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Mary Young in 1860 published her historical study of The Life and Times of Aonio Paleario, a figure who was also responsible for the conversions of Pietro and Giulia Guicciardini, Mary and Giulia being buried in this English Cemetery.


AONIO PALEARIO (1503-1570)
 
PAOLO MORETTI     



Un grande umanista, un grande poeta e letterato, ma soprattutto un uomo che, attraverso lo studio delle lettere antiche, aveva scoperto la Bibbia e se ne era profondamente innamorato, in modo particolare perché aveva trovato in essa la certezza della salvezza per grazia mediante la fede:un amore e una certezza che testimoniò con forza e convinzione anche davanti alla condanna a morte decretata dall’Inquisizione.
     
     
Una storia che inizia da lontano
     
      Per ricordare Aonio Paleario così come i tanti (uomini e donne) che nel corso della storia hanno fedelmente proclamato l’Evangelo diCristo è necessario pensare come un filo che ha percorso ed attraversato duemila anni di storia della cristianità e che nessun nemico, nonostante gli innumerevoli tentativi in questo senso, è riuscito a spezzare ed interrompere.
     Questo filo ha iniziato a srotolarsi circa duemila anni fa, durante la festa ebraica della Pentecoste, cinquanta giorni dopo la risurrezione di Gesù e solo dieci giorni dopo il suo ritorno al Padre: Pietro, l’apostolo al quale Gesù aveva affidato “le chiavi” del suo Regno, cioè l’incarico di aprire alle genti le porte del regno dei cieli attraverso l’annuncio e la predicazione dell’Evangelo, “si levò in piedi, alzò la voce” (At 2:14-36).
     Annunciò alla folla di pellegrini giunta a Gerusalemme che finalmente Dio aveva realizzato, attraverso la vita la morte e la risurrezione di Gesù di Nazareth, l’opera di salvezza e redenzione eterna degli uomini, già da tempo annunciata “in tutte le Scritture” dell’Antico Testamento.
     La predicazione di Pietro non fu che un’esposizione di testi profetici dell’Antico Testamento: egli non annunciò la sua parola, ma annunciò con forza e convinzione la Parola di Dio.
    
Le “circa tremila” che, dopo quella predicazione, andarono a formare il primo nucleo della Chiesa, erano state toccate nel cuore dalla Parola di Dio, si erano fatte avanti uscendo dall’anonimato della folla con il desiderio di ascoltarla ancora e di ubbidirla, l’avevano finalmente accettata, confessando i loro peccati e riconoscendo in Gesù l’unico Salvatore e, di conseguenza, furono battezzate per immersione e con perseveranza iniziarono ad incontrarsi per studiare questa Parola, per pregare, per rompere il pane (ricordando nel modo voluto e ordinato da Gesù il suo corpo e il suo sangue donati sulla croce) e per vivere un intenso rapporto di comunione fraterna (At 2:37-42).
     Nacque così, in quei giorni, sul fondamento della Parola di Dio e della fede prodotta nel cuore degli uomini dall’averla ascoltata ed ubbidita, la prima chiesa cristiana: la chiesa di Gerusalemme.
     Successivamente sarebbero nate altre chiese cristiane: ad Antiochia di Siria, dove “per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani” (At 11:26) e in altre località, dove alcuni membri della chiesa di Gerusalemme si erano rifugiati dopo il martirio di Stefano e dove avevano portato “il lieto messaggio della Parola” (At 8:4).
     Negli anni seguenti i viaggi missionari dell’apostolo Paolo e la testimonianza fedele di tanti altri discepoli di Cristo provocarono un’ulteriore e più estesa diffusione dell’Evangelo, portando alla nascita di chiese cristiane in tante città dell’Impero romano.
     Così come aveva ordinato il Signore e così come avevano fedelmente testimoniato i suoi apostoli, ogni chiesa, pur avendo rapporti di comunione e di collaborazione con le altre vicine, visse il proprio cammino in modo autonomo, dipendendo soltanto dalla Signoria di Cristo e dall’Autorità della sua Parola.
    
