, a pregare, ad operar degnamente. I morti
dalla tremenda vetta che domina su noi, ma non vede né vedrà mai
più il sole che sveglia alle opere del giorno i viventi, i morti
non assorbiranno più la forza delle anime nostre; non sarà che
per cingere e far tesoro delle loro corone veniamo a farci
cadere dalla testa le nostre proprie; non sarà che vogliamo
giammai permutare il presente col suono di quello che fu creduto
bello ne’ tempi decorsi. O morti, la lode vostra ci inaridisce:
non ci tenete per la veste, non ci fate retrocedere, perché ci
arrestiamo ad encomiarvi in lunghe canzoni.- No; noi non vorremo
obliare la vita nostra solo perché voi viveste innanzi a noi; nè
perchè voi egregiamente operaste, vorremo perdere di vista le
azioni nostre: voi primi, e grazie ve ne sieno rese, apriste la
breccia: noi però non ci fermeremo in lontananza a guardare quel
passo, diffondendoci in rendimenti di grazie; noi vogliamo
procedere innanzi: l’anima è ritemprata, la speranza è nel
vigore della sua gioventù, Iddio ha maturato i tempi; e noi, si,
procederemo animosi a spengere quelle truci fiamme d’inferno,
che strugger vorrebbero la santa città. – Non ci arrestate
nell’impeto nostro: presto morremo noi pure, e perchè possano
verdeggiare nella memoria de’ posteri le opere nostre, come
l’erba verdeggerà sulle tombe, ci è d’uopo renderci insigni con
egregie azioni: noi dobbiamo smuovere a tutto poter nostro que’
confini, che non fu dato a voi trapassare: e le generazioni
future c’invocheranno eccitatori d’alte intraprese.
Through the blue Immense,
Strike out, all swimmers! cling not in the way
Of one
another, so to sink; but learn
The strong man’s impulse, catch the fresh’ning spray
He throws
up in his motions, and discern
By his clear, westering eye, the time of day.
O God,
thou hast set us worthy gifts to earn,
Beside thy heaven and Thee! and when I say
‘Tis
worth while for the weakest man alive
To live and die, – there’s room too, I repeat,
For all
the strongest to live well, and strive
Their own way, by their individual heat,
Like a
new bee-swarm leaving the old hive
Despite the wax which tempteth violet-sweet.
So let
the living live, the dead retain
Flowers on cold graves! – though honour’s best
supplied,
When we
bring actions, to prove their’s not vain.
Or via, là per l’immenso azzurro, gittatevi tutti a nuoto: non
v’impacciato no, nè vi attenete uno all’altro, chè non
affondiate: apprenda ognuno dal forte che precede l’impulso che
dee dare a se stesso, riceva lo sprazzo ch’ei soleva co’possenti
suoi moti, e dietro la scorta sua segua il corso del pianeta
maggiore. Grazie, o mio Dio! tu concedesti all’uomo doni degni
da conquistare, oltre il tuo Paradiso e la beatifica tua
visione: sì, lo ripeto, il più debole uomo che sia sulla terra
ha una ragione di vivere e di morire: vi è pure luogo abbastanza
per tutti i forti da viver bene, e farsi una via col proprio
sudore: quale sciame di api che lasciano l’antico alveare,
spregiando la cera che col soave odore di mammoletta le tenta.
Vivano dunque coloro che sono in vita, e le fredde tombe
de’trapassati si spargano di fiori: ma il fiore più vago sieno
le azioni nostre, le quali provino che i loro esempi non furono
vani.
Cold graves, we say? it shall be testified
That
living men who throb in heart and brain,
Without the dead, were colder. If we tried
To sink
the past beneath our feet, be sure
The future would not stand. Precipitate
This old
roof from the shrine – and, insecure,
The nesting swallows fly off, mate from mate.
Scant
were the gardens, if the graves were fewer!
And the green poplars grew no longer straight,
Whose
tops not looked to Troy. Why, who would fight
For Athens, and not swear by Marathon?
Who would
build temples, without tombs in sight?
Who live, without some dead man’s benison?
Who seek
truth, hope for good, or strive for right,
If, looking up, he saw not in the sun
Some
angel of the martyrs, all day long
Standing and waiting! your last rhythms will need
The
earliest key–note. Could I sing this song,
If my dead masters had not taken heed
To help
the heavens and earth to make me strong.
As the wind ever will find out some reed,
And touch
it to such issues as belong
To such a frail thing? Who denies the dead,
Libations
from full cups? Unless we choose
To look back to the hills behind us spread,
The
plains before us sadden and confuse;
If orphaned, we are disinherited.
I would
but turn these lachrymals to use
Fill them with fresh oil from the olive grove,
To feed
the new lamp fuller. Shall I say
What made my heart beat with exulting love,
A few
weeks back?
Fredde tombe, dicemmo? Uomini viventi ai quail batte il cuore e
il cervello, senza la memoria degli estinti sarebbero stati –
chi può dubitarne? – più freddi. Certo, se noi facessimo
sprofondare sotto i piedi nostri il passato, l’avvenire non
potrebbe edificarsi: precipitate il tetto dell’antico
tabernacolo, e vedrete volar dispersi tutti gli augelli che vi
facevano il nido: miseri sarebbero i giardini, se in minor
numero fosser le tombe, ed i verdi pioppi non crescevano più in
file diritte, se la cima loro non guardava Troia. E chi mai
pugnar vorrebbe per Atene, senza giurare per gli estinti di
Maratona? Chi mai vorrebbe edificar templi, senza che in vista
di essi vi fosser le tombe? Chi mai vive senza la benedizione di
qualche estinto? Chi mai va in traccia del vero, spera il bene,
o lotta in favore del giusto, se alzando gli occhi al disco
solare non vegga lassù l’immagine di qualche angelo che fu
martire in terra, e quanto dura la carriera di quell’astro
stassi ad attenderlo? Odierne sieno le parole del canto, ma le
note si prendano da’ tempi andati. E potrei io intuonare questa
canzone, se i trapassati miei precettori non avessero aiutato a
confortarmi i cieli e la terra? – Ed essi mi confortarono, e
spirarono in me uno spirito di poesia: non trova anche il vento
una canna, e la scuote, e la fa rispondere, come può meglio una
sì fragile creature? Or chi mai nega agli estinti libazioni da
piene tazze? Se noi sdegneremo di rivolgere lo sguardo alle
montagne spiegate dietro a noi, la pianura che ci sta innanzi ci
stringerà il cuore, e ci abbaglierà la vista a guardarla: se
orfani, siamo diseredati.
Nè altro io vorrei che volgere ad utile scopo questi vasi
lacrimari, empirli dal boschetto degli olivi di fresco olio, per
alimentare più pienamente la nuova lampada. E qui vo’dire quel
che fece, or sono poche settimane, battere il mio cuore con
amorosa esultanza.
The day was such a day
As Florence owes the sun. The sky above,
Its
weight upon the mountains seemed to lay,
And palpitate in glory, like a dove
Who has
flown too fast, full-hearted. Take away
The image! For the heart of man beat higher
That day
in Florence, flooding all her streets
And piazzas with a tumult and desire.
The
people, with accumulated heats,
And faces turned one way, as if one fire
Did draw
and flush them, leaving their old beats,
Went upward to the palace Pitti wall,
To thank
their Grand-duke, who, not quite of course,
Had graciously permitted, at their call,
The
citizens to use their civic force
To guard their civic homes. So, one and all,
The
Tuscan cities streamed up to the source
Of this new good, at Florence; taking it
As good
so far, presageful of more good, –
The first torch of Italian freedom, lit
To toss
in the next tiger’s face who should
Approach too near them in a cruel fit, –
The first
pulse of an even flow of blood,
To prove the level of Italian veins
Toward
rights perceived and granted. How we gazed
From Casa Guidi windows, while, in trains
Of
orderly procession – banners raised,
And intermittent bursts of martial strains
Which
died upon the shout, as if amazed
By gladness beyond music – they passed on!
The
magistrates with their insignia, passed;
And all the people shouted in the sun,
And all
the thousand windows which had cast
A ripple of silks, in blue and scarlet, down,
As if the
houses overflowed at last,
Seemed to grow larger with fair heads and eyes.
Era un giorno quale il sole ne fa splendore sopra a Firenze. E
pareva che il firmamento riposasse con amore sulle montagne,
palpitando a guisa di colomba per troppo ratto volare anelante.
– Ma quale immagine mai mi pone dinanzi l’accesa fantasia! Il
cuore degli uomini, che inondavano affolati e bramosi le strade
e le piazze. Il popolo affratellato ed ardente, tutti con la
faccia volta ad una parte, e come se un solo fuoco tutti
attirasse, a tutti facesse avvampare le guancie, lasciando la
traccia usuale, rimontavano verso le mura del palazzo
Pitti a ringraziare il loro Granduca; il quale pregato, e come
per strano favore, aveva graziosamente permesso ai cittadini di
usare la cittadina forza per guardare le cittadine loro
case. Così tuttaquante le toscane città si adunavano a Firenze,
sorgente di questo nuovo bene ch’esse accettavano intanto come
un presagio di un bene maggiore: era questa la prima face che la
italiana libertà accendesse per buttarla in faccia alla prima
tigre che in un accesso di furia crudele troppo a lei si fosse
avvicinata; era questo il primo sussulto d’un sangue, che
finallora avea tanto regolarmente circolato; prova che
gl’italiani pure conoscono i loro diritti, e sanno apprezzarne
la concessione.
Eravamo alle finestre di Casa Guidi a guardare, mentre in file
di ordinata processione, a bandiere spiegate, fra continue
suonate di musica marziale, che cedevano pure alle grida, quasi
sopraffatte da un’allegria che sorpassava ogni possanza di
musica, essi passavano.
Ecco passano i magistrati con le loro insegne, e tutta la gente
applaudiva alla faccia del sole, e tutte le migliaia di finestre
avevano messo serici tappeti lievemente al vento ondeggianti:
colore azzurro e color rosso; pareva che la piena degli affetti
alfine traboccasse, pareva che affollate di belle teste e di
occhi le case divenute fossero più ampie.