Cristo era riconosciuto come il Capo invisibile di ciascuna chiesa locale, formata da uomini e donne che risiedevano in uno stesso luogo, che confessavano la stessa fede in Lui e che erano pienamente convinti che la Parola di Dio (la Bibbia), cioè le Scritture dell’Antico e poi anche del Nuovo Testamento, fosse il solo strumento attraverso il quale Dio rivelava la Sua Autorità e il suo Magistero sulla vita degli uomini.
    
     Solo alcuni decenni più tardi, prima gradualmente e poi più estesamente dopo l’editto di Costantino, la Chiesa perse questa sua identità originaria: fu creata una casta sacerdotale fra i fedeli, per di più organizzata gerarchicamente con una struttura di tipo piramidale, furono introdotte tradizioni e nuovi insegnamenti che nulla avevano a che vedere con quanto avevano insegnato gli apostoli.
     La Chiesa, da realtà spirituale appartenente a Cristo, fu trasformata in realtà politica e temporale appartenente agli uomini. Il Magistero unico di Cristo e della sua Parola fu sostituito con il magistero della “Chiesa”: si poteva ricevere Cristo soltanto attraverso la “Chiesa”, con la distribuzione dei sacramenti, e della Parola di Cristo si poteva conoscere soltanto ciò che la “Chiesa” decideva di far conoscere. Ai popoli non fu più fatta ascoltare la voce della Parola di Dio, ma soltanto la voce della “Chiesa”. La Bibbia fu tenuta nascosta; per secoli e fino a pochi decenni fa, ne fu addirittura proibita la diffusione e la lettura.
     Nel corso degli anni però non mancò, per la grazia e per la misericordia di Dio, la voce di chi, davanti a questo radicale abbandono delle origini, predicò un ritorno alla Parola di Dio, denunciando la paganizzazione e la corruzione della “Chiesa. Furono voci spesso inascoltate, a volte osteggiate e spietatamente represse dall’Inquisizione.
     Così alla lunga schiera dei martiri cristiani del primo secolo si aggiunse l’altra lunga schiera dei martiri cristiani di tutti i secoli, con la drammatica differenza che, mentre i primi erano stati messi a morte dagli imperatori romani, i secondi vennero tolti di mezzo “nel nome di Cristo” dal sistema religioso che faceva riferimento al suo presunto vicario terreno.
    
     Uno di questi martiri fu senza dubbio AONIO PALEARIO.

    
    
Brevi note sulla vita
    

     Aonio Paleario o Antonio della Paglia nacque a Veroli vicino a Frosinone nel 1503, esattamente cinquecento anni fa! Fu indubbiamente un personaggio unico fra coloro che cercarono, dal tredicesimo secolo in poi, di promuovere una riforma della Chiesa ed un suo ritorno alle origini evangeliche dei tempi apostolici. Aonio infatti non era un “uomo di Chiesa”, ma un dotto umanista, da molti tuttora stimato come uno dei più valenti poeti e scrittori del sedicesimo secolo. Se le sue opere non ebbero la diffusione che avrebbero meritato (in particolare il poema in quattro canti sull’immortalità dell’anima, il saggio sulla gestione della vita familiare e le quattordici orazioni ritenute degne, come stile e come contenuto, di Cicerone) fu soltanto perché il suo amore per la lingua latina lo convinse a non scrivere nella lingua italiana volgare che si andava sempre più diffondendo.
     I suoi studi e la sua professione di insegnante (prima familiare poi pubblico) di lettere antiche, di filosofia e di teologia lo portarono a vivere in diverse parti d’Italia: per brevissimo tempo a Perugia, per un lungo periodo a Siena e a Colle Val d’Elsa, dove si sposò con una giovane del luogo, Marietta di Agostino di Piero Guidotti e dove con la dote nuziale e con i proventi di beni familiari venduti a Veroli acquistò un casa di campagna a Cecignano o Cercignano a tre km fuori dal paese in direzione di Volterra.
     Proprio a Colle iniziò il suo cammino di eretico, perché i suoi scritti e le sue lezioni, in particolare la sua non nascosta simpatia con gli scritti di Erasmo da Rotterdam ed i contatti epistolari che aveva cercato con Lutero, con Calvino e con Melantone, caddero sotto le mire di un “terribile” inquisitore del tempo, il padre domenicano Vittorio da Firenze.
     Da Colle fu chiamato ad insegnare a Lucca e poi a Milano, città dalla quale fu tradotto nel 1568 a Roma dove, dopo due anni di sofferenze e di processi farsa, l’ultimo dei quali davanti allo stesso papa Pio V, fu impiccato e poi “abruciato per eresia” il 3 luglio 1570.
    
Non fu neppure a lui risparmiato l’ultimo oltraggio che la Chiesa cattolica riservava a molti eretici “abruciati”: quello di diffondere la notizia, ovviamente falsa, del suo pentimento in punto di morte e di raccontare quindi che era “spirato fra i conforti della religione santissima”. Oltraggio che per il suo squallore morale si giudica da solo!
     (Per chi volesse approfondire le proprie conoscenze sulla vita di Aonio Paleario consiglio la lettura del saggio storico di Salvatore Caponetto “Aonio Paleario (1503-1570) e la riforma protestante in Toscana”, edito dalla Claudiana di Torino nel 1979 e tuttora in commercio).
    
    
Il suo testamento spirituale
    

     Perché ricordiamo Aonio in questo cinquecentesimo anniversario dalla sua nascita?
    
Non certo per unirci alla consuetudine di celebrare particolari ricorrenze storiche o di esaltare un uomo che, come tutti, non ha certo bisogno della gloria degli uomini, effimera e passeggera, ma soltanto della gloria di Dio, reale ed eterna.
     Noi vogliamo piuttosto ricordare, in una scadenza storica indubbiamente speciale, il solco tracciato nel corso della storia della cristianità da uomini e donne desiderosi di vedere la Chiesa liberata da ogni forma di corruzione dottrinale e morale, attraverso il sincero ritorno ad un ascolto attento e proficuo della Parola di Dio. Uomini e donne di cui Dio si è servito per srotolare quel filo partito dalla Pentecoste e per fare in modo che giungesse fino a noi. Aonio Paleario ha contribuito a srotolare il filo e a tracciare il solco sul quale sono oggi inserite, con umiltà ma con piena convinzione e a cinque secoli di distanza, le comunità di cristiani che, al di fuori di ogni gabbia religiosa, desiderano onorare il loro Signore vivendo sottomessi alla sua Parola e predicandola in ogni occasione.
     È questo il motivo per cui, più che della storia di Aonio Paleario, ci preme parlare delle sue convinzioni, delle sue denunce, dei suoi obiettivi, delle sue speranze, ma soprattutto della loro base comune consistente nel suo profondo amore per la Bibbia, la Parola di Dio: tutti i suoi libri sono infatti infarciti di citazioni bibliche e non c’è convinzione, denuncia o speranza che sia espressa senza l’ispirazione, la guida e il sostegno della Parola!
     Aonio, sia per il suo carattere pacifico che per il suo desiderio di vedere una Chiesa ”riformata ma unita”, non fu un un uomo di rottura, non cercò mai di produrre divisioni o fratture all’interno della Chiesa così come non si preoccupò di attorniarsi di discepoli o di seguaci. Egli era convinto che occorresse lasciare allo Spirito Santo la responsabilità di parlare al cuore delle persone e che dovere di ogni discepolo di Cristo fosse solo quello di testimoniare la sua Parola, denunciando come falsi apostoli quanti nel suo Nome diffondessero insegnamenti ad essa palesemente contrari.
     Per questo egli continuò a lottare perché il Concilio di Trento, organizzato dalla Chiesa di Roma per arginare l’emorragia di fedeli prodotta dalla Riforma protestante, fosse un incontro aperto al contributo di tutti, auspicando vivamente la partecipazione dei più noti riformatori protestanti e propugnando l’obiettivo dell’unità e non della divisione, ma non di una unità a qualunque costo.
     Infatti, in vista dell’apertura del Concilio, scrisse fra il 1545 e il 1546, un libro indirizzato “Ai principi cristiani ed ai presidenti del Concilio” nel quale indica, come condizione per l’unità della Chiesa, l’abbandono delle tradizioni e degli insegnamenti degli uomini e il ritorno all’unico fondamento posto da Cristo e dagli apostoli: la Parola di Dio. A questo libro egli diede un titolo indubbiamente forte e polemico che rivela come anche la sua indole accondiscendente e pacifica fosse stata fortemente sollecitata dalla dilagante corruzione della Chiesa; lo titolò infatti: “ATTO D’ACCUSA tratto dalla dichiarazione della testimonianza contro i pontefici romani e loro seguaci”.