The lawyers passed; and still arose the shout,
And hands broke from the windows, to surprise
Those
grave calm brows with bay-tree leaves thrown out,
The priesthood passed: the friars, with worldly-wise
Keen,
sidelong glances from their beards, about
The street, to see who shouted! many a monk
Who takes
a long rope in the waist, was there!
Whereat the popular exultation drunk
With
indrawn “vivas,” the whole sunny air,
While through the murmuring windows rose and sunk
A cloud
of kerchiefed hands! “the church makes fair
Her welcome in the new Pope’s name.” Ensued
The black
sign of the “martyrs!” name no name,
But count the graves in silence. Next, were viewed
The
artists; next, the trades, and after came
The populace, with flag and rights as good;
And very
loud the shout was for that same
Motto, “Il popolo,” IL POPOLO,-
The word
meant dukedom, empire, majesty,
And kings in such an hour might read it so.
And next,
with banners, each in his degree
Deputed representatives a-row,
Of every
separate state of Tuscany:
Siena’s she-wolf, bristling on the fold
Of the
first flag, preceded Pisa’s hare;
And Massa’s lion floated calm in gold,
Pienza’s
following with his silver stare;
Arezzo’s steed pranced clear from bridle–hold, –
And well
might shout our Florence, greeting there
These,
and more brethren!
Ecco i legali: e gli applause durano, e vedi le mani sporgere
dalle finestre, e gittar d’improviso su quelle gravi fronti
tranquille ghirlande d’alloro. – Passa il clero; i claustrali
con viso dipinto di senno mondano, gettano sguardi qua e là per
le strade a notare chi applaude! Molti ve n’erano, cui bisognava
per cingerli una lunga corda: ma intanto la popolare estulatanza
s’inebriava di ripetuti evviva, e per l’aria illuminata del
sole, dalle romoreggianti finestra si alzava e si abbassava una
nuvola di mani a sventolar fazzoletti. – Applaudite la Chiesa in
nome del nuovo Papa! – Seguiva il nero vessillo dei martiri: -
non pronunziante nome veruno: contate i sepolchri in silenzio. -
Vedevansi quindi gli artisti; quindi i commercianti; e dopo
venire la plebe, con pari bandiere, siccome con pari diritti, e
fortissimo fe l’applauso alla parola: “Il popolo, il popolo.” La
quale parola significava altezza, impero, maestà; tanti e
siffatti sensi avrebbero potuto leggervi in quel momento i
monarchi. E quindi, ognuno con appropriate bandiere procedevano
in fila i deputati rappresentanti di ogni provincia della
Toscana. Tu avresti
veduto nell’ondeggiamento della prima bandiera spiccare irta di
fulci crini la lupa di Siena; seguiva la lepre di Pisa, è
muoveasi al vento in campo d’oro il tranquilo lione di Massa: mi
sembrava guardar fisso il suo seguace di Pienza, mentre il
cavallo d’Arezzo sciolto da ogni freno pareva caracollare: – e
ben poteva la nostra Firenze applaudire salutando ivi questi ed
altri fratelli. –
Last, the world had sent
The
various children of her teeming flanks –
Greeks, English, French – as to some parliament
Of lovers
of her Italy, in ranks
Each bearing its land’s symbols reverent;
At which
the stones seemed breaking into thanks
And rattling up to the sky, such sounds in proof
Arose!
the very house–walls seemed to bend,
The very windows, up from door to roof,
Flashed
out a rapture of bright heads, to mend,
With passionate looks, the gesture’s whirling off
A
hurricane of leaves! Three hours did end
While all these passed; and ever in the crowd,
Rude men,
unconscious of the tears that kept
Their beards moist, shouted; and some laughed aloud,
And none
asked any why they laughed and wept;
Friends kissed each other’s cheeks, and foes long
vowed
Did it
more warmly; two-months’ babies leapt
Right upward in their mother’s arms, whose black,
Wide,
glittering eyes looked elsewhere; lovers pressed
Each before either, neither glancing back;
And
peasant maidens, smoothly tired and tressed,
Forgot to finger on their throats the slack
Great
pearl-strings; while old blind men would not rest
But pattered with their staves and with their shoes
Still on
the stones, and smiled as if they saw.
O Heaven! I think that day had noble use
Among
God’s days.