     Nel libro egli auspica la possibilità che possa prima o poi svolgersi un concilio “libero e santo” e, ritenendo le autorità della Chiesa romana assolutamente inadeguate a questo scopo, esprime il desiderio che il suo scritto fosse consegnato agli ambasciatori dell’imperatore Carlo V e dei principi di Germania.
     Ne affidò la consegna ad alcuni amici fidati, prevedendo, dopo le avvisaglie inquisitorie di Colle Val D’Elsa da parte di Vittorio da Firenze, che gli sarebbe accaduto “qualcosa di sinistro per la sua libera confessione della verità”. Ovviamente i suoi amici, dopo che a Milano Aonio Paleario cadde ancor più sotto le mire dell’Inquisizione, si guardarono bene dal far giungere il libro ai destinatari. L’esemplare autografo, “scritto con tutta eleganza di mano propria dall’autore” fu ritrovato per caso nel 1596.
     Questo libro, ritrovato postumo, è il testo-chiave per conoscere la fede di Aonio Paleario, da lui stesso definito come “una testimonianza”, anche se le testimonianze che contiene sono in realtà ben venti, tutte relative a principi fondamentali della fede.
     È a questo testo che mi riferirò in modo particolare per ricordare Aonio Paleario ed il suo cammino di martire di Cristo, precisando che la sua lettura integrale ha costituito per me motivo di vero arricchimento e di riconoscenza al Signore per aver suscitato nel corso dei secoli uomini disposti ad accogliere e diffondere la verità dell’Evangelo a prezzo della loro stessa vita.
     Il testo integrale è possibile reperirlo in un’ottima edizione anastatica della Bastogi Editrice Italiana di Foggia, 1998, nella traduzione dell’evangelico Luigi Desanctis del 1860: È da questa edizione che sono tratte le citazioni che seguono.
    
    
Per amore di Cristo e dell’Evangelo
    

     Così come Pietro e Giovanni avevano dichiarato davanti al Sinedrio di Gerusalemme: Non possiamo non parlare delle cose che abbiamo udite e viste” (At 4:20), nello stesso modo Aonio Paleario nell’introduzione segnala una svolta importante avvenuta nella sua vita dopo anni evidentemente trascorsi nella riflessione e nel silenzio:
     “Siam giunti in un tempo nel quale dobbiamo rendere ferma e santa testimonianza a Gesù Cristo. Ed invero ne’ scorsi tempi potevamo forse addurre una qualche scusa pel nostro silenzio; oppressi siccome eravamo dalle mitre, dai ceppi, dai roghi, e da tanti altri spaventi, non ci era facilmente dato dichiarare la nostra fede, la nostra riverenza e la nostra pietà inverso Cristo Salvator nostro… Che dovrem dunque temere ora, o fratelli, che Iddio il Padre del Signor nostro Gesù Cristo, autore di ogni bene, ci porge l’occasione di parlare altamente? Ci asterremo noi dal rendere la santa testimonianza, per timore del dispregio degli uomini, della prigione, del rogo? Non è già la prima volta che di tali cose sono minacciati coloro che vogliono seguir Cristo… Sopporteremo facilmente tali cose se, anziché confortarci sul come si debba conservare la vita fra gli errori di Satana, deturpando l’evangelo del figliuol di Dio, ci animeremo invece, siccome ai fratelli si conviene, a morire per Cristo. E siccome una tale testimonianza non dev’essere soltanto di parole, ma deve essere, occorrendo, lasciata ai posteri suggellata col sangue: io Aonio Paleario servitore di Gesù Cristo rendo questa mia testimonianza a tale condizione, che se abbisognerà, non ricuserò dare la mia vita per questa fede che devo a Cristo autore della mia pace e della mia salvezza.”
    
     Sempre nell’introduzione Aonio testimonia il suo amore per la Parola di Cristo:
     “Le leggi pontificie e l’Evangelio non è possibile che possano stare insieme. Io non poteva rigettar l’Evangelio; imperciocché esso è nel mio cuore e nel mio animo… niuno possa pensare che io sia stato tratto a scrivere queste cose per rancore, ovvero per trarne un qualche vantaggio, ovvero per amor di danaro, per preghiera o per isperanza di premio. Tutto quello che ho fatto a tal uopo, lo dico di nuovo e lo confermo, l’ho fatto perché ho veduto le leggi divine violate, la religione disordinata, il Vangelo rovesciato, e tutto questo per opera dei papi; l’ho fatto perché sopra ogni altra cosa rispetto la voce della coscienza, di quella coscienza che ho ricevuto da Cristo e che la forza umana non potrà mai falsare… Io soffrirò pazientemente tutto, avendo già abbandonato la moglie, i figli, i parenti, gli amici. Perduto quanto avevo di caro sulla terra, io mi consolerò se saprò, o principi, che questa mia orazione avrà in qualche modo giovato a riaccendere il vostro zelo per la difesa dell’Evangelio del Figliuolo di Dio… Con false interpretazioni sparse nel volgo sono stati travisati alcuni passi dei libri divini; e così si sono messe le mani sopra impunemente non solo alle fortune degli uomini ed alle persone, ma alle anime, e non solo alle anime, ma all’Evangelio stesso.”
    
     Ma indubbiamente più forte è l’appello rivolto ai Principi e all’imperatore Carlo V alla conclusione del libro:
     “Voi vedete il suo evangelo rovesciato e confuso in modo miserevole; il beneficio del sangue di Cristo velato e ridotto al nulla; voi vedete che non si fa quello che si deve, specialmente verso i deboli e che si getta sul collo dei fedeli un pesantissimo giogo di precetti innumerevoli. Cosa dunque dobbiamo aspettare di più? La libertà di Cristo è tolta; le istituzioni apostoliche sono rovesciate; la Parola di Dio è annullata; la maestà dei precetti di Cristo è ridotta al nulla; la croce, per quanto dipende da costoro, non è che un vano simbolo… Se a me accadrà qualcosa di peggio di quello che mi è accaduto, per avere sostenuta la causa di Cristo, per la sua gloria, per il bene de’ miei fratelli, io non mi lagnerò se questo peggio mi avverrà per aver difeso il vangelo. Vieni dunque, o carnefice, lega le mani, cuopri il mio capo: io mi offro ai tormenti ed alle ire dei papi; alza pure la scure e mozza il mio capo… vieni dunque o carnefice, io sono pronto. Ma prima mi sia permesso gettarmi alle vostre ginocchia, o principi… io vi supplico a voler prendere la difesa dell’evangelo…”.
    

    
Giustificati per fede!
    