– Finalmente il fecondo universo avea mandato i vari suoi
figli: Greci, Inglese, Francesi, quasi ad un congresso di
amatori della sua Italia, tutti schierati, portando ognuno
reverente il simbolo della sua patria. Tanta era la generale
esultanza che le pietre sembravano scoppiare in applausi, e
salire fino al firmamento, e le mura stesse delle case
sembravano piegarsi; perfino le finestre su dalla porta fino al
tetto, sfoggiavano un’estasi di liete facce, di sguardi desiosi,
e per l’aere aggirevasi un turbine continuato di foglie. Tre ore
ci vollero perché tutto questo passasse; e sempre nella folla
que’rustici inconsapevoli delle lagrime che inumidivano le loro
barbe, duravano ad applaudire; e v’era chi portato dal giubilo
romorosamente tripudiava; e niuno intanto chiedeva all’altro
perché mai tutti ridessero e piangessero ad un tempo: e gli
amici si bacciavano le gote uno dell’altro, e i nemici
inveterati si abbracciavano, e si baciavano anche più
caldamente: e bambini di due mesi saltavano su diritti nelle
braccia delle loro madri, che quasi distratte da più forte cara
volgevano altrove i neri occhi lucenti; gli amanti si spingevano
innanzi, e nessuno guardava all’altro; e le attillate ragazze
del contado, dimenticavano di tastarsi nel petto il lento vezzo
di perle: mentre i vecchi ciechi non si ristavano dal battere
co’ferrati bastoni e con le scarpe sulle pietre, e sorridevano
come se avessero visto – No, mio Dio, non è possibile che senza
un gran fine tu facessi splender quel giorno!
Meanwhile, in this same Italy we want
Not popular passion, to arise and crush,
But
popular conscience, which may covenant
For what it knows. Concede without a blush –
To grant
the “civic guard” is not to grant
The civic spirit, living and awake.
Those
lappets on your shoulders, citizens,
Your eyes strain after sideways till they ache,
While
still, in admiration and amens,
The crowd comes up on festa-days, to take
The great
sight in – are not intelligence,
Not courage even – alas, if not the sign
Of something very noble, they are nought;
For every day ye dress your sallow kine
With
fringes down their cheeks, though unbesought
They loll their heavy heads and drag the wine,
And bear
the wooden yoke as they were taught
The first day. What ye want is light – indeed
Not
sunlight – (ye may well look up surprised
To those unfathomable heavens that feed
Your
purple hills!) – but God’s light organised
In some high soul, crowned capable to lead
The
conscious people, - conscious and advised, -
For if we lift a people like mere clay,
It falls
the same. We want thee, O unfound
And sovran teacher! – if thy beard be grey
Or black,
we bid thee rise up from the ground
And speak the word God giveth thee to say.
Inspiring
into all this people round,
Instead of passion, thought, which pioneers
All
generous passion, purifies from sin,
And strikes the hour for. Rise though teacher!
here’s
A crowd
to make a nation! – best begin
By making such a man, till all be peers
Of
earth’s true patriots and pure martyrs in
Knowing and daring.
Eppure in questa Italia medesima noi non abbisogniamo già di
popolare passione, che sorga e fulmini, ma di popolare
coscienza, che patteggiare possa per ciò che conosce. –
Convenitene meco, o Italiani, senza arrossire: concessione di
guardia civica, non vuol dir concessione di sveglio e vivo
spirito cittadinesco. Quelli spallacci fissi negli omeri vostri,
o cittadini, quegli occhi vostri che si sforzano a guardali
finchè non vi dolgano; quell’ammirazione, che senza fine
echeggia fra la folla accorsa ne’ giorni di festa per saziare la
vista nel grande spettacolo, questa pompa, dico, e questo
applauso non sono intelligenza, non sono tampoco prodezza: ed
ahimè! se non sieno segni di qualche nobile cosa, non valgono a
nulla. Anche i vostri buoi sono adorni di moscaiuole che loro
penzolano giù per le gote; e benchè non richiesti, tentennano le
pesanti loro teste, e portano oggi il ligneo giogo come ci
furono il primo giorno assuefatti. Quel che a voi manca, o
Italiani, è la luce – non già veramente la luce del sole – chi
mai di voi non fu preso da un senso di meraviglia, alzando gli
occhi al cielo profondo che sparge di lume le purpuree vostre
montagne? – ma della luce io parlo di Dio, che informi e compia
di se qualche spirito eccelso, e gli dia possa di guidare una
moltitudine, la quale a se medesima consapevole del proprio
operare lo segua. – Che se voi alzerete un popolo come una massa
informe, come una massa informe pure, appena cesserete di
sostenerlo, cadrà. – Di te noi abbisogniamo, supremo duce e
maestro, te noi cerchiamo: grigia o nera sia la tua barba,
sorgi; noi ti chiediamo; alzati dal suolo, e parla la parola che
Dio ti commise, ed a tutto questo popolo che ti sta intorno,
invece di passione, ispira pensiero che ad ogni generoso affetto
appiana la via; pensiero che ad ogni generoso affetto appiana a
via; pensiero che degli affetti sgombra ogni tendenza colpevole,
pensiero che all’opera segna il momento opportuno. Sorgi, o
maestro: ecco qui una folla: cangiala tu in nazione! – anzi
incomincia dal fare che ogni uomo sia uomo, finchè tutti ardano
di eguale amore di patria: tutti, per avanzare la scienza od
osare laudevoli fatti, sian pronti al martirio.
Where is the teacher? What now may he do,
Who shall
do greatly? Doth he gird his waist
With a monk’s rope, like Luther? or pursue
The goat,
like Tell? or dry his nets in haste,
Like Massaniello when the sky was blue?