     Nella prima delle venti testimonianze del libro Aonio Paleario esprime il fondamento della sua fede e della sua certezza di essere salvato. Dopo una lunga citazione di testi biblici, egli così si esprime:
     “Ecco dunque stabilita questa grande verità: tutti coloro che credono nel Signor nostro Gesù Cristo, ricevono per lo suo nome la remissione de’ peccati; Gesù Cristo è la nostra giustizia, la nostra santificazione; ed acciò niuno possa pensare di poter essere mondato giustificato e santificato per qualche altro mezzo, la Parola di Dio ci dice che siamo stati lavati, santificati, giustificati nel nome del Signore Gesù e per lo Spirito dell’Iddio nostro… I santi Pietro e Paolo ci hanno sovente ammoniti, sia coi loro scritti, sia colla loro voce, che l’uomo non è giustificato per le opere della legge, ma per la fede in Gesù Cristo… Paolo chiama coloro che volevano imporre la legge «falsi apostoli, operai fraudolenti, sovvertitori dell’Evangelo» e separolli dalla Chiesa, imperocché per essi il beneficio del sangue di Cristo era ridotto a nulla e si faceva gravissima ingiuria allo spirito della grazia… la dottrina degli Apostoli è questa: che tutti coloro che credono in Gesù Cristo, ricevono la remissione de’ peccati per lo suo nome; ché Cristo solo è la nostra giustizia e la nostra santificazione…”
    
     Più avanti nella terza testimonianza riprende l’argomento denunciando che “già da molti secoli i pontefici romani presero a seguire i farisei zelatori della legge; e coprirono il beneficio del sangue di Cristo con il falso zelo delle opere esteriori, oscurarono la dottrina apostolica; e per servirmi della frase dell’apostolo oscurarono l’Evangelio di Cristo (Gal. 1, 7)… Vi dovevan purtroppo essere cotesti falsi apostoli, che riponessero una parte almeno di giustificazione e di santificazione nelle opere e nei riti; e credessero venirci la salvezza dalle opere e da Cristo; quasiché da Cristo e dalle osservanze legali uniti assieme si potesse formare un corpo solido e perfetto di religione. “
    

     La verità biblica secondo la quale l’uomo è giustificato per grazia mediante la fede (Ef 2:8) fu esposta in uno specifico trattato su “La giustificazione per fede” in cui Aonio Paleario, attraverso uno sguardo alla rivelazione biblica sulla condizione dell’uomo e sul valore dell’opera di Cristo, ribadiva che l’uomo è peccatore e che per lui non c’è speranza di salvezza al di fuori di Cristo e del suo sacrificio.
     Di questo trattato , nonostante che fosse stato diffuso in oltre 40.000 copie nella sola Venezia, non si sarebbe trovata più traccia se una copia, sopravvissuta alla capillare distruzione operata dall’Inquisizione, non fosse stata ritrovata più tardi nel 1855 a Cambridge.
     La sua piena certezza della salvezza per mezzo della fede in Cristo Gesù e il suo amore per la Parola di Dio lo portano, nelle testimonianze successive, a denunciare altre corruzioni della verità dell’Evangelo provocate dalle dottrine degli uomini: la costruzione di templi, la ripetizione del sacrificio di Cristo sull’altare della messa, l’invenzione del purgatorio, i digiuni, le penitenze, le astinenze, la nascita del papato, il celibato obbligatorio dei preti, la confessione auricolare ecc…
     Tutto questo lo porta a scrivere ,con linguaggio indubbiamente forte, ma significativo del livello di corruzione a cui era giunta la Chiesa romana, che “tutti quelli che hanno lo Spirito di Cristo vedono chiaramente scritto sulla fronte della Curia Romana: BABILONIA LA GRANDE, LA MADRE DELLE FORNICAZIONI E DELLE ABOMINAZIONI DELLA TERRA”.
    