Keep
house like any peasant, with inlaced
Bare, brawny arms about his favourite child,
And
meditative looks beyond the door, -
(But not to mark the kidling’s teeth have filed
The green
shoots of his vine which last year bore
Full twenty bunches;) or, on triple-piled
Throne-velvets,
shall we see him bless the poor,
Like any Pontiff, in the Poorest’s name,
While the
tiara holds itself aslope
Upon his steady brows, which, all the same,
Bend
mildly to permit the people’s hope?
Dov’è il maestro? Che potrà egli ora fare, se voglia operare da
grande? Dovrà egli cingersi la veste d’un cordiglio monacale,
come il riformatare alemanno? O inseguire il camoscio come Tell?
O asciugare in fretta a ciel sereno, come Masaniello, le reti?
E’
egli forse quel semplice campagnolo, che con le nude braccia
abbronzate tiene in collo il favorito suo bimbo, a (non già per
vedere se le capre facciano danno alla vigna) volga meditabondo
oltre l’aia lo sguardo? E’ egli forse colui, che dal trono tutto
splendente d’aurei fregi e ci velluto, benedice da vero
Pontefice il povero in nome di Chi fu più povero di tutti?
Vedete com’ei china benigne la fronte alle rimostranze del
popolo, senza neppure avvedersi, né curare che l’eccelsa tiara,
nel chinarsi ch’ei fa, gli cada dalla fronte?
Whatever hand shall grasp this oriflamme,
Whatever
man (last peasant or first Pope
Seeking to free his country!) shall appear,
Teach,
lead, strike fire into the masses, fill
These empty bladders with fine airs, insphere
These
wills into a unity of will,
And make of Italy a nation – dear
And
blessed be that man! the Heavens shall kill
No leaf the earth shall grow for him; and Death
Shall
cast him back upon the lap of Life,
To live more surely, in a clarion–breath
Of
hero–music! Brutus, with the knife,
Rienzi, with the fasces, throb beneath
Rome’s
stones, – and more, who threw away joy’s fife
Like Pallas, that the beauty of their souls
Might
ever shine untroubled and entire!
But if it can be true that he who rolls
The
Church’s thunders will reserve her fire
For only light, – from eucharistic bowls
Will pour
new life for nations that expire,
And rend the scarlet of his Papal vest
To gird
the weak loins of his countrymen –
I hold that man surpasses all the rest
Of
Romans, heroes, patriots, – and that when
He sat down on the throne, he dispossessed
The first
graves of some glory. See again,
This country–saving is a glorious thing!
Why, say
a common man achieved it? Well!
Say, a rich man did? Excellent! A king?
That
grows sublime! A priest? Improbable!
A Pope? Ah, there we stop and cannot bring
Out faith
up to the leap, with history’s bell
So heavy round the neck of it – albeit
We fain
would grant the possibility
For thy sake, Pio Nono!
Chiunque tu sii che quest’oriflamma verrai ardito afferrare (sii
tu l’ultimo contadino, o il primo pontefice liberatore della
patria) dovrai pur sorgere, insegnare, guidare, infiammare,
raccorre queste ossa per ampio tratto cosparse, organarle, e
suffiarvi la vita, comporne le varie volontà in una sola, e far
dell’Italia una nazione – caro e benedetto sia chiunque esser
possa quell’uomo! Una sola delle foglie che spunteranno per lui
sulla terra, non sarà dai cieli essiccata; la morte altro non
sarà per lui che il principio d’una vita novella; vita più
splendida e duratura, ch’ei passerà per secoli e secoli nel
suono d’un’epica tromba! Bruto col suo pugnale, Rienzi coi
fasci, palpitano sotto le ruine di Roma – e più altri ve ne sono
che gittaron via, come Pallade, il flauto della letizia,
affinchè la bellezza delle anime loro splender potesse
tranquilla ed intiera! Ma se accaderà mai che colui il quale
scaglia i fulmini della Chiesa serbar voglia quel fuoco
solamente a dar luce – e dagli eucaristici calici versar voglia
nuova vita alle nazioni che agonizzano, e strappare il
pontificio suo manto per cingere i deboli fianchi de’suoi
compatriotti; costui, io lo giuro, sorpasserà tutti i Romani,
tutti gli eroi, tutti i patriotti: –
quando egli si assise sul trono, ei detrasse qualche raggio di
gloria alle tombe vetuste. Oh non togliamo gli occhi da questo
spettacolo! Il liberare la patria è pure una gloria grande! – E,
dite, chi lo fece? Un uomo volgare? – Bene sta. – Un uom
dovizioso? – Egregio veramente è costui. – Un re? Sublime! – Un
sacerdote? – Ah! Improbabile. – Un Papa? – Qui noi ci fermiame;
noi non possiamo indurre la fede nostra a fare un tal salto; la
storia la rattiene di forza. – Eppure per amor tuo, Pio Nono,
noi c’indurremo a dire: E’ possibile.
Come, appear, be found,
If pope
or peasant, come! we hear the cock,
The courtier of the mountains when first crowned
With
golden dawn; and orient glories flock
To meet the sun upon the highest ground.
Take
voice and work! we wait to hear thee knock
At some some one of our Florentine nine gates,
On each
of which was imaged a sublime
Face of a Tuscan genius, which, for hate’s
And
love’s sake both, our Florence in her prime
Turned boldly on all comers in her states,
As heroes
turned their shields in antique time,
Blazoned with honourable acts. And though
The gates
are blank now of such images,
And Petrarch looks no more from Nicolo
Toward
dear Arezzo, ‘twixt the acacia trees,
Nor Dante, from gate Gallo – still we know,
Despite
the razing of the blazonries,
Remains the consecration of the shield, –
The dead
heroic faces will start out
On all these gates, if foes should take the field,
And blend
sublimely, at the earliest shout,
With our live fighters, who will scorn to yield
A
hair’s-breadth ev’n, when, gazing round about,
They find in what a glorious company
They
fight the foes of Florence! Who will grudge
His one poor life, when that great man we see,
Has given
five hundred years, the world being judge,
To help the glory of his Italy!
Who, born
the fair side of the Alps, will budge,
When Dante stays, when Ariosto stays,
When
Petrarch stays for ever?
Vieni, apparisci, fatti trovare, sii villico o papa, vieni: noi
udiamo già il gallo, che suol salutare le montagne quando
dapprima il giorno le inaura; e le magnificenza dell’oriente si
affollano ad incontrare il sole sulle più alte cime. Alza la tua
voce, ed accingiti all’opra! Noi aspettiamo di udirti picchiare
a qualcuna delle nove porte di Firenze; poiché sopra ognuna di
esse fu dipinta la sublime faccia di un genio toscano, che per
odio o per amore Firenze nostra nella sua gloria voltava
arditamente a tutti i venienti ne’suoi stati; come gli eroi nei
tempi antichi volgevano i loro scudi sculti di onorevole fatti.
E sebbene le porte sieno ora vuote di tali immagini, e Petrarca
non guardi più fra le acacia da San Niccolò verso il suo Arezzo,
nè Dante da San Gallo; – noi sappiamo pur sempre, che,
tolta pure l’immagine, la consacrazione dello scudo rimane. E
quelle facce degli estinti eroi, ove mai l’inimico intorno a
Firenze si accampi, vedrannosi rifiorire d’un tratto sopra tutte
queste porte, ed al primo grido di guerra, unirsi in modo
sublime coi nostri viventi battaglieri, i quali sdegneranno al
certo di cedere un capello sol di terreno, quando guardandosi
intorno, veggono in qual gloriosa compagnia essi combattono
contro i nemici di Firenze. Chi recuserà la sua povera vita,
quando quel grande u0mo, che là noi vediamo, ha dato cinquecento
anni, a giudizio del mondo, per aiutare la gloria della sua
Italia?
Ye bring swords,
My Tuscans? Why, if wanted in this haze,
Bring
swords, but first bring souls! – bring thoughts and words
Unrusted by a tear of yesterday’s,
Yet awful
by its wrong, and cut these cords
And mow this green lush falseness to the roots,
And shut
the mouth of hell below the swathe!
And if ye can bring songs too, let the lute’s
Recoverable
music softly bathe
Some poet’s hand, that, through all burst and bruits
Of
popular passion – all unripe and rather
Convictions of the popular intellect –
Ye may
not lack a finger up the air,
Annunciative, reproving, pure, erect,
To show
which way your first Ideal bare
The whiteness of its wings, when, surely pecked
By
falcons on your wrists, it unaware
Arose up overhead, and out of sight.
Voi portate spade, toscani miei? Ebbene! se nel presente
scompiglio c’è bisogno d’una spada, portatela: ma prima portate
un’anima – portate pensieri e parole non arrugginite da una
lacrima versata ieri, e nondimeno terribili per la rimembranza
de’ torti che ieri soffriste: orsù, tagliate questi tralci, e
diradicate questa falsità, questa mollezza, e chiudete con quel
mucchio d’erba la bocca dell’Inferno! Che se il cantare vi
piaccia, cantate, ma badi il poeta che la sua musica non gli
vinca la mano, non si lasci turbare di mezzo alle tempeste delle
popolari passioni – tutti convincimenti non ben formati del
popolare intelletto – badi pur sempre che all’alzar del suo dito
il popolo commosso vi attenda, e capisca s’ei gli annunzia una
novità, o lo rimprovera, o gli mostra qual via prese con le
candide ali sue il tipo ideale, allorquando eccitato dalle
ingiurie che gli stranieri versavano a larga mano sull’Italia,
si alzò a volo nella più sublime regione dell’aere.
Meanwhile, let all the far ends of the world
Breathe back the deep breath of their old delight,
To swell
the Italian banner just unfurled.
Help, lands of Europe! for, if Austria fight,
The drums
will bar your slumber. Who had curled
The laurel for your thousand artists’ brow,
If these
Italian hands had planted none?
And who can sit down idle in the house,
Nor hear
appeals from Buonarotti’s stone
And Raffael’s canvas, rousing and to rouse?