    
Un’ultima testimonianza
    

     Le convinzioni, le certezze e le speranze che avevano sostenuto tutto il suo cammino di discepolo di Cristo emergono nel suo ultimo scritto, la lettera che, poco prima di conoscere la morte atroce comminatagli dall’Inquisizione, indirizzò alla moglie:
    

     “Consorte mia carissima,
     non vorrei che tu pigliasse despiacere del mio piacere et a male il mio bene; è venuta l’ora che io passi di questa vita al mio Signore e Padre, e Dio; io vi vo tanto allegramente, quanto alle nozze del figlio del gran re, del che ho sempre pregato il mio Signore, che per la sua bontà e liberalità infinita mi conceda. Si che la mia consorte dilettissima, contentatevi della volontà di Dio, e del mio contento et attendete alla famigliola sbigottita che resterà, di allevarla e custodirla col timore di Dio et esserli madre e padre. Io ero già di 70 anni vecchio e disutile. Bisogna che i figli colla virtù, e col sudore, si sforzino onoratamente. Dio Padre et il Signor nostro Giesù Cristo et la comunione dello Spirito Santo sia collo spirito vostro. Di Roma il dì 3 di luglio 1570.
    
Tuo marito Aonio Paleari

   

     All’alba di quel giorno si interruppe il cammino terreno di Aonio Paleario, ma non si interruppe la lunga catena di uomini e donne di Dio pronti a difendere e a diffondere l’Evangelo. Nella prima metà dell’800 a Firenze alcuni intellettuali, fra i quali il conte Piero Guicciardini, ma anche tante persone di più umili condizioni sociali, cominciarono a incontrarsi di nascosto per leggere e meditare la Bibbia. Molti di loro, una volta scoperti, pagarono con la prigionia e con l’esilio questa loro scelta di fede.
     Fu proprio il conte Piero Guicciardini a ridare degna memoria al Paleario sia in Toscana che in Italia.
     Infatti quando il Guicciardini venne a sapere che non molto lontano dalla sua Cusona, la tenuta di famiglia in comune di Poggibonsi nel cui piccolo cimitero è ora sepolto, si trovava la villa di Cecignano dove aveva vissuto il Paleario, vi si recò con il fratello Luigi e vi trovò, sepolta dal fango vicino ad una fontana, una targa di marmo recante il nome di Aonio.
    
Questa targa la portò con sé per collocarla nel giardino del palazzo di famiglia a Firenze, ponendovi la scritta:
     “Questa iscrizione dato nome al fonte di Aonio Paleario dimenticata e sepolta per tre secoli nella collina di Cercignano presso Colle Val d’Elsa ritrovata dai fratelli P. e L. de’ Guicciardini nel 1842 ad onore di queste acque fu posta monumento all’illustre e infelice poeta filosofo letterato e martire della fede”.
     Dal Paleario, attraverso il Guicciardini, vi è un filo che lega la storia della sua vita e della sua testimonianza a quella di comunità locali, come le nostre, che desiderano camminare avendo a cuore l’obiettivo di onorare il Signore, attraverso una fedele sottomissione alla sua Parola ed un impegno costante rivolto alla difesa e al progresso del Vangelo .
    
     Ricordare oggi Aonio Paleario significa soprattutto prendere consapevolezza di questo “filo” che ha attraversato la storia della cristianità e che è giunto fino a noi,
perché possiamo insieme riscoprire e vivere l’attualità del suo messaggio e del suo impegno.
     Ancora oggi infatti la cristianità ha bisogno di essere liberata dalla corruzione provocata dalle tradizioni e dai precetti umani che l’hanno trasformata in religione e che le impediscono di conoscere la certezza e la gioia della salvezza in Cristo Gesù. Con Aonio Paleario vogliamo riaffermare con piena convinzione che “Cristo solo è la nostra giustificazione e la nostra santificazione” e che è “per grazia” che siamo “stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da noi: è il dono di Dio. Non è in virtù d’opere affinché nessuno se ne vanti” (Ef 2:8-9).
     È questo il messaggio sempre attuale che ogni discepolo di Cristo continuerà a diffondere fino a quando il “filo” che lega fra loro i testimoni delle varie epoche si interromperà, perché non avrà più ragione di essere. Al ritorno di Cristo infatti la Buona Notizia dell’Evangelo si trasformerà, da annuncio, in storia eterna di coloro che questo annuncio hanno ascoltato, creduto e testimoniato.

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