Where’s
Poussin’s master? Gallic Avignon
Bred Laura, and Vaucluse’s fount has stirred
The heart
of France too strongly. – as it lets
Its little stream out, like a wizard’s bird
Which
bounds upon its emerald wings, and wets
The rocks on each side – that she should not gird
Her loins
with Charlemagne’s sword, when foes beset
The country of her Petrarch. Spain may well
Be minded
how from Italy she caught,
To mingle with her tinkling Moorish bell,
A fuller
cadence and a subtler thought;
And even the New World, the receptacle
Of
freemen, may send glad men, as it ought
The greet Vespucci Amerigo’s door;
While
England claims, by trump of poetry,
Verona, Venice, the Ravenna shore,
And
dearer holds her Milton’s Fiesole
Than Malvern with a sunset running o’er.
Frattanto che tutti i remoti confine del mondo mandino il
profondo sospiro dell’antico entusiasmo per gonfiare la bandiera
italiana pur dianzi spiegata. Aiuto, regioni d’Europa! Pensate
che se Austria entra in campo, quei tamburi turberanno il vostro
sonno. E chi mai avrebbe intrecciato corone per le fronti dei
vostri mille artisti, se queste mani italiane non avessero
piantato allori? E chi sarà che seggasi ozioso in casa, nè
ascolti gli appelli dai marmi di Buonarroti, dalle tele di
Raffaello, che tanti destarono, e tanti pur desteranno?
Dov’è il maestro di Pussino? La gallica Avignone educò Laura, e
la fontana di Valchiusa ha mosso tanto fortemente il cuore della
Francia che ella non dovrà cingersi i lombi con la spada di
Carlomagno, se un dì i nemici assedieranno il paese del suo
Petrarca. La Spagna può ben ricordarsi come dall’Italia ella
trasse per mescolare col suo moresco tintinno una cadenza più
piena, ed un più sottile pensiero; anche il Nuovo Mondo, sede di
liberi, può e dee mandare lieta gente a salutare la porta di
Amerigo Vespucci, mentre l’Inghilterra reclama con la voce della
poesia Verona, Venezia, il lido di Ravenna, e tien più caro il
Fiesole del sup Milton che Malvern, quando la inonda di soave
luce il tramonto.
And Vallombrosa, we two went to see
Last June, beloved companion, – where sublime
The
mountains live in holy families,
And the slow pinewoods ever climb and climb
Half up
their breast; just stagger as they seize
Some grey crag – drop back with many a time,
And
straggle blindly down the precipice!
The Vallombrosan brooks were strewn as thick
That
June–day, knee–deep, with dead beechen leaves,
As Milton saw them ere his heart grew sick
And his
eyes blind. I think the monks and beeves
Are all the same too: scarce they have changed the
wick
On good
St. Gualbert’s altar, which receives
The convent’s pilgrims; and the pool in front
Wherein
the hill–stream trout are cast, to wait
The beatific vision and the grunt
Used at
refectory, keeps its weedy state,
To baffle saintly abbots, who would count
The fish
across their breviary nor ‘bate
The measure of their stops. O waterfalls
And
forests! sound and silence! mountains bare,
That leap up peak by peak, and catch the palls
Of purple
and silver mist, to rend and share
With one another, at electric calls
Of life
in the sunbeams, – till we cannot dare
Fix your shapes, learn your number! We must think
Your
beauty and your glory helped to fill
The cup of Milton’s soul so to the brink,
That he
no more was thirsty when God’s will
Had shattered to his sense the last chain-link
By which
he drew from Nature’s visible
The fresh well-water. Satisfied by this
He sang
of Adam’s paradise ans smiled,
Remembering Vallombrosa. Therefore is
The place
divine in English man and child –
We all love Italy.
E Vallombrosa ove, mio caro compagno, andammo lo scorso giugno,
dove sublimi le montagne si veggono quai una famiglia, e le
lente abetine ascendono fino a mezza pendice: e vacillano
afferrando qualche grigio sporgimento di rupe, e molte volte
cascano indietro con esso, e ciecamente precipitano nell’abisso?
Così fitti erano in que’giorni di giugno a Vallombrosa i
ruscelli, e sparsi di secche foglie di faggio, come li vide
Milton innanzi che divenisse malato di cuore, e d’occhi cieco. I
monaci pure, ed ogni animale che lassù si trova, non hanno, io
credo, d’allora in poi in nulla mutato. O cascate d’acqua, o
foreste, o suoni, o silenzio! La vostra bellezza, noi crediamo,
valse nel empir l’anima del divino poeta nostro, ond’egli non
aveva più sete, quando la volontà di Dio ebbe spezzato al suo
senso l’ultimo anello della catena, con la quale egli tirò dal
visibile della natura la fresca onda della sua poesia. Contento
di questa, egli cantò del Paradiso di Adamo: e sorrise
ricordando Vallombrosa. Quindi ad ogni uomo, ad ogni fanciullo
inglese, questo luogo è sacro; e noi tutti amiamo l’Italia.
Our Italy’s
The
darling of the earth – the treasury, piled
With reveries of gentle ladies, flung
Aside,
like ravelled silk, from life’s worn stuff –
With coins of scholars’ fancy, which, being rung
On
work-day counter, still sound silver–proof –
In short, with all the dream of dreamers
young.
Before
their heads have time for slipping off
Hope’s pillow to the ground. How oft, indeed,
We all
have sent our souls out from the north,
On bare white feet which would not print nor bleed,
To climb
the Alpine passes and look forth
Where the low murmuring Lombard rivers lead
Their
bee–like way to gardens almost work
The sight which thou and I see afterward
From
Tuscan Bellosguardo, wide awake,
When standing on the actual blessed sward
Where
Galileo stood at nights to take
The vision of the stars, we find it hard,
Gazing
upon the earth and heaven, to make
A choice of beauty. Therefore let us all
In
England, or in any other land
Refreshed once by the fountain–rise and fall
Of dreams
of this fair south, – who understand
A little how the Tuscan musical
Vowels do
round themselves, as if they plann’d
Eternities
of separate sweetness, – we
Who loved
Sorrento vines in picture–book
Ore ere
in wine–cup we pledged faith or glee –
Who loved
Rome’s wolf, with demi–gods at suck,
Or ere we
loved truth’s own divinity, –
Who loved
in brief, the classic hill and brook,
And
Ovid’s dreaming tales, and Petrarch’s song,
Or ere we
loved Love’s self! – why, let us give
The blessing of our souls, and wish them strong
To bear
it to the height where prayers arrive,
When faithful spirits pray against a wrong;
To this
great cause of southern men, who strive
In God’s name for man’s rights, and shall not fail!
E veramente, compagno mio, quante volte, portati a volo
dall’agile fantasia ci partimmo dal nostro settentrione, ed
ascendemmo le Alpi, e di lassù contemplammo la pianura lombarda,
ove i fiumi lentamente mormorando guidano I meandri loro in
mezzo a campi adorni quasi di tanta bellezza, quanta ne splende
in quella valle meravigliosa, che poscia potemmo contemplare
sensibilmente dagli aerie poggi di Bellosguardo! Te ne rammenti?
Seduti un dì sul tappeto di erba foltissima santificata da’piedi
di Galileo, che di là osservò le stelle, noi, dato uno sguardo
ai cieli, uno alla terra, pendemmo incerti quale de’due fosse
più bello. Tutti dunque, tutti, in Inghilterra o in ogni altra
contrada, rinfrescati una volta alle magiche sorgenti di questo
paese, donde sgorga perenne all’essetata fantasia una larga
fiumana d’idoli aerei, e di sogni – noi tutti che intendiamo
come dalle toscane labbra esce la musica di una favella
stupendamente soave, onde ogni parola che tu odi sembrati
chiudere in se un’eternità di dolcezza; – noi che amammo dipinte
ne’ libri le vigne di Sorrento, prima che giunti fossimo alla
virilità – che amammo la lupa di Roma coi poppanti semidei,
innanzi che tributassimo un culto alla divinità del vero – che
insomma amammo il colle e il ruscello classico, e le sognate
favole d’Ovidio, e il canto di Petrarca innanzi che amassimo lo
stesso amore – noi, dico, alziamo una voce di benedizione
dall’anime nostre: ed oh sieno le nostre anime forti abbastanza
da spingere quella benedizione fino all’altezza ove giungono le
preghiere con le quali gli spiriti fedeli implorano contro le
umane ingiustizie la giustizia divina! – Benediciamo a questa
gran causa degli uomini meridionali, che lottano, in nome di
Dio, per dritti dell’uomo, e a questa lotta non può mancar la
vittoria.


When she died, ten years later, the government placed on Casa
Guidi the following plaque:

QUI SCRISSE E MORÌ
ELISABETTA BARRET BROWNING
CHE IN CUORE DI DONNA CONCILIAVA
SCIENZA DI DOTTO E SPIRITO DI POETA
E FECE DEL SUO VERSO AUREO ANELLO
FRA ITALIA E INGHILTERRA
PONE QUESTA MEMORIA
FIRENZE GRATA
1861
FLORIN WEBSITE © JULIA BOLTON
HOLLOWAY, AUREO
ANELLO ASSOCIAZIONE, 1997-2024: ACADEMIA
BESSARION || MEDIEVAL:
BRUNETTO
LATINO, DANTE
ALIGHIERI, SWEET
NEW STYLE: BRUNETTO
LATINO, DANTE ALIGHIERI, & GEOFFREY CHAUCER || VICTORIAN:
WHITE
SILENCE: FLORENCE'S 'ENGLISH' CEMETERY || ELIZABETH
BARRETT BROWNING || WALTER
SAVAGE LANDOR || FRANCES
TROLLOPE || ABOLITION
OF SLAVERY || FLORENCE
IN SEPIA || CITY
AND BOOK CONFERENCE PROCEEDINGS I, II,
III,
IV,
V,
VI,
VII
|| MEDIATHECA
'FIORETTA MAZZEI' || EDITRICE
AUREO
ANELLO CATALOGUE
|| UMILTA WEBSITE
|| LINGUE/LANGUAGES: ITALIANO,
ENGLISH
|| VITA
New: Dante
vivo || White
Silence
